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Autore: Sospiri_amore    21/06/2017    1 recensioni
All'età di sedici anni Elena si trasferisce a New Heaven, USA, con il padre.
Qui vivono gli Husher, una famiglia con la quale sono grandi amici da sempre.
Elena frequenterà il Trinity Institute, una scuola esclusivissima, che la catapulterà in un realtà fatta di bugie, ambizione, menzogne e rivalità che la porterà a scontrarsi con parecchi studenti.
Un amico appena conosciuto le ruberà il cuore o qualcun altro riuscirà a farla innamorare?
Chi ha lasciato quello strano biglietto sul suo armadietto?
Chi ha scattato la foto scandalosa che gira per la scuola?
Elena riuscirà a non rivelare un grande segreto alla persona che ama?
© Tutti i diritti sono riservati
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Cuori infranti


 

Ci sono suoni e odori che associo a momenti e luoghi precisi; come il cinema e l'odore dei popcorn, la pioggia e il ticchettio sui vetri, il letto appena rifatto e il profumo di pulito.

Anche per quando è morta mia madre ho un suono e un odore ben fissato nel cervello: il bip della macchina a cui era attaccata e il profumo di disinfettante che c'era per tutto l'ospedale. 

Credevo che non li avrei più sentiti, credevo che sarebbe passato molto tempo prima che quella nausea, che mi aveva colpito allora, si ripresentasse. Eppure eccomi qui, adesso, seduta su una sedia d'ospedale a rivivere tutto per una seconda volta. Ciò che credevo di aver superato in questi anni, mi ha investita talmente forte da fare più male di quanto pensassi.

 

La morte ha ribussato alla mia porta strappandomi un altro pezzo di cuore.

 

James ha le labbra bianche, gli occhi scavati. Non ha versato una lacrima, credo sia sotto choc. Guarda fuori dalla finestra come se aspettasse che sua madre compaia da un momento all'altro per dirgli che è tutto uno scherzo, uno stupido scherzo.

 

Demetra è morta. Sola.

Non abbiamo fatto in tempo a raggiungerla.

James non è riuscito a salutarla.

 

I dottori entrano ed escono dalla stanza, dicono poche parole, le solite frasi di circostanza. Le infermiere ci offrono qualcosa da bere, ma ne io ne James abbiamo fame.

George ha un grande plico di fogli in mano che continua a sfogliare. È arrivato subito in ospedale, aveva una grossa cartelletta con scritto Demetra. 

"Demetra ha lasciato a te la delega di firmare le carte post-mortem, ma sei minorenne e neanche una parente. Quindi...", George mi allunga un foglio.

"Certo, nessun problema", appongo un paio di firme, in questo modo se la vedrà lui con tutta la burocrazia. Io non saprei neanche da che parte iniziare.

 

Il silenzio nella stanza è surreale. Il ticchettio della mia penna sulla carta rimbomba come se qualcuno stesse urlando, la carta che passa tra le mie dita scricchiola come se stessi spezzando rami, lo sbattere delle mie ciglia umide ricorda il frangersi di una cascata sulle rocce.

 

"Grazie", aggiunge George rimettendo in ordine i fogli.

Alzo le spalle. Non deve ringraziare di nulla, non avrei potuto fare altrimenti.

"Tra poco verrà il Primario, devo consegnare un paio di vecchi elettrocardiogrammi della mamma e poi possiamo tornare a casa", George sta parlando a James che non fa nessun cenno, "James? Hai capito figliolo?".

"Che cosa è successo. Perché siamo qui?", chiede James.

"Come perché? Tua madre è... è...".

"Morta. Questo l'ho capito. Mi chiedo perché sono l'unico in questa stanza ad esserne così sorpreso", James si è girato a fissare il padre, non l'ho mai visto così arrabbiato.

George è imperscrutabile, con la schiena dritta e i documenti in mano osserva il figlio senza un minimo di emozione: "Devi cercare di mantenere il controllo. Non è questo il luogo e il momento per fare sceneggiate del genere".

"Cosa? Sceneggiate? Cazzo, è morta mia madre, tua moglie! Possibile che anche in questo caso non te ne freghi nulla? Te ne stai lì a fare l'avvocato composto e controllato, quando la nostra famiglia è distrutta, fottuta per sempre", James ha gli occhi contornati di rosso da tanto sta urlando.

George stringe le mascelle: "Credi che non mi importi nulla? Credi che non stia soffrendo? Il fatto che non stia urlando significa che non stia male?".

"Non so. Non so cosa pensare. Non dici mai nulla tu. Non ti è andato mai niente bene di quello che facevamo io o la mamma, hai sempre quell'aria arrabbiata. Te ne stai sempre a lavorare, sei sempre impegnato con i tuoi preziosissimi clienti. Salvi vite, patrimoni, aziende... A noi non ci hai mai amato come a loro", James sta buttando fuori diciassette anni di frustrazione, sta vomitando parole di rabbia.

 

Schiaffo.

A mano tesa George colpisce in volto James.

Con le mani sulla bocca osservo la scena, ho paura di quello che potrebbe succedere.

 

James è dapprima sorpreso, poi si lancia verso il padre facendo cadere il plico di fogli che l'uomo tiene in mano. Come in una scena a rallentatore in un film, James spinge il padre contro la parete, mentre decine di referti, ricette, diagnosi si spargono nella sala.

L'uomo non si oppone, si lascia strattonare senza reagire come fosse un manichino senz'anima. Ogni muscolo di James è teso, il suo volto è una maschera di sofferenza.

 

"Perchè? Perchè? Perché?", James sta prendendo a pugni il muro vicino al volto del padre. Ad ogni colpo sfiora i capelli di George senza mai colpirlo veramente.

L'esplosione di rabbia di James sta cambiando, non ci sono più urla, ma solo singhiozzi gonfi di dolore. Un dolore che conosco bene.

George prende tra le mani il volto del figlio, è come se lo vedesse per la prima volta: "I tuoi occhi sono identici a quelli di Demetra. Ogni volta che ti guardo è un colpo al cuore.  Tu hai questa immensa fortuna... Lei è dentro te, per sempre. Io invece non ho più il mio amore, l'unica donna che mi abbia mai capito. L'unica... L'unica...".

James, con le labbra tremanti e gli occhi carichi di lacrime, abbraccia il padre. Sono talmente stretti l'uno all'altro che non posso fare a meno di ripensare a papà e me qualche anno fa. 

Cambia la nazione, cambiano i protagonisti, ma l'emozione che si prova è la stessa.

 

Vuoto.

Fondamenta distrutte.

Insicurezza.

Dolore.

Spaesamento.

Tristezza.

Incredulità.

 

Mi sento una intrusa. Non ho nessun diritto ad essere lì, non voglio disturbare nessuno.

Quello che stanno vivendo è così intimo e personale che non posso intromettermi.

Mi accoccolo per terra e inizio a raccogliere i documenti.

C'è un po' di tutto tra i fogli sparsi, dalle cartelle con gli esami ospedalieri, alle ricette mediche, insomma tutti i documenti medici che una persona accumula nella propria vita. Un po' troppi forse. Demetra aveva intorno ai quarant'anni, tutti questi fogli mi sembrano spropositati per una persona sola. 

Ne prendo in mano uno.

 

Anomalia di Ebstein.

Cuore.

Incurabile.

Tachicardie.

Rischio durante gravidanza.

Cure.

Medicine.

Aspettativa vita 50 anni.

Morte prematura.

 

George mi sta fissando. Ha tra le braccia James sconvolto, ma sta fissando le mie mani che stringono quel foglio. Nei suoi occhi scorgo una stanchezza, come se improvvisamente avesse deciso di mollare, di lasciarsi andare.

"Mamma è... Era malata da tempo", George sta parlando a James, i loro volti sono a pochi centimetri di distanza.

"Perché non mi avete detto nulla? Avrei potuto starle vicina e aiutarla. Non sono un bambino, potevo capire", James ha la faccia completamente bagnata di lacrime.

George accenna un sorriso e con un fazzoletto pulisce il volto del figlio: "Lei non ha voluto, sai che quando prendeva una decisione non c'era verso di farla ragionare. Testarda come un mulo".

"Però ero l'unico a non sapere. Ti sembra giusto?", ringhia James a denti stretti.

"Non lo sapeva nessuno a parte lei ed io. Neanche nonna lo sapeva. Già. Questo era un segreto che tua madre ed io avevamo da molto tempo".

"Molto tempo? Cosa vuoi dirmi papà?".

George accarezza le spalle del figlio più volte, poi si avvicina ad una brocca e si versa un bicchiere d'acqua che beve in un sorso: "Mi sono chiesto un milione di volte cosa ti avrei detto nel momento in cui sarebbe morta. Sai che non ho mai trovato la cosa giusta da dire?".

"Dillo e basta! Non ne posso più di tutte queste bugie", James scatta verso il padre mettendosi di fronte a lui.

"Lo sapevamo da sempre, da più di vent'anni. Io stavo finendo il mio praticantato e lei aveva un tour che stava riscuotendo parecchio successo. Ha scoperto la malattia dopo un concerto, è svenuta tra le mie braccia. Non puoi immaginare la paura che ho avuto... La mia Demetra incosciente tra le braccia...", George guarda fuori dalla finestra, la sua voce trema, "... Dopo il ricovero abbiamo avuto la notizia che il suo cuore era debole, malato da sempre, solo che non lo aveva mai saputo. Tua madre non avrebbe potuto più cantare, troppo sforzo, e viste le sue condizioni fisiche le avevano consigliato di non avere figli. Ma sai com'è tua madre, se si mette in testa un'idea, non c'è verso di...".

"... Farle cambiare idea", James conclude la frase.

"Mi ha promesso che avrebbe smesso con il canto, in giro abbiamo fatto credere che l'impegno della famiglia la occupava troppo. Ti ha voluto più di quanto tu possa immaginare. Ti ha desiderato più di ogni cosa esista sulla faccia della terra. Era un rischio ed ha voluto correrlo".

James ha il respiro affannato: "Perché non mi avete detto mai niente?".

"Eri un bimbo, come potevamo dirtelo, non avresti capito. Poi sei cresciuto e hai iniziato a vivere la tua vita, credo tua madre non volesse... Non volesse darti fastidio, spaventarti, incupirti. Non ho mai ben capito perché si rifiutasse di parlartene", George accarezza il figlio sulla testa, "Mi hai accusato di avere sempre l'aria arrabbiata. Come ti sentiresti se sapessi che l'unica donna che ami potrebbe andarsene da un momento all'altro? Cosa penseresti se riprendesse a cantare nonostante il divieto dei medici?"

James guarda il padre sotto una luce diversa: "Sarei furioso".

 

Ripenso alle parole di Demetra. Ripenso al discorso che mi ha fatto quel giorno a casa della suocera. Mi aveva chiesto se si poteva smettere di amare. Solo adesso la capisco, comprendo le sue parole. 

Si può smettere di amare la vita a discapito della felicità?

Si può smettere di amare i propri sogni per la serenità altrui?

Si può smettere di amare il proprio talento per qualche anno di vita in più?

Demetra voleva vivere, cantare, amare. 

Demetra voleva tutto anche se sapeva che non avrebbe mai potuto averlo.

 

Mi sento tremendamente in colpa, le mie lezioni l'hanno affaticata, la mia presenza ha velocizzato la sua morte. Un senso di colpa enorme mi assale. Scoppio a piangere.

George mi si avvicina: "Aveva molta fiducia in te. Ti ha cercata fino all'ultimo. Credo rivedesse un po' di se stessa da giovane in te".

Le parole dell'uomo mi fanno scoppiare a piangere ancora più forte. Non credo di essere nemmeno paragonabile a Demetra, neanche lontanamente.

 

Qualcuno bussa alla porta.

Rebecca e Adrian entrano nella stanza.

"Ci hanno detto che possiamo entrare solo pochi alla volta", Rebecca stringe la mano a George poi corre da James ad abbracciarlo. Entrambi scoppiano a piangere. Adrian con gli occhi rossi cammina avanti e indietro nervoso, poi si unisce all'abbraccio con gli amici.

La Signora McArthur, spettinata e struccata, si avvicina a piccoli passi al figlio. Con gli occhi lucidi lo accarezza più volte in volto per poi perdersi tra le lacrime e sospiri.

 

Li osservo con dolcezza e tristezza allo stesso tempo. Ognuno di loro ha bisogno dell'altro, in questo momento sono tutti così vulnerabili che l'unica cosa che serve è buttare fuori tutto il dolore. Un dolore che probabilmente non andrà mai via.

 

"Hei", una grande mano mi accarezza la testa.

"Papà?", non mi sarei mai aspettato di vederlo qui.

"Kate mi ha detto... Sono venuto qui subito".

"Io... Io...", non riesco a proseguire. Un groviglio di emozioni che avevo cercato di nascondere per molto tempo sono ritornate a galla. La sofferenza del distacco e la paura del futuro mi fanno mancare il fiato, la sofferenza della perdita inonda il mio cuore.

"Non avere paura. Sarò per sempre vicino a te", mi dice con la voce tremante.

 

Lo sa lui come lo so io.

Quelle sono le esatte parole che mamma mi ha detto prima di morire.

Prima che la morte rubasse parte del mio cuore.

 
 
   
 
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