Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Signorina Granger    26/06/2017    6 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Vienna: la Città dei Sogni.
La capitale austriaca è però anche l'emblema mondiale della musica classica, e per questo è qui che ha luogo, ogni tre anni, un concorso per i più promettenti giovani musicisti europei, da poco diplomati ad Hogwarts, Durmstrang o Beauxbatons.
Un concorso che avrà termine con il Concerto d'Inverno al Teatro dell'Opera e che segnerà la vittoria di tre tra questi aspiranti musicisti...
Vienna è la Città dei Sogni, ma solo alcuni vedranno il loro realizzarsi.
- Questa storia, con il permesso dell'autrice, prende ispirazione da 'House of Memories' di Slytherin2806 -
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buona lettura!

Capitolo 18 
  

 
Mercoledì 21 Novembre
 
   
“È arrivata questa da tua zia… credo che sia importante. Magari riguarda tua madre.” 

Rebecca ruotò la busta per leggere il nome del mittente mentre entrava nella camera dell'amica, trovandola ancora profondamente addormentata. 

“Figuriamoci… Elly? Tra meno di un'ora devi suonare, dovresti alzarti.” 

Rebecca sospirò, avvicinandosi all'amica per scrollarla leggermente e senza ottenere alcun risultato, eccetto un borbottio sommesso della Tassorosso che le suggeriva di portarle la colazione in camera. 

“Te lo sogni, alza il nobile didietro e vai a vestirti… Stamattina non dovevi provare il Rondò con Christina?” 

Ormai abituata a quella scenetta Rebecca prese i lembi del copriletto e lo tirò con uno strattone, facendo sbuffare Eleanor. La Tassorosso però si limitò a girarsi dall'altra parte, tenendo ostinatamente gli occhi chiusi mentre l'amica si appuntava mentalmente di regalarle un set di sveglie per Natale. 

“Come al solito… andiamo, lo faccio per te, non puoi arrivare tardi! Ma perché hai sempre sonno?” 
“È presto… sono in vacanza.” 
“Non siamo proprio in vacanza Elly… e poi sono le 8:30!” 
“Appunto, è presto!” 
“Non sei curiosa di sapere cosa dice tua zia?”  


Rebecca inarcò un sopracciglio, guardando l'amica con lieve esasperazione e senza ottenere alcuna risposta… probabilmente si era riaddormentata. 
L’ex Serpeverde sospirò e si voltò verso la porta che collegava la sua camera con quella dell'amica, sorridendo leggermente nel trovare il suo cane sulla soglia mentre un'idea si faceva strada nella sua testa. 
 
“Cinnamon? Vieni qui.”   

Il Setter trotterellò verso di lei e il sorriso di Rebecca si allargò, grattando le orecchie del cane prima di dire qualcosa a bassa voce:
  
“Scusami tesoro, non volermene… lo facciamo per la zia Elly.” 



Meno di cinque minuti dopo Rebecca Crawley uscì dalla camera dell'amica con un sorriso stampato sulla faccia, mentre un urlo squarciava il silenzio in cui il corridoio era avvolto. 


“Che cosa succede?” 
Helene sgranò gli occhi chiari, parlavano con un tono leggermente allarmato mentre aspettava Gae davanti alla sua porta, ma Rebecca si limitò a sorriderle mentre le camminava accanto:

“Oh, niente… sta benissimo. Vado a fare colazione, ci vediamo di sotto!”  

Helene annuì, seguendola con lo sguardo con espressione accigliata mentre accanto a lei la porta della camera di Gae si apriva e la belga faceva capolino nel corridoio, guardando l'amica con leggera preoccupazione:

 “Mi è parso di sentire urlare… è successo qualcosa?” 
 “Onestamente non saprei…”


                                                                                         *

   

Pawel sarebbe andato a sedersi accanto ad Ivan come al solito, ma due mani che lo afferrarono per le spalle lo costrinsero a cambiare rotta, facendolo voltare con lieve sorpresa verso la loro proprietaria:

“Che stai facendo Jordan?”  
 “Ti faccio prendere posto alla larga da Ivan, non si è capito?” 
“Se volevi fare colazione da sola con me bastava dirlo, anche se probabilmente avrei declinato l'invito.” 
 
Pawel prese posto ad un tavolo vuoto, rivolgendo un sorriso alla bionda che venne ricambiato con un’occhiata torva:

“Ivan dovrebbe farmi un monumento solo per questo… cosa non si fa per il proprio migliore amico? Si fa colazione con una persona insopportabile per lasciarlo da solo con Irina.” 
“Mi hai tolto le parole di bocca Jordan.” 
 

Pawel continuò a sorridere mentre Cal invece scosse il capo, guardandolo con aria esasperata:

“Scusa, ma tu non dovresti essere fidanzato? Non dovresti arrivarci da solo a lasciarli da soli? E a proposito… Veronika verrà a sentirci il 21 Dicembre?” 
“Sì. E non azzardarti a darle fastidio!” 

“Che dici, sono sicura che le sarei molto simpatica invece… io risulto sempre simpatica.”

Pawel roteò gli occhi mentre Cal invece sorrise, guardandolo sbuffare con cipiglio divertito:

“Sempre è una parola grossa… e ne hai la prova di fronte.” 


 
“Qualcosa non va?” 

Irina sorrise, parlando con il tono più gentile che le riuscì di fronte all’espressione torva di Ivan mentre piegava la lettera che aveva appena letto. Il ragazzo annuì distrattamente, continuando a fissare la teiera con aria pensierosa mentre parlava: 

“In un certo senso. È mio fratello.” 
“Se non vi sopportate perché vi scrivete? Non potete semplicemente ignorarvi?” 

Ivan annuì alle parole di Irina, sorridendo con leggera amarezza: 
 
“L'abbiamo fatto, per un po’. Ma da un paio d'anni siamo costretti a parlarci, temo… è per mia madre. Ci dobbiamo prendere cura di lei, la sua famiglia concretamente non muove un dito, si limita ad inviare valanghe di soldi.” 


Irina lo guardò versarsi del caffè nella tazza, ripensando a quando il ragazzo aveva precedentemente accennato a sua madre o a suo fratello… aveva fatto intendere che lui e Dimitri non andassero d'accordo, ma non si era mai soffermato troppo su sua madre. 

“Quindi le lettere che ti invia sono a proposito di tua madre?” 
“Sì. Se ne occuperebbe lui finché sono qui, ma non può. Lui ha la procura durevole per le questioni economiche, io per quelle sanitarie.  E disgraziatamente i suoi problemi riguardano più che altro le seconde.” 

Ivan si passò nervosamente una mano tra i capelli chiari, un po’ a disagio nel parlare di sua madre… ma allo stesso tempo, visto che non lo faceva mai, forse gli avrebbe fatto bene. 

“Mi dispiace. Non è giusto che ricada tutto su di voi.” 
 
Irina avrebbe voluto chiedergli di suo padre o che genere di problemi di salute avesse sua madre, ma proprio non se la sentì di fargli quelle domande in modo tanto diretto. 
Probabilmente però Ivan lo intuì, perché rialzò lo sguardo su di lei e sorrise appena: 

“È mia madre, chi dovrebbe preoccuparsi per lei se non io? E comunque… non è un problema Irina, puoi chiederlo.” 
“Non voglio invadere la tua privacy, è la tua famiglia.”   La rossa si affrettò a scuotere il capo ma Ivan ignorò le sue parole, limitandosi a sorriderle prima di continuare:  

“Mia madre ha l’Alzheimer… è una malattia che si verifica quando l’ippocampo, la sede della memoria, si danneggia. E in questo modo la memoria diventa molto… altalenante.” 
“Quindi non si ricorda di te, o di tuo fratello?” 

“Non esattamente. Nei momenti di lucidità è perfettamente cosciente, parlandoci sembra davvero una persona… normale. Ma i minuti in cui è lucida con il tempo diventano sempre più sporadici, per il resto è bloccata in un limbo circa quindici anni fa… non ha perso la memoria, sa di avere dei figli, ma rimane bloccata a quando eravamo piccoli. E quindi spesso quando ci vede non ha idea di chi siamo e non si rende conto di essere chiusa in una clinica.” 
 

“Capisco… e con la magia non si può curare?” 
“Credo che nessuno abbia ancora avuto il coraggio di mettere le mani sul cervello usando la magia… ma penso che nemmeno lo permetterei, non voglio neanche pensare agli ulteriori danni che potrebbe causare.” 

Ivan si strinse nelle spalle, esitando prima di rivolgersi nuovamente alla ragazza, desideroso di cambiare argomento:

“Visto che siamo in tema… dico davvero, che cosa pensi di fare con la tua, di famiglia?” 
“Beh, disgraziatamente la memoria di mio padre è perfettamente integra e non dimenticherebbe di avermi stilato un accordo prematrimoniale nemmeno se lo colpissi in testa con una zucca…” 
“Perché una zucca?” 
“Non lo so… mi piace Halloween, è anche il mio compleanno. Comunque, se devo essere onesta non so proprio dove sbattere la testa.” 
 
 
Irina sospirò, immaginandosi la reazione dei suoi genitori, e di suo padre nello specifico, sentendosi dire che si rifiutava di sposarsi perché si era innamorata. 
No, decisamente non avrebbero fatto i salti di gioia. 
 

“Lo so, non deve essere facile… del resto quando sei partita per venire qui dubito immaginassi che avresti conosciuto un ragazzo bello, intelligente e gentile come il sottoscritto.” 

Ivan sorrise e Irina lo imitò, colpendolo giocosamente sul braccio con il giornale:

“Soprattutto terribilmente modesto… ma anche se non avessi conosciuto te, mio caro, non ero comunque particolarmente entusiasta.”
“E chi lo sarebbe? Ma almeno è sopportabile, questo tizio?” 

“È un grandissimo amico di mio fratello, ma a me non è mai piaciuto granché… e ovviamente da quando i nostri genitori hanno cominciato ad accordarsi per il matrimonio mi è piaciuto ancora meno.” 

Ivan annuì, dondolandosi leggermente con la sedia mentre teneva gli occhi grigi fissi sul soffitto e le mani intrecciate come se stesse riflettendo: 

“Immagino… posso sempre passare a fare un saluto e parlarci io, se vuoi, so essere molto persuasivo.” 
“O anche no. Ci manca solo che tu cominci a chiacchierare con i miei fratelli… rabbrividisco all'idea.” 

“Come preferisci rossa… ma fidati di me, comunque vadano le cose tu l'anno prossimo non ti sposerai, te l’assicuro.” 
“E cosa pensi di fare genio, rapire mio padre e convincerlo che tu sei un partito migliore?”
 
Irina sorrise con aria divertita ma Ivan non la imitò, limitandosi ad annuire mentre continuava a fissare il soffitto e a dondolarsi distrattamente sulla sedia, restando perfettamente serio:
 
“No, ma il tuo fidanzato potrebbe anche sparire. Come hai detto che si chiama?” 

“Eleazar Filimon.” 
“Ma che razza di nome è?” 
“Beh, mio padre di certo non l'ha scelto per il nome! Anzi, in parte sì…” 

 
                                                                                       *


“Buongiorno.” 
Eleanor rivolse un sorriso ad Emil mentre prendeva posto accanto a lui, per poi mutare completamente espressione quando si rivolse a Rebecca, fulminandola con lo sguardo mentre la Serpeverde invece sorrideva leggermente:

“Con te non ci parlo.” 
“Che cosa hai fatto?” 

Emil inarcò un sopracciglio, rivolgendosi a Rebecca dopo aver colto una buona dose di cattivo umore nella sua ex compagna di casa. Lei però si strinse nelle spalle, facendo un gesto con la mano come se non fosse importante:

“Elly è solo la solita, esageratamente permalosa… te lo dico da sempre, la vita è molto più facile se la prendi con ironia.” 
“Quindi l'aver momentaneamente trasformato il tuo cane in un gatto e metterlo sul letto accanto a me per svegliarmi è un risultato del tuo conforto senso dell’umorismo?”  
 
“Dopo tutti questi anni dovresti conoscermi, no?” 

 
“Non voglio mettere il dito nella piaga Elly, ma sei effettivamente un po’ permalosa… un po' tanto forse…” 
Emil sfoggiò un sorriso a trentadue denti quando l'amica si voltò verso di lui, affrettandosi subito dopo a ripeterle quanto le volesse bene.

La Tassorosso roteò gli occhi, borbottando di quanto non fosse assolutamente permalosa mentre Emil si rivolgeva a Rebecca:
 
“Quindi hai trasformato Cinnamon in un gatto? Poverina.” 
“Tranquillo, a quest’ora sarà già tornata normale… in effetti non credo ne sia stata molto felice, ma vedrò di corromperla con dei biscotti per cani. Elly, la lettera di tua zia.” 

La Serpeverde porse la busta all'amica, che annuì e la prese, limitandosi ad osservarne il retro per qualche istante invece di aprirla. 

“Secondo te cosa dice?” 
“Non ne ho idea… come ho detto, magari riguarda tua madre. Dovresti leggerla.” 

Eleanor annuì ma invece di aprire la busta la piegò con cura a metà e se la mise in tasca, sostenendo che l'avrebbe letta più tardi. 

“Come preferisci, se vuoi leggerla quando sarai sola fa pure… ma non fare finta di leggerla, fallo sul serio!” 
“Sì, lo farò, te lo prometto… ora non passare la giornata a stressarmi. Ora, cambiando argomento… Emil, è rimasta un po’ di Sacher o te la sei mangiata tutta tu prima che io arrivassi?” 
 
“È finita, ma Becky ha contribuito.” 
“Non fare quella faccia Elly, erano rimaste solo due fette…”     


                                                                                     *
  

“Tu e Gabriel non avete ancora parlato, vero?” 
“Certo che parliamo, Gae. Parliamo tutti i giorni, se non te ne fossi accorta.” 

“Hai capito che voglio dire… siete veramente due mammalucchi.” 

Gae scosse il capo con disapprovazione mentre l'amica invece sbuffava, continuando a bere il suo thè. 
 
“Grazie tante.” 
“È la pura verità… te l'ho detto almeno dieci volte in cinque giorni Elin, a Gabriel non interessa la sua ex, me lo ha detto lui!” 
“D'accordo, il messaggio è chiaro, non serve continuare a ripeterlo!” 

“A quanto pare serve invece, perché non l'hai ancora recepito del tutto… ti voglio bene, ma sappi che sei testarda come un mulo.” 

“Lo so, me lo dice sempre anche mia nonna… ok, orastaarrivandoquindistaizittanondirecosestrane, ciao Gabriel!” 

Helene sfoggiò un largo sorriso quando Gabriel ebbe raggiunto lei e Gae, sorridendo a sua volta prima di prendere posto accanto a loro:
 
“Ciao ragazze… come mai avete smesso di parlare? Parlavate di me?” 
“Sì.” 
“No!” 

Helene si voltò di scatto verso Gae, fulminandola con lo sguardo mentre invece la belga continuò a fare colazione con nonchalance, dondolando distrattamente una gamba sotto al tavolo e ignorando l’occhiata truce dell'amica. 

“Forse dovreste mettervi d'accordo…” 
  
“Gae vaneggia… la teina ti fa male.” 
Helene si sporse verso l'amica e le prese la tazza dalle mani, facendola sbuffare leggermente mentre Gabriel invece sorrideva, guardandole con cipiglio divertito: 

“Dici? A te invece rende ottusa.”  
“No Gae, Elin è ottusa di suo, la teina non c'entra niente.” 

“Vi siete coalizzati contro di me stamattina? Se è così vado da Piotr, forse almeno lui non mi definirà “ottusa”.” 
Helene sbuffò e si alzò, portandosi la sua tazza di thè appresso mentre Gabriel sorrideva: 

“Solo perché non parla, Elin.” 

La rossa lo fulminò con lo sguardo prima di girare sui tacchi e andarsene, mentre Gae sospirava e si rivolgeva all’inglese:

“Non le hai ancora parlato, vero?” 
“No. E se mi assesta un due di picche?” 
 
“Lo vedi? Insieme siete perfetti, sei ottuso anche tu!” 


                                                                                        *


 
“Alla fine l'hai letta, quella lettera?” 
 
Eleanor alzò lo sguardo su Emil, che era steso su un divanetto intento a leggere, anche se non standoci le gambe penzolavano oltre il bracciolo.
La Tassorosso annuì, accarezzando con le dita la copertina scura del quadernetto dove scriveva in continuazione mentre l'amico, non udendo una risposta, si voltava verso di lei, guardandola in attesa.
 
“E? Puoi anche non parlare pulcino, sento comunque lo scricchiolio dei tuoi pensieri… e mi sembra come di cogliere una piccola nota di felicità, cosa alquanto insolito visto che stiamo parlando sicuramente di tua madre.” 

“Sei diventato il mio analista Emil? Se è così non disturbarti, ci sono già passata… comunque hai ragione, mia zia mi ha parlato di mia madre.” 

Eleanor chiuse il quaderno mentre Emil si metteva a sedere dritto sul divano, guardandola con un sopracciglio inarcato.

“E?” 
“Lei… pare che abbia chiesto di me. È la prima volta.  Forse allora non si è dimenticata di avere una figlia…” 
 
“Non credo se ne sia mai dimenticata, Elly… ma forse la tua assenza ha aiutato in qualche modo. Visto? Te l'ho sempre detto che le cose sarebbero migliorate, prima o poi. Forse sto diventando anche veggente…” 

“Dici? Allora senti la mia, di predizione: tra un mese torneremo a casa, e se per allora non avrai parlato con la mia migliore amica ti prenderò per le orecchie e ti trascinerò dalla Danimarca fino alla porta di casa sua.” 
 
Eleanor sfoggiò il suo solito sorriso dolce mentre Emil invece sbuffò, abbassando lo sguardo e borbottando qualcosa di poco comprensibile. La Tassorosso si alzò per andare a sedersi accanto a lui, guardandolo con aria quasi esasperata:

“Mi dici, una buona volta, perché fai così? Non sei per niente timido! Tu sei quello che l’imbarazzo non sa neanche dove sta di casa!” 
“È vero, ma questo è diverso.”  

“Scusa Emil, ma proprio non ti capisco… come puoi essere insicuro se riesci a vedere cosa provano le persone e quindi sai perfettamente di piacerle?” 
“È questo il punto. Io vedo perfettamente come si sentono le persone, ma anche che cosa provano nei miei confronti, mi basta guardarle mentre loro guardano me. E ti assicuro che non è affatto piacevole quando vuoi bene a qualcuno e ti accorgi che, con il tempo, una persona finisce col volertene meno.” 
 

“Da settimane mi ripeti di non buttarmi giù per la storia di mia madre, di cercare comunque di provare a starle vicino in qualche modo… non è facile, ma cerco comunque di farlo da quando mio padre non c'è più. Ora ascoltami tu Emil. I sentimenti delle persone cambiano, succede… ma se continui a preoccupartene e a fasciarti la testa prima di romperla non sarai mai felice.” 

“Ora sei tu che mi fai da analista…”  


“Ti restituisco il favore. Ma dicevo sul serio sul trascinarti dalla Danimarca fino a Londra.” 
“Guarda che in Danimarca ci sono nato, non ci vivo stabilmente ora!” 
“Tanto meglio allora, meno strada da fare.” 


                                                                                 *

 
Domenica 25 Novembre



“Che cosa fai?”
“Ho una penna in mano, dell’inchiostro e un foglio… Tu che ne pensi?” 

 
Pawel rivolse un’occhiata scettica in direzione di Ivan mentre l'amico sedeva accanto a lui, roteando gli occhi:

“Ok, scusa… era solo per chiedere. Scrivi a Veronika?” 
“No, a Maya. Mi ha scritto ieri, pare che sia felicissima per te e Irina. Ha accennato la questione alla sua famiglia o no?” 
 
“Sostiene che preferirebbe dirlo ai suoi genitori di persona e la capisco. Secondo te annulleranno il contratto?” 
“Lo spero per voi, magari inizialmente la prenderanno male ma poi cambieranno idea… chissà, del resto tu sei Purosangue e la tua famiglia è piena di soldi anche se ci hai un po' perso i contatti, poteva andargli peggio.” 
 
“Spero che la pensino allo stesso modo… della mia famiglia invece non mi importa, farò quello che voglio come sempre.” 

“Non li hai ancora perdonati, vero?”
“Quando mio padre se n’è andato non hanno mosso un dito. Poi è saltata fuori la malattia di mia madre e oltre a chiuderla dentro una clinica non hanno fatto altro… ci abbiamo dovuto pensare io e Dimitri e io ero appena maggiorenne. No, non mi importa di loro.” 


Pawel alzò lo sguardo dalla lettera che stava scrivendo per guardare l'amico, esitando per un attimo prima di parlare:

“Sbaglio o qui hanno tutti problemi con i loro genitori o la loro famiglia a parte me?” 
“In pratica sì, ritieniti fortunato… anche se visto il tuo tremendo carattere è strano.” 

Ivan abbozzò un sorriso e Pawel ricambiò, prima di afferrare il calamaio e rovesciarlo addosso all'amico. 

“E andiamo, non l’inchiostro sulla camicia bianca!”   Ivan sbuffò, indietreggiando istintivamente con la sedia mentre tirava fuori la bacchetta e Pawel si stringeva nelle spalle prima di continuare a scrivere la lettera per Maya:

“Ops, mani di burro.” 

 
                                                                                        *
 
          
Eleanor teneva gli occhi scuri fissi sullo schermo della TV, guardando il film ma senza seguirlo per davvero. 
Continuava a pensare a sua madre che a quanto sembrava aveva chiesto di lei qualche giorno prima… era strano, considerando che non le aveva rivolto la parola per mesi. Quasi non ricordava nemmeno il suono della sua voce, ormai, quando andava a trovarla lei si limitava a restare in silenzio, seduta senza nemmeno guardarla o dare cenno di accorgersi della sua presenza. Quasi come se fosse invisibile. 

Ma forse non era davvero così… se si era resa conto della sua prolungata assenza allora si rendeva conto anche della sua presenza. 

Per la prima volta dopo un sacco di tempo pensando a sua madre non veniva travolta solo dalla malinconia… forse stava davvero migliorando, infondo. 
Eleanor distolse lo sguardo dallo schermo per posarlo su Rebecca, stravaccata sul divano accanto a lei e mezza addormentata. 
In effetti qualche minuto prima l'aveva sentita dire che film fosse noioso, ma non pensava fino a quel punto…

“Becky?” 

“…Becky? Svegliati!” 

“Mh? Che c'è? Sono morti?” 

Rebecca aprì pigramente gli occhi, sbuffando sonoramente quando guardando lo schermo si rese conto che il film non era ancora finito. 
“No, sono ancora tutti vivi, la nave non è ancora affondata.” 
 
“Allora ci sentiamo più tardi… ma quanto dura questo film, sono due ore e mezza che va avanti!” 

Rebecca fece per voltarsi verso lo schienale del divano e continuare a dormire, ma Eleanor la precedette e si affrettò a parlare di nuovo:

“Aspetta, ti voglio chiedere una cosa.”  

“Ok… che c'è?” 

Rebecca la guardò, in attesa, ed Eleanor inarcò leggermente un sopracciglio prima di porle la domanda:

“Ti volevo chiedere… che cosa provi per Emil?” 

Rebecca sgranò gli occhi, guardandola sorridere e mettendosi di scatto a sedere sul divano:

“Come?” 
“Ti ho chiesto…” 
“Sì, ho capito… ma perché me lo chiedi?” 
“Così, curiosità… anche se credo di conoscere già la risposta, ma vorrei sentirlo dire da te.” 

“Potevi anche non chiedermelo così direttamente!” 
“Ho avuto un’ottima maestra…” 


                                                                                      *
 

“Ciao… che muso lungo. Che cos’hai?” 
“Niente.” 

Cal si strinse nelle spalle, ma il tono che utilizzò e l'espressione cupa fecero solo aumentare la curiosità di Ivan, che le prese le mani per allontanarle dalla tastiera e avere la sua attenzione. 

“Sicura? Hai una faccia… strano, eppure il clima non è afoso, quindi il tempo non c'entra.” 
“No, non c'entra infatti… smettila di rivangare la questione della mia meteoropatia!” 

“Ok, scusa. Che cosa c'è allora?”    Ivan continuò a sorriderle e Cal sbuffò, certa che non sarebbe riuscita a fargli mollare l’osso, prima di borbottare qualcosa in risposta:
 
“Continuo a dirmi che dovrei rispondere alle lettere che mia madre mi ha scritto, ma quando prendo la penna non so mai come riempire il fogli0! Cosa dovrei farle, un disegnino?” 
“No, sei pessima a disegnare, non è una buona idea… non fare quella faccia, sto scherzando. Comunque… Cal, lo so che non hai mai avuto un rapporto facile con tua madre, so che ti ha lasciata a te stessa e che hai sempre dovuto arrangiarti…” 
“Già, lei era troppo impegnata a bere. O a fare la ballerina.” 

“Sono sicuro che nemmeno per lei è stato facile… si è ritrovata da sola e con una figlia, dopotutto. Non la voglio giustificare Cal, ma sono sicuro che ti vuole bene. Altrimenti non ti cercherebbe, giusto?” 

La ragazza non disse niente, limitandosi a fissare i tasti del pianoforte mentre rifletteva sulle parole dell'amico, che le rivolse un’occhiata incerta prima di parlare nuovamente, sospirando.
 
“Sai Cal… la maggior parte delle volte in cui vado da lei guardo mia madre e non riesco a riconoscerla. È lei, ha le sue fattezze… ma allo stesso tempo non lo è. Quasi sempre la guardo e so che non mi riconosce, che non ha idea di chi io sia.” 

“Lo so. Mi dispiace.” 

“E io so che sei così testarda, orgogliosa, determinata e abbastanza diffidente nell’avere legami veri con le persone per come sei cresciuta, con una madre così poco presente… ma sei fatta così, ormai che possiamo farci? Il danno è fatto, purtroppo.” 
Cal lo colpì con decisione sul braccio, facendolo ridacchiare. 

“Ecco, lo vedi? Ma davvero Cal… è tua madre. Tu le sei scivolata dalle mani anni fa, ora non fare lo stesso. Fallo per il tuo meraviglioso migliore amico.” 


                                                                                     *

 
Gabriel Undersee imprecò a mezza voce, continuando a camminare con lunghe e decise falcate lungo i corridoi, senza però trovare traccia del suo obbiettivo. 


Si chiedeva dove accidenti si fosse cacciata Helene Bergsma, per di più proprio quando aveva finalmente deciso di parlarci… in fin dei conti si ripeteva di farlo da giorni.
Il motivo di tutta quell’indecisione, in effetti, non gli era particolarmente chiaro: del resto non era mai stato per niente timido, nemmeno nei confronti del gentil sesso… anzi, non si era mai posto il minimo problema a farsi avanti.
 
E allora perché, con lei, tanta incertezza? Specialmente considerando che, a sentire Gae, era ricambiato. 

Quando finalmente sentì la voce della ragazza e il suo inconfondibile accento fiammingo Gabriel sorrise istintivamente, decisamente sollevato di aver trovato Helene. La rossa stava parlando con Gae, ma la belga si accorse per prima della sua presenza, sorridendo debolmente al ragazzo mentre si avvicinava. 

“Ciao… dov’eravate?” 
“Visto che fuori il tempo fa schifo e non possiamo uscire ci siamo fatte fare un massaggio. Ci cercavi?" 
“In effetti sì, cercavo te.” 

Alle parole del ragazzo Helene assunse un’espressione perplessa mentre invece Gae parve come illuminarsi, sorridendo quasi con sollievo:

“Beh, in tal caso io andrò… a dare da mangiare ad Endjoras. Ci vediamo dopo, e spero che per allora avrete messo da parte la vostra ottusaggine.” 

Gae diede una lieve pacca sulla spalla di Gabriel prima di superarlo e allontanarsi, mentre Helene la seguiva con lo sguardo con leggera confusione:

“E ora di che parla?” 
“Elin… Gae al concerto mi ha detto che secondo te io penso ancora a Constance. È così?” 

 
Helene sgranò gli occhi chiari e in un attimo il suo volto divenne quasi dello stesso colore dei suoi capelli, mentre Gabriel si limitava ad osservarla restando impassibile e lei farfugliava qualcosa in risposta:
 
“Io… insomma, in parte. Solo che dopo avertene sentito parlare e aver letto che a volte le dedichi quello che scrivi...” 
“Sì, ma non c'entra. Non mi interessa più, Elin, credimi. Dopotutto tra di noi è finita da più di un anno…” 

“D'accordo. Non devi darmi spiegazioni, sono affari tuoi.” 

Helene si strinse nelle spalle, sforzandosi di apparire noncurante mentre Gabriel invece sorrideva, sollevando una mano per prenderle il mento e assicurarsi che lo guardasse. 

“Ci tenevo a mettere in chiaro che ormai a Constance non penso più, Elin. In effetti da qualche tempo a questa parte penso parecchio a te.” 

“Davvero?” 


Helene lo guardò con leggera sorpresa e Gabriel annuì, continuando a sorridere:

“Certo… Gae ha proprio ragione, sei veramente ottusa.” 
“Ti vorrei ricordare che ha parlato al plurale poco fa.” 
“Sì, si riferiva anche a me… ma solo perché ci ho messo un sacco di tempo a fare questo.” 
 
Prima di darle il tempo di dire qualcosa Gabriel annullò la distanza che li separava e la baciò, gioendo interiormente mentre riusciva quasi a sentire un’ondata di sollievo pervaderlo quando lei non lo respinse, rispondendo invece al bacio.  
  
Forse, in fin dei conti, avrebbe dovuto dare ascolto a Gae dall’inizio.    













...................................................................................................
Angolo Autrice:
Buonasera!
E anche in questo capitolo ho reso canon una coppia... anche se sinceramente non ricordo se gli avevate trovato un nome o meno. Inoltre,  vi comunico che, includendo l'Epilogo, alla fine della storia mancano 3 o 4 capitoli al massimo. 
Pertanto, ho una richiesta da farvi: ho bisogno che mi mandiate (via MP ovviamente) i nomi dei vostri tre OC preferiti, naturalmente non potete votare il vostro... e non serve che lo facciate mettendoli su una scaletta, mi bastano i tre nomi. 

Detto ciò ci sentiamo presto con il seguito! 
Signorina Granger 

 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Signorina Granger