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Autore: Chainblack    24/06/2017    1 recensioni
In fuga dalla disperazione dilagante della Hope's Peak Academy, sedici talentuosi studenti vengono rapiti e rinchiusi in una località sconosciuta, costretti a partecipare ad un nuova edizione del Gioco al Massacro senza conoscerne il motivo.
Ciò che sanno è che, per scappare da lì, dovranno uccidere un compagno senza farsi scoprire.
Guardandosi le spalle e facendo di tutto per sopravvivere, i sedici ragazzi tenteranno di scoprire la verità sul loro imprigionamento sapendo che non tutti potrebbero giungere illesi fino alla fine.
Ambientata nell'universo narrativo di Danganronpa, questa storia si svolge tra i primi due capitoli della saga.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Tutti e quattordici premettero il pulsante situato appena sotto il proprio banco non appena tornò il silenzio.
La votazione durò appena qualche attimo: sullo schermo situato sul soffitto dell'aula comparve un volto.
All'immagine di Alvin era allegata la scritta "COLPEVOLE" a caratteri ampi e cubitali, come per imprimere un senso di oppressione.
L'Ultimate Guardian si allacciò lentamente la camicia; il suo sguardo era vacuo.
- Mostro... -
Una voce flebile e strozzata ruppe il silenzio.
Alvin si voltò; era June.
- Come... come hai potuto...? - l'arciera si trattenne a stento - COME HAI POTUTO!? -
Il ragazzo massiccio abbassò lo sguardo.
- Pensi davvero che spiegarlo avrebbe senso? - chiese lui - Pensi di poter capire la mentalità di un assassino come me? -
- Alvin... - stavolta fu Karol a parlare - Devi darci delle spiegazioni -
Lui guardò il suo orologio da polso. Vi era un minuscolo quadrante indicante la data, sulla destra del congegno.
- Oggi è il trenta di Aprile... - mormorò - Tra due giorni sarei dovuto essere a casa. Sarei dovuto essere al suo fianco -
- Di che diavolo stai parlando!? - sbraitò Michael.
- Ho fatto una promessa - rispose - Una promessa ad una persona molto importante -
- Una promessa che ti ha spinto ad uccidere... una ragazza innocente come Refia? - pianse Hayley - E' davvero questa la verità? -
Pearl si mise in mezzo.
- Ognuno di noi ha dei principi e dei valori. Ognuno di noi ha dei sogni e delle aspirazioni... - disse la ninja - Alvin ha i suoi. Deve essere davvero importante se ti ha portato all'omicidio -
Alvin annuì lievemente.
- Non voglio che mi perdoniate - sospirò - Ho... ho tentato di uccidervi. E' stata una mia scelta, e ho deciso di farlo di mia iniziativa. Ho voluto agire prima di affezionarmi a voi, per non recidere un legame troppo saldo. Se mi odiate, me ne farò una ragione -
- Io non voglio odiarti, Alvin! - intervenne Judith Flourish - Ma uccidere...! Uccidere per... qualsivoglia motivo è...! -
- Assurdo, sì - la interruppe il bodyguard - Eppure per qualcuno di talmente importante sono stato disposto a farlo -
Vivian Left gli si avvicinò timidamente.
- Alvin... - disse lei - Ti scongiuro... dimmi che Refia non ha sofferto -
Gli occhi gli si inumidirono. Si pulì la faccia prima di rispondere.
- Non ha sentito niente... - disse, con un filo di voce - Nel momento in cui stava passando davanti alla caldaia... le sono piombato davanti all'improvviso. Il suo sguardo era confuso mentre cadeva a terra, ma... poi le ho stretto il collo con una morsa per farla svenire... non volevo che provasse dolore mentre la... la uccidevo -
Calò il silenzio. Erano parole difficili sia da pronunciare che da ascoltare.
Xavier osservò la confessione in silenzio, ripercorrendo la propria cronologia mentale degli eventi. Tutto sembrava combaciare.
- E poi... - Alvin cedette ad alcune lacrime - Mentre la soffocavo lei... lei ha realizzato. Ha realizzato che non si sarebbe mai più svegliata... mi ha guardato, dritto negli occhi... mi ha supplicato in silenzio, dimenandosi e cercando aria. E io... cristo santo... -
- E poi la hai pugnalata con la freccia... - concluse Pearl.
L'affermazione priva di fronzoli della ninja aggravò il peso che il guardiano si portava sulle spalle.
- Esatto... - disse lui, ricomponendosi - Ho trovato l'arco in palestra un paio di giorni fa. Ho intuito che June lo avesse tenuto nascosto, e ho pensato di usarlo per il mio piano... -
Lawrence deglutì.
- Porca miseria, Alvin... - biascicò - Non dirmi che non hai avuto... nemmeno un attimo di esitazione... -
Alvin non trovò la forza di rispondere. Si limitò a socchiudere gli occhi.
- Ascoltatemi - disse lui - Non ho il diritto di darvi consigli o ammonimenti, nella mia situazione. Ma vi prego, fate in modo che il mio caso rimanga isolato. Siate forti... come io non sono riuscito ad essere. Ve lo chiedo con umiltà... fate sì che il mio errore resti unico nel suo genere -
Nessuno trovò il coraggio di accettare il gravoso compito di accettare quella richiesta.
Alvin avvertì il seme del dubbio propagarsi sempre più tra i suoi compagni.
Si rivolse, infine, a Karol.
- Perdonami, Prof. Sono stato un pessimo esempio -
- Alvin... - si morse il labbro - Se solo mi avessi parlato... -
- Prenditi cura di loro, Karol. Non esiste nessuno di più affidabile di te -
A quelle parole, una porta si aprì alle spalle di Alvin, mimetizzata con il muro.
L'interno sembrava condurre verso la sala adiacente; Xavier ricordò come Monokuma la avesse descritta poco prima.
- La... sala delle punizioni...? - mormorò Xavier.
Tutti gli altri sussultarono.
- E' giunto il momento che io paghi per il mio crimine... -
Hillary strinse la mano a Vivian; il suo sguardo sembrava voler dire che non voleva vederlo andare via.
- U-un momento! - lo fermò Rickard - Se vai lì...! -
- Preferisco andarci di persona che lasciare che Monokuma mi trascini di peso - Alvin abbozzò un sorriso storto e falso - Compagni miei... non vi sono parole per esprimere il mio rammarico. Vi auguro ogni bene possibile -
- Alvin...! - esclamò Kevin - C'è davvero qualcuno di così importante per cui vale la pena di togliere la vita...!? -
L'Ultimate Guardian annuì con serenità.
La porta iniziò a chiudersi lentamente, facendolo sparire pian piano.
Lanciò un'ultima occhiata verso i suoi compagni di classe; vide Hillary e Vivian stringersi tra loro sempre più.
Vide Rickard, col cuore in gola.
Lawrence e Kevin parevano avere sentimenti contrastanti sulla situazione.
Vide Karol e June, entrambi con un dolore lancinante sul volto.
Vide il timido Pierce farsi sempre più piccolo, con gli occhi colmi di terrore.
Adocchiò Hayley ed Elise, incapaci di trattenere la tristezza.
Michael e Pearl erano gli unici col sangue ancora freddo. Lui appariva quasi come sollevato.
Pearl fece un cenno, come a volergli dire che, in qualche strano e assurdo modo, lo capiva.
E infine, gli ultimi due.
- Xavier, Judith, siete stati splendidi - sorrise Alvin - Continuate a collaborare con tutti quanti... e trovate la verità dietro questa follia -
E, con quelle parole, la sua immagine scomparve definitivamente.
Lo schermo si illuminò nello stesso momento in cui si attivarono gli altoparlanti.
- Complimenti! Avete stanato il colpevole! - annunciò Monokuma con eccitazione - Direi che abbiamo perso abbastanza tempo in convenevoli, quindi passerò dritto al sodo! Ho preparato una punizione speciale per Alvin Heartland, Ultimate Guardian! Tutti pronti? E' l'ora della punizione! -

 
 
I quattordici studenti si avvicinarono alle vetrate dell'aula di tribunale, facendosi spazio per vedere.
Lo spettacolo davanti ai loro occhi li fece rabbrividire.
Alvin Heartland era fermo, in piedi al centro dell'enorme sala.
Ai suoi piedi giaceva uno scudo grande a malapena quanto il suo braccio.
Alvin lo raccolse, quasi istintivamente.
Fu in quel momento che, dall'altro lato della stanza delle punizioni, comparve un grosso dispositivo dotato di canna e munizioni.
Xavier sgranò gli occhi: era una vera e propria mitragliatrice.
Lo schermo del tribunale emise un suono acuto; una scritta era comparsa a caratteri cubitali: "THE SHIELDBREAKER".
Un titolo che non lasciava presagire nulla di buono e che scosse gli animi di tutti i presenti.
Judith Flourish pregò con tutta se stessa affinché non avvenisse ciò che stava palesemente per accadere.
Si udì un rombo; l'arma aveva appena fatto fuoco.
Uno, due, tre, dieci, trenta colpi di fila; la mitragliatrice era ricoperta da un denso fumo grigiastro, come se la velocità di fuoco la stesse surriscaldando.
Alvin Heartland si piazzò lo scudo davanti; l'impatto distrusse gran parte della guaina metallica.
Avvertì una feroce perforazione alle gambe e alle braccia, un continuò raschiamento della sua pelle da parte di quei proiettili tanto sottili quanto letali.
Una pioggia cruenta si abbatté sull'Ultimate Guardian provocando una nube di fumo attraverso la quale fu impossibile vedere.
Hillary Dedalus affondò la testa nello stomaco di Vivian; questa la cinse tra le braccia, ma come tutti gli altri fu incapace di distogliere lo sguardo.
Tutti meno Pierce, che dopo la prima ondata si sentì quasi svenire.
Passarono quindici secondi buoni, prima che l'arma da fuoco cessasse di sparare, e col silenzio iniziò a diradarsi anche il fumo.
Ciò che uscì dal gassoso grumo grigiastro non era più nulla che potesse essere ricondotto ad un essere umano.
Un corpo inginocchiato, che presentava più fori che altro, comparve sotto lo sguardo di tutti.
Lo scudo, che non se l'era passata meglio, cadde rovinosamente al suolo, infrangendosi in due metà distinte.
Nello stesso attimo, il corpo di Alvin Heartland cessò qualsiasi funzione.
Il suo fisico possente stramazzò in avanti, con un tonfo sordo.
Attorno vi era un lago di sangue e proiettili.
Non si mosse mai più.


L'ascensore ritornò in superficie dopo un viaggio che parve durare un'eternità.
Scivolò silenziosamente lungo la superficie, giungendo infine a destinazione.
Nessuno dei quattordici studenti disse una singola parola.
Al suo arrivo, rimasero fermi.
Vi era vacuità nei volti di ognuno.
C'era chi era intento a riflettere, chi era rimasto sopraffatto dal dolore più di altri, chi si stava facendo divorare dal rimorso.
C'era chi aveva timore degli altri, paura di cadere nello stesso errore, o terrore di essere il prossimo.
Un miscuglio eterogeneo di paure si era mescolato agli animi dei presenti.
Uno dopo l'altro, tutti iniziarono lentamente a scivolare verso le proprie stanze.
Nessuno salutò, nessuno si diede appuntamento per il giorno dopo; nessuno era certo nemmeno di arrivarci, alla giornata successiva.
Tre persone rimasero sul piazzale.
Karol Clouds, Judith Flourish e Xavier Jefferson.
- Io... andrò a riposare - disse l'insegnante - Ho bisogno di tempo per pensare -
Judith annuì.
- Buonanotte, Prof... -
Karol tentò di sorriderle, ma semplicemente non ci riuscì. 
Camminò vacillando fino alla propria stanza.
Xavier e Judith si guardarono dritti negli occhi.
- E' finita... - sospirò Judith.
- Tu credi? - mormorò Xavier - Io ho il timore che sia appena cominciata -
Lei gli afferrò il braccio.
- Non dirlo! - gemette lei - Ti scongiuro, non dirlo... -
- Dobbiamo affrontare in faccia la realtà, Judith - rispose secco lui - Non possiamo fidarci di nessuno. E non posso fidarmi nemmeno di te... -
- Ma...! -
- Non dire che non uccideresti mai nessuno, per motivo alcuno! - reagì Xavier - Lo disse anche Alvin, e guarda dove siamo finiti! -
Lei si strinse in se stessa. 
Alzò leggermente la mano fin sulla propria testa, afferrando delicatamente il fermaglio ornato con una vistosa rosa bianca.
Lo sfilò; ciocche di capelli corvini le caddero lungo il viso.
I suoi occhi scrutarono il fermacapelli come cercando una risposta.
- Eppure... - sussurrò Judith - Io... non ho paura di te, Xavier -
- Che cosa...? - lui tentò di metabolizzarne il significato.
- Voglio dire che... il tuo atteggiamento rude sembra celare qualcosa di diverso - spiegò lei - Quando ti vedo mi sembra di vedere un'aura simile a quella di Karol. Una sorta di strana... sicurezza -
- Judith, tu non mi conosci... - si grattò il capo.
- Lo so, è solo una sensazione - la legale prese aria - Ma durante le indagini sei stato... incredibile! La minuzia del tuo ragionamento, il tuo attento calcolare le varie possibilità... cielo, io non avrei mai pensato di controllare i punti ciechi delle videocamere -
Lui indietreggiò, imbarazzato.
- Non bisogna essere dei fuoriclasse per avere un minimo di intuito - annuì lui - Tu sei molto più portata... -
- Eppure ho avvertito qualcosa... qualcosa di speciale - lei annuì ripetutamente - Dimmi, Xavier. Sei "l'Ultimate Detective", non è così? -
Il suo unico occhio si spalancò.
- I-io...? - balbettò - Perché lo dici...? -
- Lo ripeto: solo una sensazione - sorrise lei.
Lui chinò lo sguardo.
- Puoi chiamarmi come preferisci - sospirò - Ma non commettere lo stesso errore di Karol. Se mai dovessi trovare qualcuno di cui ti fidi nella posizione di Alvin, ne usciresti distrutta. C'era un punto cieco anche nelle nostre considerazioni basilari... -
- Lo terrò a mente - rispose lei, vagamente delusa - Allora... ti auguro una notte serena -
Lui la salutò con la mano.
- Dubito che avremo davvero delle nottate tranquille, d'ora in avanti - disse, svanendo dietro la porta numero otto.

 
   
 
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