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Autore: YukiWhite97    03/07/2017    1 recensioni
"Se la vita di Llweran era frenetica, quella di Legolas non era da meno".
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"E la sua vita era cambiata poco più di sedici anni prima, quando il suo piccolo Llweran era venuto al mondo, così all'improvviso, senza che nessuno se lo aspettasse".
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Aragorn/Legolas & molto altro.
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Se vi piacciono le mpreg, il fluff, gli intrighi familiari peggio di "Beautiful" e gli stereotipi da liceo americano, questa è la storia che fa al caso vostro!
[Primissima fanfiction in questo fandom, siate buoni se potete ^^]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aragorn, Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Mpreg, Triangolo
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Per aiutare l'immaginario collettivo [?] ecco alcune immagini di come dovrebbero essere i personaggi (all'incirca)

 Llweran
 Shauna
 Una
 Sabia
 Enya

 Eldarion
 Elladan&Elrohir

Detto ciò, buona lettura!
 

Quella era stata una giornata strana. Questo si ritrovava a pensare Aragorn, seduto a tavola assieme alla sua apparente perfetta famiglia. Sua moglie Arwen sembrò non badare al suo sguardo vacuo, mentre continuava a parlare di chissà cosa.

Ma Eldarion, lui se n’era accorto eccome. Da quando lui ed il padre avevano avuto quell’accesa discussione parecchie sere prime, e dopo l’incidente, non avevano più avuto modo di ritornare sull’argomento. Forse nessuno dei due voleva tornarci in realtà, ma fingere che nulla fosse mai successo sarebbe stato impossibile.

Il ragazzo era consapevole del vero legame che lo univa a Llweran: lui era suo fratello!

Ma per il bene di tutti aveva deciso di tacere. E suo padre invece? Che intenzioni aveva?

Perché dai suoi atteggiamenti sembrava in procinto di crollare, sembrava costantemente in bilico tra luce e oscurità.

D’altronde, Aragorn si sentiva davvero così. Era già difficile provare a mettersi il cuore in pace, ma doverlo fare con la consapevolezza che un altro uomo avrebbe potuto rendere felice Legolas, era impossibile.

L’immagine di lui e Faramir che parlavano con tono affabile chiusero momentaneamente il suo stomaco.

Si alzò, lasciando stridere la sedia contro il pavimento.

“Scusate, mi è passato l’appetito, credo di non stare bene”

“Ma certo tesoro, non preoccuparti” - Arwen gli sorrise, e lui provò a ricambiare.

Eldarion lo osservò ancora, e poi decise di andargli dietro: non poteva continuare a stare in silenzio.

L’uomo andò a rifugiarsi nel suo studio. Non sapeva quanto avrebbe retto.

Per sedici anni aveva finto, aveva indossato una maschera che lo aveva salvato.

Ora però quella stessa maschera era caduta, e i suoi sentimenti erano ben esposti alla luce del sole. Per quanto ancora avrebbe potuto fingere di amare Arwen?

Lei era così buona, e lui si stava comportando così male nei suoi confronti.

Non era giusto, ma d’altronde non era neanche giusto complicare ancora la vita di Legolas.

L’ultima volta che ci avevano provato, avevano quasi rischiato di perdere tutto.

Eldarion batté un pugnò sulla porta aperta, attirando l’attenzione del padre.

“Eld, tutto bene?” - domandò Aragorn.

Dopo l’incidente, egli aveva imparato ad essere molto più premuroso e attento verso i bisogni del figlio.

“Questo dovrei chiedertelo io. Cosa c’è che non va?”

“Ah, non è niente – lo rassicurò – sono solo un po’ stanco”

“Papà – il suo tono e il suo sguardo adesso erano seri – c’è qualcosa, lo sappiamo entrambi. Dopo l’incidente non sei più lo stesso...”

L’uomo abbassò lo sguardo. Era tutto così evidente, così trasparente, che chiunque avrebbe saputo leggere i suoi mali e le sue emozioni.

Anche suo figlio.

“E’ per lui, vero? Tu lo ami ancora, per questo stai male”

“Io e Legolas abbiamo deciso di comune d’accordo che sarebbe stato meglio allontanarci – mentì – è giusto così, io ho la mia famiglia, lui la sua”

“No che non è giusto! - esclamò – io fin ora mi sono sforzato, ma non è facile vivere con un peso così grande. Llweran è mio fratello, ed io non posso trattarlo come tale. E inoltre lui non sa niente, ho paura che chi ne soffrirà di più sarà solo lui. Perché non possiamo stare tutti insieme come una famiglia?”

“Eld, non è così facile come sembra – sospirò – noi abbiamo provato a stare insieme per ben due volte, e non ha funzionato”

“Forse non avete provato abbastanza, o forse tu non hai il coraggio di andare fino in fondo. Prima o poi dovrai decidere se andare avanti o se tornare indietro sui suoi passi”

Aveva ragione lui. Continuare a tormentarsi non sarebbe stato utile per nessuno, anzi.

“Incredibile che un adolescente sia anche più saggio di me – Aragorn accennò un sorriso – hai ragione, dovrò prendere una decisione”

La discussione morì lì. Eldarion sperò che il padre prendesse la decisione non giusta, ma quella che lo avrebbe reso felice.

Voleva bene sua madre, non voleva vederla soffrire, e la sua famiglia così per com’era gli piaceva. Ma non era la realtà.

Per sedici anni lui e suo fratello avevano vissuto senza sapere dell’effettiva importanza dell’altro. Le cose non potevano rimanere così per sempre.

 

Il mattino seguente…

 

Legolas dormiva beato. Finalmente stava riuscendo a fare riposare come si deve, senza incubi e risvegli continui.

In realtà si svegliò di soprassalto, a causa dello squillare del cellulare.

Immediatamente rispose, senza badare al mittente della chiamata, con voce impastata.

“Pronto?”

“Buongiorno, principino – la voce era chiaramente quella di Faramir – sveglia, è una giornata troppo bella per starsene a letto?”

“Faramir? - domandò sorpreso, guardando poi l’orario dallo schermo – ma sono le sette del mattino, cosa succede?”

“Lo scoprirai tra poco. Apri la finestra”

No, non può essere.

Si alzò, ed immediatamente aprì la finestra, lasciandosi illuminare dalla luce del sole. Di fronte casa sua c’era proprio Faramir, ed il fatto che lui fosse lì lo sconvolse ma lo emozionò al contempo.

“Oh mio Dio – gli venne da ridere, parlando ancora al telefono – quanto ti ho detto dove abitavo non pensavo di dovermi aspettare ciò”

“Allora, perché non scendi? - domandò l'altro chinando lo sguardo – ho un caffè qui per te”

“Io ti ringrazio però… devo andare a lavoro”

“Ah no, oggi niente lavoro. Ti dai malato, perché voglio portarti a fare un giro, e sappi che non accetterò un no come risposta, signor Greenleaf”

Come avrebbe potuto rifiutarsi? Nessuno aveva mai fatto una cosa tanto sciocca e tenera per lui.

E poi cosa ci sarebbe stato di male nel prendersi un giorno libero?

“Va bene – disse sorridendo – dammi cinque minuti e arrivo”

“Bene, molto bene” - concluse l’altro sorridendo.

Darsi malato non fu affatto difficile, anche perché era la prima volta che si assentava da lavoro. La città il mattino aveva tutt’altra atmosfera, l’aria era fresca ed era anche possibile udire gli uccellini cantare.

Malgrado l’aria fredda, i due si incamminarono per un sentiero che si addentrava per un parco dai prati verdi.

Stare lì, con un caffè caldo in mano a conversare piacevolmente era davvero rilassante. Legolas dovette rendersi conto che quando parlava con Faramir non pensava effettivamente a nulla.

“Sappi che per colpa tua mi sono dimenticato di svegliare mio figlio. Quindi se tarderà a scuola sarà colpa tua”

“Ah, ma davvero? - l’altro sorrise – mi piacerebbe conoscere tuo figlio. Come si chiama?”

“Llweran. Ha sedici anni ed è l’amore della mia vita. Ah, ed è anche uguale a me”

“Oh, allora deve essere altrettanto adorabile e affascinante”

Il biondo mandò giù un lungo sorso di caffè, sentendo le guance divenire bollenti: la sua capacità di fare complimenti a freddo era incredibile.

“Allora devo presupporre che tuo marito o il tuo compagno potrebbe staccarmi la testa nel vedermi con te?” - scherzò.

“Io non sono sposato – rispose subito – e non ho un compagno. Con il padre di Llweran ecco… diciamo solo che non ha funzionato”

“Oh, mi dispiace. Immagino non deve essere stato facile”

“A volte no. Ma avevo la mia famiglia ed i miei amici. Insieme ce la siamo sempre cavati, anche se… lo ammetto, a volte mi manca la presenza di un compagno..”

“Immagino di sì, ma lascia che ti dica una cosa. Per quello che conosco di te, posso affermare che non hai bisogno di un uomo per sentirsi completo”

Un altro complimento che lo fece maledettamente arrossire. Faramir era semplice nei suoi modi di fare, ma era in grado di far scaldare il suo cuore.

“E tu invece?”

“Oh, io ho avuto parecchie ragazze in passato, prima di capire che… mi attraeva altro – lo guardò – ma non sono mai stato sposato. Diciamo solo che aspetto la persona giusta”

Legolas guardò il suo bicchiere ormai vuoto.

“Allora buona fortuna. Per quanto mi riguarda, mi sa che non sono fatto per l’amore”

“Chiunque è fatto per l’amore. E lascia che ti dica una cosa, se il padre di tuo figlio ti ha perso così, vuol dire che era un vero idiota”

Al biondo venne da ridere.

“Davvero?”

“Assolutamente sì. Se io avessi accanto una persona come te, col cavolo che me la farei scappare Ti tratterei come meriti, ti farei sentire speciale – i lor sguardi si scontrarono – insomma… ti terrei con me...”

L’altro sospirò, sorridendo imbarazzato.

“E’ bello sentirtelo dire...”

“Già – si schiarì la voce – ascolta, so che i miei modi di fare sono un po’ trasparenti”

“Un po’...” - rise il biondo.

“Però sappi che io non voglio causarti problemi, né farti del male o metterti fretta. Mi piaci, ma voglio che tutto nasca da sé… se è destino che accada. Quindi, per adesso sappi che se mai avessi bisogno di una spalla su cui piangere, un consiglio, qualsiasi cosa. Io ci sono. E ci sarò finché mi vorrai con te”

Legolas rabbrividì a quelle parole. O forse era per il vento. Sta di fatto che quelle parole lo scaldarono ulteriormente.

Gli occhi di Faramir erano chiari, limpidi e sinceri. E la sincerità era proprio ciò di cui aveva bisogno.

“Ti ringrazio” - sussurrò flebilmente.

 

“MALEDIZIONE, MALEDIZIONE, MALEDIZIONE!”

Llweran, come sempre, si stava ritrovando a correre per arrivare a scuola ad un orario decente. Ma stavolta la colpa non era sua. Di solito era suo padre a svegliarlo, peccato che quella mattina Legolas avesse deciso di uscire prima senza lasciar traccia.

“Questa me la dovrà proprio spiegare!” - esclamò mentre attraversava il cortile della scuola, con il rischio di strozzarsi con una brioche che stava mangiando.

Arrivò ansimante in corridoio, dove scorse Eldario, Tauriel e le sue tre amiche del cuore parlare tra di loro.

“Eccomi, sono qui!” - esclamò.

“Llweran, ma che hai combinato?” - domandò Shauna.

“Questa volta non è colpa mia! Sto per morire – ansimò – sto per morire!”

Eldarion lo guardò, anzi, in realtà era da un po’ che lo fissava senza rendersene conto. La sua conversazione con Aragorn lo aveva fatto pensare molto. Non voleva assolutamente che Llweran soffrisse, ma non poteva neanche spiattellargli la verità in faccia come se nulla fosse.

Allora forse avrebbe potuto fargli capire… in qualche modo.

“Eld, stai bene?” - a parlare era stata Sabia.

“Umh sì, sto bene – rispose frettoloso – scusami”.

Dopodiché si rivolse verso Llweran, mentre la ragazza lo osservava sospirante. Oramai era chiaro come il sole che non avrebbe avuto alcuna speranza con lui, soprattutto data la sua indole timida e riservata.

E Tauriel parve accorgersene, era in grado di fiutare certe cose anche a chilometri di distanza.

“Oh, cara piccola Sabia… so cosa provi...” - disse con fare teatrale.

“Eh? Di che parli? E poi se mia sorella ti vede parlare con me si arrabbierà”

“Parlo di Eldarion. Ti piace”

“Io, ecco… si vede?” - domandò imbarazzata.

“Assolutamente sì. Se vuoi una cosa devi prendertela – le portò un braccio intorno alle spalle – ora, non per vantarmi, ma sono molto esperta con queste cose. Magari potrei consigliarti...”

Sabia si sentì intimidita da quel suo modo di fare, ma forse qualche suo consiglio avrebbe potuto tornarle utile.

Mentre le due confabulavano, Eldarion si rivolse a Llweran.

“Ciao” - sussurrò.

“Hei – il biondo ricambiò il saluto – come stai Eld? Mi sembri così serio”

“Oh no, sto bene, mi stavo chiedendo se...”

Il suo tentativo di creare un approccio fu interrotto dalla campanella.

Accidenti. Beh, poco male, ne parleremo dopo.

Dopo diverse ore di lezione, arrivò finalmente l’intervallo.

L’intera comitiva andò in cortile per godere del sole che finalmente si era deciso a spuntare. Llweran era seduto su un muretto, tra Shauna ed Eldarion.

Quest’ultimo stava trovando un modo per approcciarsi al discorso “fratelli” senza però apparire troppo strano.

“Umh, Llweran – esordì incerto – ti sarebbe piaciuto avere un fratello?”

“Mh? Perché questa domanda?”

“Beh, è per sapere. Io sono figlio unico, e vorrei sapere tu che ne pensi”

“Mmh, forse non mi dispiacerebbe. Un fratello è sempre una compagnia”

“Oh sì, lo credo anche io – decise di entrare un po’ più nel dettaglio – e cosa faresti se magari incontrassi una persona e questa persona ti dicesse che… siete fratelli?”

Llweran inarcò un sopracciglio.

“Ma cosa vai blaterando? Una cosa del genere è impossibile”

“Oh certo, una cosa del genere è proprio impossibile” - sospirò l’altro esasperato.

Shauna però aveva ben udito la loro conversazione, e la cosa appariva piuttosto strana. Eldarion stesso era strano, e ciò le faceva intuire che vi fosse qualcosa che non andava, qualcosa in cui centrava anche Llweran.

E poiché quest’ultimo era oramai il suo ragazzo, doveva assolutamente sapere.

 

“Parla! Voglio sapere!”

“Shauna, cosa vuoi? Avanti, io non potrei neanche stare qui!”

“Eld, voglio che tu parli!”

Shauna aveva deciso di passare direttamente le maniere forti. Aveva trascinato Eldarion nel bagno delle donne,e dopo di ciò aveva iniziato ad interrogarlo.

“Non c’è niente che non vada! - esclamò il corvino – va tutto bene!”

“Se va tutto bene allora perché hai fatto tutte quelle strane domande a Llweran? Inoltre anche tu sei strano. Non voglio immischiarmi nei tuoi affari, ma se in questo qualcosa c’entra anche lui, voglio saperlo!”

Eldarion deglutì. Gli occhi azzurri di Shauna sembravano osservarlo fin dentro l’anima. Mentirle sarebbe stato impossibile.

Le sue labbra tremarono appena..

“Llweran è mio fratello...”

Il respiro della ragazza si bloccò un attimo.

“Che cosa…? Ma che stai dicendo…?”

“E’ così – sospirò suo padre e mio padre stavano insieme una volta. E da lì beh, è nato lui. Non sapevo di questa cosa fino a poco tempo prima”

“Oh mio Dio – Shauna si portò una mano sulla testa – questo è incredibile. Tu e Llweran siete fratelli. Sembra quasi la trama di un film!”

“Ti prego Shauna, non devi assolutamente dirgli nulla, ti prego! Se venisse a saperlo così temo che ne soffrirebbe troppo!”

“Ma come posso nascondergli una cosa del genere? Come possiamo? Eld, lui deve sapere!”

“Lo so, lo so, ed è mia intenzione dirglielo, solo con calma, ok? Ci stavamo per perdere una volta, non voglio che accada di nuovo!”

Shauna sospirò.

“Lui è proprio fortunato ad avere un amico come te. Ed io sono proprio stupida, avrei preferito non sapere, ma oramai. E va bene, tenterò di tenere la bocca chiusa”

“Ti ringrazio”

“Non ringraziarmi. Adesso sarà meglio andare all’allenamento, posso già sentire Enya che ci urla dietro...”

 

Poco più tardi…

 

Per quando Legolas si fosse ripromesso di passare solo qualche ora in compagnia di Faramir, alla fine era finito per passarci insieme anche tutto il pomeriggio. Avevano passeggiato a lungo, avevano mangiato fuori ed avevano anche scattato un mucchio di foto. Era stata una giornata piacevole come non gliene capitavano da molto, ed inoltre Faramir si dimostrò essere molto gentile, premuroso e simpatico.

L’altro lo aveva accompagnato fino a casa, solo per poter godere ancora della sua compagnia.

“E’ stata una bellissima giornata, dobbiamo rifarlo!” - affermò.

“Sì, ma magari aspettiamo che io abbia il giorno libero!” - rise l’altro.

“D’accordo. E la prossima volta porta anche tuo figlio, secondo me andremo molto d’accordo”

“Sì, potrebbe essere – sorrise dispettoso, divenendo poi serio – grazie, Faramir”

“Grazie a te. Mandami pure un sms quando vuoi”

“Oh, ma certo”

Faramir si avvicinò, e gli posò un baciò sulla guancia, anzi, più correttamente sull’angolo della bocca.

Llegolas sorrise radioso, e prima che rossore prendesse il possesso del suo viso, aprì la porta e si infilò in casa.

Tuttavia c’era qualcosa che nessuno dei due avrebbe potuto immaginare. Accostato dall’altro lato della strada, Aragorn stava osservando tutto dalla sua auto. Il fatto che Legolas lo avesse chiamato per darsi malato non lo aveva convinto, ed allora aveva preso a seguirlo.

Era stata una cosa maledettamente stupida e immatura, alla sua età poi!

Ma i suoi dubbi almeno erano stati confermati. Legolas si vedeva con quel meccanico da strapazzo, e ciò non gli andava bene.

Strinse le mani sul volante. Lui era suo, gli apparteneva. Non poteva permettere che qualcuno lo portasse via.

Legolas sospirò, una volta entrato in casa.

Certe sensazioni risalivano alla sua adolescenza. Sentiva il cuore battere a mille, che quello fosse un segno? Magari era possibile ricominciare dopo tutto.

Udì dei passi provenire dalle scale. Llweran gli si presentò davanti con le mani sui fianchi.

“Ma dove sei stato?! Ti sembra questo l’orario per tornare?”

Il più grande strabuzzò gli occhi, avendo per un attimo la sensazione che i ruoli si fossero invertiti.

“Mi spiace Llweran, è che sono dovuto uscire di corsa e mi sono dimenticato di avvisarti...”

“E di svegliarmi! Ma dove sei stato?! E non dirmi “a lavoro”, perché non ti credo!”

“Sono solo uscito con un mio amico, tutto qua...” - disse passandogli davanti.

“Un tuo amico? Chi è? Come si chiama? Che lavoro fa?”

“Si chiama Faramir e fa il meccanico. E’ un tipo carino, ma perché tutte queste domande?”

“Beh, voglio saperlo, se diventerà il mio futuro padre...”

Legolas lo guardò, sentendosi pietrificare.

“Llweran, ma cosa dici…?”

“Beh, che ci sarebbe di strano? Io non ti ho mai visto con nessuno da quando sono nato” - disse alzando le braccia al cielo.

Il padre lo guardò negli occhi.

“A te farebbe piacere se avessi una persona importante nella mia vita?”

“Beh, sarebbe strano. Però sì, penso sarebbe forte. Però mi raccomando, scegli bene”

Legolas sorrise, scompigliandogli teneramente i capelli.

“Sei un ometto”

“Oh, grazie – borbottò arrossendo – e la prossima volta che esci, almeno lasciami un biglietto!”

“Sissignore!” - esclamò ridendo.

 

Il giorno dopo…

 

Aragorn tamburellò nervosamente le dita sulla scrivania. Non aveva dormito affatto bene la notte scorsa, non dopo ciò che aveva visto.

Forse non avrebbe fatto bene a nessuno dei due, ma doveva assolutamente parlare con lui.

Legolas non si sentì stranito quando Aragorn lo convocò nel suo ufficio.

Probabilmente doveva trattarsi di qualcosa che riguardava il lavoro, per questo si presentò in tranquillità.

“Mi ha fatto chiamare?” - domandò.

“Legolas – Aragorn lo guardò – vieni pure avanti”

Il biondo si sedette.

“Beh? Come stai? Visto che ieri ti sei dato malato...”

“Oh, ah sì. Sto bene, ho solo un po’ di raffreddore, ma sto bene” - disse nervosamente.

“Capisco – Aragorn assottigliò lo sguardo, iniziando poi a girargli intorno – suppongo tu abbia trovato qualcuno in grado di farti stare meglio...”

“Cosa… di che parli?” - sussurrò sentendosi raggelare il sangue nelle vene.

Aragorn afferrò la sedia girevole e lo costrinse a guardarlo.

“Ti ho visto con Faramir” - proclamò tranquillamente.

Nel vedere il suo sguardo infuocato, Legolas rabbrividì. Era forse gelosia quella che poteva leggere?

“Tu… mi hai seguito per caso?” - domandò indignato.

“Esattamente. E sappi che questa è stata una grave offesa per il mio orgoglio. Ebbene? Ti vedi con lui? State insieme?”

“A te cosa importa? Non ti è mai interessato, non vedo perché dovrebbe interessarti adesso!”

Il biondo fece per alzarsi, ma l’altro lo afferrò prontamente per un braccio, attirandolo a sé.

“Che ti piaccia o no tu mi apparterrai sempre – disse accarezzandogli le labbra – hai il mio segno addosso. Ed in qualche modo, io e tu ci ritroveremo sempre”

Legolas avrebbe voluto scappare. Perché lì, in quella morsa, troppe emozioni e sensazioni venivano allo scoperto.

Ma Aragorn parve infischiarsene, e lo baciò, dimostrandogli per l’ennesima volta a chi lui apparteneva per davvero.

   
 
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