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Autore: Sospiri_amore    22/06/2017    1 recensioni
All'età di sedici anni Elena si trasferisce a New Heaven, USA, con il padre.
Qui vivono gli Husher, una famiglia con la quale sono grandi amici da sempre.
Elena frequenterà il Trinity Institute, una scuola esclusivissima, che la catapulterà in un realtà fatta di bugie, ambizione, menzogne e rivalità che la porterà a scontrarsi con parecchi studenti.
Un amico appena conosciuto le ruberà il cuore o qualcun altro riuscirà a farla innamorare?
Chi ha lasciato quello strano biglietto sul suo armadietto?
Chi ha scattato la foto scandalosa che gira per la scuola?
Elena riuscirà a non rivelare un grande segreto alla persona che ama?
© Tutti i diritti sono riservati
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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IERI:
Non ricordare più ciò che eravamo
 
 

Non vedo James da giorni, a scuola non si è presentato. I professori chiudono un occhio, del resto ha già sostenuto tutti gli esami, quindi ha già tutti i voti necessari.

Kate ha smesso di chiedermi sue notizie, lo stesso Jo. Sono preoccupati, ma cercano di non darlo a vedere. Sul mio volto si legge tutta l'ansia che ho addosso.

Mio padre mi accompagna ogni giorno a scuola e mi viene a prendere, siamo stati due volte al cinema, una volta al ristorante e pure in un centro commerciale a fare shopping. Tutte attività che avrebbero dovuto distrarmi, ma che invece non hanno fatto altro che peggiorare la mia preoccupazione.

 

James non risponde alle mie chiamate. Non vuole parlare con me, non so cosa fare.

 

"Quindi il professor Tompson ti ha dato chimica?", mi chiede Lucas.

"Sì", non smetto di muovere la gamba su e giù. 

"Basta che ripassi il programma, di solito il test di recupero lo fa su quello", mi spiega Stephanie. 

 

Non ascolto nessuno dei loro discorsi, non riesco proprio a concentrarmi. L'unica cosa che mi frulla in testa è James.

 

"Credo che appenderò in camera il ritratto che mi hai fatto per lo spettacolo. Non è male... Direi che può star bene con i miei mobili", Rebecca si sta mettendo lo smalto.

"Bella idea. Dove vorresti metterlo?", chiede Stephanie.

"Pensavo a sopra il camino o vicino alla parete con la libreria. Tu cosa ne pensi?", mi chiede Rebecca mentre soffia sullo smalto per farlo asciugare.

"Cosa?", non ho capito nulla di quello che ha detto.

"Il ritratto che hai fatto per lo spettacolo? La Preside Marquez ha apprezzato molto il tuo lavoro, stavano benissimo sul palco", mi dice Kate.

"Spettacolo?", la mia aria stralunata preoccupa tutti.

"Sì, lo spettacolo che abbiamo fatto a scuola, quando... Insomma... Ecco... È piaciuto a tutti. Abbiamo preso il massimo dei voti. Non male, no? Vivian è stata costretta vista l'ovazione del pubblico", Adrian cerca di sdrammatizzare, ma l'unica cosa che ricordo di quel giorno è la chiamata di Demetra.

"Vo-Voti?", balbetto.

"Elena, non fare così. Non è sano. James verra a scuola quando si sentirà pronto", Jo mi prende per mano e la bacia, "Hanno voluto fare un funerale con soli i membri della famiglia per tutelare la loro privacy, sai che i McArthur sono una famiglia molto influente".

 

I miei occhi rossi e lacrimosi sono la risposta alle sue parole. So benissimo che il funerale era una cerimonia privata, c'erano solo i parenti stretti, ma James poteva almeno farmi sapere se aveva bisogno di qualcosa, se potevo aiutarlo. 

Invece nulla, James non mi ha mai chiamata.

 

"Credo tu debba lasciarlo in pace. James non ha voglia di vederti, ok? Scusa la franchezza, ma fattene una ragione", Rebecca mette via lo smalto nella borsa e mi fissa.

"Becca!", Stephanie mette un dito sulla bocca, come per zittirla, cercando di non farsi vedere da me.

"Che diavolo succede? Rebecca? Stephanie? Se sapete qualcosa dovete dirmelo. Lo avete incontrato? Come sta?".

Stephanie e Adrian abbassano lo sguardo, Lucas giocherella con la cravatta della divisa mentre Rebecca osserva lo smalto appena steso: "Elena cerca di calmarti, ok? È in un periodo strano... Insomma, cerca di capirlo, non essere egoista".

"E-egoista? Non capisco perché non mi chiami! Non dico che debba essere sempre presente, ma almeno che mi dica come sta, sono molto preoccupata", la mia voce trema, non per rabbia, ma per la tensione.

"Lascialo stare, non è un buon momento", ribadisce Stephanie prendendomi per mano.

"Quindi James vuole vedere voi e non me? Ma cosa gli ho fatto?", adesso le lacrime cadono a cascata.

"Insomma... Credo sia ovvio...", Rebecca è sbottata.

"Stai zitta Becca! Non sono cose che ci riguardano!", Lucas da una gomitata all'amica.

"No, dimmelo. Ti prego, sto impazzendo. Non riesco a capire", sto supplicando Rebecca a spiegarmi come mai James non mi voglia più parlare, non avrei mai immaginato potesse succedere.

Rebecca tentenna, si morde il labbro.

Lucas, Stephanie e Adrian fanno cenno di no con la testa.

"La telefonata di Demetra. Perché Demetra ha cercato te? James non capisce? Insomma, è strano, no? Inoltre eri l'unica che poteva firmare i documenti... Capisci che c'è qualcosa che non va, no?"

"Io-io non so. Potrebbe aver trovato il cellulare di George spento oppure quello di James".

Rebecca scuote la testa: "James non ha trovato nessun messaggio in segreteria, neanche suo padre".

 

Sbianco, il cuore batte a mille all'ora. Non ho idea di perché Demetra mi abbia cercata, perché cercasse il mio aiuto. Non lo so. Non posso credere che James non mi parli per questo, che colpa ne ho io? 

 

"Lascialo stare, almeno per un po'. Deve digerire tutto quello che è successo. Non asfissiarlo", Lucas, insolitamente dolce, mi accarezza il braccio.

Kate mi ha messo un braccio intorno alle spalle e mi sussurra di stare calma.

"Te l'ho detto perché credo sia giusto. Tra di noi non scorre buon sangue, eppure vederti così, credo mi faccia star male. Non penso tu abbia fatto nulla, non ne saresti capace. Questa faccenda però è strana", Rebecca parla con franchezza, forse troppa.

"Becca!", Adrian, Stephanie e Lucas zittiscono l'amica.

"Ok. Ok. Chiudo la bocca", Rebecca giocherella con le unghie sbirciando nella mia direzione di tanto in tanto.

 

James ha dubbi su di me.

Crede che io c'entri qualcosa.

Come può crederlo?

 

La campanella suona, la pausa pranzo è finita.

 

"Vuoi saltare le lezioni questo pomeriggio? Se vuoi andiamo insieme al parco, è una bella giornata", mi chiede Kate.

"Vengo anch'io se vuoi", aggiunge Jonathan.

 

Non vogliono che resti sola, hanno paura che possa fare qualcosa di sciocco. Possono pensare quello che vogliono, ma non ho intenzione di lasciar perdere. Le cose che mi ha detto Rebecca mi rimbombano nel cervello, se James è confuso devo chiarire il prima possibile.

 

"Vado a prendere il quaderno di fisica nel mio armadietto. Ci vediamo in classe", cerco di sembrare più naturale possibile.

"Vuoi che ti accompagni?", mi chiede Stephanie.

Faccio cenno di no con la testa. 

Con calma usciamo dalla mensa, ognuno prende la sua strada. Cercando di mantenere il controllo, mi dirigo verso il corridoio dove c'è il mio armadietto.

"Elena, ci vediamo in classe. Ok?", mi dice Jo.

"Certo", gli rispondo.

Una volta svoltato l'angolo, lontana dagli sguardi indagatori dei miei amici, inizio a correre. Non ho intenzione di aspettare un minuto di più, devo assolutamente vedere James, il Trinity può aspettare.

 

Corri Elena, vai più veloce che puoi.

 

Il bus arriva con qualche minuto in anticipo, prendo quello che porta verso la villa di Geltrude McArthur, so che James è lì da quando è morta Demetra. 

Jo mi ha chiamata sul cellulare diverse volte, si deve essere accorto che non sono in classe. Spengo, non ho voglia di parlare con nessuno.

Il viaggio è abbastanza lungo, ci sono parecchie fermate lungo il tragitto. Non guardo fuori dal finestrino, come faccio di solito, il nervosismo è tale che sono assorbita totalmente dai miei pensieri. 

James. James. James. 

È l'unica cosa a cui riesco a pensare. Non mi rendo neanche conto di essere arrivata alla fermata e di camminare spedita verso la villa.

Sono dissociata, il mio corpo e la mia mente viaggiano su binari diversi.

 

Campanello.

Cancello.

Vialetto.

Portone.

Bussare.

 

Attesa.

 

La domestica mi fa accomodare in casa, mi prende la giacca. Senza aspettare, mi catapulto sulle scale alla ricerca di James. Non ho idea di dove potrebbe essere, provo ad andare nella stanza dove si esercitava Demetra.

I tendoni di velluto sono tirati, nella stanza c'è penombra, vedo poco e niente.

 

"James? James? Sono Elena", chiedo senza sapere se c'è qualcuno o meno.

"Elena cara?", la voce di Geltrude arriva dalle poltrone.

"Signora McArthur? È lei? Tutto bene?", chiedo muovendomi con cautela cercando di non rovesciare nulla.

"Diciamo di sì. Tiro avanti per amore di mio nipote e di mio figlio", la vecchia ha l'aria sfatta, molto diversa dall'eleganza che ha di solito.

Mi accomodo su una poltrona di fronte la sua.

"James è in casa?", chiedo a bruciapelo.

"Sta riposando. Ha gli orari sballati, non riesce a dormire la notte. Appena può si sdraia per qualche minuto per cercare di recuperare un po' di energia".

"Aspetterò", non ho intenzione di andarmene, devo chiarire con James, dovessi stare in quella casa per un mese intero.

 

Il ticchettio del pendolo riempie il silenzio che si è venuto a creare. L'anziana pare assorbita dai suoi pensieri come io lo sono dei miei. 

Tutto in quella casa mi ricorda Demetra: la prima volta che l'ho sentita cantare, i pomeriggi che abbiamo passato a ripassare le parole in italiano, la sua dolcezza nei miei confronti. Tutto. Anche le cose brutte, come quando l'ho vista arrancare sulle scale o quando guardava i vecchi filmati.

 

"Vorrei chiederti una cosa Elena. Mi piacerebbe mi rispondessi".

"Mi dica pure, se possibile più che volentieri", mi avvicino alla donna.

"Cosa ti ha detto Demetra per telefono prima che morisse?", la voce tremolante di Geltrude mi commuove, l'affetto che legava le due era molto profondo.

"Non mi ricordo di preciso, è stato tutto così veloce. Mi pare che mi chiedesse di non dire nulla a James e George. Non ho ben chiaro a cosa si riferisse. Sono stati pochi secondi, il mio cervello non ha registrato tutte le parole".

"Credo non volesse farli preoccupare. Voleva informarti, ma non allarmarli. Credo pensasse di riprendersi, che non fosse arrivata la sua fine. Tipico di Demetra, ha sempre avuto a cuore la sua famiglia", la vecchia mi accarezza il volto con molta dolcezza.

Scoppio a piangere.

"De-Demetra mi ha detto che aveva paura...", i singhiozzi interrompono le mie parole, "... Mi ha detto che io sapevo, che dovevo aver capito i segnali. I segnali che mi ha dato in questi mesi".

La Signora McArthur piange, lo capisco dal modo in cui respira, lo capisco dal suono dei suoi sospiri: "Elena cara, come potevi capire che sarebbe mancata? Non è possibile. Neanche io che la conoscevo da tanti anni avevo mai sospettato nulla. Il fatto che avesse rinunciato al canto lo imputavo alla gelosia di George, mai avrei supposto che... Che... Non avresti mai potuto prevenire la sua morte, mai. Nessuno di noi avrebbe potuto. La sua ora era segnata, purtroppo".

Con la testa appoggiata sulle gambe della vecchia singhiozzo come una bambina: "Mi dispiace. Mi dispiace. Io non ho voluto vedere, non ho voluto credere che potesse succede ancora. Ho scelto di essere cieca, ho scelto di non affrontare ciò che Demetra mi diceva. Me lo ha detto in mille modi, quando sulle scale ha preso le pillole, quando pallida si sedeva a riposare e quando guardava i vecchi filmati. Era come con mia madre. Conoscevo il copione, ma non ricordavo la storia. Dentro di me sapevo che c'era qualcosa che non andava, ma non ho voluto affrontarlo".

Le mani dell'anziana mi accarezzano la testa senza fermarsi: "Elena, non è colpa tua".

"Sì, ho tenuto la bocca chiusa. Non ho detto nulla perché... Perché... Non volevo ammettere che stesse male. Ho fatto finta di nulla", dico in preda alla disperazione.

 

Poi, d'improvviso, un suono squarcia l'aria.

 

"Quindi avevo ragione, tu lo sapevi e non mi hai detto niente!", la voce rabbiosa di James risuona per la stanza.

Colta alla sprovvista mi guardo intorno, James è di fronte ad una porta spalancata, una forte luce è alle sue spalle, intravedo solo la sagoma del suo corpo.

"James", il mio cuore è impazzito dalla gioia nel sentire la sua voce.

"Vattene da questa casa. Non ho niente da dirti", mi dice con tono duro.

"Cosa? Cosa? James, perché?", mi alzo di scatto per andare verso di lui.

"Per me sei il nulla, non ti voglio mai più vedere. Mai più.", quelle sono le sue ultime parole prima che la porta, alle sue spalle, sbatta con violenza.

 

Basta un attimo per vedere crollare tutto.

Dicono che è come se un terremoto distruggesse la terra sotto i piedi.

Un attimo e poche parole.

Cadere sempre più in basso fino a non ricordare più ciò che eravamo.

Elena e James erano per sempre.

Ora non più.

James non mi vuole più.

Mai più.

 

... CONTINUA NEL PROSSIMO CAPITOLO...

 
 
   
 
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