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Autore: francy0796    25/06/2017    3 recensioni
[AU] Una notizia sconvolgerà la vita del famoso scrittore Richard Castle. Chi sarà a sconvolgerla? Il suo nome è Sammy, ha sette anni e il desiderio di riunire la sua famiglia. Ci riuscirà o sarà tutto inutile?
Leggete e lo scoprirete.
Genere: Azione, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Altro personaggio, Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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RICORDI CHE RIAFFIORANO

 
Dopo giorni di meditazione e metodi per chiarirsi le idee, Richard Castle decise che non voleva rimanere impassibile davanti a quella situazione. Doveva reagire, capire cosa fosse successo otto anni prima e sapere se veramente Samuel era suo figlio. Aveva pedinato il bambino tutto il giorno, ma non aveva mai intravisto sua madre, dalla scuola era tornato con l'autobus e poi era andato a casa. Lo aveva visto con una persona anziana, che poteva essere suo nonno, e con i due signori che erano venuti a prenderlo quella mattina al suo loft. Quella donna sembrava sfuggirgli ogni volta.
-Mi stai spiando?- si destò dai suoi pensieri, spaventato da qualcuno che lo aveva interpellato all'improvviso.
-Chi io?- si voltò e notò che alle sue spalle c'era il piccolo Samuel che lo guardava curioso.
-Si...ti ho visto anche ieri qui- confessò.
-Mia figlia Alexis viene nella tua stessa scuola, ti ho visto e volevo sapere se stavi bene- si giustificò.
-Le classi delle medie sono fuori per una gita, quindi non sei qui per lei- gli disse, sperando che fosse veramente li per lui.
-Mi hai beccato...scusa, volevo solo vedere come te la cavavi- si abbassò per stare in linea con il suo sguardo.
-Prendiamo un gelato?- gli chiese entusiasta.
-Ma non devi tornare a casa?- si preoccupò Castle.
-Oggi prendo l'autobus, ma potrai riportarmi a casa tu...la mamma è al lavoro al massimo incontri il nonno- rispose fiducioso.
-E va bene, forza andiamo- gli disse, avviandosi insieme verso il parco vicino.
Raggiunsero un piccolo chiostro, di solito ci andava anche con Alexis e ordinarono i gelati. Richard prese un cono medio con menta e liquirizia, mentre il bambino prese un semplice cioccolato e fragola.
-Come va la scuola?- si informò Castle.
-Bene, ho preso un'altra A+ e sono contento- sorrise soddisfatto, leccando il proprio cono.
-Però...sei proprio bravo- si complimentò -Parlami della tua giornata-
-Cosa vuoi sapere?- gli chiese curioso.
-Non so...quello che fai, con chi stai...decidi tu...- lo scrittore fece spallucce e lo guardò pensare un momento.
-Beh, la mattina vado a scuola...poi di solito viene a prendermi la mia mamma, ma questa settimana è impegnata con il lavoro e ci vediamo solo la sera, purtroppo. Finita la scuola torno a casa, faccio i compiti e poi gioco. Il Martedì ho lezione di pianoforte e il giovedì sto con la squadra di baseball...- pensò qualche istante -...credo sia tutto-
-Che fai quando non hai tutti questi impegni?- gli chiese sorridendo.
-Nel week end la mamma mi porta nella casa in montagna a volte, oppure stiamo in città e ci divertiamo, andiamo al parco, al lunapark e giochiamo spesso a laser tag, ma lei è molto più forte di me- ridacchiò divertito.
-Devi essere un bambino molto fortunato, non tutti fanno tutte queste cose...-
-Lo so, me lo dice sempre anche la mia mamma- annuì comprensivo.
-E dimmi, hai dei nonni? Dei fratelli?- si informò.
-Nessun fratello...cioè, adesso so che ho una sorella- gli sorrise contento -Ho nonno Jim, mi ha insegnato lui a giocare a baseball, lo ha insegnato anche alla mamma- rispose.
-Non hai una nonna?-
-No...è morta qualche hanno prima che nascessi, ma la mamma non vuole parlare di lei e neanche il nonno, diventano tristi se succede- anche lui si rabbuiò un momento.
-Mi dispiace...- sospirò, chissà che storia si nascondeva dietro quella famiglia.
Un'ora dopo, Richard aveva riportato Samuel a casa. Non si era presentato alla famiglia, aveva detto che era meglio tenere nascosta la cosa per il momento, così se ne andò subito con un sorriso rilassato in volto.

 
-Secondo me dovremmo dirle che il bambino sa chi è suo padre, ne ha il diritto- Samuel si affacciò dalla sua camera e si mise ad origliare la conversazione.
-No...Javier, avevi promesso! Lo sai come era quando quello scrittoruccio la mandata via? No? Beh io si...la conosco da prima di te e credimi se ti dico che è meglio tenerla allo scuro di tutto-
-Ma Lanie, io credo che Samuel abbia il diritto di conoscere suo padre!-
-NO CHE NON PUO'!- alzò la voce esasperata -Quell'uomo ha preso la sua decisione otto anni fa- puntualizzò.
-Perchè non posso conoscere mio padre?!- il bambino spuntò davanti a loro in lacrime e un secondo dopo era alla porta -Perchè non posso?- chiese ancora, pima di scappare di casa. Un'altra volta.
-Maledizione Lanie!- la rimproverò Javier, correndo dietro al ragazzo.
-Sammy?!!- gli andarono dietro, chiudendosi la porta alle spalle.
Il bambino prese la metro e scese alla fermata che gli era più familiare in quel momento. Aveva bisogno di conforto e soprattutto di risposte che gli adulti non volevano dargli.

 
Richard si trovava sul divano a scrivere il suo romanzo, Alexisi era appena tornata dalla gita scolastica e Martha si stava preparando il solito drink. Tutti tranquilli, finalmente, ma ovviamente la tranquillità finisce ad un certo punto.
Il suono insistente del campanello spezzò quella quiete che si era creata, facendo allarmare la famiglia Castle.
-Arrivo!! Chi è?- chiese, aprendo la porta. Prima che potesse rendersene conto, si ritrovò le braccia di un piccoletto addosso. Era Samuel con le lacrime agli occhi e la voce spezzata dai singhiozzi.
-Samuel che è successo piccolo?- si abbassò per capire cosa gli fosse successo.
-La zia Lanie dice che non posso conoscerti! Perchè? Perchè no?- chiese, affondando il viso bagnato sulla spalla dell'uomo.
-Io...- Richard non sapeva come rispondere, sapeva di sbagliare, qualsiasi cosa avrebbe detto -...Shhh...tranquillizzati ora-
Si alzò con il bambino tra le braccia e lo porto sul bancone della cucina, dove lo mise a sedere.
-Shh...sono sicuro che la zia Lanie non abbia voluto dire questo- gli asciugò le lacrime con dei fazzoletti che gli passò sua madre.
-Ma perchè? Io non capisco!- a quel punto gli occhi pieni di lacrime guardarono dritto nei suoi e fu come avere un flashback.

 
I suoi occhi incontrarono un paio di pietre preziose bagnate dalle lacrime. Sembravano zaffiri, ma erano più particolari, con delle sfumture che li rendevano unici.
 
-Papà, stai bene?- accorse Alexis, vedendolo perso con lo sguardo.
-Si...si...stavo- nella sua mente rivedeva ancora quegli occhi, ma non riusciva ad associarli a niente -Pensando-
-Hai ricordato qualcosa vero?- sua madre lo capiva al volo, quando c'era qualcosa che lo turbava.
-Come lo sai?-
-Ho visto quell'espressione nel tuo volto, ti ricordi di lei?- chiese, cercando di forzarlo a ricordare.
-No...io...vedo solo degli occhi...- cercò di pensare, ma Samuel attirò la loro attenzione. Il piccolo si era piegato per abbracciarlo ed essere cullato dal suo respiro.
Un paio d'ore dopo, Samuel era seduto sul pavimento della camera di Alexis a disegnare con lei, mentre Richard era al piano inferiore per cercare di ricordare qualcosa, ma era tutto inutile.
-Povero piccolo...deve essere dura per lui- commentò Martha tornando in soggiorno.
-Posso capirlo...non avere un padre è brutto, ma sapere di averne uno e non poter stare con lui è ancora peggio- commentò.
-Credi che sua madre non possa pensarci? Magari se la avvertissimo potremmo trovare un accordo-
-Io non credo...l'hai sentita quella donna? Lanie, sembra che io abbia fatto qualcosa di grave, ma non ricordo- si colpì la testa con le mani, maledicendosi.
-Non prendertela così con te stesso figliolo, forse quella donna difende solo la sua amica, ma chi dice che le parole che ci ha detto siano vere?-
-Non riesco a credere di aver rinunciato a mio figlio!- tornò a riflettere su quell'argomento.
-Neanche io ci credo! Hai fatto di tutto, quando Meredith è rimasta incinta di Alexis, sono sicura che se tu avessi avuto l'opportunita, avresti fatto altrettanto per questo bambino- lo rassicurò sua madre.
-Devo scoprire chi è sua madre, perchè solo lei può dirmi cos'è successo e forse essere comprensiva nei confronti di suo figlio...se gli vuole bene, potrebbe concederci una prova- commentò.
In quel preciso momento suonò il campanello del loft, erano le sei di sera e non aspettavano visite. Sfortunatamente, iniziavano ad abituarsi a quella novità.
-Vado io e manderò via chiunque egli sia- Martha si avviò alla porta, mentre Richard si portò le mani davanti agli occhi stanco.
-Salve...lei chi è? Un'altra zia?- chiese stanca Martha.
-No signora...sono Katherine Beckett, sono la madre di Samuel, posso entrare? So che è qui dentro- chiese cortesemente, senza alzare la voce e con classe.
Richard a quelle parole si destò dai suoi pensieri e si alzò per vedere la persona appena entrata.
Si trovò davanti una bellissima donna. Lunghi capelli castano chiari e un corpo invidiabile. Indossasva una semplice camicia azzurra che rientrava nei pantaloni neri. L'attenzione dello scrittore si soffermò su  due particolari accessori legati alla cintura. Una fondina con una pistola e un distintivo d'orato. La donna alzò un sopracciglio, notando cosa stesse fissando, e si appoggiò al tavolino all'ingresso per aprire la sua borsa. Tolse la pistola dalla fondina e la bloccò con la sicura, per poi mettere quella e il distintivo dentro la borsa, chiudendola.
-Signro Castle...i miei occhi sono quassù- gli disse seria e diretta, ma senza alzare il tono come avevano fatto i due della scorsa volta.
Richard, anche grazie ad una gomitata di sua madre, alzò lo sguardo e sembrò risucchiato da un vortice.

 
-Continua a sorridere ragazza!-
-Perchè?-
-Ti si illuminano gli occhi quando lo fai-

 
-Vedo che ricordi...quindi non c'è bisogno di troppe storie- annuì la donna, avanzando nella stanza.
-Io in realtà...non mi ricordo di te...-
-Vorrà dire che mi presenterò ancora...- allungò una mano -...sono Katherine Beckett e sono la mamma di Samuel, sapete dirmi dov'è?- li guardò interrogativa.
-E' al piano superiore...lo vado a chiamare- si propose Martha, scomparandeo per le scale.
Il silenzio invase la stanza, celando un velo di imbarazzo e paura da parte dello scrittore.
-Io non ricordo veramente...- si giustificò.
-Significa che non era importante- alzò le spalle lei.
-Un figlio non è importante?- sbuffò lo scrittore.
-Certo che è importante, ma a quanto pare non abbastanza...io ricordo cos'è successo e non ho voglia di piangere sul latte versato, ma se posso impedire che, lei signor Castle, ferisca mio figlio, beh allora sarò drastica. Voglio che stia lontana da lui- lo guardò con una tranquillità disarmante e terrorizzante.
-Perchè? Gli faresti del male!-
-Anche tu...quando ti renderai conto che non lo vuoi più, ma lui non è un gioco e non voglio che soffra-
-Spiegami il perchè almeno-
-Forse lo tieni ancora...- gli stava dando un indizio -...è una delle primissime edizioni di 'In a Hail of Bullets' lo risconoscerai sicuramente perchè c'è scritto il mio nome dentro e la tua firma, ma c'è anche dell'altro...sicuramente ti ricorderai, altrimenti, fammi un fischio, sarò lieta di rinfrescarti la memoria. Se ricorderai invece, saprai il motivo per il quale voglio proteggere mio figlio da te- concluuse.
-Mamma?!- Samuel si accovaccio vicino alla ringhiera per paura di una possibile reazione da parte di sua madre.
-Sam, scendi...- gli disse sua madre, voltandosi verso di lui e guardandolo tranquilla.
-Sei arrabbiata?- gli chiese preoccupato. Dietro di lui comparvero le due rosse di casa Castle.
-Tu lo saresti?-
-Un pochino...- rispose intimorito.
-Sicuramente lo sono di più con zia Lanie e zio Javier, sono già appesi per i pollici, vieni giù che ti metto insieme a loro- a quell'affermazione, Castle si allarmò come le sue rosse.
-Hey...ma...- Beckett lo fermò dal dire altro.
-Samuel Joy Beckett, scendi queste scale e vieni da me...non sono armata, vedi!- gli indicò la cintura, prima di accomodarsi sul divano.
Quella era una cosa che facevano sempre quando Samuel faceva qualcosa di sbagliato. Era un avvertimento, non gli sarebbe successo niente. Infatti, sotto lo sguardo sorpreso di tutti, Samuel corse per le scale e si gettò tra le braccia di sua madre.
-Mi dispiace...mi dispiace, io non volevo...-
-Quando? Oggi o l'altro ieri?!- gli fece sapere che sapeva anche dell'altra sera.
-Te l'hanno detto gli zii?- chiese preoccupato.
-Diciamo che erano molto in anzia, tipo i cattivi che interrogo...hanno vuotato il sacco immediatamente- lo fece ridere un momento, ma poi tornò seria.
-Sei arrabbiata?-
-Samuel...ti rendi conto di quello che hai fatto?- gli accarezzò i capelli e glieli scompose -Sei scappato di casa due volte, non hai detto niente...poteva succederti qualcosa, lo sai! Perchè lo hai fatto?-
-Volevo conoscere mio padre- rispose ancora.
-Questo l'avevo intuito, ma potevi chiedere-
-Avresti risposto di no-
-Adesso ti faccio una domanda e dovrai essere sincero con me- il bambino annuì -Ti ho mai detto che non hai un papà?- il bambino scrollò il capo -che è morto?- ancora niente -Significa che ti avrei parlato di lui, no?-
-Veramente? Ma quando?-
-Ogni cosa a suo tempo piccolo...vedi, gli adulti a volte si comportano in modo sbagliato e succede un gran disastro...come in questo caso- gli spiegò.
-Avete fatto uno sbaglio?- la guardò sorpreso.
-Adesso non importa...fa parte del passato, ma questo non significa che bisogna dimenticare- questa frase non era rivolta al bambino, qualcuno lo aveva capito -Ora ascoltami...sei piombato nella vita di queste persone, che ne dici se diamo loro un po' di tempo per riordinare le idee?- gli propose.
-E quando finiranno di farlo?- chiese triste.
-Non lo so, dipende da loro, ma facciamo così- lanciò un'occhiata a Richard e poi tornò a guardare suo figlio -Tra una settimana...o meglio, sabato prossimo, la mamma è libera, se loro vorranno...potranno venire a cena da noi e passare del tempo con te, che ne dici?- il bambino si illuminò immediatamente.
-Veramente?-
-Veramente- annuì la donna contenta.
-Veramente?- anche Alexis fu sorpresa di quella affermazione, per come era stata descritta dalle due persone della volta scorsa, doveva essere una specie di malefica strega, invece eccola che sorprende tutti.
-Si...vi darò questa opportunità, ma ora ti avverto signor scrittore- la donna si alzò e si posizionò davanti a Richard -Osa solo deluderlo, ferirlo o qualsiasi cosa che lo porti a piangere o essere triste, c ti faccio pentire di essere nato uomo- aveva lo sguardo diverso ora, i colori erano più accesi e sembravano gli occhi di una tigre assassina.
-O...Ok...- annuì l'uomo spaventato.
-Bene...visto che ci siamo chiariti, che ne dici se andiamo a casa?- propose al bambino.
-Va bene...ma stai a casa con me?- la guardò sorpreso.
-Si...ho preso due giorni liberi per noi due- spiegò.
-Evviva! Evviva...evviva!- esultò il bambino, prendendola per mano e salutando cortesemente la famiglia Castle.
Rimasti soli, Richard si fiondò immediatamente nel suo studio a cercare qualcosa tra gli scaffali.
-Che stai facendo caro?- si informarono le due rosse.
-Cerco un libro...il mio primo romanzo- rispose, sorprendendole. Intanto, stava rovistando tra cassetti, scaffali e in alcune scatole, finchè non trovò qualcosa che attirò la sua attenzione.
-Eccolo!!- esutlò.
-A che ti serve ora quel libro?-
-Io non lo so ancora...- rispose, sedendosi per terra e aprendo il volume, facendolo cadere subito dopo.
-Cos'è papà?- Alexis si abbassò per capire anche lei e rimase stupefatta nel vedere cosa conteneva quel romanzo.
C'erano delle foto di Richard e Katherine scattate all'interno di una macchinetta che si trovava per strada. Un'etichetta di un pub e dulcis in fundo, una foto di un'ecografia.
Lo scrittore la prese tra le mani e sembrò catapultato nuovamente a otto anni prima. Aveva come dei flash continui. Il viso sorridente della donna. Poi lei insieme ad una folla di gente e alla fine i loro sguardi seri e arrabbiati.
-Papà?-
-Aveva ragione- sussurrò con dolore nella voce.
-Chi aveva ragione?-
-Quella donna, Lanie e anche questa Katherine...- sospirò, tremando con le mani -...ho rifiutato mio figlio, ho detto di no...io...ho fatto un casino!- le guardò terrorizzato da i suoi stessi ricordi.

Angolo Autrice:
​Ciao a tutti. Come vi sembra questa storia? Personalmente mi sta piacendo molto scriverla. Ringrazio di cuore tutti coloro che si sono fermati a leggere il cpitolo precedente e che vi hanno lasciato il loro giudizio. Spro che anche questo cpitolo possa piacervi, grazie ancora e fatemi sapere cosa ne pensate.
​Francy
  
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