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Autore: _Magica_    20/06/2017    1 recensioni
|Bellarke|Modern AU|
Che succede quando incontri l'anima gemella ed affidi al destino la possibilità di poterla rincontrare?
dal testo:
Non sapeva dove, quando, come, ma l'avrebbe rivisto. Dio, sì, che l'avrebbe rivisto.
Non aveva altro che un nome.
''Bellamy, Bellamy, Bellamy''
E tutto dentro di lei sembrava gridare:
''Trovami, trovami, trovami"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~~Capitolo 6

 

<< Clarke sono felice per te, per quanto Finn non mi piaccia >>
<< Octavia smettila, mica tutti possono trovare un Licnoln! A proposito, ricordati che devi venire con me al concerto di Finn questo weekend >>
<< Clarke parla più forte non ti sento >>
Gridò Octavia da sotto la doccia mentre Clarke sedeva su uno sgabello appena fuori per farle compagnia.
Ripetè la domanda.
<< Clarke non posso, devo andare a New York per il matrimonio di mio fratello >>
New York, New York …
Il cuore di Clarke ebbe un tuffo.
<< Questo famosissimo fratello che non ti viene mai a trovare. Ma come mai? >>
<< Perché,  a detta sua, non vuole vedermi convivere con il mio ragazzo. Lui può sposarsi, ma io non posso vivere da Lincoln. Eppure, sotto sotto, so che gli vuole bene >>
Evidentemente Octavia amava parlare di suo fratello.
<< Se può farti sentire meglio ,per la cronaca, la sua ragazza mi piace meno di Finn, lui merita di meglio >>
<< A proposito, come si chiama questo famosissimo fratello? non te l’ho mai chiesto >>
<< Bellamy >>
Clarke fece un salto per la sorpresa e cadde rumorosamente dalla sedia.
Per un momento non ricordò come si respirasse. Annaspò come se stesse affogando, percepì ogni cellula del proprio corpo tremare.
Sentì Octavia in lontananza chiamarla.
Respira, respira, respira.
Bellamy, Bellamy Bellamy.
Oddio, oddio, oddio è da due anni che passo ogni pomeriggio con sua sorella.

<< Octavia hai una sua foto? >> Il tono di voce tremendamente più alto del solito, sembrò isterica.
<< Clarke ti senti bene? >>
<< Dimmi se hai una sua foto >>
<< Dovrebbe essercene una nella borsa >>
Clarke si alzò da terra e si diresse come un tornado nel salotto. Sentiva ancora il respiro corto ed il cuore pulsare come un pugno nella cassa toracica.
Non stava reagendo come una ragazza che aveva appena accettato di sposare Finn apparentemente senza il minimo dubbio.
Frugò nella borsa della sua amica e ne tirò fuori una foto spiegazzata.
C’erano impressi sopra un’Octavia sorridente ed un ragazzo moro dagli occhi azzurri.
 Non era lui.
Sebbene, oramai, fosse un’immagine confusa nella sua mente, i suoi occhi non l’avrebbero mai lasciata in pace.
Erano profondi, scuri, burrascosi; mentre quelli del ragazzo della foto erano azzurro opaco.
Decisamente aveva di nuovo fatto un buco nell’acqua.
(Non girò mai la foto, e non lesse mai:
‘’Me ed Atom al compleanno di Bell’’
Se avesse cercato nella tasca davanti della borsa avrebbe invece visto Octavia e suo fratello. Allora tutto le sarebbe apparso chiaro.
Ma non lo fece mai.)
Rimise tutto a posto nella borsa e si sedette scompostamente a terra.
Aveva di nuovo iper-reagito, si era di nuovo illusa.
Ma era anche il destino che la distruggeva, continuando, e continuando, e continuando a riproporglielo.
Sentì le lacrime iniziare a scenderle sulle guance. Sembravano scavare solchi nella sua pelle, emise un singhiozzo e si portò le mani alla bocca, non riusciva a smettere.
Se magari non mi fossi inventata quello stupido gioco, se non fossi stata così presa da quella cavolata del destino. Se gli avessi dato ascolto, se su quella pista sul ghiaccio l’avessi baciato, poi baciato ancora, e poi gli avessi detto che nessun sorriso mi aveva mai incantato di più, magari adesso saremmo felici.
Sentì Octavia uscire dalla doccia e, dopo essersi cambiata, raggiungerla.
Appena si accorse che Clarke stava piangendo le si avvicinò di corsa e le chiese cosa fosse successo.
Clarke cercò di negare. Niente, davvero, non ti preoccupare.
Ma l’amica le prese il volto tra le mani, la guardò negli occhi, e in quello sguardo Clarke vi lesse qualcosa di familiare. Non seppe sul momento capire cosa.
<< Clarke dimmi la verità >>
E Clarke le disse tutto. Come fosse difficile convivere con quella consapevolezza, con quel ricordo, con quella smania di girare morbosamente qualunque banconota da 5 dollari le si presenti davanti. Le raccontò di quella sera, di quegli occhi, di quel modo di fare. Di quel ragazzo misterioso che, ogni giorno che passava, diventava una figura sempre più indistinta nella sua mente.
Erano state solo poche ore, qualche istante se confrontate con il corso della vita, ma avevano portato così tanti sentimenti dentro di lei che da cinque anni a quella parte la tormentavano incessantemente.
Le raccontò del ragazzo in terapia che continuava a parlare di anime gemelle e di come lei mentisse spudoratamente dicendogli che non esistessero.
Le raccontò del guanto nero, che una volta Finn aveva buttato poiché considerava inutile senza il compagno, e di come lei fosse corsa dietro al camion della spazzatura per 4 chilometri.
Le raccontò del senso di colpa costante nel sapere che fosse stata completamente colpa sua.
E della consapevolezza che forse lui fosse sposato, che fosse felice, che vivesse tranquillo e che non ricordasse nemmeno quell’incontro di poche ore.
<< Ascoltami, non è che io non ami Finn, io lo amo. Ma la maggior parte delle volte mi ritrovo a pensare, non al mio fidanzato, ma a questo ragazzo del mistero che ho incontrato un milione e mezzo di ore fa, e che neanche ricordo distintamente se non per una vaga immagine che ho ancora nella mia testa. Io amo Finn solo che, se potessi, scambierei in un secondo questi cinque anni con lui, per un’altra sola ora con Bellamy. Mi faccio schifo a dirlo ma: ci sono vite che valgono un’ora ed ore che valgono una vita. Sono un brutta persona per volere questo? >>
Clarke, dopo cinque anni di autodistruzione interiore, ebbe la possibilità di sfogarsi e piangere.
Octavia, dal canto suo, ascoltò con tristezza mentre abbracciava stretta l’amica, e capì finalmente cosa la tormentasse nel profondo. Le sussurrò che andava tutto bene.
<<  Clarke, guardami, io domani parto per New York, il matrimonio è tra due giorni, però, se vuoi, potrei passare con te l’intera giornata a cercare quest’altro Bellamy. Anche solo per essere sicura che, una volta che tutto questo sarà finito, non dovrai mai più pensare a lui di nuovo, sapendo che hai fatto tutto ciò che fosse in tuo potere per trovarlo, ok?  >>
Clarke abbracciò l’amica stretta.
Rimasero così, per qualche ora abbracciate nel pavimento.

***

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<< Dove stiamo? >>
<< All’Arkadia >>
Clarke rabbrividì, tutto questo non poteva essere una coincidenza.
Quando scesero dal taxi Clarke rimase un secondo a fissare l’insegna a lettere blu elettrico. Aiutò Octavia a portare le valigie che, come suo solito, non potevano essere meno di cinque.
 Per fortuna aveva un fidanzato come Lincoln che ne sollevò la maggior parte.
Mentre le porte dell’ascensore si aprivano, ne uscì una donna.
Era bellissima: le labbra piene, il portamento deciso, i lineamenti austeri di una dea nordica.
<< Ecco la bestia >> Sussurrò Octavia all’orecchio di Clarke per poi mettere su un sorriso falsissimo voltandosi a salutare la donna.
<< Echo! Quanto tempo, come stai? >>
Il sorriso che la donna le ricambiò non fu meno finto.
<< Octavia io benissimo >> Disse Echo mentre mostrava l’anello al dito.
Ci fu qualcosa, in quella scena, che mise Clarke a disagio.
<< Dov’è Bellamy? >>
Clarke, al solo sentir pronunciare quel nome, tremò.
 Dovette  ricordarsi che non era quello l’uomo che stava cercando.
<< Non lo so, è in giro con Murphy, non l’ho mai visto oggi >>
Le due ragazze si salutarono. Una volta entrate in ascensore Octavia fece un commentino poco simpatico sulla futura cognata, e su come suo fratello si stesse godendo gli ultimi momenti di libertà.
Scesero al piano 25, sicuramente ci fu qualcosa di strano in tutto quello.
***

Dopo aver posato le valigie furono fuori.
 Clarke inspirò l’aria familiare e vagabondò seguendo il proprio cuore. Non aveva una meta precisa, sapeva solo che se doveva incontrarlo l’avrebbe fatto.
Mentre vagava per le strade, cercò quell’odore magico nell’aria che l’aveva condotta da lui la prima volta.
Magari se l’avesse incontrato non lo avrebbe riconosciuto.
Mentre era in aereo aveva provato una qualche paura all’idea di rivederlo e scoprire, chissà, che fosse sposato, che avesse figli, che non si ricordasse minimamente di lei.
Ma in quel momento, mentre il suo cuore palpitava di emozione, non trovò una sola ragione nell’intero universo per la quale non fosse giusto cercarlo.
Non sapeva dove, quando, come, ma l’avrebbe rivisto. Dio, sì, che l’avrebbe rivisto.
Non aveva altro che un nome.
Bellamy, Bellamy, Bellamy.
E tutto dentro di lei sembrava gridare:
Trovami, trovami, trovami.

***

Dopo aver vagato per qualche ora, Octavia le chiese se volesse accompagnarla a comprare un mazzo di fiori per il matrimonio.
<< Cosa vorresti comprarle? >>
<< Un mazzo di ortiche >>
Clarke rise divertita.
<< Hai mai detto a tuo fratello che non sopporti la sua ragazza? >>
<< Fidati, gliel’ho detto. Ma lui è convinto che il mio rapporto con Echo sia simile al suo con Lincoln, non ha capito che io Echo la odio. La conosco dal liceo, ed era una stronza doppiogiochista! >>
Octavia Blake finì per comprare alla sua futura cognata una mazzo di rose gialle che, a detta sua, portano sfortuna nei matrimoni.
<< Bell saprà cosa intendo con questi fiori >>
<< Sei un mostro Octavia >> Disse Clarke mentre non riusciva a smettere di ridere.
La mora stava giusto allungando una mano per prendere il resto quando Clarke la pregò di chiederlo tutto in banconote da 5 dollari. Octavia sbuffò, ma fece come le fu detto.
In quelle banconote, come in tutte quelle precedenti che erano capitate nelle mani di Clarke, non ci fu scritto alcun nome.
Passarono il pomeriggio camminando e cambiando banconote da 5 dollari, ma tutto ciò non servì assolutamente a niente. Clarke si chiese se avesse fatto bene a tornare lì quando aveva un ragazzo innamorato ad aspettarla a casa.
Quando tornò in albergo quella sera trovò con sorpresa Finn davanti alla porta della sua camera.
Clarke inspirò profondamente, chiuse gli occhi e si convinse che quello fosse un segno del destino.
Il suo posto era con lui.

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Il ragazzo era giusto, ma la foto sbagliata ( non picchiatemi).
Grazie mille per seguire e recensire questa storia, devo dire che mi sta piacendo scriverla. Vi consiglio di vedere l'omonimo film 'Serendipity' dopo il finale, dovrebbero mancare un paio di capitoli(bellissimo film). Fatemi sapere come sta andando la storia, se vi sta piacendo ed altro. Se qualcosa non è chiaro chiedetemi senza problemi.

 

 

  
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