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Autore: Ayr    25/06/2017    5 recensioni
Mi hanno accusato di tradimento, ma sono solo una vittima innocente degli eventi, incastrata da qualcuno più furbo e spietato di me, che non ha avuto rimorsi nel coinvolgermi in tutto questo e nel far ricadere la colpa sul mio capo, su cui, ora, pende la lapidaria sentenza: verrò destituito dal mio incarico e cacciato da quella che fino a quel momento era stata la mia casa.
Verrò umiliato, un’ultima volta, la più terribile: mi verrà strappato tutto ciò che fino ad ora ho posseduto ed il mio unico compagno di una vita verrà distrutto. Una parte di me morirà inevitabilmente con lui, quando il Sigillo verrà spezzato e rimarrò spezzato anche io.
Non voglio essere ricordato in questo modo, non se ho anche la più remota possibilità di raccontare come siano veramente andate le cose, e di dimostrare la mia innocenza.
Narrerò la mia storia e lascerò che siano i posteri a giudicarla, nella speranza che qualcuno riesca a vedere come io sia stato solo una vittima ingenua di un enorme inganno ben architettato.
[La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul forum di EFP: ‘The Dragon’s Riders Contest!’]
[Steampunk fantasy (o almeno ci provo)]
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII

Il porto di Valamer era gremito di navi, aeronavi e persone, caratteristica comune a tutte le città di confine.
La parte bassa della città, la più infamata e pericolosa, che proliferava all’ombra della parte sospesa., trattenuta da pesanti catene di acciaio, ospitava il porto per le navi che viaggiavano sull’acqua e Arandil vi si aggirava con aria fintamente noncurante, quasi stesse passeggiando per ammirare le imbarcazioni che vi erano attraccate. Dubitava che Krugar avesse ormeggiato la sua nave in bella mostra, ma l’elfo aveva imparato che spesso il modo migliore per nascondere qualcosa era metterla bene in vista; inoltre l’ultimo posto dove si sarebbe cercata un’aeronave era proprio quello: chi mai avrebbe ormeggiato una nave che solcava i venti e le nubi tra vascelli che scivolavano leggiadri sull’acqua?

L’elfo era sicuro che il pirata si trovasse lì, o quantomeno ci fosse stato di recente: il segnale del drago meccanico di Adam l’aveva condotto fino a quella città dalla dubbia reputazione, con un governo autonomo e indipendente dall’impero, sebbene formalmente legato ad esso. Essendo una città che confinava con i territori inospitali del Nord, popolati per la maggior parte da belve feroci, draghi, Vandali e fuorilegge, la città necessitava di truppe stabili e fisse, ma l’impero si era rifiutato di sguarnire altri territori per proteggere quella cittadina sordida all’estremo confine settentrionale e Valamer si era munita di un proprio esercito. Non volendo sobbarcarsi anche l’onere di gestire le rogne date dalle numerose incursioni di Vandali, draghi, banditi e quant’altro, l’impero aveva concesso a Valamer uno statuto speciale, che nel corso degli anni e dell’aumento della propria importanza e potenza, aveva assunto le sembianze di un governo a sé stante, in apparenza soggetto all’impero ma in realtà completamente autonomo e indipendente. Ogni anno l’impero nominava un satrapo da spedire in quel cubicolo dimenticato da tutti, ma il funzionario non lo raggiungeva mai, fermandosi in qualche cittadella più civilizzata, meno losca e inquietante. Proprio perché non soggetta alle leggi che governavano il resto dei territori, Valamer raccoglieva la feccia della società: i più disgraziati, meschini, perseguitati e sospetti individui avevano trovato rifugio tra le mura di pietra della città, potendo continuare la loro vita dissoluta lontano da una condanna a morte, dai debiti e dalla vita precedente.
Al governatore poco importava chi abitasse le proprie case, bastava che fossero disposti a prendere le armi quando fosse stato necessario e a pagare le tasse, non chiedeva nient’altro.
Ad Arandil non sorprese che il pirata si fosse rifugiato tra quelle palazzine color carbone e che si fosse trascinato dietro Adam; ciò che lo lasciava perplesso era il fatto che il segnale emesso dal Sigillo si fosse spento improvvisamente. Ciò, solitamente, significava che il proprietario del drago era morto, e che lo stesso drago si sarebbe disintegrato entro breve. L’elfo esitava a credere che l’orco avesse commesso una mossa tanto avventata e sciocca: non avrebbe potuto uccidere Adam senza aspettarsi di trovarsi un plotone di Dragoron alle calcagna; ma ciò non toglieva che avrebbe anche potuto farlo, a suo rischio e pericolo. Arandil pregava che ad Adam non fosse successo nulla, o la sua missione sarebbe stata vana: se fosse morto non avrebbe mai potuto avere il suo riscatto e la sua rivincita, sarebbe fallito miseramente e la vergogna dell’inettitudine l’avrebbe marchiato a vita. Non aveva mai provato tanta preoccupazione per quel damerino indisponente.

Finalmente gli parve di scorgere, incuneato tra due navi da guerra, l’inconfondibile scafo dell’Andromeda. Un sorriso si fece largo tra le labbra sottili.
Sempre ostentando indifferenza si avvicinò alla nave e la studiò, cercando di non farsi notare: il ponte sembrava deserto, così come il resto del vascello; probabilmente erano scesi per fare rifornimento o per altri scopi più sanguinari e meno piacevoli. Arandil non volle soffermarsi su quella possibilità per più di un istante; sperò che Adam fosse sulla nave, tenuto prigioniero nella stiva e guardato a vista da due pirati dal cervello fino che avrebbe potuto controllare senza problemi. In quel momento vide un’ombra sul ponte, si appiattì contro i barili di pesce dietro cui si era nascosto e osservò due pirati trasportare un ammasso di metallo scintillante.
Arandil lo riconobbe come Silvershade, la cavalcatura di Adam; sembrava spento, ma dalla sua posizione non poteva constatare la condizione del Sigillo e affermare se il cavaliere fosse ancora vivo.

Aspettò che i due gli passassero accanto e carpì la loro mente. I pirati rimasero imbambolati per un momento, immobili nel bel mezzo del pontile e in uno stato catatonico, segno che Arandil stava penetrando nelle loro menti. Soggiogarle fu semplicissimo: erano molto semplici e grette. Non che si aspettasse chissà quale cima in una ciurma di pirati, ma non credeva nemmeno che sarebbe stato così facile ammaliarli.

Siete pirati di Krugar Mano Scarlatta?
Domandò loro per via mentale, voleva essere certo che quella fosse la nave giusta e l’orco non avesse provato a ingannarlo in qualche modo: avrebbe sempre potuto prendere un’altra nave e lasciare l’Andromeda al porto come falsa pista. I due pirati, però, confermarono con un breve cenno del capo.
Ditemi dove tenete il prigioniero comandò loro e i due non esitarono a spiegare, specificando che fosse controllato da diversi uomini e che fosse legato e impossibilitato a fuggire.
Krugar è sulla nave?
Domandò, voleva essere sicuro che non ci fosse traccia del capitano; gli uomini risposero che era sceso con la maggior parte della ciurma a far baldoria in qualche bettola dal nome impronunciabile.
L’arrogante aveva pensato bene di lasciare il proprio prezioso carico in custodia ad una decina di uomini, mentre lui se la spassava con il resto dei suoi uomini: una leggerezza che poteva rivelarsi fatale.
Arandil li ringraziò e abbandonò le loro menti non prima di avergli ordinato che, non appena avessero sentito la parola “rum”, avrebbero iniziato a starnazzare come delle oche e a sbattere le braccia come fossero ali.

A volte, l’elfo, adorava la propria abilità, sebbene durasse per poco tempo e non potesse sottomettere troppe persone contemporaneamente.
Con la stessa tecnica eluse la sorveglianza e giunse nella stanza dove Adam era legato ad una delle ossa che perforavano la stiva e la sostenevano.
«Cosa ci fai qui?» sussurrò, non appena vide la figura longilinea di Arandil avvicinarsi a lui.
«Salvo il tuo bel culetto» rispose l'elfo con un sorriso di scherno: trovava la situazione alquanto spassosa e ironica, e se la sarebbe goduta fino in fondo.
«Non ho bisogno del tuo aiuto, lenticchia. Ho tutto sotto controllo» sibilò l'altro.
«Quindi essere legato come un salame nella stiva della nave del pirata che avresti dovuto catturare, fa parte del tuo piano?» commentò sarcastico l’elfo mentre il suo sorriso si allargava.

«Sì» rispose piccato Adam, come un bambino capriccioso e viziato, «E mi domando perché il Capitolo abbia sentito il bisogno di mandare te a salvarmi, non sono una principessa in pericolo.»
«Ma ne hai tutta l'aria» lo punzecchiò l’altro. Adorava potersi finalmente vendicare di tutte le volte in cui Adam lo aveva preso in giro e torturato per tutti quegli anni, quando era lui ad essere lo sfigato di turno che preferiva trascorrere il suo tempo sui libri a studiare i draghi piuttosto che mettersi in mostra come faceva l'umano. In quel momento, invece, era il bellimbusto popolare ad avere bisogno del secchione, e Arandil l'avrebbe aiutato, che gli fosse piaciuto o meno.
«Ripeto che non ho bisogno di aiuto» scandì Adam, «Meno che mai del tuo!»
«Possiamo rimanere qui a battibeccare tutto il giorno come due vecchi sposini oppure, possiamo organizzare un piano per liberarti, catturare Krugar e lasciare questa nave senza lasciarci le penne» sospirò Arandil, che stava iniziando a spazientirsi, «Tu hai il potere di schermare gli oggetti per breve tempo e io posso soggiogare la mente delle persone per ventiquattro ore, se uniamo le forze e sfruttiamo queste capacità, possiamo uscirne vivi e anche vittoriosi.»
«Piuttosto che abbassarmi a collaborare con uno come te, preferisco farmi gettare fuori bordo» protestò Adam, «Ho sempre lavorato da solo e sono riuscito magnificamente in ogni impresa, portando a compimento qualsiasi incarico mi venisse affidato. Tu, invece, non sei ancora riuscito a concludere il benché minimo compito, nemmeno il più semplice, cosa ti assicura che non succederà anche per questo?»

Arandil si trattenne dal tirargli un cazzotto sul naso e farlo tacere, anche legato e rinchiuso in una stiva, era capace di farlo sentire una nullità e un incapace, sbattendogli in faccia la sua incompetenza e la sua mediocrità rispetto all'eccelso e ineguagliabile Adam Browning. Per un attimo, accarezzò l’idea di lasciarlo lì e riferire al Capitolo che il cavaliere era stato ucciso dai pirati prima che potesse raggiungerlo, ma qualcosa dentro di lui, il senso dell'onore, forse, o quel disperato bisogno di riscatto, lo fecero desistere. Prese un altro, lungo sospiro e, ignorando le frecciatine del Dragoron, espose il suo piano.
«Aspetteremo che la nave scenda per fare rifornimento e a quel punto agiremo: tu ci schermerai con il tuo potere, mentre io userò il mio per fare in modo che i pirati collaborino con noi e ci lascino andare; purtroppo, l'effetto del mio potere sarà meno duraturo, dal momento che dovrò controllare una decina di persone contemporaneamente, ma dovrebbe darci il tempo necessario per fuggire...»
«E con Krugar come la mettiamo?» lo interruppe Adam inarcando un sopracciglio.
«Al momento non è sulla nave» riferì Arandil.

«Come pensi di catturarlo, allora?» chiese il cavaliere, «Inoltre, ti ricordo che su questa nave c'è anche il mio drago, e non ho intenzione di lasciare Silvershade nelle mani di questi bifolchi!»
«Oh, Adam è innamorato del suo draghetto e non vuole lasciarlo solo» lo prese in giro Arandil.
«Sei proprio una testa di cazzo» fu il commento dell'altro, «Silvershade non è un semplice drago, e lo sai benissimo! Per quanto il Sigillo impedisca ai pirati di usarlo, possono sempre smontarlo e studiarlo, scoprendo come funzionano i draghi meccanici, a quel punto potrebbero replicarli e allora sarebbe la fine!»
L'elfo non aveva minimamente preso in considerazione questa eventualità: aveva sempre creduto che i draghi meccanici fossero un'esclusiva dei Dragoron e che il segreto per la loro realizzazione fosse impossibile da scoprire tanto era ben custodito e protetto; ma non c'era bisogno di conoscere la procedura quando vi si poteva risalire, avendo la possibilità di analizzare un drago in metallo, bulloni e giunzioni.
«Non ci avevo pensato» si lasciò sfuggire il giovane.

«Ecco perché sono io il migliore» lo rimbeccò l'altro. Tutta la sicurezza di Arandil era crollata in un istante, abbattuta da Adam: credeva che il suo fosse un piano geniale e perfetto, per quanto tratteggiato solo nelle linee generali, ma proprio perché non aveva considerato tutti i particolari e le eventualità, si era rivelato fallimentare.
«Allora, qual è il piano?» domandò l'elfo, riconoscendo, a malincuore, la superiorità dell'altro. Se volevano avere anche una minima possibilità di uscire vivi da quella nave dovevano mettere da parte le divergenze e collaborare, questo implicava giungere a dei compromessi e Arandil era disposto a farlo.
Adam, però, non ebbe il tempo per esporre la sua idea perché un paio di pirati fecero irruzione nella stanza.
«Cosa ci fai tu qui?» lo apostrofò uno dei due, il più grosso e nerboruto, con la bocca nascosta da una barbaccia biondo sporco. Aveva ancora la mente annebbiata dal controllo che l’elfo esercitava ed era convinto che questi fosse un mozzo.
«H-ho portato da mangiare al prigioniero» balbettò l'elfo non trovando una scusa migliore.
«Mangerà più tardi» replicò l'altro, senza indagare oltre, «Il capo vuole vederlo.»
«Perché?» domandò Arandil, «Krugar non era sceso dalla nave?»

«È ritornato» rispose l’energumeno, «E vuole parlare con il Dragoron.»
«Non sono cose che ti possano interessare, mozzo» rispose bruscamente l’altro, dando uno strattone al cavaliere per farlo alzare da terra, «Ora sparisci! Va a lucidare il ponte o a lavare le pentole o a pelare patate. Avrai qualcosa da fare piuttosto che ciondolare in giro e impicciarti di affari che non ti riguardano!»
Prima che l'elfo potesse anche solo formulare mezzo pensiero, i due uomini si allontanarono trascinandosi dietro un Adam ricalcitrante; non appena i due sparirono oltre la botola, Arandil riuscì a riprendersi dalla sorpresa il tempo necessario per rendersi conto che era davvero una testa di cazzo: avrebbe potuto approfittare della mente soggiogata dei due uomini e fuggire.
Ma ora che ci pensava meglio, non sarebbe stata una grande idea: se Krugar voleva vedere Adam, e Adam non si fosse presentato, avrebbe intuito che c’era qualcosa che non andava. Forse era meglio che fosse andata così.
Arandil scivolò fuori dalla botola e iniziò a seguire i due uomini cercando di ostentare sicurezza e indifferenza, come se fosse stato incaricato anche lui di raggiungere la cabina del capitano; sarebbe parso sospetto un mozzo che si aggirava furtivo e nell'ombra, come se avesse avuto qualcosa da nascondere.
Adam si accorse dell'elfo che camminava tranquillamente dietro di loro e spalancò gli occhi per poi esalare un sospiro rassegnato, domandandosi, probabilmente, che cosa avesse in mente quell'idiota incosciente, ma non proferì parola e si lasciò trasportare dai due ceffi fino alla cabina del capitano.
«Accomodati Adam» esordì l’orco, non appena il cavaliere fece il suo ingresso nel locale, «Non vorrei mai che pensassero che tratto i miei ospiti senza alcun riguardo.»
Krugar fece cenno ai due uomini di lasciare la stanza, Arandil riuscì a sgusciarvi dentro un momento prima che chiudessero la porta, e si nascose velocemente dietro un divano.

«I tuoi ospiti?» gli fece eco il Dragoron inarcando il sopracciglio, «Hai una strana concezione di questa parola se per te un ospite è un uomo abbattuto con un arpione, legato e abbandonato in una stiva umida e buia.»
«Devo mantenere una copertura con i miei uomini» gli rispose l’orco iniziando a giocherellare con una sfera di bronzo su cui erano stati incisi i continenti, «Per loro tu sei ancora un prigioniero, un nemico. Sono uomini semplici, che distinguono il bianco e il nero, non capiscono ragionamenti troppo complicati e non colgono le sfumature» La conversazione aveva preso un tono confidenziale che aveva lasciato spaesato l’elfo, così come le parole stesse dell’orco: che cosa intendeva con copertura? E se Adam era sotto copertura, che cosa era in realtà?
«Sarebbe difficile fargli capire che uno dei Cavalieri che per mesi ha provato ad eliminarci, in realtà è il nostro datore di lavoro»
L’intera situazione appariva assurda e senza senso agli occhi di Arandil: perché Adam avrebbe dovuto servirsi del pirata che era stato incaricato di sconfiggere. Che fosse tutto parte di un piano più grande di cui lui era all’oscuro? Ma in quel caso, perché mandarlo a salvare qualcuno che non aveva bisogno di essere salvato?
«Ora basta con queste divagazioni» si riscosse l’orco, appoggiando la sfera sul piano della scrivania, «Passiamo alle cose importanti: gli affari. Quando mi svelerai il segreto dei draghi meccanici?»

 

   
 
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