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Autore: heliodor    12/07/2017    4 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Richiamo

Joyce decise di fuggire due giorni prima della partenza per Taloras.
Aveva studiato con cura il piano ed era pronta a metterlo in pratica. Nei quattro giorni precedenti era rimasta chiusa in camera, rifiutandosi di bere o mangiare.
Solo la regina era riuscita a convincerla a bere un po' d'acqua.
"O ti ammalerai" disse Marget di Valonde.
Joyce, gli occhi gonfi di lacrime, le aveva rivolto una sola domanda. "Tu lo sapevi?"
"Ignoravo i dettagli" confessò la regina. "Ma sapevo che il circolo di Valonde voleva un'alleanza con Taloras."
"È stato il circolo?"
"Tuo padre ha cercato di negoziare in altri termini. Era persino disposto a cedere parte delle terre del regno pur di non obbligarti a fare questo..."
"Perché allora non si oppone?"
"La guerra..."
Il pensiero di Vyncent impegnato in chissà quale pericolosa azione l'atterrì di nuovo. "Non voglio sentire."
"Joyce, piccola mia..."
"Non trattarmi come una bambina" l'accusò Joyce.
"Allora comportati da adulta" disse la regina con tono più duro. "Questo non è un gioco. Stiamo tutti soffrendo. Roge si è addirittura offerto di andare al posto tuo. Re Hagar ha una figlia della sua età che potrebbe sposare."
Joyce sentì rifiorire la speranza. "Perché allora non mandano lui?" chiese egoisticamente.
"Re Hagar ha altri piani per la figlia. Anche lei è una strega dai poteri eccezionali. Andrà in guerra al posto del fratello per non mettere in pericolo l'unico erede al trono."
"Non è giusto" protestò Joyce.
"La vita è ingiusta, ma dobbiamo viverla ugualmente."
La regina rimase con lei finché non si addormentò. Joyce sognò di viaggiare per deserti e foreste dove nessun essere umano era mai stato prima. Viaggiò e viaggiò fino al villaggio degli elfi, che nelle favole erano sempre crudeli e rapivano i bambini umani per farne loro schiavi. Invece le donarono qualcosa.
A questo punto si svegliò.
Era buio e il castello era silenzioso.
Non riuscendo a riaddormentarsi, meditò su quello che aveva scoperto fino a quel momento.
La sorveglianza attorno al palazzo era aumentata dopo il suo tentato rapimento. C'erano più guardie ai cancelli e più stregoni sul perimetro. Ogni notte venivano evocati dei globi luminosi che rischiaravano ogni zona del castello e le mura.
Stregoni dagli occhi scintillanti sorvegliavano dall'alto il cortile e il palazzo. Karv si era unito al gruppo e lo coordinava. In quattro erano in grado di scandagliare il castello a turno.
Anche usando l'invisibilità doveva attraversare il castello, uscire nel cortile e superare due posti di guardia prima di arrivare all'uscita.
Forse poteva rendersi invisibile e levitare dal balcone della sua stanza fino alle mura. Tuttavia c'era un grosso problema. Suo padre aveva piazzato quattro guardie sui balconi adiacenti al suo. Il loro unico compito era dare l'allarme se qualcuno, magari uno stregone col potere della levitazione, cercava di introdursi nella sua stanza per farle del male.
Non poteva passare dal balcone senza rivelare i suoi poteri o far scattare l'allarme. In quel caso gli occhi di Karv e dei suoi amici stregoni avrebbero puntato su di lei, smascherandola in un istante.
Aveva pensato a tutte le alternative possibili, compresa la possibilità di infilarsi in uno dei carri che lasciavano il castello ogni giorno per andarsi a rifornire di cibo fresco.
Le guardie esaminavano i carri sia in entrata che in uscita. Anche invisibile e trasfigurata in Sibyl l'avrebbero trovata e interrogata.
Questo escludeva anche la possibilità di servirsi di Oren per fuggire. La prima volta aveva funzionato grazie a una falla nella sicurezza, ma con tutte le entrate del castello chiuse a parte quella principale, era da folli pensare che funzionasse di nuovo.
Inoltre Oren non si sarebbe prestato di nuovo al suo piano, nemmeno se si fosse presentata come Sibyl.
C'era un incantesimo di ammaliamento nel compendio di Lacey? Joyce non era ancora arrivata a un capitolo che trattava quel tipo di magia.
Gli ultimi due incantesimi che aveva imparato potevano tornarle utili.
Il primo era un semplice Marchio col quale poteva segnare un qualunque punto. L'altro veniva chiamato Richiamo ed era più interessante.
Joyce aveva scoperto per caso come usarli.
La prima volta aveva piazzato un Marchio sul letto della sua stanza. Le era bastato appoggiare la mano sul lenzuolo e recitare la formula giusta. "Ja' Vima." Era apparso un cerchio di luce cangiante che si era subito spento.
Delusa, Joyce era passata all'altro incantesimo.
Non era riuscita a tradurre la descrizione che ne dava Lacey. Era troppo lacunosa e piena di termini che non conosceva. Joyce era riuscita a imparare solo la formula che attivava l'incantesimo: "Mon Kogaan."
Un attimo prima era vicino allo scrittoio, quello successivo si trovava sul letto nel punto in cui aveva piazzato il marchio.
Ripeté la formula del richiamo senza prima aver lasciato il marchio, ma non accadde niente. Provò a piazzare due marchi, uno sul pavimento e l'altro sul letto, quindi si piazzò nell'angolo più lontano della stanza e recitò la formula di richiamo.
Si ritrovò sul letto. Recitò di nuovo la formula trasportandosi sul pavimento.
Scoprì che veniva portata sempre verso l'ultimo marchio che aveva lasciato, ma poteva creare un breve percorso lasciando due o più marchi. Avrebbe viaggiato a ritroso verso il primo che aveva lasciato partendo sempre dall'ultimo.
Dopo quella notte stava nascendo un piano nella sua mente.
Prima doveva scoprire quanto lontano poteva andare con ogni richiamo.
Quella mattina lasciò un marchio sul pavimento della sua stanza, quindi uscì per una passeggiata nel cortile. Assicurandosi di non essere vista raggiunse uno dei gazebo. Sopra una panchina lasciò un marchio. Si recò alle stalle e lasciò un marchio dietro l'abbeveratoio dei cavalli. Quindi piazzò l'ultimo marchio nel cortile dove settimane prima si era allenata prendendo di mira dei piatti.
Attese paziente che la notte arrivasse. Indossò un mantello con cappuccio in modo da non dover usare l'invisibilità. In questo modo sperava, nel caso Karv o un altro stregone l'avesse vista, di passare per un semplice visitatore che si attardava nel cortile.
Respirò a fondo come faceva ogni volta prima di lanciarsi in qualcosa di stupido e pericoloso. "Mon Kogaan" disse ad alta voce.
Il cortile si materializzò attorno a lei.
Anche a quella distanza non c'era alcuna sensazione di movimento, solo un po' di vertigini subito dopo il richiamo.
Si concesse solo alcuni secondi e pronunciò di nuovo la formula magica.
Si ritrovò accanto all'abbeveratoio dei cavalli.
Attivò di nuovo il richiamo e il gazebo era attorno a lei.
Recitò per l'ultima volta la formula e si ritrovò nella sua stanza.
"Ha funzionato" si disse trionfante.
Ora doveva solo trovare il modo di sfruttare quel nuovo potere per scappare. Aveva un solo giorno per riuscirci.
 
"Stanotte o mai più" si disse quella mattina mentre si preparava per la colazione. Era la prima volta che mangiava da quando si era ritirata nella sua stanza. Doveva rimettersi in forze per il viaggio.
Aveva pianificato ogni cosa. Appena fuori dal castello avrebbe cercato una nave. Per pagarsi il viaggio avrebbe venduto uno dei suoi gioielli. Avrebbe viaggiato fino a qualche regno vicino, quindi sarebbe andata a Londolin, mettendosi sotto la protezione della famiglia di Vyncent. Lì avrebbe atteso il suo ritorno.
In quel momento le sembrava una buona idea. Molte cose potevano andare male, ne era cosciente, ma era determinata ad andare avanti lo stesso.
Prima doveva uscire dal castello. Il modo più semplice sarebbe stato quello di piazzare un marchio poco fuori dalle mura e usare il richiamo per raggiungerlo.
Il problema però era uscire di lì, quindi tornava sempre al punto di partenza. Non c'era modo di uscire dal castello senza essere vista o individuata.
Un momento, si disse. Non è necessario che sia io a uscire, ma il marchio.
Terminata la colazione andò in cortile e finse di fare una passeggiata. Facendo dei giri sempre più laghi si avvicinò all'area dove gli inservienti scaricavano i carri pieni di cibo.
Joyce ne scelse uno e si avvicinò cercando di non dare nell'occhio. Nessuno badò a lei e se lo fecero la ignorarono.
Per quelle persone era solo una curiosa.
Quando fu certa che nessuno la guardasse si arrampicò su uno dei carri. Muovendosi con passo leggero andò sul fondo e marchiò le assi di legno. Quindi saltò giù dal caro dopo essersi assicurata che nessuno stesse guardando nella sua direzione e si allontanò come se niente fosse.
Trascorse le ore successive preparandosi per la partenza. Mise nella borsa solo quello che le sembrava utile. Gioielli, prima di tutto, per barattarli in cambio di un passaggio sulle navi. Il compendio magico di Lacey. Un paio di altri libri da leggere durante il viaggio per non annoiarsi. Storie d'avventura e romantici duelli magici per conquistare il cuore della bella principessa. Si domandò se Vyncent avrebbe duellato per lei. Il simbolo della casata di Londolin che le aveva regalato il giorno in cui si erano parlati sotto al gazebo. Il solo pensiero le causò una fitta dolorosa allo stomaco.
Quanto era lontano quel giorno? E quanto era stata sciocca e ingenua a pensare di poter vivere fino in fondo il suo sogno romantico?
Oren aveva detto che era solo una stupida ragazzina viziata.
Ingenua certo, illusa forse, ma non stupida e oggi l'avrebbe dimostrato evadendo dalla sua prigione.
Sarebbe venuto a tutti un gran colpo quando, la mattina dopo, l'avrebbero cercata ovunque nel castello. Con un po' di fortuna lei sarebbe già stata in viaggio verso Londolin, libera e salva almeno per il momento.
Il resto sarebbe stata una conseguenza di ciò che stava per fare.
Suo padre non avrebbe rischiato una guerra contro un regno lontano e l'avrebbe lasciata andare. Prima o poi Vyncent sarebbe tornato a casa per una licenza e allora l'avrebbe trovata ad aspettarlo.
Qualcuno bussò alla porta.
Joyce sbandò. Non era prevista nessuna visita per quella sera e lei era stata chiara su quel punto. Era stanca e voleva riposare fino al mattino dopo. Aveva anche dato l'ordine di non svegliarla per nessun motivo.
E allora chi era che bussava alla porta? Se era una guardia che effettuava un controllo si sarebbe insospettita se non rispondeva. Avrebbe dato l'allarme e tutto il castello si sarebbe messo subito sulle sue tracce.
Decise di aprire, aveva già pronte due o tre risposte credibili da dare alla guardia.
Invece si trovò di fronte a Roge.
"Bene, sei già vestita" disse entrando nella stanza.
"Cosa?"
"Partiamo subito."
"Per dove?"
"Taloras."
"Ma dovevamo partire domani" protestò lei.
"Papà ha cambiato idea. Malag potrebbe riprovare a rapirti e non vuole correre rischi."
"Devo prendere delle cose..."
"Ci penseranno i valletti." Roge le afferrò la mano e la trascinò via quasi di forza.
 
Tre carrozze coperte erano in attesa nel cortile. Roge la guidò verso quella di coda e l'aiutò a salire. All'interno c'erano due guardie e due stregoni. E Oren.
Sedette accanto a lui.
"Vostra altezza" disse il ragazzo.
Joyce non ebbe la forza di salutarlo. Tutto stava accadendo troppo in fretta. Il suo piano ben studiato stava andando in malora.
La carrozza si mise in marcia assieme alle altre due. Il corteo era aperto e chiuso da dodici cavalieri. Alcuni di essi erano stregoni che indossavano i simboli del circolo di Valonde.
Qualunque cosa facesse, ovunque andasse, nonostante i suoi sforzi era sempre prigioniera.
Valutò la situazione con calma. Oren guardava fuori dal finestrino come aspettandosi un attacco da un momento all'altro. Le due guardie si imitavano a fissare un punto davanti a loro. I due stregoni invece non smettevano di fissarla. Il loro sguardo era severo.
Uno di loro era una strega dai capelli raccolti in piccole trecce. Aveva occhi a mandorla e labbra carnose. La pelle era bronzea, una tonalità molto rara anche nel variegato miscuglio di Valonde.
L'altro stregone era un uomo sui quarant'anni, viso piatto e occhi incassati nelle orbite.
Non si presentarono, non la salutarono e non si degnarono di rivolgerle la parola per nessun motivo. Sembravano piuttosto seccati di trovarsi lì.
"Era proprio necessario, Sige?" domandò la ragazza a un certo punto.
"Fai silenzio, Wena."
"Ma è così umiliante" protestò lei.
"Ti ho detto di fare silenzio."
Wena chiuse la bocca. Il suo sguardo si fece ostile e Joyce non ne capiva il motivo.
Strinse a sé la borsa dove era riuscita a infilare le poche cose che intendeva portarsi dietro per il viaggio. Avrebbe voluto stringere tra le dita il dono che Vyncent le aveva dato giorni prima, ma non osava muovere un muscolo per non insospettire  i due stregoni.
La carrozza svoltò in una strada laterale lasciando il corteo, seguita da quattro stregoni a cavallo. Procedettero per quasi mezz'ora per le vie della città, superando viali, piazze e fontane.
A giudicare dall'odore salmastro erano nel quartiere del porto. Guardando fuori vide i magazzini di legno allineati lungo il molo sfilarle davanti.
Non si vedeva anima viva in giro.
La carrozza si arrestò davanti a uno dei magazzini.
Sige, allarmato, guardò fuori. "Non è questo il luogo convenuto."
"Forse il re ha cambiato idea" suggerì Wena.
Sige non le rispose. Aprì la portiera della carrozza e scese. Lo stregone percorse qualche passo sul molto guardandosi attorno. "Non era questo il piano" disse con voce incerta.
Poi tutto divenne confuso.
Wena si alzò dal suo posto e andò alla portiera. Sollevò il braccio e lo puntò contro la schiena di Sige. Dal palmo aperto partì un dardo magico.
Lo stregone si accasciò al suolo.
Joyce ebbe solo il tempo di aprire la bocca.
Wena era immobile, come se stesse contemplando ciò che aveva fatto.
Oren si alzò e le diede una spallata, sbilanciandola. La strega perse l'equilibrio e precipitò dalla carrozza sbattendo sul selciato.
Si stava già rialzando quando Oren afferrò Joyce per il braccio e la spinse verso la portiera sul lato opposto della carrozza. Il tempo di aprirla e un dardo magico esplose sopra le loro teste.
Joyce non osò voltarsi. Si infilò attraverso la portiera e scese al volo. Oren la seguì.
"Correte senza voltarvi" disse il ragazzo.
Joyce non se lo fece ripetere.
Qualcuno gridò alle loro spalle. Ci furono dei crepitii. Altre grida confuse.
Joyce corse senza voltarsi. Svoltò a destra infilandosi in un vicolo. Lo percorse fino a un incrocio. Andò a sinistra, poi ancora a destra.
Corse finché aveva fiato. Stremata, si fermò all'ombra di un vicolo. Da un balcone sporgente giungeva un chiarore appena sufficiente a rischiarare la strada.
Era sola.
Oren era sparito.
Wena era sparita.
La scorta che doveva portarla al sicuro sulla nave per Taloras era sparita.

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