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Autore: FairyCleo    21/06/2017    5 recensioni
“Vedo che la signora ha buon gusto…” – aveva detto il commerciante, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Come?” – Bulma era trasalita, persa com’era nei suoi pensieri – “Ah, sì… Certo”.
Sollevando il capo, aveva avuto modo di osservare meglio l’uomo che aveva davanti. Era uno strano figuro, alto, dinoccolato ed estremamente magro, con la pelle color dell’ebano, la testa pelata e un singolare pizzetto azzurro che terminava in un ricciolo accuratamente acconciato che gli dava un’aria del tutto singolare. Persino la voce di quell'uomo era bizzarra, così come i suoi occhi gialli con le iridi allungate simili a quelle dei gatti. La cosa veramente strana, però, era che lei non lo avesse notato sin dall’inizio. Era come se fosse sbucato dal nulla, ma non era il caso di fare tanto la sospettosa e di farsi tutti quei problemi per un semplice mercante, no?
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 31

Accuse

 
“Papà, devi fare qualcosa. Dobbiamo aiutarlo”.
Goten era determinato a salvare il suo re, esattamente come la piccola Marron. I due adulti leggevano paura negli occhi di quei meravigliosi bambini, ma essa era in parte oscurata dal desiderio di aiutare chi li aveva salvati da una morte atroce.
“Tesoro…” – Chichi non sapeva come proseguire. Continuava a spostare lo sguardo da suo figlio a Vegeta, da Vegeta a Marron e da Marron a Goku, ricominciando a fare questa specie di giochino ogni volta che giungeva a puntare gli occhi sull’ultimo della lista.
I lamenti di Vegeta erano diventati impercettibili. Respirava a fatica, tossendo un misto tra sangue e fuliggine. Il suo corpo straziato emanava un forte odore di carne ustionata, e gli spasmi che aveva in maniera irregolare lo facevano sembrare una specie di enorme giocattolo rotto.
Stava soffrendo. Stava soffrendo come tanti, tantissimi anni fa, per colpa di quel virus che aveva colpito il suo giovane cuore, aveva sofferto Goku. Ma, in quell’occasione, c’erano state le medicine ad aiutare suo marito a superare quel momento difficile. Adesso, non avevano niente che potesse andare in loro soccorso. Non avevano bende, non avevano morfina, non avevano neanche acqua pulita per provare a lavare le ferite, probabilmente. La casa-capsula che avevano trovato era saltata per aria, e con essa, l’illusione di essere almeno in parte al sicuro. No, non avevano medicine e non avevano modo di avvalersi di interventi sovrannaturali. Che cosa sarebbe stato dell’uomo che aveva salvato suo figlio da morte certa, arrivati a quel punto?
“Ci serve dell’acqua” – aveva dichiarato improvvisamente, in un primo momento quasi in trance, poi, riconquistando il vigore e la fermezza che erano soliti contraddistinguerla.
“Acqua?”.
“Sì, acqua, Goku. Acqua e garze, in verità. Dobbiamo evitare che l’ustione peggiori”.
Chichi non era una sciocca o un’incosciente. Non una di quelle che predica bene e razzola male. Chichi non imponeva ai propri figli di studiare per poi rimanere immersa nel buio dell’ignoranza. No. Chichi leggeva, quando non era costretta a svolgere le sue mille faccende domestiche, leggeva e si documentava sugli argomenti più disparati, e uno di quelli che l’aveva incuriosita maggiormente era come effettuare dei piccoli interventi di pronto soccorso.
Dovevano spogliarlo. Gli abiti infetti dovevano essere rimossi, ma dovevano far attenzione a non strappare i brandelli di stoffa ancora a contatto con la zona ustionata. Dovevano spogliarlo e immergerlo in acqua fredda, ma non ghiacciata, perché far scendere troppo repentinamente la temperatura corporea avrebbe solo peggiorato le cose. L’ideale, sarebbe stato usare garze apposite imbevute in acqua e posizionarle poi sull’ustione, ma non ne erano in possesso e, in ogni caso, quella di Vegeta non era una scottatura che si era procurata una massaia distratta in cucina. Quella di Vegeta era un’ustione gravissima, un’ustione che richiedeva l’intervento immediato di un medico. Ma non c’erano medici lì con loro, e non ce n’erano nei paraggi. Erano soli, soli e disperati, ma non così tanto da decidere di arrendersi.
“Ci deve essere un ruscello qui attorno. O che so, un fiumiciattolo, un torrente, qualsiasi cosa, Goku. Dobbiamo trovarlo e dobbiamo fare presto”.
“Vado a controllare”.
“No Goten. Potrebbe essere pericoloso. Vickas potrebbe essere ancora in giro e potrebbe tendere un altro agguato”.
“Lo so, papà. Ma con questa mossa, è uscito allo scoperto. Non mi farò cogliere impreparato”.
“Ma…”.
“Mi hai addestrato per battermi contro Majin-Bu, papà. Contro una creatura magica giunta al massimo della sua potenza. Vickas è pericoloso, lo so. Ha dimostrato di essere furbo e subdolo, ma non è al massimo delle sue forze, o non giocherebbe a nascondino. Sono stanco di scappare, e Vegeta ha bisogno di aiuto”.
La determinazione della voce del figlio aveva convinto i genitori a lasciarlo andare. Erano due incoscienti? Può darsi. Ma Goten non era un bambino come tutti gli altri. Goten aveva nelle vene sangue saiyan, e loro non potevano che andarne fieri.
“Stai attento” – si era limitata a dirgli sua madre, dandogli così la sua benedizione. E sì, Goten sarebbe stato attento, perché era stanco di quella situazione, era stanco di fuggire, era stanco di avere paura. Vegeta non poteva morire per mano di Vickas. Nessuno di loro sarebbe morto per mano di Vickas. Lo avrebbe impedito a ogni costo.

 
*
 
Al loro ritorno, non avevano trovato altro se non macerie al posto di quella che era stata la loro momentanea abitazione. Qui e là, vi erano ancora tracce di qualche piccolo focolaio di incendio, ma per il resto, quell’area era diventata dominio di cenere, fumo e distruzione.
“Mio Dio” – aveva commentato Videl, portando entrambe le mani alla bocca – “Papà! PAPA’!”.
Non riusciva a credere che potesse essere capitato sul serio. Non poteva credere che suo padre potesse essere… Che lui… Non voleva neanche pensarci. Per questo non aveva esitato, correndo in direzione delle macerie, scavando a mani nude tra la cenere e i residui di quello che pensavano potesse essere il loro rifugio sicuro.
“Videl, aspetta” – ma Gohan non era riuscito a fermarla. La sua fidanzata sembrava essere impazzita dalla paura di aver perso l’unico genitore che le era rimasto.
Ma, se avesse continuato in quel modo, se avesse continuato a cercare alla cieca tra i resti della casa ancora bollenti, avrebbe solo rischiato di fare del male a se stessa.
Mr Satan non era lì, ne era certo. Non percepiva la sua aura, era vero, ma quell’uomo aveva più vite di un gatto. Non poteva essere morto in quell’incendio. Così come non erano morti sua madre e suo fratello. Non potevano essere morti e basta.
“Mamma! Papà! Siamo qui!”.
Erano arrivati sul luogo dell’esplosione tutti, uno per volta: Videl, Gohan, Crilin, C18, Yamcha, Trunks e Bulma, che non aveva osato allontanarsi da suo figlio e non sembrava essersi neanche resa conto per davvero di quello che si era palesato davanti ai suoi occhi.
“Marron!” – C18 non aveva perso tempo, correndo in direzione della voce della sua bambina.
Lo stesso avevano fatto tutti gli altri un attimo dopo, tranne Gohan, che ancora tentava di calmare una Videl che cercava disperatamente di ritrovare suo padre.
“Marron, tesoro, stai bene?” – la cyborg aveva abbracciato a bambina con forza, riempiendola di baci – “Oh, tesoro. Il tuo braccio…”.
“Non è niente mamma. Io sto bene. Ho avuto tanta paura, ma lui mi ha salvata”.
“Lui?”.
Sì, lui. E le era bastato sollevare lo sguardo per capire di chi stesse parlando sua figlia.
“Mio Dio…”.
E quella era stata l’esclamazione di tutti nel vedere la scena che si era loro palesata.
“Che cosa gli è successo?”.
Crilin non riusciva a crederci. Non sapeva se ridere o piangere. Vegeta era tra le braccia di Goku, tremava di dolore, era sporco di sangue, fuliggine e la sua schiena… La sua schiena era devastata, un ammasso informe di carne, sangue e brandelli di vestiti. Chichi gli accarezzava i capelli con delicatezza, senza essere invadente, e nel frattempo gli teneva stretta la mano destra, cercando di infondergli conforto. Ma la cosa che lo aveva atterrito più di ogni altra, era stata la sua espressione: Vegeta aveva gli occhi appena appena schiusi e fissava il vuoto, inerme, sconvolto dal dolore, ma stravolto ancora di più da qualcosa che non era riuscito a capire.
“Ha salvato me e Goten, papà… Ora dobbiamo aiutarlo noi”.
Ed era stato a quel punto che Goten era piombato dall’altro, all’improvviso, avvertendo i suoi di aver trovato un ruscello non distante da lì.
“Dobbiamo portarcelo subito. Dobbiamo curarlo papà. Adesso”.
Era tutto confuso, distorto, insensato. Sembrava che niente potesse volgersi a loro favore per nessuna ragione al mondo. Prima erano stati rapiti, imprigionati, costretti a nutrire le donne col proprio sangue, costretti a vedere il loro mondo andare in pezzi e a nascondersi come topi in quello che credevano fosse il loro unico posto più o meno sicuro. Invece, prima avevano dovuto assistere a quello che era successo a Trunks, e ora questo. Per di più, non c’erano tracce di mr. Satan e del maestro Muten. Cos’altro poteva andare storto?
“Papà, vuoi sbrigarti o no?”.
“Sì, Goku, dobbiamo sbrigarci se vogliamo aiutarlo…”.
“T-Trunks…” – aveva sussurrato Vegeta ancora una volta, ritornando lucido per un breve istante – “Trunks”.
A quel punto, Yamcha era comparso con il giovane saiyan dai capelli lilla tra le braccia, seguito da sua madre.
Padre e figlio condividevano la stessa sorte ma, anche in quell’occasione, Vegeta aveva dimostrato di possedere una forza d’animo fuori dal comune, una forza che esulava da ogni genere di comprensione umana o qualsivoglia divina.
“Trunks” – lo aveva detto con chiarezza, quella volta, e lo aveva detto non appena i suoi occhi avevano visto quanto si palesava davanti a lui e a cui rifiutava di credere.
“Lasciami” – aveva imposto a Goku di metterlo a terra, e nonostante il dolore, nonostante le fitte che provava a ogni passo, nonostante fosse sul punto di svenire, non si era arreso. Pur non approvando quella decisione, il Son aveva obbedito, consentendo a un padre di raggiungere il figlio per cui sarebbe morto.
Ma, proprio quando Vegeta stava per accarezzarlo, proprio nell’istante in cui stava per posare la mano sui suoi capelli lilla, qualcosa si era messo fra loro, o meglio, qualcuno. E, da quel momento, niente sarebbe stato più come prima.
Lo schiaffo era arrivato senza che se ne accorgesse, e gli aveva fatto perdere l’equilibrio, facendolo stramazzare al suolo. Per sua fortuna, era caduto di fianco, ma ciò non aveva attutito più del necessario la scossa di dolore profondo che aveva attraversato il suo corpo. Per un breve istante, tutto attorno a sé era diventato bianco. Poi, un conato di vomito misto a sangue lo aveva scosso, costringendolo a sopportare l’apprensione di quello che solitamente avrebbe definito quel deficiente di Kaharot.
“Ma che cosa fai?” – Chichi non era riuscita a trattenersi. Bulma era forse impazzita?
“Non osare mai più avvicinarti a mio figlio” – aveva sibilato – “Mai più”.
E, così dicendo, aveva strappato Trunks dalle braccia di Yamcha, stringendolo al petto e voltando le spalle all’unico uomo che l’amava per quello che era, voltando le spalle ad un uomo a cui non erano rimaste neanche più lacrime da versare.

Continua…
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Ragazze, ciao a tutte!
Eccomi qui, come promesso. Vi dico sin da ora che l’esame di lunedì è andato bene e che ne ho registrato un altro ieri fatto a maggio. Ora si pensa a quello della prossima settimana! Ma torniamo a noi.
L’Angst continua a regnare indisturbato.
Povero amore mio… Povero, povero amore mio. Bulma, seriamente, inizio a odiarti. Svegliati Trunks! Svegliati, e fai ragionare tua madre!
A presto!
Bacini
Cleo
   
 
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