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Autore: Redferne    07/07/2017    13 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 33

 

 

 

UNA CLASSICA GIORNATA – TIPO (SECONDA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nick e Maggie si addentrarono nel minuscolo boschetto situato alle spalle della stazione di polizia.

In realtà faceva parte di una ben più nutrita vegetazione di conifere e sempreverdi che si estendevano a perdita d’occhio lungo i pendii circostanti. Ma la zona in cui si trovavano era costituita da alcuni faggi, larici e da qualche ippocastano. Non c’entrava assolutamente nulla con il resto degli altri alberi. Con tutta probabilità non vi erano cresciuti naturalmente, ma vi erano stati piantati in seguito.

A scorgerla dall’alto sembrava una pezza di stoffa aggiunta all’angolo di un tessuto uniforme, come a voler coprire uno strappo improvviso quando non si ha nulla di meglio a disposizione. A prima vista orribile a vedersi, ma con la giusta elasticità mentale può apparire persino chic. Al punto che chi l’ha ferocemente criticata il giorno dopo ne sfoggia una identica.

Era proprio un curioso tipo di macchia, in tutti i sensi in cui quel termine poteva essere definito ed interpretato. Anche estetico. Una di quelle macchie che prima le schifi e poi ti ci affezioni.

Un altro particolare era la disposizione degli alberi che la componevano. Erano disposti quasi a voler formare una sorta di spiazzo erboso la cui forma ricordava un cerchio dai contorni vagamente irregolari.

Pareva uno di quei posti in cui i druidi o gli sciamani si riunivano di notte in compagnia dei loro adepti per dare vita ai loro culti pagani. Oppure uno di quelli usati dalle confraternite guerriere per esercitarsi nella sublime arte della spada. O del bastone. O dell’arco. Ma l’arma che si accingevano ad utilizzare era un po' più moderna di quest’ultimo. Anche se si poteva considerare un suo discendente in linea diretta. Tant’é vero che in principio lo chiamavano ARCHIBUGIO.

 

Bene, bene. Benvenuti nella foresta di Sherwood, tanto per rimanere in tema. Pensò Nick, alquanto perplesso. Il vestito verde già ce l’ho. Ci mancano giusto Little John e la banda del bosco e saremo al gran completo.

 

“Mmmhh...sarebbe questo, il tanto decantato poligono di tiro?” Chiese, mentre si allacciava la sparadardi d’ordinanza alla vita, ben inguainata nell’apposita fondina.

“Precisamente.” rispose Maggie, allacciandosi a sua volta la propria. “So bene che non potrà di sicuro competere con quelli ultramoderni e automatizzati di cui disponete giù a Zootropolis, Ma serve allo scopo.”

“Non vedo sagome, però...” le fece notare lui.

“Sono là dietro.” Replicò prontamente lei, e puntando lo zoccolo indice verso una piccola nicchia ricavata nel retro dell’edificio. “Dammi una mano a prenderle, per favore.”

“Lascia, faccio io . Dimmi solo dove le devo mettere.”

Nick si diresse deciso verso l’angusta rientranza, e vi trovò due figure di legno decisamente più larghe ed alte di lui. Dovevano trattarsi delle due sagome indicate in precedenza dalla vice.

Le prese e le sollevò entrambe. Poi, seguendo le di lei precise direttive li trasportò lì vicino e li infilò per la base dentro due fori dalla forma rettangolare, una di fianco all’altra.

A dirla tutta chiamarle sagome era un autentico eufemismo, nonché un azzardo. Altro non erano che due tavolacci in legno chiaro, con la parte superiore rozzamente lavorata in modo da ricordare vagamente le spalle e la testa di due individui. Su quest’ultima e all’altezza di quello che doveva rappresentare il petto vi erano pitturati, in maniera piuttosto grossolana, due bersagli composti da una serie di cerchi concentrici realizzati alternando strisce di vernice rossa e blu. La loro superficie era punteggiata e bucherellata da una miriade di microscopici forellini causati dai proiettili.

La cara vice - sceriffo doveva allenarsi parecchio, a quanto pare. E da sola.

“Se permetti, comincio io.” esclamò lei.

“Ci mancherebbe. Prima le signore.” rispose cortesemente Nick, tirandosi in parte.

Maggie estrasse la sparadardi dalla fondina. Poi prese uno dei caricatori agganciato al suo fianco sinistro, verificò che fosse bello pieno e lo inserì nell’arma, infilandolo nel vano apposito. Tolse la sicura girando la levetta in avanti ed infine la puntò in direzione di una delle due sagome, impugnandola con entrambe le mani. La mano destra era ben stretta attorno al calcio, con l’indice sul grilletto e ben pronto a premere, mentre la sinistra era posizionata sotto, con il palmo verso l’alto, a coppa, a sostenere il peso.

Divaricò leggermente le gambe e rilassò le spalle, allineando il mirino anteriore e quello posteriore di fronte a sé e mettendo bene a fuoco i due bersagli.

Inspirò profondamente e poi cominciò a sparare un proiettile alla volta, con calma, buttando fuori l’aria ad ogni colpo.

Non appena ebbe finito alzò immediatamente lo sguardo, per controllare il suo operato.

I quindici proiettili erano egualmente ripartiti tra testa e tronco: sette alla prima e i restanti otto al secondo.

Un’esecuzione perfetta, pura accademia.

“Allora? Che te ne pare?” Disse Maggie, rivolgendosi a Nick. C’era un vago tono di sfida, nelle sue parole.

“Fiiiuuu...complimenti, davvero.” rispose lui, fischiettando in segno di ammirazione.

“Niente male per una MONTANARA, no? Forse non disporremo dei mezzi che avete voi, ma direi che non ce la caviamo poi così male!”

“Tu ti sottovaluti. E parecchio.” commentò la volpe, mentre si avvicinava e le prendeva posto accanto. “Te lo avrò già detto e ripetuto mille volte. E non insisto certo per ruffianeria. Il fatto é che a differenza di te io so riconoscere un ottimo tiratore, quando me ne ritrovo uno davanti.”

“Lusingata...” replicò lei, sarcastica. “...Vediamo adesso come se la cava il PIEDIDOLCI di città.”

Nick prese la sua arma e cominciò ad esaminarla con cura, cominciando a parlare lentamente e con tono pacato come se stesse tenendo una conferenza. O una lezione davanti ad un invisibile gruppo di allievi.

“Vedi, Maggie...gli istruttori alla scuola di polizia, nonché gli esperti di balistica, sono tutti pronti a sostenere che oggigiorno conta soprattutto la tecnica.”

Rifece passo dopo passo tutte le operazioni che la sua vice aveva eseguito qualche istante prima di lui: controllò i proiettili, infilò il caricatore, e tolse la sicura.

“Il corretto allineamento dei mirini, il modo in cui si impugna l’arma, la giusta postura, la sincronizzazione del respiro...tutto legittimo, per carità.” continuò. “Se glielo chiedessi, ti risponderebbero che sparare di puro istinto, senza prendere la mira, é roba che poteva andar bene per i bei tempi andati. Quando si sparava a breve distanza, quasi a bruciapelo. Roba buona per quando ci si fronteggiava nei vicoli durante l’era vittoriana, tanto per intenderci. Oppure roba DA FUR WEST, dove ci si affrontava in duello l’uno di fronte all’altro, nei saloon o in mezzo alla strada. Ti direbbero che sparare a quel modo, ormai, equivale a fare una rissa con le pistole al posto dei pugni, e niente più.”

A questo punto avrebbe dovuto mettersi in posizione e fare fuoco, ma le analogie con la precedente esecuzione finirono lì.

Rimise la sparadardi nella fondina e la mano sinistra nella tasca dei pantaloni.

Maggie lo osservò, perplessa.

 

Ma che diavolo sta facendo? Pensò. Non toccava forse a lui, sparare?

 

Nick, quasi le avesse letto nel pensiero, riprese la parola.

“Come dico sempre io...la verità sta nel mezzo, mia cara.”

L’istante dopo impugnò di nuovo l’arma, la estrasse con un gesto fulmineo e, non appena quest’ultima fu parallela al suolo, premette il grilletto a ripetizione svuotando in pochi secondi l’intero caricatore sulla sagoma ancora intatta.

Maggie si voltò ad osservare i bersagli, mentre lui non fece altrettanto. Non aveva bisogno di guardare ciò che già sapeva.

I dardi della pistola erano conficcati tutti e quindici all’altezza della testa, in prossimità dell’ultimo cerchio, quello di centro.

Nick soffiò sulla punta della canna, come a spazzare via un immaginario fumo residuo. Poi, con una manovra degna di un giocoliere esperto e navigato, la fece roteare più e più volte sull’indice destro e la reinserì all’interno della fondina.

“Se impari a sparare senza mirare, guadagni un mucchio di secondi. SECONDI PREZIOSI. E una manciata di secondi in più possono fare davvero la differenza tra la vita e la morte, a Zootropolis. Soprattutto di questi tempi. E soprattutto se fai il poliziotto. Se sei costretta ad aprire il fuoco, assicurati sempre di FARLO PER PRIMA. E DI ESSERE LA PIU’ VELOCE. Nient’altro.”

Maggie era rimasta a bocca spalancata, completamente sbalordita. Aveva appena assistito di persona alla differenza tra un ottimo tiratore, quale era lei, ed un TIRATORE ECCEZIONALE. E c’era un MARE di differenza.

“M – ma… ma c – come...” balbettò.

“Il giochino con la pistola?” Domandò la volpe. “Semplice: costanza e tanta, tanta pratica.”

“N – no...non mi riferivo a quello...” precisò lei. “...V - volevo...volevo soltanto sapere c – chi é il fenomeno che ti ha insegnato a...a sparare così.”

“Chi? IL MIGLIOR AGENTE DI POLIZIA DI TUTTA ZOOTROPOLIS. Ecco chi.” concluse lui. “E DI TUTTI I TEMPI, AGGIUNGEREI.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nick se lo ricordava molto bene, quell’addestramento.

Accadde dopo quella notte che lui e Judy, al termine di un furioso inseguimento e di un ancor più furiosa sparatoria, arrestarono quei quattro malviventi che avevano appena svaligiato una prestigiosa gioielleria in centro. La notte in cui rischiò di finire quasi ucciso per mezzo di un dardo venefico, pur di salvarla.

Gli tornò alla mente la sua partner che lo stringeva a sé, in lacrime, E lo supplicava di non lasciarlo. Per poi diventare una furia non appena aveva scoperto che non aveva nulla. E che non si era premunito di farglielo sapere subito.

Ripensò allo schiaffo che gli aveva tirato. Gli parve di sentire ancora la guancia bruciare, al solo ricordo.

E poi la litigata. Ed il giorno seguente, al distretto, quando l’aveva scagionata dalle accuse del capitano Bogo addossandosi interamente la colpa e prendendosi la punizione al posto suo.

E poi…quel lungo abbraccio nel parcheggio di fronte alla centrale, alle prime luci della sera, con lei che piangeva. Di nuovo.

 

NICK!! TU SEI IMPORTANTE PER ME, NON LO CAPISCI?! SE TI DOVESSE ACCADERE QUALCOSA, IO…IO…

 

E lui che le asciugava il visino con la punta del pollice, consolandola e rassicurandola.

 

Ssshhh. Sono ancora tutto intero, come puoi vedere. E ora, via queste lacrime.

 

E poi sempre lui che, come al solito, sdrammatizzava tutto quanto con una battuta fulminante delle sue, facendola ridere.

 

E poi lo hai sentito il VECCHIO BUFALO, no? Niente eroismi. Non vanno più di moda.

 

Era davvero meraviglioso quel suo musetto, quando sorrideva.

Tutto bellissimo, già.

Peccato che dal giorno successivo l’idillio fosse già terminato. La crepa nella sua corazza di sangue freddo si era già risaldata, e la poliziotta tutta d’un pezzo aveva già ripreso le redini ed il suo posto, scalzando la tenera coniglietta.

Judy gli disse di aver riscontrato un preoccupante calo dei riflessi e della velocità di reazione, da parte sua, durante lo scontro a fuoco. Una cosa simile non doveva MAI PIU’ ACCADERE. Né lei avrebbe mai più permesso che accadesse. Non al suo compagno.

Nick avrebbe dovuto quindi sottoporsi ad un rigoroso addestramento volto a colmare queste sue gravi lacune.

E così non gli fece fare altro per ben due mesi, sotto la sua rigida, inflessibile e spietata supervisione. Quando non erano di servizio, Judy lo faceva allenare al tiro ogni santo giorno, ed ogni giorno in un posto diverso. Sahara Square, Tundratown, Rainforest...i due si fecero il giro turistico di tutti i quartieri – ecosistema al gran completo, in modo che la volpe potesse abituarsi a sparare, e a sparare BENE, in ogni genere di ambiente e di condizione meteorologica e climatica, che si trattasse di pioggia torrenziale, della neve più gelida o del sole più cocente. Lo costringeva a provare e riprovare senza sosta, per ore. Questa infernale routine andava avanti finché Nick non sentiva più le braccia. Finché le spalle non gli facevano un male da piangere. Finché ogni cellula del suo corpo non iniziava ad urlare BASTA! per la spossatezza e per il dolore.

Fu allora che accadde qualcosa. Accadde quello che Carotina gli aveva sempre profetizzato, e a cui lui non aveva mai creduto. Fino a quel momento. Fino al momento in cui lo sperimentò direttamente sulla sua pelliccia.

Scoprì che all’improvviso la mira, la stanchezza, il male, il gelo, la pioggia, il caldo torrido...tutto era diventato privo della qualsiasi importanza.

Scoprì di aver raggiunto il limite. IL SUO LIMITE. E stavolta lo superò di slancio.

Fu allora che iniziò a migliorare. E da lì non si fermò più.

 

 

 

 

 

 

Concluso il tiro al bersaglio, risistemarono le sagome al loro posto e fecero ritorno alla stazione per iniziare la giornata. Ma ad un certo punto Nick, invece di puntare verso l’ingresso, si separò da Maggie e tirò dritto in direzione della strada.

“Si può sapere dove stai andando?” Chiese lei.

“Non preoccuparti” rispose lui, tranquillo. “Ho un cosuccia da sbrigare. Torno subito.”

 

 

 

 

 

 

 

Passarono circa venti minuti. Maggie era seduta alla sua scrivania intenta ad inviare alcuni fax, quando Nick fece ritorno. Portava con sé due tazze belle fumanti.

“Che tu sappia...qualcuno dei destinatari ci ha mai rimandato indietro i documenti, dopo che glieli abbiamo spediti?” Chiese.

La vice lo guardò perplessa.

“Ma di che diavolo parli, scusa?”

“Forse dovremmo avvisarli. Insomma, si tratta pur sempre di pratiche molto importanti, e non possiamo farne a meno.”

Maggie non credeva a ciò che aveva appena udito.

“Perdona la domanda, ma...TI SEI APPENA BEVUTO IL CERVELLO, O COSA? Ma come credi che funzioni una stampante fax? Guarda che i documenti non vengono spediti al destinatario, una volta inviati!”

“Parli...parli sul serio, Maggie?”

“Certo che dico sul serio! Non vorrai dirmi che…”

Nick spalancò la bocca in segno di stupore, assumendo un’aria affranta. Sembrava aver appena scoperto un nuovo piano dell’esistenza. Come se gli avessero appena rivelato che era la Terra a girare attorno al sole, e non viceversa.

“Oh, mio Dio! Allora dietro il fax del mio vecchio ufficio ci devono essere ancora tutte le scartoffie che ho inviato in questi ultimi anni! Adesso capisco perché mi rispondevano tutti in malo modo o non mi rispondevano affatto, quando li sollecitavo per la restituzione!”

Maggie scosse la testa.

“No...io non ci credo. Non riesco a crederci, davvero.” esclamò, sconsolata.

“E fai bene.” rispose Nick, mutando espressione.

“C – cosa?!”

La volpe iniziò a sghignazzare.

“Ah, ah, ah! Ti ho soltanto preso in giro, suvvia! TI PARE CHE NON SAPPIA COME FUNZIONI UN FAX?” Disse, imitando con tono di voce tronfio le parole dette in precedenza dalla sua vice. “Non sarò proprio il massimo dell’acume in questo periodo, ma non mi sembra di essere rimbambito fino a tal punto!”

“Lasciamo perdere, che é meglio.” commentò aspramente lei.

“Dove hai preso quella roba, piuttosto?” Aggiunse poi, indicando le due tazze.

“Ho fatto un salto all’emporio di tua madre. Volevo vedere come se la passava. E già che c’ero ho preso queste. Almeno stamane il caffè ce lo berremo come si deve. A proposito, mi ha detto di salutarti.”

Le porse il contenitore, ma la vice si girò di nuovo dall’altra parte, verso la stampante.

“Grazie del pensiero, ma ora non mi va.” disse soltanto.

“Dai. Bevilo ora, finché é bello caldo.”

“Ho detto che non mi va!”

Nick, a quella risposta, rimase per qualche istante come interdetto, con il bicchiere in mano. Poi glielo poggiò sulla scrivania.

“Io...beh, ok. Te lo lascio qui, nel caso cambiassi idea.”

“Non ci contare.”

“Ci sono state novità, mentre ero fuori?” Chiese, mentre iniziava a sorseggiare lentamente dalla sua tazza.

“Si. Ha telefonato di nuovo Jedediah Flodder, per quella storia dello sconfinamento da parte del vicino di proprietà. Continua a sostenere che Simeon Hubbard ha fatto costruire la palizzata nuova un paio di metri più avanti di quanto avrebbe dovuto.”

Nick sbuffò.

“E’ già la quarta volta che telefona, questa settimana...di questo passò farà una telefonata al giorno.”

“E va bene” aggiunse un istante dopo. “Credo che sia proprio arrivato il momento di affrontare questa grana. Sapevamo tutti e due che sarebbe arrivato, prima o poi.”

“A quanto pare...” aggiunse Maggie, laconica.

“Del resto non potevamo continuare ad evitarla in eterno, non ti pare? Vorrà dire che ci andremo stamattina, così la faremo fuori una volta per tutte. Si parte non appena arriva Finnick. L’ho buttato giù dal letto via telefono poco fa, dovrebbe essere qui a momenti.”

“Senti, Nick...ti spiacerebbe molto andare da solo, per questa volta?”

“Come mai? Va tutto bene?” Domandò lui.

No, no...é tutto ok, tranquillo.” fece lei. “E’ solo che...non mi va di andare fin laggiù a sorbirmi due zoticoni alle prese con le loro futili sciocchezze. Che stanno a discutere di una cosa futile come questa solo perché non hanno nulla di meglio da fare. E poi non mi sembra corretto approfittare sempre di Finnick. Insomma, é pur vero che lo paghi per ciò che fa, ma...stavolta preferisco rimanere qui a dargli un a mano, sul serio.”

“Ooook...e così, mentre il sottoscritto sarà alle prese con i due villici litigiosi, tu te ne resterai qui a farti due sane ghignate in compagnia del buon vecchio Finn e delle sue fesserie. E magari, già che ci sei, cercherai di fagli sciogliere la lingua in modo che racconti qualche bel succoso aneddoto sul sottoscritto, giusto per saperne un po' di più. Dico bene?”

“Maggie si voltò verso di lui.

“Cosa...cosa vorresti insinuare?”

Sembrava che l’avesse davvero colta in castagna, anche se cercava in tutti i modi di non darlo a vedere.

“Non c’é che dire. Ti faccio i miei complimenti.”

“Ascolta, Nick...io...”
“CERBIATTA ASTUTA.” Buttò lì lui, con un sorriso sornione.

A quel commento, Maggie sembrò arrossire di vergogna da sotto il manto del suo muso, per un istante.

“Come...com’é che mi hai chiamato, scusa?”

E anche l’espressione della volpe mutò. Un’improvvisa smorfia di disappunto comparve sul suo viso.

“Ehm, Nick...il...il vezzeggiativo che hai appena usato...QUELLA PAROLA LI’, insomma...non...non so se capisci, ma l’utilizzo di...di quel termine implica un...un qualche tipo di coinvolgimento intimo che io e te...io e te non...solo i maschi della mia specie possono usare il termine CERBIATTA, e di solito lo usano nei confronti delle loro...si, insomma, delle loro...OH, AL DIAVOLO! SEI ADULTO E VACCINATO, NO? DEVO PER FORZA STARE QUI A SPIEGARTI TUTTO?”

“Credo di no.” si schermì lui, con evidente imbarazzo, mentre intrecciava entrambe le mani dietro la nuca e guardava da un’altra parte. “Così come credo di aver fatto l’ennesima gaffe, per questa mattina. E di quelle colossali, stavolta. Mi dispiace.”

“Mph. Tranquillo, non fa nulla. Non ti preoccupare.” Lo rassicurò lei, sorridendo.

“Beh...visto che hai deciso di rimanere qui, tanto vale che vada subito a togliermi di torno questa rogna. Come si dice dalle mie parti...via il dente, via il dolore. Almeno non ci pensa più, non trovi.”

“Non...non prendi la volante?” Gli chiese Maggie, vedendo che le chiavi dell’auto erano ancora al loro consueto posto, nella piccola bacheca.

“Naaah. Meglio lasciarla qui. Potresti averne bisogno. In caso di qualche emergenza o di qualche chiamata improvvisa, non si sa mai...e poi non ho avuto molte occasioni di usare la macchina, da quando sono qui. Penso che sia il caso di farle sgranchire un po' le ruote. Salutami Finn da parte mia, quando arriva.”

Ed uscì al galoppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“DEFICIENTE. RAZZA DI DEFICIENTE. Un deficiente, ecco quello che sei. Un deficiente fatto e finito.”

Nick si stava praticamente insultando da solo, mormorando improperi a mezza bocca, mentre si dirigeva verso la sua auto. E moriva anche dalla voglia di prendersi a schiaffi per quello che aveva appena detto alla sua vice. E non era certo perché le aveva dato della CERBIATTA, contrariamente a quanto aveva pensato lei.

Era per L’ ALTRO TERMINE.

Si accontentò di un pugno sulla sua nuca tirato con la punta delle nocche. Una fitta gli saettò dalla sommità della testa fino alla base del cranio. Segno che quella bella prodezza gli avrebbe causato un bel bernoccolo, di lì a poco.

 

Cosa ti é saltato in mente di usare quella parola, si può sapere?

Lei NON E’ JUDY, mi hai capito?

 

“Lei NON E’ JUDY, mi hai capito?” Ripeté tra sé, questa volta a voce bassa. “Nessuna é come lei. E nessuna lo sarà, NE’ ORA NE MAI. Farai meglio a tenerlo bene a mente.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!

Come promesso, sto facendo letteralmente i SALTI MORTALI per pubblicare tutte le restanti parti di questo capitolo.

Spero solo di non viziarvi troppo, a riguardo: sappiate che non sarò sempre così veloce, purtroppo!

Questa parte l’ho trovata un po' troppo CUORICIONI, forse. Però mi é piaciuto descrivere Nick all’interno del suo nuovo ambito lavorativo. Ed il rapporto che si sta creando con la sua vice. Spero vi possa piacere lo stesso. E comunque, tra non molto arriverà l’azione!

Colonna sonora: nella scena in cui Nick e Maggie si esercitano, consiglio due canzoni. La prima é RUN TO YOU di Bryan Adams.

La seconda, invece, é presa da un altro film Disney che ho appena rivisto. E che a questo secondo giro mi é piaciuto ancora di più.

Trattasi di IMMORTALS, il brano dei Fall Out Boy che fa da colonna sonora di BIG HERO 6 (va bene anche la versione in italiano).

Lo trovo perfetto soprattutto nella parte in cui si parla degli addestramenti a cui Judy sottopone il povero Nick. Ci sta a pennello, visto che nel film la usano quando Hiro costruisce le armi e le corazze per Baymax ed il resto della squadra, con una sequenza di “Training montage” degna di Rocky.

Come sempre, ringrazio Plando, hera85, Sir Joseph Conrard, LittleCarrot, zamy88, nami92, Nilson_D_Rayleigh_2001 e Freez shad per le recensioni e i complimenti. Insieme a chiunque leggerà la mia storia e se la sentirà di lasciare un parere.

Grazie a tutti e alla prossima!

 

See ya!!

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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