Videogiochi > Overwatch
Segui la storia  |       
Autore: imdreaming_saffo    04/07/2017    1 recensioni
Quando Overwatch si riunisce, dopo la chiamata di Wiston, Lena 'Tracer' Oxton sa che vuole tornare a combattere per il bene e la giustizia. Non sa che le attenderà un futuro che metterà a dura prova la fede in tutto ciò che credeva. Il passato riaffiora insieme ad un nuovo avvenire, con un'inaspettata conoscenza...
[ Widowtracer ]
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Amélie 'Widowmaker' Lacroix, Lena 'Tracer' Oxton, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Widowmaker.


Dovevo ammettere che essere tornata in una delle sedi Talon mi dava un forte senso di sicurezza. Stranamente, dopo che avevo consegnato Tracer a loro, non avevo avuto alcuna ripercussione sulla mia scelta di non uccididere nessuno della squadra mandata per catturarmi e eliminarli. Un peso in meno, sopratutto perché erano passati anni da quando avevo disobbedito al loro ordini e il risultato non era stato dei migliori; di certo non volevo testate un'altra volta i loro metodi di 'educazione'.
Così me ne stavo tranquilla nella stanza che mi avevano assegnato nella sede dello Yorkshire, decisamente molto più grande di quella di Londra. Sapevo che al suo interno, data l'enorme struttura, quella sede era designata per la ricerca in campo militare e scientifico della Talon. Per quanto fossero un'organizzazione terroristica sapevano decisamente il fatto loro. 

Stavo lucidando il fucile, seduta sul letto, quando la porta si aprì senza che nessuno l'avesse spinta, ovviamente apparentemente. La fissai per un secondo, senza cambiare minimamente espressione, per poi tornare a pulire il mio amato fucile. 
Accanto a me, sul letto, apparve Sombra quando finalmente decise di lasciar perdere con l'invisibilità. Sapeva perfettamente che spaventarmi era qualcosa un po' difficile.

« Bentornata araña. » disse, mentre la sentivo sdraiarsi sul letto. Dovevo aspettarmelo che prima o poi sarebbe passata per la mia stanza. 
Potevo sbarrare la porta per impedirle di entrare, ora che ci pensavo. 
Ovviamente non le risposi, continuando a sistemare il fucile. Avevo iniziato a smontarlo per dare una sistemata al mirino. 

Sombra ovviamente sbuffò, detestava essere ignorata a quel modo. « Deve essere stato difficile consegnare alla Talon la tua ragazza, mh? » continuò, come se le avessi risposto e stessimo intrattenendo una normale conversazione.

« Non so di cosa tu stia parlando, ho solo eseguito degli ordini. » continuai, serva spostare lo sguardo su di lei. 

La potei quasi sentir sogghignare alle parole che seguirono poco dopo. « Sono passata per la sua cella quando le stavano sistemando l'accelleratore temporale per renderla innocua. Aveva... dei segni viola e graff.. »

« Sombra, sta zitta. » la interruppi immediatamente, stringendo con forza la presa sulla canula del fucile. Sperai vivamente che la Talon non pensasse che quei segni fossero opera mia ma bensì di qualcun altro, Sombra però sembrava essere arrivata alla giusta conclusione; conoscendola però non avrebbe fatto parola al riguardo, sopratutto perché le conveniva.

La messicana ridacchiò, spostando le dita per far apparire delle olo-finestre di ricerca. Su una di esse c'era una figura femminile dai capelli rossi. Ci picchiettò sopra. « Mi dispiace deluderti ma lei è Emily, la ragazza della tua fish-and-chips. »

Senza cambiare espressione osservai il volto lentigginoso della ragazza e quella vista m'innervosì molto più della presenza di Sombra nella mia stanza. Quindi quella donna era la compagna di Lena, che probabilmente l'aveva toccata allo stesso modo che avevo fatto io la sera prima, marchiata allo stesso modo.
Strinsi ancora di più la presa sulla canula, senza riuscire a spostare lo sguardo da quell'immagine.

Accanto a me, Sombra scoppiò a ridere « Araña devi vedere la tua faccia! » con un movimento delle dita fece sparire l'immagine e questo mi costrinse a guardarla, cosa che avevo voluto fino a quel momento; tutto pur di ottenere la mia attenzione.

Cercai in tutti i modi di non sbroccare, volevo Sombra fuori dalla mia stanza e volevo starmene da sola. « Sei venuta qui solo per una risata? Potevi guardarti un po' di televisione. »

Sombra sollevò le sopracciglia tagliate, con quel suo sorrisetto che mi portava sempre di più a volerle sparare in viso. 
« No, volevo la conferma di alcune cose, e me le sono prese. Se ti interessa domani inizieranno a giocare un po' con quella lì, per poi farle quello che hanno fatto a te. » disse Sombra, facendo leva sulle mani per sollevarsi dal letto. 

Serrai la mascella, cercando in tutti i modi di soffocare quella domanda che era sulla punta della mia lingua. Ma ovviamente fu un totale fallimento.
« Era cosciente quando l'hai vista? » le chiesi, atona come mio solito, nonostante fossi realmente interessata a scoprirlo.

La donna sollevò le spalle e le mani, come se non lo sapesse, sospirando mentre si avvicinava alla porta. « Perché non vai tu stessa a controllare? Scommetto che sarà felice di vederti! Che carine che siete, voi due piccioncine! »

-

Chiusi la porta alle mie spalle, quando mi accertai che fosse un orario in cui tutti, o almeno chi non aveva i turni, stessero dormendo. L'orologio segnava le due di notte.
Mi addentrai per i corridoi, diretta al posto in cui c'erano le celle riservati ai prigionieri della Talon. Più che una prigione, sembravano tante vetrine, come se le persone rinchiuse li fossero dei pesci in un acquario. Alcune erano libere di girare la loro cella, altre invece costrette con catene all'immobilità e imbavagliati. Con mia fortuna incontrai solo un agente di guardia in quella zona, dato che comunque c'erano i turni notturni. 
Al mio passaggio, il ragazzo della Talon mi osservò annoiato, dondolandosi sui i talloni. 
Io lo fulminai con lo sguardo, allungando la mano col palmo sollevato.

« Dammi il pass per la cella dell'agente di Overwatch. Voglio scambiarci due chiacchiere. » gli ordinai, con voce così ferma da impedirgli di replicare. « E vatti a fare un giretto. »

Fortunatamente il ragazzo non fece alcuna domanda e mi passò subito il pass per la cella. Era quella di isolamento, a quanto pareva. Doveva essere uno dei nuovi agenti costretto alla gavetta, dato che non si interessò molto e non solo, si allontanò anche. 
Mi rigirai la piccola scheda fra le dita, proseguendo per quel corridoio. Quando arrivai alla porta vi entrai, facendo passare la carta nel dispositivo. Il buio e l'oscurità prevalevano in quel posto, impedendomi persino di vedere la ragazza, così appena trovai l'interruttore un'accecante luce illuminò quella prigione.
La stanza era completamente bianca, divisa in due da un vetro spesso e doppio, molto simile alla stanza usata dalla polizia per gli interrogatori. Lena se ne stava in un angolino di essa, oltre il vetro, era raggomitolata e si stringeva le gambe al petto, il volto chinato.
Non si mosse nemmeno di un millimetro.
Chiusi la porta alle mie spalle, avvicinandomi silenziosa come mio solito al vetro. 

« Lena. » dissi semplicemente, per richiamare la sua attenzione.

L'inglese si smosse dopo qualche istante, sollevando lo sguardo, non aveva i suoi soliti occhialetti arancioni e ora che notavo, non aveva nemmeno il crono acceleratore che giaceva nel lato della stanza dove mi trovavo io. 
Gli occhi da cerbiatto della ragazza sembravano spenti, privi di vita. Restò lì a guardarmi, senza dirmi una parola.

Scossi il capo e sospirai, andando ad aprire la porta in vetro, passandovi di nuovo il pass. Lentamente entrai nella sua parte di stanza e, ad ogni movimento, sentivo che mi seguiva con lo sguardo. 
Nell'esatto momento in cui mi chiusi la porta di vetro alle spalle, Lena mi fu addosso.
Non si era mossa velocemente come suo solito, in lampi blu, ma mi aveva spinta con forza contro il vetro, tirandomi un pugno dritto sulla mascella. Fui così sorpresa da quella reazione che rimasi schiacciata con la schiena contro il vetro, mentre lei teneva il pugno sollevato, pronta a colpirmi di nuovo.
I suoi occhi erano pieni di rabbia.

« Traditrice. » sibilò, tornandomi a colpire violentemente, prima fin faccia e poi dritto nello stomaco. « Traditrice! »

Strinsi i denti, cercando di incassare i colpi senza emettere un fiato. Ci misi alcuni attimi per riprendermi e reagire a quei colpi. Le afferrai un polso, che storsi per costringerla a fare un passo avanti. Lo tirai con forza, tendendole il braccio e torcendolo ed in pochi attimi l'avevo bloccata contro la parete bianca, tenendola ferma, con la mano serrata sul suo polso che avevo premuto dietro la schiena. Le avevo anche afferrato con forza i capelli, spingendole la testa contro il muro.
Sotto la mia presa la sentivo ribellarsi e dimenarsi, fremere per la rabbia.

« Vuoi stare buona? » le chiesi, stringendo appena di più la presa sulle sue ciocche.

« Stare buona!? Mi hai rinchiuso qui! » ringhiò ancora, provando a fare leva sul suo altro braccio per potersi liberare, senza molto successo. Senza l'accelleratore temporale non poteva fare molto. 

Scossi il capo, aderendo il mio corpo al suo, mentre avvicinavo la bocca al suo orecchio. Le tirai appena il lobo con i denti, con la conseguenza che si irrigidì e la sentii perfettamente.
« Oh, andiamo cherì, ho seguito solo un ordine.  » le sussurrai, modulando la voce, redendola meno incolore e più affabile. Volevo farle capire che non c'era nulla di personale in quello che avevo fatto ma che stavo semplicemente svolgendo il mio lavoro. 
In quel momento volevo solo potermi lasciare andare con lei come quella notte, toccarla e averla di nuovo. 

Mi accorsi che non si stava più dibattendo, così con un sospiro le lasciai andare il polso, iniziando a passare le mani sulle sue cosce fini a fermarmi ai suoi fianchi. Mi sentii come sollevata, da quando non l'avevo più vista - dopo averla portata alla Talon - avevo solo voluto sentire il suo calore contro la mia pelle gelida.
Ovviamente non mi aspettavo la gomitata nello stomaco, che arrivò forte e decisa. Fui costretta a piegarmi in due, mentre indietreggiavo.

« Non toccarmi più. » affermò l'inglese, voltandosi con il corpo per guardarmi in viso. 
I suoi grandi occhi castani non erano più comprensivi e dolci ma furiosi e colmi di ribrezzo.

Era un rifiuto quello che stavo ricevendo? Osava davvero rifiutarmi?

« Andiamo, cherì, non sembrava ti dispiacesse il mio tocco... » iniziai, sollevando il sopracciglio, al solo scopo di provocarla un po'. 

Con mia sorpresa Lena non si scompose nemmeno per un istante, non spostando gli occhi dai miei nemmeno per l'imbarazzo che invece l'aveva colpita l'ultima volta. « È stato un errore, Widowmaker. Uno sbaglio che non accadrà più. »

Rimasi ferma, immobile, mentre una sensazione forte s'impossessò di me. Frustrazione? Rabbia? 
Non mi aveva nemmeno chiamato per nome. 
Mi avvicinai a lei con passò deciso, afferrandola per la giacca prima di scaraventarla contro il muro con decisione. 
Lei non poteva rifiutarmi, no. 
La colpii in pieno volto, un pugno ben assestato mentre continuavo a tenerla ben stretta con l'altra mano.
Sentivo la sua presa sul polso, forte, nel tentativo di farmi mollare la presa. 

« Lasciami! » esclamò ancora, urlando, questa volta per il dolore. « Non mi toccare! »

Strinsi sia il pugno che i denti sempre più forte, mentre tiravo il braccio indietro per colpirla ancora e ancora. Ero furibonda come non lo ero da tanto tempo. 
Mi fermai solo quando sentì il suo sangue sulla punta delle dita. Con violenza, senza il minimo di delicatezza le presi il volto per le guance, costringendola a guardarmi in viso. 
E ancora nei suoi occhi vidi rabbia e... quello che probabilmente era ribrezzo. 
Un sorriso gelido mi spuntò sulle labbra.

« Hai qualcosa da dire ora, cherí? Devo ancora non toccarti più? » le domandai in un mormorio, stringendo di più la presa su di lei. 

Lena strattonò appena il collo, per provare a liberarsi senza però successo. Si limitò a guardarmi, la mascella irrigidita. 
Quell'assenza di una risposta mi strappò un altro ghigno. 
Chinai il capo su di lei per premere le labbra sulle sue, nel tentativo di baciarla. Le sentii morbide solo per un attimo, dato che lei iniziò immediatamente a cercare di spingermi via. 
Ancora tentava di rifiutarmi?
Con violenza affondai i denti nel suo labbro inferiore, mentre la guardavo con occhi spalancati. Un gemito di dolore riempì la stanza esattamente come il gusto del sangue inondò la mia bocca. 
Mi allontanai da lei, abbandonando le sue labbra.

« Tu... » mormorò Lena, rifilandomi lo stesso sguardo pieno di rabbia. Un rivolo di sangue le scorreva lungo il mento, provocato dal mio morso che le aveva spaccato il labbro. 

« Io, cherì? » le sussurrai, mentre mi allungavo a raccogliere quel rivolo con la punta della lingua, assaporando quel gusto metallico e salato. 

Percepii distintamente la ragazza inglese rabbrividire al mio gesto, ma non seppi se di piacere o di disgusto. 

Ingoiò, senza distogliere lo sguardo dai miei occhi, quasi fossero incollati. « Tu sei pazza. »

A quelle parole la lasciai andare di scatto, spingendola contro il muro. Avrei voluto colpirla di nuovo, forte. Perché mi stava trattando così male, quella notte? Ero andata a trovarla per vedere come stava e lei mi aveva anche rifiutato. 

« Hai ragione, sono pazza. » affermai, con voce così tagliente che probabilmente avrei spaccato il vetro della cella.
Feci dietro front diretta in camera mia. Chiusi la sua cella di isolamento, ridando la chiave alla guardia di turno. Per tutto il tragitto camminai a passo svelto, quasi la tentazione ci correre e fuggire fosse troppa. Mi sentivo agitata, tremendamente agitata; ogni parte di me fremeva di frustrazione, rabbia e... cosa? Una sensazione amara che mi intrappolava il fiato nel petto. Aveva ragione Lena, ero completamente pazza. Ero impazzita.
Persino una volta tornata nella mia stanza non riuscii a stare ferma, camminando avanti e indietro come una forsennata. 
Mi sentivo umiliata da quel rifiuto che mi aveva riservato, come se il torto fosse stato così grande da toccarmi. Che avevo pensato? Che una come lei potesse desiderarmi o volermi? Una notte di sesso non significa viene. Non importava il modo in cui l'avessi toccata e marchiata. Era stato un errore, l'aveva detto anche Lena.

Un pugno si scaraventò contro la parete della stanza, accanto al letto. Nell'impatto percepii le nocche scrocchiare, mentre il dolore per aver colpito una superficie dura mi si propagò per tutta la mano e lungo le ossa.
Perché non mi aveva voluto, stanotte? Doveva volermi, ricordavo perfettamente i suoi gemiti e i suoi ansiti mentre la prendevo e la facevo mia.
Quella sciocca piccola ragazza, dalle guance morbide e la pelle rovente...
Mi afferrai la testa fra le mani, serrando la mascella con forza. Dovevo dimenticare quelle immagini, quelle sensazioni... dovevo smettere di pensarci. Lei mi voleva? No. Non mi voleva. 
Perché mai volermi? Aveva un rapporto con quella Emily, io invece l'avevo solo intrappolata portandola via dai suoi amici, dalla sua libertà per renderla... come me.
Ed eccola di nuovo, quella sensazione che ancora mi impedì di respirare. 
Senso di colpa.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Overwatch / Vai alla pagina dell'autore: imdreaming_saffo