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Autore: Emmastory    10/07/2017    1 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo XV

Di mistero in mistero

Un solo giorno ci aveva abbandonato fuggendo da noi come un criminale dalla polizia, e proprio questa mattina, qualcosa ci ha sconvolto. Myra, la cagnolina che Stefan ed io abbiamo salvato è ancora viva e vegeta, ma ciò non vale per tre dei suoi cuccioli. Appena arrivata a casa, si è, sotto il grande albero nel nostro giardino, proprio al fianco di Chance. Non era il padre di quelle dolci creature, certo, ma lei lo considerava tale. Inaspettatamente, lo stesso Chance ha imparato a ricoprire il ruolo di padre molto in fretta, prendendosi cura di quei cuccioli come se fossero suoi. Appena ieri, tutto sembrava andar bene, ma oggi, le cose sono cambiate. C’è da dire che non ce l’aspettavamo, ma alla fine è successo, senza che noi potessimo fare nulla a riguardo. L’altra sera, la pioggia ci ha di nuovo fatto visita, e in quella notte, piovosa ma apparentemente tranquilla, la nostra nuova e piccola ospite non ha fatto che piangere e guaire incessantemente. Da bravo compagno e padre adottivo, Chance le è rimasto accanto per tutto il tempo, e mentre credevamo fosse solo spaventata, al risveglio l’abbiamo vista. Accucciata sotto a quell’albero, tremante come una foglia ma sempre vicina alla vecchia scatola di cartone dove si era riparata in precedenza. Confusa dal suo comportamento, oggi mi sono avvicinata per controllare, e solo allora, mi sono resa conto di tutto. Nei suoi occhi c’erano un misto di paura, dolore e tensione, e tutto questo per un solo motivo. Aveva perso tre dei suoi cuccioli, e benchè soltanto uno fosse scampato alla morte restando vivo in una stagione come l’autunno, in cui ogni singolo essere vivente lotta per esistere e andare avanti dopo i rigori del freddo inverno, lei non riusciva a gioirne. Per fortuna lo allattava ancora, ma guardandomi, continuava a chiedermi aiuto. Indecisa sul da farsi, corsi subito in casa a chiamare Stefan, scoprendo dipinta sul suo volto la mia stessa espressione. Eravamo entrambi preoccupati, ed io quasi non riuscivo a parlare. “I cuccioli, presto!” dissi soltanto, perdendo improvvisamente la calma e trascinandolo con me in giardino. Nella corsa, rischiai di cadere, ma una volta tornata alla cuccia di Myra, la guardai implorare aiuto. Agendo d’istinto, strappai pare della coperta su cui riposava, e prendendo in braccio uno dei piccoli, iniziai a strofinare energicamente. L’avevo imparato dalla dottoressa Janet, e pur sapendo che non era una veterinaria, avevo scelto di fidarmi. Stando ai miei ricordi, una manovra simile aveva funzionato su Isaac quando era soltanto un neonato, perciò provare non costava nulla. Con quello stratagemma, speravo di riattivare la circolazione del cucciolo e liberargli le vie respiratorie, e dopo alcuni istanti, il mio gesto parve sortire l’effetto sperare. Finalmente, il piccolo respirava, e il suo pelo non era più freddo come ghiaccio. Imitandomi, Stefan si prese cura di un secondo cagnolino, e io del terzo, poi del quarto, e solo dopo, mi sentii sollevata e felice. Anche se con un gesto quasi disperato, avevo salvato la vita di quei cagnolini, che grazie a me e a Stefan avevano vinto la loro battaglia contro la morte, tornando a far parte del mondo dei vivi. Inutile è dire che quella fu una mattinata di vero fuoco, ma nonostante tutto, il pomeriggio fu fortunatamente migliore. Difatti, Alisia e i bambini si svegliarono da un buon sonno ristoratore, e incredula, mi chiesi come non avessero potuto accorgersi di nulla. Riflettendo, compresi che erano solo bambini di cinque e quattro anni d’età, che fra pochi giorni, per uno di loro sarebbero diventati sei. Proprio così, sei. Era quasi incredibile, eppure Lienard stava crescendo in fretta, ed ero convinta che sarebbe stato felicissimo di festeggiare il suo compleanno e scartare i suoi regali. “Che cos’era tutta quella confusione?” mi chiese Alisia, avvicinandosi e sbadigliando a causa della stanchezza. “Vieni con me.” Risposi, invitandola a seguirmi con un gesto della mano. Obbedendo a quella sorta di ordine, lei mi raggiunse in giardino, dove le mostrai Myra e i suoi piccoli. Appena scampati alla morte, quattro cuccioli di circa due mesi di vita, dal pelo bianco  a macchie nere. All’apparenza tutti uguali, eccetto uno. Il più piccolo del gruppo, completamente nero a focature marroni. Un vero brutto anatroccolo, che nonostante la sua diversità dai fratelli, non era affatto brutto. Speciale, come io preferivo dirlo. “Per Lienard.” Dissi poi, guardando prima lei e poi i cuccioli, ora impegnati a giocare fra di loro e tormentare la povera madre, che ora aveva deciso di lanciarsi anche lei nella mischia e cercare di farli divertire. “Sul serio?” mi chiese Alisia, incerta e dubbiosa. “Certo. È un modo come un altro di imparare cosa sia l’amore, non credi?” risposi, fornendole con quelle parole una spiegazione che lei accettò sorridendo. “Hai ragione da vendere, sai?” mi disse poi, voltandosi a guardarmi e regalandomi un secondo sorriso. Imitandola, non proferii parola, e dopo alcuni attimi di silenzio, la sentii parlarmi. “Ti voglio bene.” Disse soltanto, per poi scivolare di nuovo nel mutismo. Un abbraccio ci unì facendoci avvicinare, e stringendola a me, le risposi. “Ti voglio bene anch’io, sorellina.” Queste le parole che pronunciai mentre il pomeriggio mutava in imbrunire, seguite da un suo profondo silenzio spezzato solo dal leggero sibilo del vento che intanto si era alzato, costringendoci poco dopo a tornare in casa. “Non avranno freddo?” osservò lei, poco prima di rientrare in casa, volgendo lo sguardo verso quei dolci cagnolini. “No, tranquilla. Myra è una brava madre, e in più mi fido di Chance.” La rassicurai, per poi avvicinarmi e chiudere la porta. Subito dopo, mi sedetti con Stefan sul divano di casa, vedendolo alzarsi al solo scopo di accendere il caminetto. La sera stava calando, ed eravamo certi che il freddo non avrebbe tardato ad arrivare, così lo lasciai fare, e aggiornando in fretta il mio diario, rimasi lì seduta. Dopo la cena, andammo tutti a letto, e ammirando il cielo notturno punteggiato di luminose e benevolenti stelle, mi chiesi per quanto ancora avrei dovuto continuare a sforzarmi di vivere una vita tranquilla mentre passavo di mistero in mistero.
   
 
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