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Autore: luciaprincen7    13/07/2017    0 recensioni
"È una leggenda, okay? Quindi non spaventarti. Si dice che quel posto sia maledetto da Dio, perché si pensa che sia quello il luogo dove Satana fece cadere sulla terra l'angelo Michele. Michele una volta stava in Paradiso, al fianco di Dio. Quando Lucifero si ribellò e tutti gli angeli furono chiamati a scegliere tra Dio e la Stella del Mattino, fu lui che consigliò al Trono di far cadere tutti gli angeli che sceglievano Lucifero nell'Inferno. Si racconta poi che quest'ultimo provava così tanto odio per Michele da rapirlo dal Paradiso e tranciargli le ali, che poi appese come trofeo sopra il suo trono tra le fiamme" fece una pausa per prendere fiato, "si dice quindi che Michele fu fatto cadere sulla terra, privo delle sue ali, e imprigionato nelle profondità di un pozzo. Un anno fa una ragazza ha tentato di togliere l'edera da quel pozzo che tu hai visto ieri mattina. Ed è morta strangolata. Si chiamava Isabelle, ed era mia amica" guardò negli occhi Aniel che colse un profondo dolore. Le veniva quasi da piangere, ma cercò di rimanere calma.
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tratto dal capitolo secondo
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aniel correva verso una parete d’acqua argentea. Non sapeva dove fosse diretta, sapeva solo che quando avrebbe raggiunto quella parete sarebbe stata al sicuro. Doveva toccarla a tutti i costi. Era argentea e splendeva come illuminata dalla luna. Aniel non riusciva ad accelerare la corsa come avrebbe voluto, perché il vestito che indossava era lungo e ingombrante, di organza color porpora. Il vento le scompigliava i capelli neri e sferzava il suo corpo come tante lame ghiacciate. Quando finalmente raggiunse la parete, non vide altro che il suo riflesso. Ma pochi secondi dopo dietro di lei apparve un ragazzo. Era bellissimo, radioso e circondato da un’aurea di luce bianca. La guardava con sguardo triste, come se lei stesse per partire senza più fare ritorno. I suoi occhi erano oro liquido e la sua pelle ambra. Si avvicinò al suo collo, come se volesse baciarlo, ma con un movimento fulmineo avvicinò le sue labbra rosse all’orecchio di lei.
Beliar” le sussurrò. Aniel capiva il significato di quella parola, ma era come se la sua mente si rifiutasse di accoglierla. Poi tutto si dissolse. Lo specchio si frantumò e cadde ai suoi piedi, insieme al riflesso del giovane.
 
**********
 
Un raggio di sole attraversò le tende della finestra e Aniel fu costretta ad aprire gli occhi. Lei non sognava mai, ma quella notte era stata incredibile. Ricordava un nome…pronunciato da un ragazzo…Beliar. Ma chi era? Non le diceva assolutamente nulla. Di certo la frittata fredda della sera prima le doveva averle procurato un sonno tormentato. Ma il sogno sembrava così vivido…le sembrava ancora di sentire sotto le dita la consistenza viscida dello specchio argenteo e il respiro di quel ragazzo sul collo…quella sensazione le procurò un brivido. Guardò la sveglia sul comodino, le sette e un quarto. La colazione stava per essere servita. Si alzò cercando di fare poco rumore, perché sentiva Sally che respirava profondamente e bofonchiava nel sonno. I suoi sforzi però non valsero a nulla perché poco dopo la sveglia suonò. Sally si levò rapidamente dal letto, come se fosse stata sveglia fino a un secondo prima. Aniel la invidiò: lei ci metteva ore a svegliarsi completamente.

“Hmm, che splendida giornata!” esclamò Sally aprendo le tende e osservando la coltre di nebbia che si estendeva in tutto il giardino dello Union College.
“Dormito bene?” chiese ad Aniel. Prese una spazzola e iniziò a spazzolare i capelli ciocca per ciocca.
“Direi di no. Mi fa male ovunque” la lezione di scherma del giorno prima l’aveva distrutta. Non aveva mai praticato sport a parte qualche lezione di yoga con sua madre l’anno precedente.
“Ma dai, fai sul serio? Io adoro la scherma!” trillò lei. Come faceva ad avere tutta quell’energia alle sette del mattino?
Scesero in mensa a fare colazione. Aniel prese i pancakes con del miele e un po’ di the al bergamotto, il suo preferito. Verso le otto le raggiunse Raphael, in un completo ginnico blu. Gli stava molto bene e i capelli raccolti valorizzavano i grandi occhi castani.
“Buongiorno! Stamattina ho due ore di atletica, quindi penso che ci vedremo alla festa in spiaggia di stasera…” scoccò ad Aniel un’occhiata fin troppo confidenziale.
“Quale festa?” chiese Sally addentando un muffin ai mirtilli.
“Gabriel ha organizzato, chiedi a lui per i dettagli sorella” Sally sbuffò.
“Non mi sta simpatico, quel tipo. Ma adoro i falò, quindi digli che ci sarò. E anche Aniel ovviamente”
“D’accordo, glielo dico ora in palestra. A stasera, chicas!” si passò una mano tra i capelli e si avviò verso il corridoio. Una festa in spiaggia? Aniel era stata a feste in discoteca e a feste di compleanno, ma mai in spiaggia, nonostante casa sua distasse a meno di dieci chilometri dall’oceano.
“Stasera ti farò conoscere un po’ di gente, ti piacerà” disse Sally sorridendole. “poche cose sono buone allo Union College e una di queste sono le feste di Gabriel, anche se odio ammetterlo”
“Non ho neanche un vestito adatto” rispose Aniel mordendosi il labbro inferiore.
“Quello non è un problema, il mio armadio non vede l’ora di accoglierti nelle sue grinfie” Sally alzò un sopracciglio maliziosamente.

*************
 
La giornata trascorse tranquilla, anche se Aniel continuava a pensare a quel nome e a quel ragazzo nel sogno. Tra l’altro la sera prima Sally si era anche dimenticata di parlarle della storia di White Bor…così decise di glielo avrebbe chiesto quella sera.
 
Mentre Sally rovistava nel suo armadio, Aniel controllava la temperatura esterna sul suo cellulare. Dava dieci gradi verso le ventuno. Ormai era ottobre inoltrato e non si poteva andare in giro con tubini scollati o spaccature vertiginose come quelle del vestito che Sally le stava mostrando.
“questo è perfetto! L’ho preso in una botique a Parigi, due anni fa” era rosso, con una scollatura a cuore piuttosto accentuata e uno spacco sul lato sinistro.
“Non fa proprio per me, Sally…non hai nulla di nero?” implorò Aniel.
“Anima nera, eh? E va bene” affondò la mano in uno dei tanti cassetti e sfoderò un vestito nero, non molto corto e piuttosto aderente. Almeno non aveva una scollatura esagerata.
“Questo mi piace” disse Aniel, facendo scorrere tra le dita il tessuto liscio e morbido.
“Non ne dubitavo” sbuffò l’altra, prima di ridere.
Aniel iniziò a spogliarsi. “Senti Sally, ieri sera volevi dirmi qualcosa riguardo a un posto…” cominciò Aniel, con voce innocente. Era troppo curiosa. Non sapeva come, ma in qualche modo pensava che quel posto, quella fontana, c’entrasse con il sogno che aveva fatto la notte precedente.
Sally sbuffò, poi tirò fuori la testa dall’armadio. La sua espressione di solito sempre serena si incupì.
“Tu vuoi sapere di White Bor. D’accordo, siediti.” Quella frase suonò quasi come un ordine. Aniel si sedette sul bordo del letto dell’amica, mentre Sally si mise a gambe incrociate sul tappeto persiano.

“è una leggenda, okay? Quindi non spaventarti. Si dice che quel posto sia maledetto da Dio, perché si pensa che sia quello il luogo dove Satana fece cadere sulla terra l’angelo Michele. Michele una volta stava in Paradiso, al fianco di Dio. Quando Lucifero si ribellò e tutti gli angeli furono chiamati a scegliere tra Dio e la Stella del Mattino, fu lui che consigliò al Trono di far cadere tutti gli angeli che sceglievano Lucifero nell’Inferno. Si racconta poi che quest’ultimo provava così tanto odio per Michele da rapirlo dal Paradiso e tranciargli le ali, che poi appese come trofeo sopra il suo trono tra le fiamme” fece una pausa per prendere fiato, “si dice quindi che Michele fu fatto cadere sulla terra, privo delle sue ali, e imprigionato nelle profondità di un pozzo. Un anno fa una ragazza ha tentato di togliere l’edera da quel pozzo che tu hai visto ieri mattina. Ed è morta strangolata. Si chiamava Isabelle, ed era mia amica” guardò negli occhi Aniel che colse un profondo dolore. Le veniva quasi da piangere, ma cercò di rimanere calma.
“Tutti dicono che stava già male da un po’ e che l’ha fatto volontariamente…io credo che sia così. Non penso che una storia del genere sia vera, io non credo in Dio e nemmeno a questa cavolata” si alzò dal tappeto, strofinandosi gli occhi col dorso della mano.
“Sally…mi dispiace molto. Io ero solo curiosa, tutto qui” un pochino si sentiva in colpa. Infondo aveva riaperto una vecchia ferita e di certo non era quello il suo obiettivo.
“No, hai fatto bene. È acqua passata…e ora godiamoci questa serata!”

Poco dopo raggiunsero la spiaggia. Il vento era fresco, ma non gelido come ci si sarebbe aspettato. Aniel aveva ancora tante cose da chiedere a Sally, ma non se l’era sentita dopo quello che aveva scoperto. C’era qualcosa che non le aveva detto, l’aveva visto nei suoi occhi sfuggenti quando aveva parlato di quella ragazza, Isabelle.
La spiaggia era gremita di ragazzi che chiacchieravano animatamente e che arrostivano salsicce sui falò. Sally trascinò Aniel verso un gruppo di ragazze tutte elegantemente vestite.
“Ragazze, vi presento Aniel, la mia coinquilina!” squillò Sally, con tutta la felicità che aveva in corpo. Aniel avrebbe voluto scomparire.
“Aniel, loro sono Sophie, Annabelle e Linda” disse indicando rispettivamente una ragazza riccia con gli occhi verdi, una mora dal viso simpatico e una ragazza dai lunghi capelli castani e occhi azzurri. Aniel notò che tutte portavano un ciondolo al collo di una strana forma, forse una specie di runa.
“ciao!” dissero tutte in coro, sfoderando sorrisi incoraggianti. Erano tutte bellissime.
Dopo aver bevuto qualche drink insieme al gruppo di Sally, Aniel si sedette in riva al mare ad osservare l’oceano. Si strinse nelle spalle, perché l’aria notturna le stava congelando le punte delle dita. Continuava a pensare a quello che le aveva detto Sally…a quella ragazza. Chissà perché aveva tolto l’edera dal pozzo. Credeva davvero a quella leggenda e come Aniel era solo curiosa? Decise che la mattina dopo sarebbe tornata in quel luogo. Si sarebbe alzata prima di Sally e avrebbe attraversato il giardino, come la mattina precedente. Voleva osservare più a lungo quel posto, per capire di più cosa davvero era accaduto.
 
   
 
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