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Autore: Walt96    09/07/2017    4 recensioni
La Fantasia è il motore che muove il mondo.
Nella città natale di Walt, Athom, la Fantasia era quel potere innato che nei giovani determinava lo sviluppo di un potere piuttosto che un altro; Walt controllava l'elettricità.
È giunto il momento di un nuovo inizio, il ragazzo viene ammesso alla famosissima Accademia dei Sette, dove i sette maestri insegnavano l'utilizzo della Fantasia ai loro studenti.
Vecchie e nuove amicizie andranno a fondersi e il destino di Athom sarà imbrigliato tra Luce e Oscurità.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Kingdom Hearts W'
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Capitolo 2
 
Masters and Visions
 
 
 
 
 
Walt aspettava quel giorno da tutta la vita!
Erano ancora le 5:30 quando aprì gli occhi per guardare l’orologio sul comodino, ancora una volta l’ansia l’aveva fatto svegliare molto prima del dovuto.
Era sempre stato così: quando dovevano andare in gita con la scuola, i giorni delle festività, oppure il giorno della Battle Stadium; lui impostava la sveglia per una certa ora ma una nota di agitazione lo destava prima del dovuto.
Di certo la notizia della sua ammissione all’Accademia non era un evento da meno, anzi, passò tutta la domenica ad allenarsi nel cortile di casa colpendo vecchie taniche vuote e a trasmettere l’elettricità attraverso i tubi delle condotte.
Walt fissò il soffitto bianco della sua camera per un’ora finché non si decise ad alzarsi e iniziare a prepararsi.
Doveva essere in Accademia alle nove in punto, avrebbe incontrato i maestri per poi fare la prima prova di ingresso.
Nessuno gli aveva mai dato informazioni dettagliate su questa fantomatica prova, ma da quanto era riuscito a scoprire consisteva in due parti: la prima parte, nella Sala dei Sette, sarebbe stata una breve prova per testare le abilità del nuovo allievo; la seconda prova invece era un colloquio privato tra lo studente e uno dei maestri.
A parte queste vaghe informazioni, sembrava che il tutto fosse diverso da persona a persona; avvenivano tutte in quella maniera ma con contenuto differente.
Chissà cosa sarebbe capitato a lui?
Il dubbio non lo spaventava, avrebbe dato il meglio di sé in tutti i casi, tutti sapevano che i maestri erano saggi e potenti, non lo avrebbero di sicuro disprezzato per il poco che era riuscito ad imparare da solo.
Era il mistero aleggiante attorno alla sua futura classe che lo preoccupava più di tutto.
Non si poteva dire che Walt fosse una persona maleducata, perché non era vero, ma era molto timido e ciò lo portava a chiudersi con gli estranei. Aveva fatto molta fatica ad ambientarsi a scuola.
Ma ormai era grande, perciò inghiottì questi pensieri e una volta vestito si diresse a grandi passi verso la sua meta.
Le strade erano gremite di persone: tra studenti che si dirigevano a scuola, altri studenti che frequentavano l’Accademia e tutti i lavoratori ormai pronti ad affrontare la giornata.
Raggiunse il magnifico palazzo simile ad una cattedrale e attese lì Erik, per raccontargli tutto prima di entrare.
Lo riconobbe da lontano grazie alla suo completo blu che sventolava leggermente alla fresca brezza mattutina.
«Che cosa!?» esclamò l’amico una volta ascoltato il contenuto della lettera che lui stesso aveva consegnato due giorni prima «Ma è una notizia magnifica! Quella balorda di Lilly non mi aveva detto niente» aggiunse scherzando.
«Chi ti aveva fatto il colloquio orale?» chiese Walt, stava sentendo l’ansia salire in quel momento come un liquido ribollente nello stomaco.
«A me l’aveva fatto Eugeo, non era stata una cosa particolarmente piacevole, mi aveva fatto tantissime domande che non c’entravano nulla l’una con l’altra. Ma di solito cambiano sempre, non è detto che ti capiti lui.» disse Erik utilizzando il suo tono da insegnante.
Walt, rassegnato ad affrontare il mistero, si decise ad entrare.
Insieme attraversarono l’altissimo portone di legno che segnava l’accesso all’Accademia e si ritrovarono in un salone in pietra con il soffitto molto alto da cui si vedeva la base di alcune delle guglie dell’edificio, così simili a tronchi di alberi cavi.
Non ebbero neanche il tempo di fare un passo all’interno che una voce femminile con un forte timbro li investì.
«Wela! Ragazzi!».
Loro si voltarono lentamente sapendo perfettamente chi li stesse chiamando così precocemente.
I due amici incrociarono lo sguardo quasi con compassione l’uno verso l’altro e poi si diressero verso il gabbiotto di Lilly, la loro amica portinaia.
Era un ragazza bassina con i capelli bruni tagliati a caschetto, portava un maglietta bianca e rosa con una capretta nera disegnata al centro.
Il suo viso era semplice e paffutello e aveva la pelle particolarmente abbronzata.
 «Allora? Hai ricevuto la notizia, Walt?» chiese Lilly appena i ragazzi si accostarono al vetro del suo ufficio.
«Sì Lilly, e te come va?» chiese educatamente Walt.
«Lo sai che Cindy e Jorgette l’altro giorno stavano per litigare davanti a tutti? E te Erik? Come vanno le lezioni?» chiese, di solito dopo le domande assumeva un’espressione un po’ tonta che i due amici erano consueti prendere in giro.
«Sì, tutto a posto Lilly» rispose Erik.
«Noi andiamo, devo incontrare i Maestri, lo sai» tagliò corto Walt, anche se la considerazione sulla sua amica Cindy lo fece un preoccupare un po’.
«Ovvio, poi raccontami tutto, eh» li salutò la loro amica tornando a concentrarsi sul suo lavoro ma mantenendo un occhio su chi entrava e usciva.
I due amici avanzarono nella sala mentre Erik lo bombardava di ipotesi sulla sua prova orale, Walt però era distratto dall’ambiente che li circondava, in quanto non era abituato a tutta quella routine da studente accademico.
I ragazzi andavano e venivano un po’ dappertutto: c’era chi andava già a lezione, chi compilava documenti, chi andava in biblioteca, ma la stragrande maggioranza cercava e seguiva i maestri per porre le proprie domande e riferire i progressi.
Le lezioni iniziavano ufficialmente alle 8:30 e Walt aveva il suo appuntamento alle 9 precise nella Sala dei Sette.
Però prima di presentarsi, era usuale scegliere i propri indumenti da studente.
Era un’usanza molto antica ma sentita anche dai giovani, che prima della prima lezione sceglievano gli indumenti che li avrebbero accompagnati per tutte  gli anni didattici e battaglie a venire.
Il vestiario era offerto dall’Accademia e tutti potevano accedervi liberamente nel caso in cui cambiassero idea durante il loro percorso di studi o una volta conclusi gli stessi.
Erik infatti, durante il suo primo giorno, aveva scelto il completo blu diplomatico con la camicia grigia che portava tutt’oggi.
La tradizione narrava che quei vestiti avessero abilità peculiari nascoste ma era talmente raro che si considerava fosse soltanto una diceria; nonostante questo era comunque considerata dalla maggior parte della gente una forma di affermazione nella comunità, una sorta di sottolineatura del fatto che c’era ancora chi poteva manipolare la Fantasia a proprio piacimento.
Scesero le scale dirigendosi ai magazzini del piano seminterrato in cui erano custoditi tutti gli indumenti disponibili per i nuovi allievi.
Oltrepassarono un distributore di bevande un po’ammaccato e raggiunsero la porta blindata che segnava l’accesso al deposito.
A fianco dello stipite destro della porta era presente un piccolo pannello elettronico e una fessura.
Erik spiegò a Walt che doveva inserire la propria lettera nella fessura per entrare e gli raccontò di quando al suo posto rimase davanti alla porta per venti minuti in attesa che qualcuno venisse ad aprirla.
Lui seguì il consiglio dell’amico e infilò la sua lettera che venne scansionata dall’apparecchio e subito la porta si aprì.
Non aveva mai visto un magazzino così colmo di vestiti.
Piccole monorotaie di acciaio scorrevano lungo tutta la sala, facendo avanti e indietro e diramandosi anche in più piani l’uno sopra l’altro; il tutto rendeva l’aspetto del magazzino molto labirintico.
Appesi alla monorotaie viaggiavano a velocità costante numerosissimi appendini dai quali penzolavano indumenti di tutti i tipi, colori e dimensioni.
Il tutto era anche molto organizzato, in quanto ogni appendiabito era provvisto di tutto il necessario per quel determinato completo: dalla giacca alle scarpe, ovviamente ce n’erano alcuni meno accessoriati di altri.
Subito Walt si ritrovò spiazzato, Erik lo comprese e cercò di rincuorarlo «Anche io ci rimasi così la prima volta, alla fine basta sceglierne uno e via».
Come fare, però? Il nuovo studente iniziò a far scorrere la mano sulle giacche che percorrevano il loro viaggio appollaiate sulle rotaie.
Alcuni erano carini, colorati, giovanili, estivi, altri invece erano armature in stile antico, tute molto aderenti futuristiche e completi mono-mutanda molto appariscenti.
Walt era molto indeciso, durante i minuti in cui visionò ed esaminò con cura gli abiti che scorrevano davanti a lui ne trovò alcuni che non erano niente male, ma nulla che lo colpì veramente; lui alla fine era una persona semplice.
Poi finalmente lo vide.
Un completo bianco, in velluto leggero, gli piacque tantissimo.
Lo estrasse dalla monorotaia e lo guardò meglio.
Era composto da una specie di giacca-tunica e pantaloni non troppo aderenti che permettevano di fare comodamente i movimenti e un paio di scarpe marroni chiare. Sia la parte superiore che quella inferiore erano di un candido bianco, bordate da delle strisce di tessuto azzurro che a lui ricordarono particolarmente il suo elemento.
«Sì, prendo questo!» disse convinto una volta provatoselo e guardatosi allo specchio.
«Ti sta bene» disse Erik approvandolo.
Una volta indossata la sua nuova uniforme scolastica, Walt e Erik si avviarono verso il piano superiore, verso la Sala dei Sette.
 
 
 
 
La Sala era la stanza centrale dell’edificio, il nucleo, il cuore pulsante; il luogo dove i maestri si riunivano non solo per parlare e prendere decisioni sull’Accademia ma anche dove prendevano le scelte fondamentali per la città.
Non era un vero e proprio governo di Athom ma tutti gli abitanti conoscevano la grande saggezza dei maestri e perciò riconoscevano la loro autorità nel prendere le decisioni per il popolo.
L’entrata era una porta di legno bianco molto stretta e alta.
In quel momento Walt si sentiva un pivello, uno scolaretto davanti al primo vero e proprio esame importante.
Stava per incontrare i Sette!
Già era considerata una fortuna vederli dal vivo durante la giornata, erano delle vere e proprie leggende, le persone più forti e rispettate di tutta Athom.
Aveva sempre desiderato diventare come loro un giorno… e non era l’unico ad averlo sognato fin da bambino.
Spesso, quando erano più piccoli, avevano visto di sfuggita qualche fenomenale impresa di uno dei Sette, magari il salvataggio di una persona da un incendio, la costruzione di un nuovo edificio, qualche volta era anche andato ad assistere alla Battle Stadium per vederli combattere.
Ora li stava per incontrare dal vivo e per rivolgergli la parola, non stava più nella pelle tant’era emozionato.
Dovevano aspettare lì finché a Walt non fosse permesso di entrare nella Sala, che non era quasi mai aperta agli studenti.
Erik notò il suo improvviso mutismo e intuì la situazione, perciò decise di provare a distrarlo un po’.
«Hey Walt, lo vedi il ragazzo che è appena entrato?» gli chiese sottovoce facendo cenno con la testa verso un ragazzo castano in lontananza.
«Quello in pantaloncini che corre?».
«Esatto».
«Chi è?».
«Si chiama Matt, se dovessi essere inserito nella mia classe… beh saremmo io te e lui».
«Ah capito, ed è simpatico?» chiese Walt guardando sospettoso Matt, che continuava la sua corsetta leggera verso la biblioteca senza accorgersi di alcunché.
«Sì, è solo un po’ competitivo».
«E perché corre?».
«Ah questo è un bell’argomento. Se glielo chiedessimo lui ti direbbe che crede di essere in ritardo, ma in realtà non è così. È fissato con la forma fisica e sta tentando in tutti i modi di sviluppare la Fantasia anche sotto forma di Lotta. Ma è difficile che la Fantasia si plasmi a proprio piacere» spiegò Erik che aveva letto i libri sull’argomento.
«Beh se è un tipo competitivo sulla forma fisica non c’è problema, non lo raggiungerò mai. Ma lo sai che anche io a volte sono una testa calda» rispose Walt facendo l’occhiolino a Erik.
In quel momento la porta alle sue spalle scricchiolò rumorosamente e si aprì di pochi centimetri.
«Buona fortuna Walt» disse Erik guardandolo negli occhi.
Walt si voltò, fissò un po’ lo stanzone scuro in cui stava per addentrarsi, poi stinse la spalla a Erik ed entrò.
 
 
 
 
La Sala era molto alta, in penombra e solo in quel momento Walt si rese conto di trovarsi in una rappresentazione reale del simbolo di Athom: un ettagono regolare geometricamente impeccabile, ai cui vertici erano presenti sette troni di marmo molto alti.
I troni non raggiungevano esattamente lo stesso livello ma erano leggermente sfalsati l’uno rispetto all’altro.
Il pavimento in marmo bianco rendeva il tutto ancora più suggestivo ed erano presenti alcune linee nere che univano tutte le basi delle sedute dei maestri.
Walt deglutì a vuoto quando si richiuse la porta alle spalle, certo non era da tutti   i giorni entrare in un luogo quasi mitologico come quello.
Le storie di paese narravano che, essendo il simbolo di Athom l’esatta planimetria di quella stanza, fosse da quel punto che venne costruita la città nei tempi antichi.
Ma non era il momento dei racconti, ora Walt era davvero lì, lo aspettava da anni e finalmente il giorno era giunto.
Essendo la Sala una sala interna all’edificio e poco illuminata alla base Walt provò anche un brivido di freddo percorrergli le ossa.
Avanzò con fare dubbioso verso il centro, dove le diagonali nere dell’ettagono ne formavano un altro più piccolo.
Notò, con un misto di stupore e dispiacere, che non tutte i sette troni erano occupati ma, anzi, solamente tre: quello al vertice opposto alla porta di entrata, uno alla sua destra e un ultimo a cui dava le spalle.
Si guardò intorno non sapendo a chi rivolgersi, i tre maestri lo stavano osservando con interesse ma non dicevano nulla perciò decise di limitarsi ad un innocuo cenno di presenza: «Ehem» fece schiarendosi la voce.
Fu l’unica femmina tra i maestri presenti a parlare per prima.
«Tu devi essere Walt, giusto?» chiese educatamente utilizzando un tono gentile e pacato.
«Sì, sono io» rispose Walt in un misto tra emozione e sollievo causato dal fatto che la ragazza tentava di metterlo a suo agio, gli stava già simpatica.
«Benvenuto all’Accademia dei Sette» proseguì lei sempre in tono amichevole «Io mi chiamo Avis e sono la maestra dell’Acqua» si presentò.
Walt si permise di guardarla meglio, essendo le postazioni dei maestri più illuminate del livello del suolo.
Avis era una ragazza giovane, sui ventisei anni circa, portava i capelli bruni all’altezza delle spalle e aveva uno sguardo severo ma altresì amichevole.
La sua divisa di maestro era molto particolare: indossava un costume da bagno turchese coperto da un velo blu pieno di cristallini scintillanti che, stringendosi in vita, le faceva anche da vestito, con lo spacco sulle sue gambe femminili; una particolarità interessante che colpì Walt fu il fatto che non aveva di maniche, solo il braccio sinistro aveva il velo che lo copriva parzialmente andando ad agganciarsi ad un anello al dito.
«Come già saprai, da oggi hai diritto a frequentare le lezioni che si svolgono all’interno o all’esterno dell’Accademia…»
«Anche se sarebbe più intelligente frequentarle tutte» la interruppe una voce roca.
Walt si girò e guardò l’uomo che aveva parlato, era uno dei maestri che più spesso si vedevano in giro per la città: Eugeo. Era un uomo molto anziano, con i capelli bianchi e un po’ ingobbito dal tempo; indossava una tunica con pantaloni marroni all’antica e aveva con se un bastone da passeggio vecchio, nodoso e raggrinzito, come se avesse la stessa età del suo proprietario.
Si sapeva che, tra tutti, Eugeo fosse il maestro più didattico, teneva molto alle presenze, alla storia e alla teoria invece che alla pratica.
Dopo quell’interruzione Avis proseguì: «Sai già su che elementi si è indirizzata la tua Fantasia?» chiese «Non preoccuparti non è un test, ci serve solo per conoscerti meglio» aggiunse.
Walt non era così sicuro di questa affermazione ma si tenne questo pensiero per sé: «Il Fulmine» rispose sinteticamente.
«Uhm…Solo elettricità?» chiese conferma Avis.
«Sì».
«Hai mai provato a creare campi magnetici?».
«Ehm… veramente no».
«Come no, ragazzo! Campi magnetici? Controllo degli ioni? Mutazione cellulare in elettricità?» chiese più seccamente Eugeo, senza sforzarsi di rendersi più amichevole per il primo giorno di Walt.
«No… non conosco nessuno che controlli l’elettricità che mi possa insegnare»
Gli sguardi di Eugeo e di Avis voltarono un attimo verso il terzo maestro lì presente, seduto con le gambe accavallate a quadrato, che ancora non aveva detto niente.
«Credi che potresti sviluppare altri poteri, un giorno?» chiese ancora Avis sorridendogli come per trasmettere il messaggio “non preoccuparti per quello che ti dice Eugeo”.
«Non lo so, mi piacerebbe» disse Walt guardando in basso, nella più totale onestà.
Avis si intenerì a quel desiderio espresso con così tanta genuinità: «Bene, mostraci cosa sai fare» disse facendo cenno con la mano, alludendo all’ampiezza della sala rassicurandolo inconsciamente sul fatto che non sarebbe comunque riuscito a creare danni.
Walt intuì, portò le braccia davanti a sé e chiuse gli occhi concentrandosi.
Doveva cercare la calma assoluta, il trucco che era riuscito a trovare allenandosi da solo era quello che, se si immaginava bene il proprio attacco nella mente, quello tendeva a generarsi in maniera simile, ma era sicuro di aver bisogno di molto allenamento per riuscirci alla perfezione.
In fondo era lì per quello, perché i maestri gli insegnassero ad utilizzare il proprio potere per fare del bene, per aiutare le persone, essere costruttivo, agire nella Luce. Ecco, quello sì che era un pensiero utile, “agire nella Luce” quello sarebbe stato il suo mantra da seguire.
Al rimbombo di questo pensiero nella sua testa sentì l’ormai naturale energia tiepida fluirgli dal petto ed indirizzarsi verso il punto in cui lui la conduceva, ovvero le mani.
Prima alcune piccole scintille, poi diversi fulmini sottili e luminosi schizzarono fuori dalle sue dita in tutte le direzioni, lampeggiando e illuminando la sala casualmente.
I maestri assistettero alla scena quasi impassibili, studiando e analizzando il potenziale del ragazzo.
Le piccole saette colpivano incontrollate il pavimento e le sedute marmoree della sala, ma senza scalfirli, Walt sapeva che normalmente avrebbe scheggiato la pietra significativamente con il trascorrere del tempo, però lì sembrò non accadere nulla; sicuramente la sala era protetta da qualche strano incantesimo o dal potere dei maestri in persona.
Dopo una manciata di minuti di caos elettrico, Walt smise di generare elettricità, quasi al limite dello sforzo e si voltò a guardare i maestri.
Notò con piacere che sia Avis che Eugeo lo stavano guardando interessati, pensierosi, quasi soddisfatti; non riuscì a vedere l’espressione del terzo, però.
«Io sono convinta che ci darai ottime soddisfazioni Walt, sei riuscito a generare una scossa di lunga durata, che sarebbe riuscita a tenere testa anche a qualche attacco di studenti tuoi coetanei se ben incanalata, è davvero strabiliante» disse Avis con aria di incoraggiamento.
«Il miglioramento che avrai nelle tue prestazioni sarà esponenziale frequentando le lezioni, ragazzo, preparati» lo avvisò Eugeo facendogli capire che pretendevano tanto da lui.
«Cosa ne pensi tu, Walter?» chiese Avis rivolgendosi all’ultimo maestro che non aveva ancora commentato nulla.
Walter cambiò posizione sulla sua seduta, apparendo anche alla vista di Walt: era un ragazzo poco più grande di Avis, lo guardava con un tono autoritario, non con cattiveria ma con interesse.
Walter si alzò in piedi e, con sorpresa del nuovo studente, volò verso terra lentamente, con una gamba leggermente piegata all’indietro, andando ad appoggiarsi con leggerezza davanti a Walt.
Solo in quel momento tutti si resero conto di quanto il caso fu beffardo in quell’occasione. Gli indumenti di Walter erano esteticamente uguali a quelli di Walt, l’unica cosa che faceva la differenza era il colore: quelli dello studente erano bianchi con le strisce azzurre, mentre quelli del maestro erano grigio scuro con le strisce sempre azzurre ma con un fattore fluorescente che le illuminava, rendendole quasi vive.
Gli strinse vigorosamente una spalla con la mano per poi voltarsi verso i suoi colleghi: «C’è da lavorare, ma è pronto».
«Vieni con me» disse rivolto a Walt e lo condusse verso una porticina quasi insignificante, in confronto alla maestosa sala che si stavano lasciando alle spalle.
 
 
 
 
 
 
Entrarono in una stanzetta che a Walt ricordò molto quella di un interrogatorio: grigia, senza finestre, con al centro una scrivania e due sedie.
Maestro e allievo si sedettero l’uno di fronte all’altro.
A Walt la scena suscitò una certa dose di ansia, si trovava seduto a pochi centimetri da Walter, uno dei maestri più misteriosi, si ricordò quello che Erik gli aveva raccontato di lui: un uomo tutto di un pezzo, autoritario, di poche parole e che conosceva a fondo tutti i segreti della Fantasia. Si vociferava che fossero anni che non entrava in azione.
«Allora Walt…» disse incrociando le mani sul tavolo, per lo meno aveva l’istinto di mostrarsi gentile con gli alunni come Avis, «Questa parte del test d’ingresso serve a noi maestri per capire come la Fantasia si comporta con te e dentro di te. Una sorta di ricerca. Voglio che tu non ti preoccupi per qualunque cosa accada, capito?».
«…Ok…» disse Walt un po’ titubante.
«Bene, allora tu devi fare una cosa semplicissima: concentrati sulla tua Fantasia, non c’è bisogno di usare l’elettricità, solo la Fantasia»
«Ci provo…» disse e si concentrò.
Walter si mise in posizione più comoda, sempre con le gambe accavallate, e iniziò a fissarlo, anch’egli concentrato.
La scena rimase statica e silenziosa per molti minuti in cui i due si guardavano negli occhi senza proferire parola.
Walt iniziò a chiedersi per quanto tempo sarebbero dovuti rimanere in tale posizione, ma poi tornò con la mente sull’argomento richiesto dal maestro.
I pensieri riguardo alla Fantasia erano confusi, essendo un entità così sfuggente e intangibile. Se ne conosceva l’esistenza grazie alle antiche leggende, i libri in biblioteca e agli insegnamenti dei maestri, ma nessuno aveva mai concretizzato il concetto.
Walt sentiva la presenza di questa forza, nel suo cuore, nel petto, e sapeva che poteva liberamente dagli sfogo e usufruirne sotto forma di elettricità, non riusciva a concentrarsi su altro.
Il tempo scorreva.
La Fantasia, colei che aveva donato straordinari poteri agli abitanti di Athom, una cosa meravigliosa ma, pensandoci a fondo, se fosse stata utilizzata in maniera sbagliata poteva rivelarsi alquanto pericolosa; per fortuna c’erano i maestri a ristabilire l’ordine quando a qualcuno veniva voglia di utilizzarla per fare del male.
Con questi pensieri vaghi e rimbombanti nella testa, Walt perse la concentrazione e iniziò a sentirsi assopito.
Non poteva distrarsi… doveva concentrarsi sulla Fantasia… la Fantasia…
Ma chiuse gli occhi.
Il pavimento si spezzò in mille frammenti e Walt si ritrovò a volteggiare in un’ambiente nero in cui diverse immagini si susseguivano l’un l’altra.
Si sentì cadere, cadere sempre di più nel vuoto, senza il controllo del suo corpo.
Vedeva scintille intorno a sé, blu, bianche e luminosi flash in tutte le direzioni, sapeva di non essere veramente lì e che probabilmente si era addormentato durante l’esame e stava facendo orribili sogni, ma sembrava così realistico.
Il suo corpo tentò di fermare la sua corsa nel vuoto ma venne proiettato in un punto indefinito nello spazio in cui poteva vedere una galassia maestosa; si chiese come fosse possibile riuscire a respirare in un spazio privo di aria come quello.
Venne catapultato nuovamente in un'altra visione scura in cui era presente un enorme ammasso nero indefinito, con una lunga cicatrice diagonale, azzurra e luminescente.
Questa enorme massa allungò un braccio tentando di schiacciarlo e proprio in quel momento si risvegliò di soprassalto con la testa tra le braccia sul tavolino di acciaio.
Si tirò su velocemente e trovò Walter sempre intento a contemplarlo.
«Mi scusi, non volevo addormentarmi! Non so come possa essere successo!» si agitò.
Walter si alzò ergendosi in tutta la sua altezza.
Il ragazzo si sentì piccolo piccolo, ma era pronto a ricevere la sicura sgridata con consequenziale espulsione dall’Accademia.
«Avanti Walt vai da Lilly in portineria e fatti dare gli orari delle lezioni. Spero di rivederti presto» gli disse invece, sorridendogli in maniera simpatica, conscio di avergli fatto prendere un colpo.
«Cosa? Davvero?! La ringrazio di cuore! E in che classe sarò?» chiese con rinnovata agitazione ma in questo caso scaturita dalla gioia.
«Credo che con Erik e Matt possa andare più che bene» gli disse il maestro.
«Bene, vado subito a raggiungerli! Darò il meglio di me, glielo prometto!» disse, poi si voltò e uscì dalla porta secondaria che dava sull’atrio principale, con la mente troppo in fibrillazione per pensare a cosa fosse successo veramente.
 
 
 
 
Eugeo aveva lasciato la Sala dei Sette per andare ad occuparsi del cantiere della passeggiata sopraelevata in centro città, erano rimasti solo Walter e Avis, entrambi seduti sulle loro postazioni.
«Quindi… credi che sia lui quello predestinato? Ti somiglia così tanto…» chiese lei in tono comprensivo ma preoccupato allo stesso tempo.
«Sì, ne sono sicuro» rispose Walter in tono asciutto.
«Questo cosa può voler dire?».
«Che il tempo a nostra disposizione non è più molto».
 
   
 
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