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Autore: ClaryWonderstruck    27/06/2017    4 recensioni
[ Il cielo sembrava un’estesa massa di luci vorticanti, di scie circolari che si inondavano le une sulle altre in un concatenarsi quasi eterno. Vigilavano sulla cittadina mercantile che dormiva quieta, nel silenzio della notte, accompagnando i loro sogni con il brillare delle stelle che vi si specchiavano ... ]
[ ... Marinette avrebbe potuto osservare quel dipinto per ore, per giorni, rimanendone rapita come la prima volta]
E se i dipinti di Van Gogh non fossero stati l'unica fonte di luce, quella notte ? Si sa, la luna è compagna dei felini che si aggirano in cerca di compagnia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ebbene sì, eccomi back from the dead...
Sono così fiera di questo capitolo e spero davvero possa
piacervi e trasmettervi il più possibile!
Buona lettura mie little bugs






Radici
 



Sfrecciare per le strade di Parigi ancorando il proprio miraculous ai tetti delle case, ai lampioni nelle piazze e ancora ai parapetti dei balconi alimentava l’illusione di un controllo totale della situazione. Marinette avrebbe fatto qualsiasi cosa per mantenere viva quella fantasia, lottando contro il suo buon senso e quelle le forze che animatamente l’allontanavano dal suo obiettivo.
Tutto nell’aria presagiva l’arrivo di un temporale: gravide di pioggia e rigate da luci elettriche, le nuvole cavalcavano il cielo sovrastante contribuendo a rendere l’atmosfera oscura. Forte dell’adrenalina crescente, la ragazza sopprimeva gli avvertimenti allarmanti sostituendoli che fulmini di energia travolgente.
In realtà l’idea di rendersi fautrice della propria discesa infernale non rientrava nella lista di cose da fare durante la pausa pranzo, ma ormai aveva preso la sua decisione e non poteva tornare indietro. Non ora che aveva elaborato una scusa convincente ai genitori sul perché stesse nuovamente ignorando i suoi doveri. Ancora non capiva perché quando si trattava di concludere una consegna personalmente la madre reagiva senza fiatare. Fatto sta che le offrì l’occasione di uscire dall’appartamento limitando i danni alla vita sociale.
Determinata a superare l’ultimo quartiere residenziale prima della villa Burgeois, immaginò la faccia soddisfatta di Finn nel vederla arresa e volontariamente a sua completa disposizione. Aveva impiegato poco per cedere, lo sapeva, ma ostinarsi a mantenere il suo orgoglio sarebbe solo stato una perdita di tempo. Al mondo serviva un ambiente pacifico senza Papillon, non un’adolescente orgogliosa. Forse se ne sarebbe pentita, però un tentativo lo doveva provare.
Parigi pullulava di gente smarrita, diretta al posto di lavoro o semplicemente intenta a godersi uno stralcio di sole prima del temporale. Nessuno, però, prestava attenzione all'ombra che sferzava l'aria tra i tetti delle case. Marinette raramente tentennava quando si trattava di compiere il proprio dovere di supereroina, eppure nel completare l'ultima tappa del viaggio quasi fu tentata di retrocedere e tornarsene a casa. 
 
Una soluzione magari più sicura, glielo concedeva, ma di fatto inconsistente. Tra le mura della sua camera non avrebbe di certo magicamente imparato a riesumare le memorie del miraculous: né Tikki, Chat o Fu sembravano disposti a darle una mano. Chi per una ragione, chi per un'altra, l'avevano obbligata a mettersi nei guai - così continuava a giustificarsi - perciò tornare sui propri passi era un qualcosa che doveva sparire dal suo vocabolario. 
 
Pronta a scendere in picchiata sul balconcino di casa Burgeois, preparò i muscoli già sufficientemente riscaldati per il salto verso il vuoto.
Tempo pochi istanti ed atterrò immediatamente sulla superficie lucida del balcone, decorata da magnifiche magnolie colorate. 
Sporgendosi dalla porta-finestra vide un Finn indaffarato a sventrare l'interno di una valigetta nera, la stessa che aveva visto durante l'ultimo depistaggio. 
 
Marinette si ricordò improvvisamente del messaggio scritto ad Adrien: era stata l'ennesima balla della settimana, quella di avere scambiato Alya per un'altra ragazza. Insomma, era la sua migliore amica, che razza di persona non riconosce la propria quasi sorella accusandola di una cosa tanto meschina? 
In una condizione del genere temette che Adrien avrebbe potuto prendersela con lei per aver scatenato un polverone inutile, ma il messaggio rassicurante del ragazzo non presagiva nulla del genere.
Forse perché sperava solo di non dover distruggere le proprie amicizie, o forse perché ... 
No - si martellava Marinette - quella questione sospesa doveva accantonarla momentaneamente. Riteneva altamente improbabile che fossero la stessa persona, però ci sperava. Ci sperava e continuare e sognarlo non faceva che alimentare la fantasia. 
 
Le bastò un colpetto leggero alla porta per attirare l'attenzione del proprietario, il quale non perse tempo per infilare le scartoffie nuovamente nella valigetta e calciarla sotto le assi del letto. 
Ed ecco che altri misteri si infittivano intrecciandosi con una trama fortemente ingarbugliata. 
Indossando una smorfia di piacere incontenibile, le aprì la porta facendo scattare la serratura dall'interno.
 
<< Guarda un po' chi abbiamo qui! Il figlio e il prodigo >> salutò Finn divertito della faccenda come previsto dalla giovane << Hai impiegato molto meno tempo del previsto. Ti davo un paio di giorni massimo >> 
 
Marinette sistemò lo yo-yo nel cinturino, raccogliendo tutto l'autocontrollo possibile << Come se ti dispiacesse, Finn. È ancora valida l'offerta?>> 
 
Una risata echeggiò per il perimetro della stanza. 
 
<< Non è questa la giusta domanda >> 
 
" Ora ti diverti anche a fare giochi di parole, andiamo!"
 
<< Qual è il prezzo? >> riformulò Marinette stavolta sopprimendo un velo di astio evidente. La risposta di Finn fu abbastanza ovvia: si spalmò sul divanetto a due posti indicandole lo spazio vuoto accanto a lui. 
 
<< Diciamo che mi devi un favore >> 
 
"È uno scherzo ?"
 
Sedendosi nella posizione opposta rispetto alle sue aspettative, Marinette preferì il pavimento duro piuttosto che il divano.
 
<< Dov'è il trucco? L'hai detto tu prima, non fai cose senza uno schema preciso >> obiettò sulla difensiva. 
 
L'atteggiamento passivo-aggressivo del ragazzo rendeva ancora più confuso un piano già altamente rischioso. 
 
<< Potrebbe servirmi in futuro l'appoggio di Ladybug, ma per ora non preoccupartene, sarà solo una piccola controindicazione alla mia bontà >> 
 
<< Come fai a sapere che manterrò la parola? >> 
 
Finn guardò oltre la finestra << Sei Ladybug no? A costo di sporcarti le mani non ti tireresti indietro dalle promesse >>
 
Dopo alcuni minuti di silenzio, preziosi affinché Marinette potesse convincersi della scelta presa, Finn si liberò da quell'aura pensierosa e malinconica sfruttando ancora una volta l'arma del sarcasmo. 
 
<< Forza Sugar, procediamo. Non voglio rischiare di vederti tornare "brava ragazza" ora che si è risvegliato il tuo lato oscuro. Sarà divertente assistere al tuo gioco di menzogne >> 
 
Una morsa atroce le strinse lo stomaco, colpendola come un pugno di pieno volto. Voleva perdonare se stessa per la decisione compiuta. << Dimmi, essere stronzi è una professione oppure sei solo naturalmente dotato? >> 
 
Finn predispose un tappetino a terra raggiungendo Marinette a gambe conserte, per poi accendersi una sigaretta di quelle pesanti dall'odore nauseabondo. 
Si passava il vizio tra le dita aspirando il fumo come un nobile d'altri tempi, senza sembrare teatrale o forzato. 
 
<< È una procedura che richiede tempo. Viene svolta durante la trasformazione e funziona come un viaggio astrale nei tuoi ricordi. Devi immaginarti viva nella tua testa, pensala come una grande libreria visto che ti piace tanto, e cercare negli scaffali le memorie delle precedenti proprietarie. C'è un rischio bello grosso da tenere in contro prima di iniziare, però  >> spiegò Finn.
 
<< Ovvero? >> 
 
"Perché le parole rischio/Finn sono sempre così legate?"
 
<< Perdersi nei meandri della mente. Potresti non tornare più cosciente, ecco perché ti serve una guida. Hai bisogno di qualcuno che ti aiuti a scegliere i ricordi giusti, quelli utili alla tua ricerca. Papillon è un cattivo nato solo ultimamente, perciò andare troppo indietro nel tempo confonderebbe ulteriormente le tue idee >> 
 
Altro che rischio bello grosso, Marinette poteva finire col cervello insardinato nelle memorie di qualche tomba vecchia secoli. Sapeva che oramai non poteva che scendere sempre più in basso: una volta valicato l’inferno si può soltanto proseguire.

<< Quindi dipenderei da te in tutto e per tutto. Ergo possedere una grande fiducia nei tuoi confronti >> constatò tentennante.
Finn spense la cicca su un pezzo di carta, ascoltando lo scrosciare denso della pioggia con profonda attenzione.<< Sono uno stronzo, perché dovresti? Beh, un altro rischio che dovresti correre >>
Il tono con cui lo disse, la vena così maledettamente ironica che nascondeva nelle sue parole, fece scattare qualcosa nei ragionamenti della ragazza. Per capire qualcuno come lui, doveva imparare a pensare come lui, per quanto complicato e oscuro fosse.

<< Io ti servo in qualche contorto modo che solo la tua testolina malvagia può comprendere, ma comunque non butteresti all’aria una mia promessa >>

<< Cominci a ragionare come me >> commentò soddisfatto << Ottimo.>>

Con un balzo iniziò ad impartire assurdi ordini a Marinette, preparandola alla posizione evidentemente adatta per un salto nel passato. Le disse di mettersi comoda, rilassare i muscoli ed incanalare grosse quantità d’aria direttamente nei polmoni. Un’operazione pressoché impossibile considerando la tensione che pulsava sotto le vene della ragazza.

<< Cupcake, devi calmare i nervi. Prova ad immaginare la circolazione dell’aria dalle cavità nasali fino alla pancia. >>
In pratica era come parlare con un cucciolo di cane affamato. Marinette non si sentiva solo estremamente stupida, ma anche infastidita delle sue continue pretese. Si aspettava che dettando qualche regola qua e là sarebbe stata capace di capire precisamente il meccanismo da seguire.

Invece più il tempo passava, più i muscoli si irrigidivano sotto il peso delle sue parole. E Finn ne spendeva un fiume per contestare qualsiasi tipo di atteggiamento dimostrato. Se respirava troppo poco non andava bene per isolarla dal mondo, ma se boccheggiava profondamente allora la tensione accresceva contemporaneamente vanificando comunque gli sforzi.

<< Sei rigida come un manico di scopa! >> si lamentò Finn ancora una volta.
Marinette ne aveva le scarpe piene.
<< Magari se la smettessi di gridarmi contro di continuo >> sbuffò aprendo leggermente un occhio. La stanza era sempre la stessa ordinata, spoglia camera di prima, compresa la disgustosa compagnia. Aver tentato una pseudo meditazione di circa mezz’ora non era servito a plasmare la realtà attorno a Marinette, oramai incerta sulla validità dell’esperimento.                                           

Riflettere, staccare la spina e immergersi tra i suoi pensieri funzionava solo se frutto del naturale ed imprevedibile flusso di coscienza. Doveva essere completamente indipendente dal volere. Non era un muscolo che poteva controllare, che poteva veicolare a fare ciò che Finn seguitava a pretendere.

<< Posso cercare di spiegartelo, Buttercup. Non posso mica capirlo al posto tuo >> tuonò di tutta risposta. Il tatto di Finn vagava sulla linea che separava la totale incapacità empatica dalla sociopatia più completa. Tentò persino di mettere della musica di sottofondo per calmare le acque: erano toni blues suonati al piano risalenti agli anni venti.

<< Se proprio devi sentire qualcosa, non scegliere sinfonie preistoriche! Nei paesi Scandinavi non vi siete modernizzati ? >>
Il ragazzo fermò il CD con un pizzico di risentimento.

<< Noi abbiamo conservato il buon gusto >> rispose falsamente adirato <<  Le note del jazz aiutano a svuotare la mente >>

L’ego di Marinette si affievolì sensibilmente, limitandosi a riversare tutto quell’astio all’interno della sua testa. Dubitava che potesse contenere la quantità di insulti e cattive parole che stava trattenendo da mezz’ora, però una cosa l’aveva capita forte e chiara: stava diventando davvero brava ad inventare imprecazioni creative.

<< Vado a fumarmi un’altra sigaretta. Sopportarti è più difficile del previsto >>
Finn s’alzò lentamente, facendo scivolare il pacchetto di Malboro dalla tasca dei pantaloni. Guardò  Marinette intensamente, mentre lei si indispettiva animatamente dei suoi commenti, per poi spingere la porta-finestra ed agevolare il passaggio d’ossigeno nella camera.

<< Puoi ripetere? No hablo la lingua degli stronzi >>
 



***
 

<< Adrien, dobbiamo farla finita. Ho i piedi in fiamme e devo uscire con Alya sta sera … >>

Era la voce sconsolata di Nino a parlare, ora seduto a guardare il molo che s’affacciava sulla zona meno trafficata della Senna. Il sole stava ritirando i suoi ultimi raggi caldi, proiettando varie ombre sinistre sul corso dove Adrien si ostinava a nascondersi. Occultato dalle volte di un ponte di raccordo, analizzava di tanto in tanto il tratto conseguente per cercare di capire cosa stesse effettivamente accadendo.

Non lo chiamava spiare quello. Per lui si trattava di una semplice ricerca a fin di bene: il suo bene. Il tragico spionaggio ossessivo era iniziato il weekend precedente, quando viaggiando a bordo della Agreste mobile ( sì, gli piaceva credere di emulare Batman ), aveva adocchiato dal finestrino due individui sospetti passeggiare in atteggiamenti più che intimi. Prima che la macchina potesse sfrecciare via dall’incrocio, ero riuscito ad abbassare i vetri e riconoscere le figure incriminanti: fu uno shock paralizzante. Peggio della volta in cui era stato cosparso di piume ( per lui fortemente allergizzanti ) o quando era stato obbligato a indossare i tacchi a causa di quell’akuma fuori di testa.

I suoi occhi dovevano aver preso una sbandata, confondendosi sicuramente con qualche altra persona simile alla sua Lady. Questo perché Marinette non avrebbe mai potuto coscientemente passeggiare con quel criminale doppiogiochista di Finn Lacroix.
Non era vero.
Non poteva essere vero, o quantomeno Adrien sperava che esistesse una spiegazione più che valida a giustificare quella scena.

Perché ultimamente quando ho un bastone in mano tutti sembrano subito delle pignatte?”

Sapeva che Finn le avesse rivelato qualcosa di grosso durante l’attacco all’ospedale ( lo aveva parzialmente capito grazie all’atteggiamento schivo di Marinette ), ma non riusciva proprio a spiegarsi per quale caspita di motivo la sua lady avesse deciso di frequentare lui, il sociopatico persuasore per eccellenza.

Era furioso e corroso dalla gelosia? Indubbiamente.
Voleva sfogarsi comportandosi come un teenager in preda ad una crisi isterica ? Chiaro che sì.

Ad aggravare la situazione poi, contribuiva il fatto che Marinette non si fosse confrontata con Chat in merito. Lui  era il suo partner da più di una vita, la sua palla al piede, il suo gatto un feelino fastidioso, perché mentirgli  riguardo i suoi ultimi spostamenti?

Attraversato da sentimenti contrastanti, Adrien aveva scarrozzato  Nino per tutta Parigi seguendo i percorsi dei giovani, ritrovandosi a spiarli persino nascosto i luoghi decisamente ostili e maleodoranti ( come le fogne del centro ). Chiaro che sottoposto a certe condizioni, anche un’anima pia come il suo migliore amico iniziava a cedere sotto il peso della stanchezza.

<< Altri cinque minuti… credo stia per succedere qualcosa >> sussurrò Adrien in totale concentrazione. Appiattito contro i mattoncini della volta, riusciva non solo a percepire la risacca e l’ingresso dei battelli al molo, ma anche qualche frasetta qua e là di poco conto.                              
 Marinette non sembrava possedere atteggiamenti che presagivano ad un’eventuale relazione amorosa, però Finn non la smetteva di ridacchiare e stuzzicarla senza dignità.
Quello era il suo compito preferito, per tutti i santi.

<< Amico, è da mezz’ora che ripeti questa cosa. Accettalo! Marinette sta uscendo con quel tipo ormai. Potresti ancora recuperare punti se le dicessi finalmente ciò che provi. >>

Adrien immediatamente premette una mano sulla bocca di Nino, temendo che le loro voci potessero arrivare direttamente nelle orecchie dell’interessata.
A pensarci bene, perché Adrien si trovava lì? Non poteva permettersi la gelosia quando nei suoi sogni ancora immaginava di strangolare l’unica persona in grado di smuovergli l’anima. Plagg gli aveva detto di non preoccuparsene, ma tentare di accantonare quella questione sembrava più difficile del previsto. Soprattutto se Marinette intraprendeva piani folli senza avvertirlo.

<< Non è quello che pensi Nino >>

Nino scacciò la mano dell’amico emettendo una sonora risata << Andiamo, la guardi impaziente come guardo io un cheeseburger durante la pausa pranzo! >>

In tutta risposta il biondo s’accovacciò a terra di peso, rinunciando a mantenere un profilo basso. Nino era il suo migliore amico da anni ormai, ovvio che avesse intuito qualcosa di così naturale ed evidente. Ultimamente poi riconosceva di aver intensificato gli sguardi: si fissavano  per un lasso di tempo interminabile, troppo per potersi chiamare solo “amici”.

<>

<< Dovresti dirglielo bro. Prendi un po’ di coraggio, tanto ti muore dietro da quando ti conosce! Alya pensa che dentro ognuno di noi ci sia un supereroe come Chat Noir, vale anche per te. >>

Adrien si irrigidì. Il suo migliore amico stava addirittura cercando di infondergli coraggio paragonandolo a se stesso. Prima che potesse rispondere con qualcosa di allusivo, fu interrotto dal rumore di passi provenienti dalla zona adiacente.

<cheeseburger si sta spostando >> dichiarò balzando in piedi << Divertiti sta sera! Non capita spesso di avere casa libera … >>

Mentre Nino tornava sui suoi passi, trascinato dall'infrangersi della Senna contro il cemento del molo, Adrien provava ad individuare l'esatta posizione del soggetto d'interesse, ormai diretto verso chissà quale meta. 
Sapeva di essere patetico e leggermente incoerente, però non poteva evitarlo. 
Inoltre, si domandava sempre se tutta quella preoccupazione non dipendesse dalla pericolosità del nemico, ma da quel sentimento piccolino, invadente, che gli martellava tra i pensieri. 

Detestava Finn. 

Non solo gli stava causando parecchi problemi nelle profondità dei suoi sogni, non solo si comportava come se sapesse qualsiasi cosa; ma s'azzardava persino a manipolare la sua lady. 

Marinette possedeva una volontà ferrea per cadere nella sua trappola come era capitato con Alya, però temeva di sbagliarsi. 
E se un tale pallone gonfiato  - raggio di sole sarcastico - provava il minimo dubbio al riguardo, allora la faccenda si faceva più che allarmante: era una catastrofe. 
 
La settimana trascorsa aveva consolidato in lui la certezza che forse qualcosa nel suo piano era andata storta. 
Va bene coinvolgerla perché ritenesse opportuna la partecipazione della supereroina, ma addirittura mettere in ballo la vera identità ora gli sembrava un rischio davvero terrificante. 

Era tutta colpa sua - gli echeggiava rumorosamente in testa. 

Si sentiva contemporaneamente leggero come una di quelle farfalle nere che gli svolazzavano attorno e pesante tanto da doversi fermare per prendere fiato. 
 
"Aspetta... akuma ?"
 
Era proprio uno dei servetti di Papillon ad approfittare della sua delusione e sensi di colpa.
Adrien si scrollò di dosso la negatività, schizzando come una furia oltre il molo. 
Quando l'odore di pesce fu abbastanza lontano, constatò suo malgrado di aver completamente perso di vista il target. 

<< Finalmente lontano dai merluzzi! Sai quanto quella puzza debiliti il mio sistema immunitario ?? >> esclamò Plagg divincolandosi dalla tasca interna della giacca. 

<< Non oso immaginare >> borbottò Adrien sovrappensiero << a meno che non odori di piedi, tutto "debilita il tuo sistema immunitario" >> 

Plagg notò una punta di acidità nella voce di Adrien. Non sembrava solamente stanco dei continui servizi fotografici: soffriva di una vera insonnia sfibrante. 

In realtà la volontà di rimanere sveglio dipendeva unicamente dalla paura di addentrarsi nei meandri sporchi della sua testa, ai danni del suo stato fisico. 

<< Non mi dire che stai spiando ancora Marinette... >> Plagg parlò esasperato, afflitto per le condizioni del proprietario. 

<< Oggi è una giornata purrrrfetta per lasciarmi da solo Plagg. Ho bisogno di pensare >> 

<< Detesto ammetterlo >> borbottò il kwami << Ma te l'avevo detto che sarebbe andata a finire così. Mai mischiare lavoro con amore >> 
Il ragazzo alzò lo sguardo verso il cielo, dove,  inquadrata in un bellissimo azzurro caldo, stagliava la punta della Tour Eiffel. 
Quasi gli si chiusero le palpebre nel vedere una tale calma sfilare di fronte i suoi occhi. 
 
<< Secondo te è davvero interessata a quel tipo? >> 

Plagg roteò gli occhi indietro << Mi rifiuto di partecipare al tuo melodramma. Ora tu fili a dormire, altrimenti in queste condizioni non sopravvivresti ad un'akuma. O peggio, sfamarmi >>

Il ragazzo si guardò intorno un'ultima volta per assicurarsi dell'assenza di Marinette: niente principessa. Solo turisti giapponesi e strane persone con indosso calzini bianchi appaiati a sandali estivi. 
Nel tempo che impiegò a percorrere la strada di casa, ricevette un messaggio dal telefono di Chat. 
La musichetta squillante gli suggerì immediatamente il mittente. 

" Hey, sei vivo ? Ti avrò inviato una montagna di messaggi, mi devo preoccupare? " 

Richiuse accuratamente il telefono, ignorando il contenuto del messaggio. 
Non ce la faceva a risponderle quando dentro sentiva così tante emozioni contrastanti.
Marinette sarebbe stata la sua morte
Lei era maledettamente speciale: il tipo di ragazza che vedeva il fuoco nei suoi occhi e nonostante tutto provava comunque a giocarci. A discapito del calore, della bruciatura e della sofferenza, lei nel fuoco avrebbe potuto danzarci. 

<< Prima la pedini e poi non rispondi?? Voi umani siete così strani >> commentò il kwami, interdetto. 

<< Adrien la sta seguendo. Chat è-è complicato. >> 

Prima di varcare l'ingresso della villa, Plagg gli tirò il lembo della giaccia. Lo guardava con una strana apprensione. 

<< Tu sei Chat. >> 

<< Ma questo Marinette non lo sa. Quando è con Chat cambia completamente. Non posso permettermi di rovinare tutto >> 

Il cancello elettrico si aprì non appena Adrien suonò al campanello. Emise uno stridio fastidioso, quasi agghiacciante, segno che qualcosa nell'aria non andasse per il verso giusto. 

Adrien se lo sentiva su pelle: l'insopportabile presagio che un altro fulmine sarebbe piombato a ciel tutt'altro che sereno. 
<< Non vorrei deprimerti, ma potresti già averlo fatto >>
 
Casa Agreste  sembrava avvolta da una rete di tensione camuffata in un silenzio alquanto glaciale, a tratti conturbante. Anzitutto nessuno l’aveva accolto alla porta con lo sguardo esaminatore di chi deve compiere una radiografia ( cosa assolutamente inusuale date le premure ossessive del padre ), e poi non sentiva alcuna agghiacciante telefonata di lavoro risuonare per le pareti delle stanze.
Varcando la soglia dell’ingresso, appena dopo il salone, percepì degli scricchiolii stridenti sotto la suola delle proprie scarpe, dove, a guardar meglio, vide sparsi alcuni cocci di cristallo.

Immediatamente gli occhi di Adrien vennero catturati dal mosaico di vetri caoticamente ammassati sul pavimento: disseminati ad opera d’arte, circondavano il comodino che precedeva l’enorme ritratto di famiglia appeso a muro.
Qualcuno aveva sfondato il vaso di fiori riversando l’acqua dappertutto, persino alla base del dipinto.
 
Fortunatamente il quadro non aveva subito danni permanenti, infatti l'acqua non era riuscita a raggiungere i volti dei soggetti. 
Sua madre era ancora lì, seduta composta e felice con Adrien in grembo e suo padre alla destra. 
Rapito dal suo passato, accantonò momentaneamente la storia dei vetri rotti. 
 
Quel ritratto aveva la capacità di parlargli in modo sorprendentemente chiaro. Un tempo la sua vita era carica e inondata di sfumature brillanti, mentre adesso gli sembrava rivestita da inanimati strati  monocromatici . 
Il mondo di Gabriel Agreste non accettava, non contemplava, l'idea di riappropriarsi del colore: bianco o nero, luce ed ombre, non esisteva alcuna possibilità oltre i paradossi. 
 
<< Tuo padre Adrien. Vai a cercarlo >> trillò il kwami lasciandogli un lasso di tempo sufficiente per ammirare il ritratto di famiglia. 
 
Adrien se ne allontanò malincuore, schivando poi i cocci a terra come un equilibrista e dirigendosi verso l'androne delle scale. 
Se prima la quiete presagiva ad uno scenario terrificante, adesso il rumore che le sue scarpe emettevano spaccando a terra i residui di cristallo rimasti attaccati alla suola sembrava la colonna sonora di un film dell'orrore. 
 
Plagg sbadigliava contro la sua giacca scura senza mostrare un minimo di legittima curiosità nei confronti di quella bizzarra situazione. 
 
<< Credi che sia entrato un ladro ? >> domandò il ragazzo salendo la tromba delle scale. 
 
I gradini parevano dilatarsi ed allungarsi quando Adrien tentava di "scalarli" per raggiungere il secondo piano. 
 
<< Credo che tuo padre l'avrebbe spaventato. Senza offesa >> 
 
<< Nessun'offesa >> 
 
Giunto in corridoio si sentì  decisamente più vuoto e leggero del previsto. 
Natalie, la segretaria del padre, camminava avanti e indietro con il suo favoloso smartphone di ultima generazione, organizzando incontri e interviste varie per chissà quale testata giornalistica. Ormai aveva perso il conto. 
 
Salutò la donna intimando il kwami di restare in silenzio << Dov'è papà? Ho visto i vetri rotti e ... >> 
Natalie lo allontanò con prontezza dalla porta che sanciva l'ingresso per la stanza di Gabriel. 
Concluse la chiamata subito dopo. 
 
<< La nuova domestica ha rotto accidentalmente il vaso. È inesperta e non credeva fosse così importante per il Signor Agreste ... >>
 
Adrien immaginò la reazione del padre dopo aver visto il ritratto parzialmente rovinato: peggio di cerbero contornato da fiamme. 
 
<< Quanti ne ha licenziati? >> 
Natalie sospirò guardando lo schermo del telefono << Tutti. Stavo cercando di sostituirli proprio adesso >> 
 
Tutti.
Li aveva cacciati e licenziati senza un minimo di tatto ed empatia. Gente a cui Adrien si era affezionato, con la quale aveva condiviso la sua interiorità, ora si trovava disoccupata perché suo padre soffriva di qualche serio disturbo psichiatrico. 
 
<< Da quanto tempo è chiuso nella Bat caverna? >> 
 
<< Un paio d'ore. Non vuole vedere nessuno, ha detto di voler rimanere da solo >> rispose abbassando i toni. 
 
Il ragazzo lanciò uno sguardo verso la porta, come se lui avesse potuto effettivamente sentirlo parlare. 
 
<< Classico. Sono quasi commosso che ci abbia messo più di un mese per dare di matto nuovamente >> 
 
<< Non essere così duro con lui, Adrien. È ancora difficile gestire il dolore >> lo rimproverò Natalie, massaggiandosi la nuca contratta. 
Quella donna passava davvero le pene dell'inferno per sopportare il padre da mattina a sera. 
 
<< Perché io giustamente l'ho superato. >> rispose, manifestando un pizzico di risentimento. 
 
"Adrien, cerca di calmarti" continuava a ripetersi invano. 
 
<< Gli passerà come al solito, vedrai. >> bofonchiò tentennando << Ha anche detto che domani ti vuole per un servizio sulla collezione primaverile >> 
 
Adrien era convinto che il padre non si interessasse minimamente alla sua vita, se non quando si trattava di esercitarne il controllo. Nel campo della moda diventava il suo progetto più ambizioso. 
 
<< Puoi dirgli di contattarmi al telefono? Sembra che gli piaccia far finta sia un suo sottoposto. >>
 
Fu così che uscì di scena più furibondo di quanto non lo fosse precedentemente. 
Entrò nella sua stanza sbattendo violentemente la porta, per poi lanciare lo zaino contro la parete e gridare qualcosa di incomprensibile al muro. 
Plagg non sapeva nemmeno se il suo sarcasmo sarebbe riuscito a consolarlo sta volta. 
 
<< Vai a dormire. Hai bisogno di lasciare questa testa calda riposare >> 
 
Ma la sua testa calda non voleva riposare.
La sua testolina malvagia voleva vagabondare per le strade di Parigi senza meta, finché non si fosse trovata vuota e leggera come aria. 
 
<< Dormire? Dormire è per le persone che trovano pace nel sonno. Io divento caos distruggendo tutto ciò che tocco >> 
 
Plagg sapeva cosa Adrien gli avrebbe chiesto di lì a poco. Non gli piaceva affatto come idea.
 
 
<< Plagg, trasformami! >> 
 
 
 
Nei panni di Chat Noir tutta quella rabbia diventava una grande matassa in espansione. 
Forse era stata una cattiva idea, ma certe volte sopportare la propria testa lo rendeva pazzo. 
Seguendo la scia del suo istinto balzò oltre la finestra della camera, usando poi il suo bastone per saltare da un tetto all'altro con agilità. 
Gli era già capitato che a causa dell'atteggiamento del padre avesse perso un tantinello la ragione, però questa volta pareva diverso. 
Questa volta doveva affrontare troppi problemi contemporaneamente, troppi sentimenti contraddittori, troppi misteri dannatamente indecifrabili. 
 
Così l'unica soluzione plausibile consisteva nella fuga più totale. 
Ignorare Marinette, i suoi doveri e i suoi sogni sembrava un gesto estremamente egoista da parte sua, soprattutto perché sapeva quanto avrebbe inciso sull'emotività altrui, però preferiva un sano egoismo piuttosto che la follia completa. 

No, non stava bene

Correva sotto la pioggia scrosciante bagnandosi da capo a piedi, rischiando di scivolare durante uno dei suoi spettacolari salti felini. Le ciocche bionde, ora attaccate al viso sudato, rendevano la sua espressione quasi disperata. 
Sapeva che il punto di rottura prima o poi sarebbe arrivato. 
Nella frenesia della corsa si ritrovò ad osservare qualche passante girovagare mano nella mano per gli Champs D'Élysées, adesso ricoperta di fiori rossi e cioccolatini a forma di cuore. 
Beh, poteva ritenersi originale, lontano dei soliti cliché : passare il San Valentino da solo a guardare una sfilza di ristorantini fatti su misura per due fu il colpo di grazia.
 
Parigi era una stupenda città per le camminate in contemplazione, sotto il bagliore dei lumini ottocenteschi ed perdersi tra le meraviglie dell'architettura gotica. Peccato che non appena le luci si spegnessero, la magia si consumasse immediatamente. 
Sapeva che Marinette non avrebbe mai accettato di stare con Finn, però allo stesso tempo era consapevole che fosse innamorata del se stesso detestabile. 

Adrien brillava troppo violentemente per permetterle di vedere anche Chat? 

Forse avrebbe potuto imbrogliare ancora un po' la città dell'amore immaginando cosa avrebbe potuto accadere con lei al suo fianco.
 
"Non posso sopravvivere ad una bugia che non riesco a sopportare " 
 
Mentre si scrollava un po' di pioggia dalla chioma, atterrò sulla strada dove un uomo paffuto vendeva qualche ombrello. 
Proseguì come se non l'avesse visto, continuando a lasciarsi inzuppare per bene. 
Le persone sembravano riconoscerlo finalmente, ma nessuno si azzardava ad avvicinarsi più di tanto considerando l'aria miserabile e cupa che emanava. 
In definitiva aveva raggiunto il suo obbiettivo principale: immergersi nella folla sentendosi completamente abbandonato a se stesso. 
Ora capiva perché Marinette avesse corso a perdifiato sotto la pioggia dopo la storia di Alya. 
Il rumore dell'acqua scrosciante e la sensazione di freddo riuscivano ad alleviare quella sofferenza che altrimenti l'avrebbe sopraffatto. 
 
<< Hey randagio, penso proprio ti serva un riparo >> sentì una voce delicata alle sue spalle. 
 
Nel voltarsi, la folla lo spinse direttamente sotto l'ombrello della dolce Marinette Dupain Cheng. 
 
"Ma questo è il mio ombrello..." 
 
Marinette tremava per il freddo, eppure seguitava a stringere il manico munita di assoluta determinazione. 
Su una scala da uno a un milione di volt, Adrien sentiva scariche elettriche invadergli il patto come l'impatto d'un fulmine sulla superficie. 
 
<< Sono in ritardo >> disse poi con una freddezza che non gli era mai appartenuta. 
La voce di Chat prendeva una direzione opposta rispetto a ciò che realmente sentisse. 
Marinette sgranò le pupille, mantenendo saldo l'ombrello persino quando il supereroe aveva oramai superato la sua persona. 
 
Andare in pezzi volontariamente

Ecco cosa aveva fatto Adrien. 
 
Spostandosi contro corrente provava ad allontanarsi il più possibile da lei e la sua maledetta abilità di renderlo trasparente come acqua. 
Sfortunatamente per lui, Marinette non si faceva problemi a sguazzare nella pioggia. 
In men che non si dica lo raggiunse passandogli poi l'ombrello senza accettare obiezioni , mentre un morente acquazzone iniziava a bagnare anche le sue gote. 
 
<< A me non dispiace la pioggia >> disse candidamente, abbozzando un sorriso timido. 
 
Chat sfiorò le sue iniziali incise sopra il manico appena offertogli, concedendosi di accettarlo. Silenziosamente, accolse Marinette al suo fianco, scortandola fino alla pasticceria dove lavoravano i genitori.  Non era distante da dove si trovavano, ma il percorso sembrò durare una vita intera. 
Nessuno dei due osò pronunciare una singola parola di troppo. 
Arrivati sotto il telone che riparava l'ingresso del locale, Chat le porse l'ombrello intento a sparire come niente fosse accaduto. 
 
Fu Marinette a parlare.
 
<< Chat, smettila di ignorarmi. Sta diventando frustrante questa "cosa".>>
 
Il petto del ragazzo fece capolino. 
 
<< Frustrante? Da che pulpito ...>> sputò fuori,  animato da un risentimento evidente. 
 
Marinette aprì bocca per dire qualcosa, ma finì per indicargli la terrazza dove solitamente si svolgevano i loro incontri clandestini. 
 
<< Ti aspetto su. Vedi di muovere il tuo meow-raviglioso di dietro >> 
 
 
Ancora titubante della scelta, Adrien promise alla giovane di aspettarla nel loro posto. 
Stravaccato sul muretto della terrazza, cominciava a sentire dei leggeri brividi di freddo scorrergli lungo la schiena fradicia. 
Marinette nel frattempo aveva cambiato i vestiti zuppi con qualcosa di asciutto e pienamente nel suo stile: uno di quei maglioni colorati e lunghi tanto da diventare vestiti. 
A discapito della sua ira, i pensieri di Adrien vagavano indipendentemente verso la contemplazione della ragazza. Scappavano dal suo controllo, suggerendogli insistentemente di fare quello che avrebbe dovuto fare molto tempo prima. 
 
Era così umano
 
<< Avanti, spara. Ti vedo carico di colpe da scaricarmi >> sentenziò la giovane raggiungendolo nei pressi del muretto. 
Adrien era concentrato ad  osservare alcune nuvole scure che lentamente venivano sostituite dall'incombere della notte. 
 
<< Nessuna colpa, Marinette >> mormorò in tono accusatorio << quella è solo mia. Non avrei mai dovuto coinvolgerti, ho sbagliato. >> 
 
L'odore della pioggia fresca contribuiva a rendere l'aria più malinconica e spenta del previsto. 
 
<< E se io lo volessi? Avrei anche un libero arbitrio, giusto per rinfrescarti la memoria >> protestò di tutta risposta. 
 
Adrien si incendiò rapidamente. 
 
<< << È proprio questo che mi preoccupa! Ti sei imbarcata in un'impresa suicida da sola. Violi persino il tuo stesso patto >> 
 
Sconvolta, Marinette calpestò ferocemente le accuse del supereroe rilanciando la questione. 
 
<< << Ahh quindi è di questo che stiamo discutendo!? >> replicò a braccia conserte << Disse quello che lo rispetta sempre, no? >> 
 
Il sangue le affluiva così intensamente alle gote che sembrava sul punto di esplodere. 
 
Adrien voleva fermarsi, frenare la lingua e ricominciare il discorso con il piede giusto. Ma quella era la giornata del piede sbagliato, anzi a pensarci bene non aveva nemmeno dormito per essersi alzato male.
 
<< Non è il mio punto. La questione qui è che stai frequentando una persona pericolosa. Non sarò disposto a fare compromessi sta volta >> 
 
La ragazza sbuffò come una stufa a pressione, scalpitando contro il muretto. Si trovava prossima al viso di Chat, eppure continuavano ad urlarsi in faccia piuttosto che approfittare di quella vicinanza. 
 
<<  Che vorresti fare? Impedirmi di rendermi utile? Era l'unica via d'uscita al problema e lo sai tanto quanto me! >> 
 
Chat scattò velocemente, trovandosi a pochissimi centimetri dai suoi profondi occhi oceanici.
Era tremendamente difficile respirare quando l'acqua sembrava così alta tanto da trascinarlo a fondo.
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Si vide riflesso nelle sue pupille: era fragile ed al contempo pericolosamente tagliente, quasi interamente se stesso se non fosse stato per la maschera. 
 
<< Adesso sarebbe colpa mia? Guarda che ti ho nascosto le mie intenzioni perché temevo una reazione del genere. Ci tieni così tanto a proteggermi che mi impedisci di essere >> ansimò un istante <<  me stessa.  >> 
 
In quel momento l'immagine rispecchiata nelle pupille della ragazza si ruppe in piccoli frammenti scomposti. Chat strinse i denti cercando precariamente di cucire delle toppe sopra quelle parole dolorose. 
Resasi conto della situazione, Marinette si fece subito piccola piccola. 
Stavano andando alla deriva
 
<< Chat, io non-non intendevo quello >> balbettò sottovoce, rigata da un senso di colpa che però ebbe come risposta una fredda alzata di spalle. 
 
<< Ho capito perfettamente, principessa. Evidentemente ti soffoco nelle mie stupide premure >> disse profondamente ferito << Bene, farò finta che di te non mi interessi >> 
 
Senza indugi, fece per saltare via dal balcone, preparandosi a scendere in picchiata verso la notte più buia. Gli stava piovendo dentro al cuore, lo sentiva perfettamente.
Marinette allora entrò nel panico, affrettandosi ad afferrargli un polso in modo concitato << Chat, per favore, ho esagerato. Non te ne anda->> 
 
<< Andare ? >> incalzò furente << È proprio questo il problema Marinette >> 
 
Tornò su due piedi in men che non si dica, avanzando prontamente verso la giovane, la quale si trovò praticamente con la schiena premuta contro il muretto e il volto allineato a quello del gatto. 
 
<< Potrai anche strillarmi in faccia e cacciarmi dalla stanza perché credi sia un maniaco, ma torno sempre qui. E dannazione quanto vorrei cercare di impedirmelo! >> continuò esasperato, decisamente senza fiato. 
Adrien sentì un improvviso terremoto scuotergli il cranio, aprendosi una voragine tra i suoi pensieri. Non ce la faceva più a trattenere le parole, ormai. 
 
<< Non mi scuserò per metterti al primo posto. È più forte di me >> aggiunse infine. 
 
Privato di qualsiasi inibizione, incatenò il suo sguardo in quello della ragazza. 
Marinette non batteva ciglio. Deglutiva lentamente, cercando di prendere più aria possibile. 
 
<<  Bene, allora non mi scuserò nemmeno io! >> balbettò dando voce ai suoi pensieri.
Chat rimase sospeso in attesa.
 << Non mi scuserò di averti curato le ferite, di essere la tua spalla, di-di sentire la tua mancanza tutte le volte che esci da quella maledetta finestra ... >> disse quasi gridando a squarcia gola. 
 
Adrien non sapeva né come, o perché, però la mezza dichiarazione di Marinette scatenò in lui una risata incontenibile: era felice, calda e rasserenante, come se tutta la sua oscurità fosse stata improvvisamente imbottigliata e gettata chissà dove. 
 
<< Adesso mi prendi pure in giro? >> scalpitò la giovane, battendo i pugni contro il petto di Chat. 
Quest'ultimo reagì afferrandola per la vita, cingendole delicatamente i fianchi con una naturalezza disarmante. 
 
<< Ti do' tre secondi per picchiarmi >> sussurrò sommessamente. 
 
Adrien l’osservava con inaspettato desiderio: la curva delle clavicole, la luce della luna che ravvivava quelle delicate lentiggini come polvere brillante, le lunghe e carezzevoli ciglia, ma non vedeva solo quello: studiava le sue rosee labbra semichiuse, la sua carnagione così chiara come piume al vento e il modo in cui arricciava il naso quando si sentiva sotto pressione.
Non si era mai sentito così in vita sua.
Certo, aveva già sperimentato il desiderio prima di quel momento, ma niente poteva considerarsi così consumante e vivo quanto quello.
Adrien si piegò in avanti, lentamente, fino a premere le sue labbra contro quelle di Marinette.
La ragazza rispose con sorpresa, balzando leggermente, senza però ritirarsi dal contatto.
I palmi del ragazzo scivolarono lungo la sua schiena. Poteva sentirla respirare, approfondire il bacio aderendo alle sue labbra con più coraggio.
Si  separarono solo un istante – per quanto tremendamente travolgente fosse – fondendosi nuovamente in un contatto impetuoso come fiammelle ardenti.
Marinette sapeva di vaniglia e zucchero caldo, di un sapore che rendeva Adrien insaziabilmente impaziente. Le sue mani, ora intrecciate nella la sua bagnata chioma bionda, conferivano ai movimenti una disinvoltura che Adrien non avrebbe mai immaginato potesse appartenerle.
A corto di ossigeno, s’allontanarono malvolentieri.
 
Adrien osservava le sue mani fasciate dalla tuta nera cercando di imprimere la sensazione che aveva provato sfiorando la pelle morbida della ragazza. Dopo  il bacio – quel bacio – nulla sapeva più allo stesso modo di prima.
 
Alzò un sopracciglio in modo irriverente << Non mi hai ancora tirato un ceffone >>
Marinette si sfiorò le labbra meccanicamente, incapace di esprimere quello che le frullava in testa senza blaterare un mucchio di versi sconnessi. Ancora arrossate dal contatto, cercavano di comporre una risposta quantomeno comprensibile.
 
<< Oh-oh, mi sa che ho rotto Marinette. Spero che ad Adrien non dispiaccia >> disse poi, prendendole il mento tra le mani.
Sorrise infine con estrema contentezza, tenendosi a debita distanza dalle sue labbra.
<< Cc-hiudi il becco >> borbottò impacciatamente la ragazza, tirandolo verso di sé come una calamita attratta al metallo.

 
 
 
 
 
 
  
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