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Autore: Civaghina    25/06/2017    2 recensioni
Com'era la vita di Leo, prima della terribile scoperta della Bestia?
Com'è cambiata la sua vita quando si è trovato davanti ad una verità così devastante?
La storia di Leo prima di Braccialetti Rossi, ma anche durante e dopo: gioie, dolori, amori, amicizie, passioni, raccontate per lo più in prima persona, sotto forma di diario.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Lunedì, 25 giugno 2012

Non appena entro nello studio della Lisandri, rimango bloccato sull'uscio, notando che stavolta non è da sola. Dietro la scrivania, seduto accanto a lei, c'è il dottor Abele ed io so benissimo chi è: il chirurgo ortopedico che ha operato mamma più di una volta; mi ha sempre ispirato fiducia e sicurezza a pelle, ma adesso le mie sensazioni sono ben diverse.

"Buongiorno" dico, rendendomi subito conto di come mi tremi la voce e di come anche le mie gambe non scherzino.

Lui risponde al saluto con la sua voce calda e pacata, mentre la Lisandri mi rivolge un sorrisetto nervoso: "Ciao Leo. C'è tuo padre lì fuori?"

"Sì...".

Il mio cuore sta battendo all'impazzata mentre mi sforzo di camminare verso di loro senza lasciar trapelare la mia agitazione.

"Sarebbe preferibile che entrasse anche lui."

"No" dico restando in piedi davanti alla scrivania. E' come se torreggiare su di loro mi desse più forza.

Lei mi guarda con indulgenza, togliendosi gli occhiali: "Stavolta non posso negoziare, Leo. Dobbiamo parlare di cose importanti e dev'esserci anche tuo padre."

"Come se le altre volte avessimo parlato del tempo!" esclamo esasperato. "Oh, andiamo! Ce l'ho fatta da solo le altre volte e ce la farò anche oggi!"

"Abbiamo bisogno di parlare con tuo padre" insiste lei. "Ti ricordo che sei minorenne".

E davanti a quest'evidenza rischio di crollare.

Sono minorenne.

Quindi loro ritengono di dover parlare con mio padre.

Quindi loro sono tenuti a parlare con mio padre.

E quindi io non posso farci un bel niente.

Questa cosa non mi va giù.

Non mi può andare giù.

"Dopo!" dico battendo la mano sulla scrivania, in un ulteriore tentativo di non resa.

La Lisandri mi lancia un'occhiata interrogativa: "Come sarebbe?"

"Ok, siete tenuti a parlare con lui..., va bene. Però... dopo. Parlate prima con me!" esclamo puntandomi l'indice contro il petto, come a voler dare più forza alle mie parole, mentre sposto lo sguardo da una all'altro.

Il dottor Abele abbozza un sorriso scuotendo la testa: "Certo che ti hanno dato proprio il nome giusto, eh?!"; si volta verso la Lisandri e le fa un cenno d'assenso.

"E va bene, Leo" si arrende lei. "Siediti".

Ho ottenuto quello che voglio.

Ma è una vittoria amara.

Non mi sento per niente vincente.

Mi siedo di fronte a loro, teso, con le spalle rigide, senza appoggiarmi allo schienale della sedia.

Lo sguardo della Lisandri mi mette a disagio: non preannuncia nulla di buono.

"Leo, conosci il dottor Abele?"

"Sì. Ha operato mia madre."

"La dottoressa Lisandri mi ha consultato in seguito all'esito della tac e della risonanza magnetica che hai fatto qualche giorno fa" interviene lui.

"Purtroppo le immagini ottenute non ci hanno permesso di escludere l'eventualità che si tratti di un tumore" continua la Lisandri. "Quindi si rende necessaria la biopsia ossea".

I battiti del mio cuore, se possibile, accelerano ancora di più.

La paura, che negli ultimi giorni sono riuscito in qualche modo a controllare, torna, all'improvviso. Torna, prepotente, e mi schiaccia.

M'impongo di non dare a vedere niente, ma dentro di me sto urlando.

"Sai di cosa si tratta?" mi domanda il dottor Abele.

"Mi prenderete un pezzo d'osso con un bell'ago gigante, no?!" esclamo provando a sdrammatizzare, stringendomi nelle spalle. "Dopo aver fatto questo, i prelievi di sangue mi sembreranno una passeggiata!".

Lo sguardo del dottor Abele è così intenso che temo di non riuscire a sostenerlo.

Invece ce la faccio.

Senza esitazioni.

Nonostante l'ansia che mi attanaglia.

Nonostante il panico che mi stringe il petto.

Nonostante la mia bocca completamente secca.

Nonostante tutto.

Non indietreggio.

"Vedi, Leo, ci sono due tipi di biopsia. Quella che hai descritto tu si chiama agobiopsia, ma nel tuo caso preferiamo fare quella che viene chiamata biopsia a cielo aperto. E' un intervento più complesso, in anestesia generale."

"Perché?" chiedo portandomi istintivamente una mano in mezzo ai capelli.

Sposto lo sguardo sulla Lisandri, che coglie subito il mio turbamento, ma è sempre il dottor Abele a spiegarmi: "Perché ci permetterà di intervenire immediatamente, nel caso si possa."

"Cosa vuol dire?! C'è il caso che non si possa?".

Stavolta è la Lisandri a rispondermi: "Nel caso sia un tumore, potrebbe essere troppo esteso per essere rimosso in sede di biopsia e saranno necessari altri trattamenti prima di poterlo rimuovere".

Mi manca il respiro.

Tremo.

Provo un dolore che non riesco a definire.

Penso a mamma malata, senza capelli, al suo corpo ossuto, alla sua sofferenza.

"Sta parlando di chemio?!"; la mia voce parte alta ma sfuma in un sussurro.

"Non siamo ancora a quel punto, Leo. Prima occorre fare la biopsia, per smentire o confermare i nostri sospetti. Potrebbe anche essere un tumore benigno."

"Oppure?"

"Oppure maligno."

"E mi faccia indovinare?! Adesso mi dirà di non essere impulsivo, di aspettare, di non giungere a conclusioni affrettate..."

"Esattamente. Concentrati sulla biopsia: sicuramente avrai domande, dubbi, timori. Il dottor Abele è qui apposta per risponderti".

Sinceramente, in questo momento, ho in testa solo una gran confusione che mi rende difficile formulare qualsiasi domanda.

Non saprei da dove cominciare.

Entrambi mi guardano, in attesa, mentre col silenzio cresce la mia ansia.

"Vuoi che facciamo entrare tuo padre?" mi chiede la Lisandri.

"No. Non ancora" dico muovendo la mano in un gesto d'attesa.

"D'accordo."

"Ecco, ce l'ho la domanda: ora che succede?"

"Ora predisporremo il tuo ricovero, il più presto possibile. Direi... mercoledì, per sottoporti a tutti gli esami necessari prima dell'intervento. Se è tutto nella norma, procederemo alla biopsia il giorno dopo."

"Questo mercoledì?!"

"Sì. E' meglio non perdere tempo, Leo. Dopo l'intervento dovrai rimanere in ospedale per qualche giorno, almeno un paio di notti."

"E poi?"

"Se in sede di biopsia ci accorgiamo che si tratta di un tumore benigno circoscritto potremo subito rimuoverlo, altrimenti dovremo aspettare l'esito" mi spiega il dottor Abele.

"E se fosse maligno?"

"Ne parleremo più avanti" mi risponde la Lisandri.

"No! Io voglio parlarne adesso! Ho bisogno di saperlo adesso!".

Lei mi guarda negli occhi e capisce che ho davvero bisogno di quella risposta.

E che ne ho davvero bisogno adesso.

"Se fosse maligno dovremo fare una pet, per definire a che stadio di avanzamento si trovi ed evidenziare eventuali metastasi e coinvolgimenti dei linfonodi, dopodiché metteremo in atto il protocollo terapeutico del caso."

"Cioè la chemio?"

"Sì."

"Ok" dico deglutendo e annuendo nervosamente. "Va bene". Mi alzo e con passi rapidi raggiungo la porta e la apro: "Papà, vieni dentro, i dottori hanno bisogno di parlarti".

Mio padre, visibilmente nervoso e spaventato, entra nello studio mormorando un saluto che quasi non si sente e si va ad accomodare nella sedia dov'ero seduto io fino a un attimo fa.

"Io vado a farmi un giro. Telefonami quando hai finito".

Non voglio restare in questa stanza un minuto di più.

Mi dirigo all'ascensore, ben consapevole di dove voglio andare e di cosa ho bisogno in questo momento.

Braccialetti Bianchi.


   
 
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