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Autore: michaelgosling    06/07/2017    1 recensioni
Delle creature geneticamente modificate capaci di mutare aspetto e di viaggiare nel tempo rischiano di alterare la storia dell'umanità.
Sei persone completamente diverse per età, carattere, mentalità e che vivono in diversi luoghi e in diverse epoche vengono scelte per fermarle.
Dal testo (secondo capitolo):
"Perché? Perché noi?"
"Perché siete anime spezzate."
Genere: Angst, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2. PRESTON WALKER


“Ah, sa, abbiamo vissuto qui per ben trent'anni. Siamo arrivati qui dall'est. La terra non era mai stata colonizzata. Per 10 anni abbiamo combattuto gli indiani. Gente dura. Poi sono arrivati i fuorilegge, la siccità, abbiamo sofferto il vaiolo, sopportato inverni terribili, il colera. Ho seppellito più bambini di quanti ne ho cresciuti. Ho visto uomini forti appassire e morire, sotto quel sole spietato. Intere mandrie di bestiame ammalarsi e crepare. Ma nemmeno una volta ho messo in dubbio la mia vita qui.”

Red Dead Redemption







E fu così che lo uccisi. Un solo proiettile. Centrai il bersaglio.”


Cuore.”

“Ma quale cuore. Quella è roba da gente di città, tutti quei pagliacci che credono di essere migliori di noi solo perché vestiti come degli idioti. Parola mia, loro non sanno niente su cosa significhi essere uno di noi. Non sei un uomo se non hai un'arma e se non la sai usare. La testa, Terrence. E' quello il bersaglio per uccidere un uomo. Rod, un altro giro!”


Il proprietario del saloon si avvicinò al tavolo camminando al ritmo a cui era abituato, e sentire i scricchiolii del pavimento ogni volta che avanzava di un passo, gli dava un senso di pace, una tale pace a cui era abituato da anni, e a cui era difficile rinunciare.

Arrivato al tavolo, porse agli uomini i boccali fumanti di alcool, per poi riporre lo sguardo su l'unico dei quattro che non aveva ancora parlato.


Walker, non mi aspettavo di vederti oggi.”


Preston Walker alzò lo sguardo verso di lui, lentamente, quasi a rallentatore.

“Ah, sì?” si limitò a dire, la voce era impastata, un po' per l'alcool, un po' per il sigaro che teneva in bocca, ma d'altra parte era un uomo di poche parole, il genere d'uomo che preferiva far parlare i fatti, ma quando parlava lo faceva in modo chiaro e lento, quindi riusciva a farsi capire comunque. Da chiunque.

“Non dopo quello che è successo ieri.”

“Perché cosa è successo?” intervenì Terrence, sinceramente curioso.

“Nulla che ti riguardi.” rispose prontamente Walker, sempre lentamente, come se gli costasse fatica pronunciare ogni singola lettera e cercasse quindi di parlare il meno possibile.

“E' caduto. Svenuto, per la precisione.” fece il barista.

“Giura!”

Sua figlia è passata di qui. Sono sorpreso che ti abbia permesso di uscire.”

Preston fece un piccolo sospiro, cercando di mascherare tutta l'irritazione che si sentiva addosso.

“Johanna dovrebbe smettere di raccontare i cazzi miei in giro.”

“Si preoccupa per te.”

“Mm.. certo.” concluse Walker, mettendosi il cappello e uscendo dal saloon, per poi montare sul suo cavallo, affrettandosi a lasciare la zona.


Cosa gli stava succedendo? Fino a un paio di giorni prima, nonostante i suoi cinquantacinque anni, era pieno di energia, come lo era sempre stato per tutta la sua vita. Nel giro di una giornata visitava diversi luoghi, incontrava diverse persone, faceva cose su cose. Era sempre stato lento nei movimenti così come nel parlare, tranne quando si trattava di sparare o difendersi da un pericolo imminente, quindi faceva le cose al suo ritmo, ma le faceva, e ne era sinceramente soddisfatto.

Ma poi? Poi era svenuto. Svenuto. Lui. Lui che aveva affrontato sparatorie, banditi, che gestiva un ranch. E perché poi? Non lo sapeva nemmeno lui. Il caldo? La stanchezza? Il clima era sempre stato quello e la stanchezza era fuori discussione, non aveva fatto praticamente nulla per stancarsi quel giorno. Ricordò il viso preoccupato di sua figlia e quello del medico, che concluse di non avere idea del perché fosse svenuto, azzardò solo ipotesi. Ipotesi inaccettabili per Preston.


Si era alzato dopo ore. Stordito. Con il mal di testa. Non era estraneo a queste sensazioni, d'altronde beveva spesso e questi erano tutti effetti di una sbornia colossale, e di quelle lui ne aveva avute tante. Ma non aveva bevuto. Né fumato, nonostante lo facesse molto spesso.

Così era andato al saloon alla ricerca di distrazioni, di qualcosa da fare, qualcos'altro a cui pensare, ma le chiacchiere dei suoi vecchi amici erano sembrate così lontane, e il dolore alla testa, che non se n'era mai andato e che non aveva fatto altro che aumentare, diventava sempre più forte, così forte che gli era impossibile pensare ad altro.

Iniziò a grattarsi la fronte, sentì sempre più caldo, così tanto che gli sembrava di avere dietro di sé il Sole che gli dava la caccia, alla sua destra, una zona d'ombra. Bene. Mosse le redini per cambiare strada al cavallo, ma ciò che vide lo spaventò ancora di più.

Vide sé stesso. Il suo volto. Vide i suoi tratti duri, i suoi piccoli occhi blu, i suoi baffi che si stavano ingrigendo poco a poco, i suoi capelli scuri e corti, che si nascondevano sotto il cappello. Com'era possibile? Non c'era un fiume, uno specchio, o qualcosa che giustificasse una cosa del genere. In più, il suo cavallo non si vedeva nell'immagine, che si faceva sempre più sfuocata. Un' allucinazione? Forse.

“Arh. Devo aver bevuto più del previsto.”


Si mise una mano sulla testa, di nuovo, voleva solo che il dolore si fermasse. Chiuse gli occhi. Li riaprì. Ripeté questo processo una decina di volte, e dopo l'ennesima volta in cui aprì gli occhi, vide di nuovo la sua immagine, ma non solo. Intorno ad essa, vide delle ombre, ombre di altre persone, altre cinque persone. Era impossibile capire chi fossero, dato che si vedevano solo i contorni. Li conosceva? Non li conosceva? A primo impatto gli sembrava di non averle mai viste, eppure sentiva che erano vicino a lui, una parte di lui, parte del suo corpo.

Poi si sentì ancora più stordito. La vista iniziò a calare, lo percepì dal fatto che vide, o gli sembrò di vedere, quelle ombre unirsi al riflesso del suo viso.

Ricordò un rumore, era il suo cavallo che nitriva, e lui lo vedeva dal basso. Era caduto? Probabile. Poi, l'oblio.





                                                                                               . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .








Quando Walker capì di essere cosciente, ne fu molto sorpreso. Conosceva persone che erano morte per molto meno di uno svenimento e un po' di dolore alla testa, e quando era svenuto per la seconda volta in due giorni, cadendo dal suo cavallo e nel mezzo del nulla lontano sia dal paese che aveva lasciato sia da quello verso cui era diretto, pensò seriamente che la sua fine fosse giunta.

Però sentiva i suoi arti perfettamente funzionanti e il dolore alla testa svanito, come se fosse stato solo un lontano ricordo. Effettivamente, si sentiva addosso un'energia tutta nuova. Non si sentiva così bene, fisicamente almeno, da anni.

L'unica cosa che lo preoccupava era la certezza di non trovarsi più nel punto in cui era svenuto. Non era nemmeno all'aperto. Non sentiva il caldo dell'aria, né il rumore di animali selvatici e cavalli. Niente uccelli. Niente piante che si muovevano aiutate dal vento del tardo pomeriggio. Niente. Tutto quello che sentiva era un assoluto silenzio, un silenzio quasi inquietante, e sotto di sé, una superficie. Un pavimento probabilmente, ma di certo non era legno. Doveva essere fatto di un materiale che non conosceva. Continuando a tenere gli occhi chiusi, continuò a tastarlo con le mani, fino a quando un'altra voce lo fece sussultare.

“E' marmo.”


Una voce maschile, apatica, ma calma e apparentemente serena. Sembrava la voce di un insegnante mentre spiega qualcosa ai giovani studenti con pazienza.

Walker si decise ad aprire gli occhi, e dovette inspirare un paio di volte per focalizzare il luogo in cui si trovava. Era effettivamente a terra, su un pavimento bianco e liscio, le pareti della stanza bianche, anche il soffitto bianco. Se non fosse stato per il senso del tatto che aveva usato per toccare il pavimento, avrebbe pensato ad un sogno, ma per quanto sembrasse reale, c'era ancora qualcosa di strano, di ambiguo, non solo in quella stanza ma in quell'uomo, ed era presto per scartare l'ipotesi di non essere vivo. Poteva essere morto. Poteva trovarsi al.. Purgatorio? Paradiso? Inferno? Quella situazione non gli piaceva per niente. Avrebbe preferito essere ancora incosciente. Voleva risposte.

Guardò di nuovo l'uomo che in quel momento gli dava la schiena, e ne approfittò. Cercò la fondina con qualche riluttanza, ma quando constatò di averla ancora, sospirò sollevato ed estrasse la sua pistola, per puntarla verso l'uomo, il quale non si era nemmeno accorto che si fosse alzato.

“Hai dieci secondi per dirmi chi cazzo sei e che posto è questo, altrimenti, giuro su Dio, ti faccio saltare il cervello.”


L'uomo voltò leggermente la testa, e scoppiò a ridere, una risata lontana e spontanea, come se volesse prenderlo in giro.

Walker si infastidì ancora di più.

“Guarda che non scherzo! Non è mia abitudine uccidere un uomo disarmato, ma lo farò se non mi dai le risposte che cerco. E guardami quando ti parlo, cazzo!”


L'uomo si voltò, smise di ridere, ma era ancora compiaciuto. Fece un piccolo passo verso Walker, tenendo le mani alzate.

“D'accordo. Spara.”


Come?”


“Non è quello che volevi fare? Sparami. Ricorda, il cuore sta qui, quindi.. ah non aspetta.. volevi spararmi al cervello, vero? Spara dove vuoi, non ho nulla da nascondere.”


Walker non sapeva davvero cosa pensare, mai si sarebbe aspettato una simile reazione, quasi senza accorgersene abbassò la pistola, ma quando vide l'uomo avvicinarsi nuovamente a lui, gli sparò d'istinto. Cuore.

Ma quell'uomo se ne stava ancora in piedi. I suoi occhi scuri erano ancora aperti e divertiti, i suoi abiti, bianchi ed insoliti, che Walker non aveva mai visto, erano puliti e asciutti, non c'era neanche una goccia di sangue. E l'uomo, naturalmente, era ancora in piedi.

Era come se avesse sparato al vuoto.

“Tu non sei reale.”


L'uomo, o qualunque cosa fosse, si avvicinò nuovamente a Walker fino ad arrivargli vicino, e così poté vederlo meglio. Aveva chiaramente l'aspetto di un uomo normale di massimo trent'anni, capelli scuri, occhi scuri, la pelle bianca quasi quanto le pareti e gli abiti. Eppure, qualcosa in lui non quadrava. Tutta quella situazione era poco chiara.

“Sì e no. Lo sono stato un tempo, e si può dire che lo sono ancora in un certo senso, ma ora, ciò che vedi davanti a te, non è un uomo. Ma non devi avere paura di me.”

“Chi ha detto che ho paura?”


Quell'essere sorrise, quasi divertito.

“Non volevo dire questo.”

“E allora che cosa sei? Basta parlare per enigmi! Voglio la verità!”


Mi sarebbe impossibile spiegarti cosa sono senza usare enigmi. Ma non è di me che ti devi curare. Io sono solo uno strumento. Uno strumento per aiutarti in questo tuo viaggio. E la verità.. la verità è che quello che ti aspetta, non è facile.”

“Ti ho detto di smetterla di fare discorsi inutili. Vuoi aiutarmi? Inizia con il parlare chiaramente, come i veri uomini fanno. Se sei mai stato un uomo una volta, dovresti saperlo.”

“Immagino sia inutile tergiversare. Prima o poi dovrai conoscere la verità. Ogni volta cerco di raggiungere la verità passo dopo passo pensando che sia meglio, ma forse dovrei smetterla e arrivare subito al nocciolo della questione.”

“Lieto di constatare che parliamo la stessa lingua. Ora, sputa il rospo.”

“Il tuo nome è Preston Clayton Walker. Sei nato il 12 febbraio 1852 a Dallas, Texas. Hai passato i primi anni della tua vita in orfanotrofio, e all'età di sei anni sei stato adottato da Theodore e Annelyse Walker di Austin, che gestivano un ranch, ranch che è diventato tuo alla loro morte, nel 1873, quando avevi ventuno anni. L'anno seguente hai sposato Bernice Hopewell. Avete avuto sette figli, e quattro di loro sono morti di malattie prima di diventare adulti. Dei tre restanti uno è morto in un duello, un altro si è trasferito, e l'ultima rimasta gestisce il ranch che hai ereditato insieme al marito e ai figli. Tua moglie Bernice Hopewell è morta nel 1900 a causa di una tempesta nel centro di Austin.”


Walker non si era mai sentito così nudo in vita sua. Come faceva quel tizio a sapere tutte quelle cose? Nessuno sapeva che era stato adottato. Neanche sua moglie, e nemmeno la figlia Johanna, e tanto meno i suoi compagni di avventure. Quello sarebbe stato un buon momento per puntargli la pistola contro, ma si ricordò subito che non sarebbe servito a nulla.

“Ti stai chiedendo come faccio a sapere tutte queste cose, vero?” disse, come se gli avesse letto nella mente.

“Mi hai spiato. Non so come, ma l'hai fatto. Non c'è altra spiegazione.”


In effetti una spiegazione ci sarebbe.” fece, indicando un oggetto, sempre se era un oggetto, che Walker non aveva mai visto.

Era color grigio, stava su un tavolo, e l'uomo non poteva fare altro che fissarlo cercando di capire cosa fosse, ma non somigliava neanche lontanamente a qualcosa che avesse già visto. Era una specie di grande cubo, con un contorno chiaro, mentre all'interno era nero. Davanti a lui, sempre sul tavolo, un oggetto dalla forma rettangolare con sopra numeri, lettere e simboli che Walker non conosceva. I due oggetti, erano collegati da dei fili color grigio scuro, come lo era un terzo oggetto alla loro destra, più piccolo e nero, anche lui collegato ad un filo.

“Che razza di diavoleria è mai questa.”


Si chiama computer. E l'unico motivo per cui non lo conosci è che non è ancora stato inventato.”


Questa volta fu Walker a soffocare una risata.

“Stai dicendo che quel coso viene dal futuro? Che TU vieni dal futuro?!? Non me la bevo.”

Sarebbe stato strano il contrario. Vieni. Ti dimostro che ciò che dico è vero.” fece l'uomo.

Walker era ancora parecchio scettico, e soprattutto era riluttante ad avvicinarsi a quello strano aggeggio che non gli piaceva per niente quindi se ne stava a debita distanza, ma al tempo stesso era curioso così cercava di allungare il viso per vedere cosa stava succedendo.

Vide l'uomo, o essere, o qualunque cosa fosse, inchinarsi su di esso quando sentì all'improvviso un rumore. Spaventato, tirò fuori la pistola puntandola contro quel aggeggio, dal quale, guarda caso, era arrivato il suono.

“Non è niente! Si sta solo accedendo!”


Accedendo cosa? Dei proiettili?!? Se ti aspetti che me ne stia qui aspettando di essere ucciso da una macchina, ti sbagli di grosso.”


Ecco, vieni. Guarda tu stesso. Leggi. Sai.. sai leggere, vero?”


Walker ignorò la domanda, e si avvicinò con la dovuta cautela. La parte centrale del cubo non era più nera, anzi, aveva una luce accecante, il colore bianco, e.. c'era qualcosa scritto.

Ci mise un po' a capire di cosa si trattasse dato che non leggeva da quando era bambino, ma non gli ci volle molto per capire che si trattava di lui. Era un documento su di lui. C'era tutto. Data di nascita, la sua vita, i nomi dei suoi amici, dei membri della sua famiglia, cosa aveva fatto in un determinato giorno. C'era persino una sua immagine. Il suo volto. Lo stesso volto che aveva visto vicino alle altre cinque ombre prima di cadere da cavallo e svenire.

“Il mal di testa.. lo svenimento.. sei stato tu! Tu me l'hai causato!”

“Mi dispiace, ma era inevitabile.”


Che cosa cazzo mi hai fatto?!?”


Sei stato scelto.”

“PER COSA?!?”


Questo mondo è infettato da delle.. cose. Esseri geneticamente modificati. La loro origine è incerta, non si sa cosa siano esattamente e da dove arrivino. Le prime notizie che ho rintracciato su di loro è che sono stati trovati da degli scienziati, e usati per degli esperimenti in alcuni laboratori del Governo. A causa di questi esperimenti devono aver assunto capacità che gli hanno permesso di distruggere i laboratori e fuggire. Possono assumere qualsiasi aspetto, l'aspetto di un uomo, un animale, una pianta, possono assumere anche l'aspetto di qualcosa di astratto, come un sentimento, una paura, una sensazione, uno stato d'animo. E possono viaggiare nel tempo. Se non vengono fermati, possono alterare la storia dell'umanità, in modo irreparabile. Sono anche molto intelligenti, potrebbero benissimo creare un virus e generare un'epidemia senza precedenti.”

“Bella storia. Dovresti scriverla. Verrebbe fuori un libro molto venduto.”


E' la verità, Walker. E' per questo che sei qui. Tu devi fermarli.”


Preston scoppiò a ridere, come non rideva da tempo.

“Io? E cosa dovrei fare? Cosa pensi che possa fare? Scienziati? Esseri che che cambiano aspetto? Viaggi nel tempo? Io ho solo un cavallo, una pistola e un ranch. Hai sbagliato uomo. Ora vedi di riportarmi a casa.”


Non sei solo.”


No, certo che no! Ci sei tu e quel dannato aggeggio!” esclamò Walker quasi divertito, indicando il computer.


“Cinque.”


Cinque? Cinque cosa?”


Non sei solo in tutto questo. Cinque persone ti aiuteranno. Cinque persone che sono state scelte come te. Che in questo momento stanno vivendo quello che stai vivendo tu. Io non sono reale, Walker. Sono un'immagine. Un'immagine creata nella tua testa che scomparirà tra poco. In questo momento, mentre stiamo parlando, una persona reale sta muovendo i fili che mi permettono di stare qui con te. In questo momento io sto dicendo le stesse cose, anche alle altre cinque persone.”

“Ma cosa cazzo stai dicendo?!? Chi sono queste cinque persone? E i fili di cosa? Dove sono io? Che mi stai facendo?”


Ti stiamo dando ciò che ti serve per combattere quegli esseri. A te e agli altri cinque. Sì, hai visto le loro ombre prima di cadere da cavallo. Le vedrai sempre. Ormai loro sono parte di te, e tu sei parte di loro. Siete legati da qualcosa che nulla potrà mai spezzare. Il vostro futuro, il vostro destino, è legato l'uno all'altro. Loro vengono da luoghi ed epoche lontani e diversi, e sarà questa la vostra più grande forza. Tu hai cercato di spararmi quando mi hai visto, una reazione normale suppongo. Anche uno di loro l'ha fatto, sai? Due volte. Sono sicuro che andrete molto d'accordo.” la voce dell'essere era sempre più lontana, più bassa, più difficile da comprendere, come se stesse scomparendo poco a poco.

“Non capisco una sola parola di quello che stai dicendo. Cosa ci stai dando?”


Non mi aspetto che tu capisca. Come potresti? Ci vuole tempo per queste cose. Ti sto solo informando. Sarai tu a constatare la veridicità di questi fatti, una volta sveglio. Il nostro tempo è quasi scaduto. Presto avrai le risposte che stai cercando.” sussurrò quasi, e la sua immagine iniziò a scomparire.

“Aspetta! Perché? Perché noi?”

Perché siete anime spezzate.”





NOTE:

SALVE DI NUOVO, CON IL SECONDO CAPITOLO! IL PRIMO HA AVUTO TANTE VISITE QUINDI GRAZIE GRAZIE GRAZIE!

E GRAZIE A CHIUNQUE LEGGERA' ANCHE QUESTO CAPITOLO E A CHI LASCERA' UN COMMENTO, CHE SONO SEMPRE GRADITISSIMI!

SPERO VI SIA PIACIUTO E.. ALLA PROSSIMA!

  
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