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Autore: Stella Dark Star    02/07/2017    1 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo trentadue
Cuore spezzato
 
Occhi annacquati come quelli di una triglia e sorriso da beota perennemente stampato sulle labbra, Ormanno disse con voce sospirata: “Siete bellissima.”
Seduta accanto a lui sulla dormeuse, Isabella lasciò una risatina, portandosi il dorso della mano alle labbra. Nei suoi occhi verdi brillava una luce di gioia che avrebbe illuminato anche la notte più buia: “E’ la quarta volta che me lo dite, oggi!”
“Avete ragione.” Disse lui, tenendo gli occhi incollati ai suoi: “Evidentemente non ho il dono della poesia, altrimenti ve lo direi usando altre parole.”
Nessuna poesia avrebbe potuto scioglierle il cuore più di quelle parole, del modo in cui le diceva, dello sguardo che aveva nel pronunciarle. Non aveva conosciuto l’amore fino a quando non aveva incontrato lui e per questo ringraziava il cielo ogni sera prima di coricarsi e ogni mattina appena sveglia. Chi era lei per meritare così tanto? Matrimonio e amore assieme, era quasi un miracolo. Contava con ansia i giorni che mancavano alla celebrazione del loro matrimonio nella Basilica di Santa Croce, l’abito era già in lavorazione e presto anche gli inviti sarebbero stati scritti e spediti. A questo pensava, quando si ritrovò le labbra di Ormanno premute sulle sue. Ogni suo bacio era come un assaggio del nettare degli dei, qualcosa di prezioso di cui non voleva abusare. Si impose di ritrarsi, anche se tutto il corpo le stava gridando di non farlo. Le labbra umide schioccarono contro le sue, le ci volle un istante per ricominciare a respirare e riaprire gli occhi: “Ormanno, perdonatemi. Sapete quanto io vi ami, ma… Prima del matrimonio…”
Lui le lanciò un’occhiata maliziosa e posò una mano sulle sue che lei teneva in grembo: “I baci non sono proibiti! Anche se ammetto che a volte il desiderio che provo per voi è così intenso che vorrei…”
Lei gli mise un dito sulle labbra per farlo tacere, sentiva di avere le gote in fiamme: “Ormanno, vi prego! Non sta bene dire certe cose! E poi…” Fece un cenno col capo sulla destra: “Il vostro servo potrebbe sentire.”
Ormanno ridacchiò: “Suvvia, Tommaso ha di meglio da fare che ascoltare le nostre chiacchiere amorose!”
In diretto interessato, dall’altra parte della sala, seduto su uno scranno di fronte alla finestra, di fatto teneva tra le mani un libro, ma appena sentì quelle ultime parole, le sue labbra si inarcarono in un sorriso. Anche se dava loro di spalle, sollevò lo sguardo e sussurrò al nulla: “Vero, peccato che io non sia sordo e vi senta ugualmente!”  Cercò di concentrarsi sulla lettura, a cui in effetti era molto interessato. Ormanno, per aiutarlo a sconfiggere la noia delle interminabili ore in cui doveva ‘tenerli d’occhio’, ma anche per non avere costantemente il suo sguardo addosso quando amoreggiava con la fidanzata, gli aveva procurato un libro, o meglio un diario, in cui uno Speziale del secolo precedente aveva annotato tutto sui propri studi delle erbe e del loro utilizzo. Un dono molto gradito per lui che amava quella professione e che così poteva ridere delle loro smancerie senza essere notato!
“Vi prego, Isabella, un altro bacio soltanto.” La supplicò Ormanno.
Lei sospirò: “Va bene. Ma l’ultimo per questa mattina.” Lo ammonì.
Lui sorrise malizioso: “Avete detto bene. L’ultimo per questa mattina.” Quindi l’avvolse in un abbraccio giocoso, facendola ridere, e subito dopo le loro labbra erano unite in quel magico contatto di tenerezza.
Fu così che li trovò Massimo quando entrò nella sala senza farsi annunciare. Tommaso scattò subito in piedi, mentre ai due innamorati servì qualche istante prima di accorgersi di quella presenza in più. Si separarono e si rialzarono in piedi velocemente, entrambi turbati. Isabella si nascose le labbra con la mano, provando vergogna.
“Isabella, ma che cosa fai?” La rimproverò il padre, guardandola con tanto d’occhi.
Ormanno prese coraggio e la difese: “Nulla di male, Messere. Siamo fidanzati.”
“Oh non più, figliolo.” Lo liquidò, per poi tornare a rivolgersi alla figlia: “Vai ad indossare il mantello, stiamo per partire.”
Lei e Ormanno si scambiarono un’occhiata interrogativa e velata di paura. Ormanno si fece avanti ancora una volta: “Che cosa significa? Abbiamo un accordo. Abbiamo stretto un’alleanza, non potete…”
Massimo sollevò una mano a mezz’aria per farlo tacere, nei suoi occhi una serietà assoluta: “Mi sono dovuto ricredere. La politica di vostro padre sta distruggendo la Repubblica di Firenze oltre che la città stessa. Cadrei in disgrazia se accostassi il buon nome della mia famiglia al vostro.” Quindi fece una smorfia di disgusto: “E non ho desiderio di lasciare mia figlia nelle mani di un ragazzo che non sa tenerle a posto.”
“Padre!” Lo riprese Isabella, sempre più imbarazzata, ma non ricevette altro che un ulteriore rimprovero: “Spero che non si sia spinto troppo oltre. Devi essere pura e immacolata per onorare il tuo sposo Jacopo Foscari.”
“Foscari? Quell’ubriacone rammollito di Venezia? Non parlerete sul serio! Isabella merita di meglio.” Strillò Ormanno, ormai perso in una furia cieca.
“Quel meglio di certo non siete voi, ve lo assicuro.” Concluse Massimo, per poi afferrare la figlia per il braccio e portarla via.
Ormanno fremeva di rabbia, fece per seguirli e, dal modo in cui stringeva i pugni, aveva tutta l’aria di voler colpire Contarini, per questo Tommaso si gettò su di lui per bloccarlo. Lo afferrò per entrambe le braccia: “Non fatelo, Ormanno. Peggiorereste solo le cose.”
“Io devo impedirgli di portarmela via…”
“No.” Lo guardò dritto negli occhi, cercando di trasmettergli la propria calma: “Non potete fare niente, ormai. Vi consiglio di sfruttare questi pochi minuti per dire addio alla vostra amata.”
Aveva ragione, ovviamente, ma come poteva sopportare anche solo il pensiero di dirle addio così all’improvviso? Un attimo prima viveva un sogno e l’attimo dopo si ritrovava bloccato in un incubo senza via d’uscita. Scostò lo sguardo quando le lacrime gli offuscarono la vista, dovette deglutire un nodo alla gola.
“Vi accompagno all’ingresso.” Propose Tommaso, quindi gli fece sentire l’affettuosa stretta sulla spalla e insieme si incamminarono. Nel tragitto incrociarono Rinaldo e Alessandra, sui loro volti era visibile un profondo turbamento per quella partenza improvvisa. Tommaso dovette lasciare che Ormanno procedesse con loro e rimase ad aspettarlo all’interno accanto ad una colonna.  
Fu un’attesa molto breve poiché Ormanno rientrò quasi subito. Il suo volto era esangue, gli occhi lucidi e spiritati. Aveva bisogno di aiuto, di una spalla su cui piangere. Tommaso lo seguì fino alle sue stanze private e, una volta entrati, buttò lì una proposta: “Vi verso una coppa di vino, almeno così riprenderete colorito e vi aiuterà a rinfrancare lo spirito.”
Vedendolo accomodarsi sulla poltrona accanto al tavolino, lo prese come un segnale di conferma, quindi andò subito a riempirgli una coppa di vino corposo e profumato e gliela porse. Ormanno ne bevve un lungo sorso tenendo lo sguardo fisso nel vuoto.
In piedi accanto a lui, Tommaso si schiarì la voce: “Mi dispiace molto. So che i vostri sentimenti per Isabella erano profondi e sinceri.” Sospirò: “Non è giusto che sia finita così.”
Niente, nessuna reazione. Se non fosse stato per il movimento del braccio col quale si portava la coppa alle labbra, Ormanno avrebbe potuto essere scambiato per una statua. Vuotò il calice che poi posò sul tavolino, facendolo sbattere rumorosamente.
“Vi verso altro vino?” Chiese prontamente Tommaso.
Ormanno non rispose, solo si alzò e andò nella camera da letto. Inizialmente indeciso sul da farsi, Tommaso rimase lì fermo alcuni istanti, ma poi prese la decisione di agire. Certo non poteva lasciarlo solo in quello stato. Entrò nella camera e si accorse che Ormanno stava piangendo silenziosamente, o meglio capì che piangeva dal movimento delle spalle e solo dopo un singhiozzo gliene diede conferma.
“Vi prego, ditemi cosa posso fare per aiutarvi.” La voce gli era uscita soffocata, deglutì: “Posso immaginare come vi sentiate. Se mi portassero via Stella credo che impazzirei e mi strapperei il cuore dal petto. Ma voi siete forte, siete un guerriero, non lasciatevi spezzare.” Si accorse che ora il movimento delle spalle era cambiato, era più veloce. Aggrottò le sopracciglia con sospetto e fece un passo avanti: “Mio Signore?”
Ormanno si voltò, aveva il viso arrossato per il pianto, gli occhi illuminati da una luce folle e dalla sua gola si stava levando una risata distorta.
“Una gran burla, ecco cos’era questo fidanzamento. Mio padre aveva progettato tutto, certo, ma non poteva aspettarsi di trovare un uomo più scaltro di lui. Peccato che…” La risata morì lentamente e al suo posto tornarono i singhiozzi accompagnati dalle lacrime: “…entrambi abbiano dimenticato che io e Isabella abbiamo dei sentimenti. Che per noi non si trattava solo di un affare politico, ma di amore.” Si portò una mano al viso e poi la lasciò ricadere a peso morto: “Non avrei mai creduto di potermi innamorare così.”
“Vi innamorerete ancora, Ormanno. Voi…” La frase di Tommaso venne interrotta dal grido disperato di Ormanno: “Vorrei essere nato con il cuore di pietra di mio padre!”
Capendo che ogni parola sarebbe stata inutile, Tommaso optò per un gesto gentile e lo accolse nel proprio abbraccio. Il suo discorso, in fondo, era sensato. Chi aveva la sfortuna di nascere nobile poteva sopravvivere solo se aveva un cuore di pietra. Purtroppo per Ormanno non era così.
“Sei… Sei l’unico al mondo ad amarmi.” Disse Ormanno tra i singhiozzi.
Tommaso sorrise, anche se lui non poteva vederlo: “Non è vero. I vostri genitori vi amavo, anche se vostro padre ha un modo tutto suo di dimostrarlo. E poi c’è Rossella. Lei farebbe qualunque cosa per voi, lo sapete bene. Potrebbe essere proprio lei il balsamo per curare le ferite del vostro cuore.”
Quelle parole parvero funzionare. Ormanno si calmò e in breve smise di piangere. Quando sollevò il viso, era così arrossato e umido che sembrava quello di un bambino. Alzò lo sguardo su quello di Tommaso e disse con un filo di voce: “No. L’unico che può curare le mie ferite sei tu.” E gli rubò le labbra con un bacio. Le cose, però, andarono diversamente rispetto a quella volta... Tommaso si ribellò e, quando riuscì a liberarsi dalla sua stretta possessiva, si passò la manica sulle labbra come per pulirle dal peccato. Lo guardò contrariato: “Non siete in voi.”
Ormanno ribatté con sicurezza: “Non sono mai stato più lucido. Finalmente ho capito, Tommaso. Fin dalla prima volta in cui ho posato lo sguardo su di te alla luce del giorno, ho provato qualcosa di travolgente e sconfinato.”
Tommaso fece una smorfia di disgusto: “Che state dicendo?”
Lui riprese a parlare, ma con più passione: “Siamo fatti l’uno per l’altro. Perché continuare a negarlo? Perché cercare la felicità altrove quando possiamo trovarla qui a portata di mano?” Fece per sfioragli il viso con una carezza, ma Tommaso gli cacciò la mano e si spostò: “Siete forse uscito di senno? Ciò a cui alludete è contro natura.”
Ormanno liquidò la faccenda con un gesto della mano: “Al Diavolo la moralità, d’ora in poi le regole le stabilirò io. Ma non capisci? Possiamo vivere il nostro amore senza destare sospetti. Io sono il tuo Signore e tu sei la mia guardia personale, è tuo dovere starmi accanto.”
Tommaso si sentiva come se stesse per vomitare: “Di quale amore parlate? Io non sono un sodomita e non lo sarò mai. E voi…” Fece un passo avanti e lo affrontò faccia a faccia: “E voi, mio Signore, avete davvero bisogno di dormire per recuperare il sonno arretrato. Spero che quando vi sveglierete sarete tornato in voi. Ma, nel caso non fosse così, vi ricordo che il reato di sodomia viene punito con il rogo.” Sottolineò appositamente quell’ultima parola, quindi fece un inchino e se ne andò anche senza aver ricevuto il permesso.
Più che camminare lasciò quelle stanze di corsa e si fermò solo dopo aver svoltato l’angolo. Sfiorò una parete con la mano e vi posò la fronte chiudendo gli occhi. Non poteva credere a quanto era accaduto. Si sentiva in parte colpevole, poiché era stato lui a dargli corda. Ma certo non credeva che Ormanno potesse arrivare a tanto. Il cuore gli batteva forte e sentiva un tremolio invaderlo in tutto il corpo. Era spaventato. Quando si sentì pronto, prese un respiro profondo e si scostò dalla parete. Con gesto quasi isterico si sciolse quel maledetto codino in stile orientale e riallacciò i capelli in modo grossolano, un po’ disordinato, lasciando fuori la sua fedele ciocca ribelle che andò ad incorniciargli un lato del viso. Con passo sicuro si diresse ad una porta precisa dove bussò tre colpi, tanto forti da procurargli dolore alle nocche. Giusto qualche istante e la porta si aprì.
“Tommaso! Cosa ci fai qui?”
Eccola la sua amata, la sua forza, la sua Stella. Indossava un abito carino ma piuttosto sobrio color indaco e aveva i capelli sciolti sulle spalle e decorati da due file di perle. Madonna Alessandra permetteva solo a lei di agghindarsi un po’, a dimostrazione di quanto tenesse a lei e non la considerasse una serva. Il motivo per cui tutte le altre ragazze del palazzo la odiavano.
“Ho bisogno di te un momento.” Le disse, trattenendo il fiato.
Lei sbirciò all’interno della stanza, quindi uscì e socchiuse la porta dietro di sé. Lo guardò con occhi tristi: “Madonna Alessandra è molto turbata per la partenza dei Contarini. E immagino che Ormanno sarà disperato per…” Prima che potesse terminare la frase, lui l’afferrò per il girovita con un braccio e unì le labbra alle sue in un bacio appassionato. Dapprima immobile per la sorpresa, poi lei si lasciò andare ed intrecciò le braccia attorno al suo collo. Amava quei suoi slanci di passione improvvisi, amava tutto di lui. Il modo in cui la guardava con quegli occhi scuri e penetranti, il modo in cui arricciava le labbra quando sorrideva, i suoi capelli perennemente spettinati, le sue mani forti…e quel suo modo di essere sempre elegante qualunque cosa indossasse.
Le labbra si separarono lentamente, ricercandosi ancora un paio di volte prima di staccarsi del tutto. Restando abbracciati, fronte contro fronte, aprirono gli occhi di appena uno spiraglio. I loro respiri amalgamati. Tommaso sussurrò: “Non permetterò mai a nessuno di portarti via da me.”
La frase più romantica che le avesse detto da quando si conoscevano.
  
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