VII
Il
porto di
Valamer era gremito di navi, aeronavi e persone, caratteristica comune
a tutte
le città di confine.
La parte bassa
della città, la più infamata e pericolosa, che
proliferava all’ombra della
parte sospesa., trattenuta da pesanti catene di acciaio, ospitava il
porto per
le navi che viaggiavano sull’acqua e Arandil vi si aggirava
con aria fintamente
noncurante, quasi stesse passeggiando per ammirare le imbarcazioni che
vi erano
attraccate. Dubitava che Krugar avesse ormeggiato la sua nave in bella
mostra,
ma l’elfo aveva imparato che spesso il modo migliore per
nascondere qualcosa
era metterla bene in vista; inoltre l’ultimo posto dove si
sarebbe cercata
un’aeronave era proprio quello: chi mai avrebbe ormeggiato
una nave che solcava
i venti e le nubi tra vascelli che scivolavano leggiadri
sull’acqua?
L’elfo era sicuro
che il pirata si trovasse lì, o quantomeno ci fosse stato di
recente: il
segnale del drago meccanico di Adam l’aveva condotto fino a
quella città dalla
dubbia reputazione, con un governo autonomo e indipendente
dall’impero, sebbene
formalmente legato ad esso. Essendo una città che confinava
con i territori
inospitali del Nord, popolati per la maggior parte da belve feroci,
draghi,
Vandali e fuorilegge, la città necessitava di truppe stabili
e fisse, ma
l’impero si era rifiutato di sguarnire altri territori per
proteggere quella
cittadina sordida all’estremo confine settentrionale e
Valamer si era munita di
un proprio esercito. Non volendo sobbarcarsi anche l’onere di
gestire le rogne
date dalle numerose incursioni di Vandali, draghi, banditi e
quant’altro,
l’impero aveva concesso a Valamer uno statuto speciale, che
nel corso degli
anni e dell’aumento della propria importanza e potenza, aveva
assunto le
sembianze di un governo a sé stante, in apparenza soggetto
all’impero ma in
realtà completamente autonomo e indipendente. Ogni anno
l’impero nominava un
satrapo da spedire in quel cubicolo dimenticato da tutti, ma il
funzionario non
lo raggiungeva mai, fermandosi in qualche cittadella più
civilizzata, meno
losca e inquietante. Proprio perché non soggetta alle leggi
che governavano il
resto dei territori, Valamer raccoglieva la feccia della
società: i più
disgraziati, meschini, perseguitati e sospetti individui avevano
trovato
rifugio tra le mura di pietra della città, potendo
continuare la loro vita
dissoluta lontano da una condanna a morte, dai debiti e dalla vita
precedente.
Al governatore
poco importava chi abitasse le proprie case, bastava che fossero
disposti a
prendere le armi quando fosse stato necessario e a pagare le tasse, non
chiedeva nient’altro.
Ad Arandil non
sorprese che il pirata si fosse rifugiato tra quelle palazzine color
carbone e
che si fosse trascinato dietro Adam; ciò che lo lasciava
perplesso era il fatto
che il segnale emesso dal Sigillo si fosse spento improvvisamente.
Ciò,
solitamente, significava che il proprietario del drago era morto, e che
lo
stesso drago si sarebbe disintegrato entro breve. L’elfo
esitava a credere che
l’orco avesse commesso una mossa tanto avventata e sciocca:
non avrebbe potuto
uccidere Adam senza aspettarsi di trovarsi un plotone di Dragoron alle
calcagna; ma ciò non toglieva che avrebbe anche potuto
farlo, a suo rischio e
pericolo. Arandil pregava che ad Adam non fosse successo nulla, o la
sua
missione sarebbe stata vana: se fosse morto non avrebbe mai potuto
avere il suo
riscatto e la sua rivincita, sarebbe fallito miseramente e la vergogna
dell’inettitudine l’avrebbe marchiato a vita. Non
aveva mai provato tanta
preoccupazione per quel damerino indisponente.
Finalmente gli
parve di scorgere, incuneato tra due navi da guerra,
l’inconfondibile scafo
dell’Andromeda. Un sorriso si fece largo tra le labbra
sottili.
Sempre ostentando
indifferenza si avvicinò alla nave e la studiò,
cercando di non farsi notare:
il ponte sembrava deserto, così come il resto del vascello;
probabilmente erano
scesi per fare rifornimento o per altri scopi più sanguinari
e meno piacevoli.
Arandil non volle soffermarsi su quella possibilità per
più di un istante;
sperò che Adam fosse sulla nave, tenuto prigioniero nella
stiva e guardato a
vista da due pirati dal cervello fino che avrebbe potuto controllare
senza
problemi. In quel momento vide un’ombra sul ponte, si
appiattì contro i barili
di pesce dietro cui si era nascosto e osservò due pirati
trasportare un ammasso
di metallo scintillante.
Arandil lo
riconobbe come Silvershade, la cavalcatura di Adam; sembrava spento, ma
dalla
sua posizione non poteva constatare la condizione del Sigillo e
affermare se il
cavaliere fosse ancora vivo.
Aspettò che i due
gli passassero accanto e carpì la loro mente. I pirati
rimasero imbambolati per
un momento, immobili nel bel mezzo del pontile e in uno stato
catatonico, segno
che Arandil stava penetrando nelle loro menti. Soggiogarle fu
semplicissimo: erano molto semplici e grette. Non che si aspettasse
chissà quale
cima in una ciurma di pirati, ma non credeva nemmeno che sarebbe stato
così
facile ammaliarli.
Siete
pirati di Krugar Mano Scarlatta? Domandò
loro per via mentale, voleva essere certo che quella fosse la nave
giusta e
l’orco non avesse provato a ingannarlo in qualche modo:
avrebbe sempre potuto
prendere un’altra nave e lasciare l’Andromeda al
porto come falsa pista. I due
pirati, però, confermarono con un breve cenno del capo.
Ditemi
dove tenete il prigioniero comandò
loro e i due non esitarono a
spiegare, specificando che fosse controllato da diversi uomini e che
fosse
legato e impossibilitato a fuggire.
Krugar
è sulla nave?
Domandò, voleva essere sicuro che non ci fosse traccia del
capitano; gli uomini
risposero che era sceso con la maggior parte della ciurma a far
baldoria in
qualche bettola dal nome impronunciabile.
L’arrogante
aveva
pensato bene di lasciare il proprio prezioso carico in custodia ad una
decina
di uomini, mentre lui se la spassava con il resto dei suoi uomini: una
leggerezza che poteva rivelarsi fatale.
Arandil
li
ringraziò e abbandonò le loro menti non prima di
avergli ordinato che, non
appena avessero sentito la parola “rum”, avrebbero
iniziato a starnazzare come
delle oche e a sbattere le braccia come fossero ali.
A
volte, l’elfo,
adorava la propria abilità, sebbene durasse per poco tempo e
non potesse
sottomettere troppe persone contemporaneamente.
Con
la stessa
tecnica eluse la sorveglianza e giunse nella stanza dove Adam era
legato ad una
delle ossa che perforavano la stiva e la sostenevano.
«Cosa
ci fai qui?»
sussurrò, non appena vide la figura longilinea di Arandil
avvicinarsi a lui.
«Salvo
il tuo bel
culetto» rispose l'elfo con un sorriso di scherno: trovava la
situazione
alquanto spassosa e ironica, e se la sarebbe goduta fino in fondo.
«Non
ho bisogno
del tuo aiuto, lenticchia. Ho tutto sotto
controllo» sibilò l'altro.
«Quindi
essere
legato come un salame nella stiva della nave del pirata che avresti
dovuto
catturare, fa parte del tuo piano?» commentò
sarcastico l’elfo mentre il suo
sorriso si allargava.
«Sì»
rispose
piccato Adam, come un bambino capriccioso e viziato, «E mi
domando perché il
Capitolo abbia sentito il bisogno di mandare te a
salvarmi, non sono una principessa in pericolo.»
«Ma
ne hai tutta
l'aria» lo punzecchiò l’altro.
Adorava potersi finalmente vendicare di
tutte le volte in cui Adam lo aveva preso in giro e torturato per tutti
quegli
anni, quando era lui ad essere lo sfigato di turno che preferiva
trascorrere il
suo tempo sui libri a studiare i draghi piuttosto che mettersi in
mostra come
faceva l'umano. In quel momento, invece, era il bellimbusto popolare ad
avere
bisogno del secchione, e Arandil l'avrebbe aiutato, che gli fosse
piaciuto o
meno.
«Ripeto
che non ho
bisogno di aiuto» scandì Adam, «Meno che
mai del tuo!»
«Possiamo
rimanere
qui a battibeccare tutto il giorno come due vecchi sposini oppure,
possiamo organizzare
un piano per liberarti, catturare Krugar e lasciare questa nave senza
lasciarci
le penne» sospirò Arandil, che stava iniziando a
spazientirsi, «Tu hai il
potere di schermare gli oggetti per breve tempo e io posso soggiogare
la mente
delle persone per ventiquattro ore, se uniamo le forze e sfruttiamo
queste
capacità, possiamo uscirne vivi e anche
vittoriosi.»
«Piuttosto
che
abbassarmi a collaborare con uno come te, preferisco farmi gettare
fuori bordo»
protestò Adam, «Ho sempre lavorato da solo e sono
riuscito magnificamente in
ogni impresa, portando a compimento qualsiasi incarico mi venisse
affidato. Tu,
invece, non sei ancora riuscito a concludere il benché
minimo compito, nemmeno
il più semplice, cosa ti assicura che non
succederà anche per questo?»
Arandil
si
trattenne dal tirargli un cazzotto sul naso e farlo tacere, anche
legato e
rinchiuso in una stiva, era capace di farlo sentire una
nullità e un incapace,
sbattendogli in faccia la sua incompetenza e la sua
mediocrità rispetto
all'eccelso e ineguagliabile Adam Browning. Per un attimo,
accarezzò l’idea di
lasciarlo lì e riferire al Capitolo che il cavaliere era
stato ucciso dai
pirati prima che potesse raggiungerlo, ma qualcosa dentro di lui, il
senso
dell'onore, forse, o quel disperato bisogno di riscatto, lo fecero
desistere.
Prese un altro, lungo sospiro e, ignorando le frecciatine del Dragoron,
espose
il suo piano.
«Aspetteremo
che
la nave scenda per fare rifornimento e a quel punto agiremo: tu ci
schermerai
con il tuo potere, mentre io userò il mio per fare in modo
che i pirati
collaborino con noi e ci lascino andare; purtroppo, l'effetto del mio
potere
sarà meno duraturo, dal momento che dovrò
controllare una decina di persone
contemporaneamente, ma dovrebbe darci il tempo necessario per
fuggire...»
«E
con Krugar come
la mettiamo?» lo interruppe Adam inarcando un sopracciglio.
«Al
momento non è
sulla nave» riferì Arandil.
«Come
pensi di
catturarlo, allora?» chiese il cavaliere, «Inoltre,
ti ricordo che su questa nave
c'è anche il mio drago, e non ho intenzione di lasciare
Silvershade nelle mani
di questi bifolchi!»
«Oh,
Adam è
innamorato del suo draghetto e non vuole lasciarlo
solo» lo prese in giro
Arandil.
«Sei
proprio una
testa di cazzo» fu il commento dell'altro,
«Silvershade non è un semplice
drago, e lo sai benissimo! Per quanto il Sigillo impedisca ai pirati di
usarlo,
possono sempre smontarlo e studiarlo, scoprendo come funzionano i
draghi
meccanici, a quel punto potrebbero replicarli e allora sarebbe la
fine!»
L'elfo
non
aveva minimamente preso in considerazione questa
eventualità: aveva sempre
creduto che i draghi meccanici fossero un'esclusiva dei Dragoron e che
il
segreto per la loro realizzazione fosse impossibile da scoprire tanto
era ben
custodito e protetto; ma non c'era bisogno di conoscere la procedura
quando vi
si poteva risalire, avendo la possibilità di analizzare un
drago in metallo,
bulloni e giunzioni.
«Non
ci avevo
pensato» si lasciò sfuggire il giovane.
«Ecco
perché sono
io il migliore» lo rimbeccò l'altro.
Tutta la sicurezza di Arandil era
crollata in un istante, abbattuta da Adam: credeva che il suo fosse un
piano
geniale e perfetto, per quanto tratteggiato solo nelle linee generali, ma
proprio
perché non aveva considerato tutti i particolari e le
eventualità, si era
rivelato fallimentare.
«Allora,
qual è il
piano?» domandò l'elfo, riconoscendo, a
malincuore, la superiorità dell'altro.
Se volevano avere anche una minima possibilità di uscire
vivi da quella nave
dovevano mettere da parte le divergenze e collaborare, questo implicava
giungere a dei compromessi e Arandil era disposto a farlo.
Adam,
però, non
ebbe il tempo per esporre la sua idea perché un paio di
pirati fecero irruzione
nella stanza.
«Cosa
ci fai tu
qui?» lo apostrofò uno dei due, il più
grosso e nerboruto, con la bocca
nascosta da una barbaccia biondo sporco. Aveva ancora la mente
annebbiata dal
controllo che l’elfo esercitava ed era convinto che questi
fosse un mozzo.
«H-ho
portato da
mangiare al prigioniero» balbettò l'elfo
non trovando una scusa migliore.
«Mangerà
più
tardi» replicò l'altro, senza indagare oltre,
«Il capo vuole vederlo.»
«Perché?»
domandò
Arandil, «Krugar non era sceso dalla nave?»
«È
ritornato»
rispose l’energumeno, «E vuole parlare con il
Dragoron.»
«Non
sono cose che
ti possano interessare, mozzo»
rispose bruscamente l’altro, dando uno strattone al cavaliere
per farlo alzare
da terra, «Ora sparisci! Va a lucidare il ponte o a lavare le
pentole o a
pelare patate. Avrai qualcosa da fare piuttosto che ciondolare in giro
e
impicciarti di affari che non ti riguardano!»
Prima
che l'elfo
potesse anche solo formulare mezzo pensiero, i due uomini si
allontanarono
trascinandosi dietro un Adam ricalcitrante; non appena i due sparirono
oltre la
botola, Arandil riuscì a riprendersi dalla sorpresa il tempo
necessario per
rendersi conto che era davvero una testa di cazzo: avrebbe potuto
approfittare
della mente soggiogata dei due uomini e fuggire.
Ma
ora che ci
pensava meglio, non sarebbe stata una grande idea: se Krugar voleva
vedere
Adam, e Adam non si fosse presentato, avrebbe intuito che
c’era qualcosa che
non andava. Forse era meglio che fosse andata così.
Arandil
scivolò
fuori dalla botola e iniziò a seguire i due uomini cercando
di ostentare
sicurezza e indifferenza, come se fosse stato incaricato anche lui di
raggiungere la cabina del capitano; sarebbe parso sospetto un mozzo che
si
aggirava furtivo e nell'ombra, come se avesse avuto qualcosa da
nascondere.
Adam
si accorse
dell'elfo che camminava tranquillamente dietro di loro e
spalancò gli occhi per
poi esalare un sospiro rassegnato, domandandosi, probabilmente, che
cosa avesse
in mente quell'idiota incosciente, ma non proferì parola e
si lasciò
trasportare dai due ceffi fino alla cabina del capitano.
«Accomodati
Adam»
esordì l’orco, non appena il cavaliere fece il suo
ingresso nel locale, «Non
vorrei mai che pensassero che tratto i miei ospiti senza alcun
riguardo.»
Krugar
fece cenno
ai due uomini di lasciare la stanza, Arandil riuscì a
sgusciarvi dentro un
momento prima che chiudessero la porta, e si nascose velocemente dietro
un
divano.
«I
tuoi ospiti?»
gli fece eco il Dragoron inarcando il sopracciglio, «Hai una
strana concezione
di questa parola se per te un ospite è un uomo abbattuto con
un arpione, legato
e abbandonato in una stiva umida e buia.»
«Devo
mantenere
una copertura con i miei uomini» gli rispose l’orco
iniziando a giocherellare
con una sfera di bronzo su cui erano stati incisi i continenti,
«Per loro tu
sei ancora un prigioniero, un nemico. Sono uomini semplici, che
distinguono il
bianco e il nero, non capiscono ragionamenti troppo complicati e non
colgono le
sfumature» La conversazione aveva preso un tono confidenziale
che aveva
lasciato spaesato l’elfo, così come le parole
stesse dell’orco: che cosa
intendeva con copertura? E se Adam era sotto copertura, che cosa era in
realtà?
«Sarebbe
difficile
fargli capire che uno dei Cavalieri che per mesi ha provato ad
eliminarci, in realtà
è il nostro datore di lavoro»
L’intera
situazione appariva assurda e senza senso agli occhi di Arandil:
perché Adam
avrebbe dovuto servirsi del pirata che era stato incaricato di
sconfiggere. Che
fosse tutto parte di un piano più grande di cui lui era
all’oscuro? Ma in quel
caso, perché mandarlo a salvare qualcuno che non aveva
bisogno di essere
salvato?
«Ora
basta con
queste divagazioni» si riscosse l’orco, appoggiando
la sfera sul piano della
scrivania, «Passiamo alle cose importanti: gli affari. Quando
mi svelerai il
segreto dei draghi meccanici?»