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Autore: Elphie94    14/07/2017    0 recensioni
[Modern!AU] Considerato il più grandioso genio del nuovo secolo, Erik Danton vive recluso, nascondendo al mondo la ragione della sua volontaria segregazione. La sua vita cambia quando vi entra a far parte Meg Giry, una ragazza spavalda e apparentemente senza regole, che diverrà la sua nuova (quanto involuta) allieva. Tra i due non scorre buon sangue, ma nessuno, neanche Erik, può prevedere il futuro...
[Edit 2020: lievi correzioni e modifiche al testo.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Erik/Il fantasma
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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xiii.


Erik sposta il peso del corpo da un piede all'altro, per il resto immobile dinanzi all'uscio dell'appartamento. È un'idea ridicola. Davvero ridicola. Neanche Dio sa perché ha accettato… o forse sì, e lui è troppo ostinato per non negarlo a se stesso.
Ne comprende appieno la ragione quando la porta si apre, rivelando una figura esile vestita di rosso, gli occhi brillanti, la fronte bassa coperta dalle ciocche disordinate della frangia scura.
«Non pensavo saresti venuto sul serio.» Meg vuole apparire irriverente e sicura di sé come di consueto, come se la cosa non le importasse davvero, ma non lo inganna. Le sue guance arrossiscono alla vista dell'uomo alto, magro e imbacuccato sulla soglia di casa sua.
«Erik mantiene le sue promesse, quando gli altri se lo meritano.»
Meg a quel punto alza gli occhi al cielo in un gesto di supremo scetticismo e lo invita ad entrare con un cenno della mano.
Giorni prima, lo ha convinto a festeggiare con lei il Natale, assicurandogli che persino sua madre lo avrebbe accolto volentieri, e che Dany ne sarebbe rimasta entusiasta. Erik dubita che il sentimento che ha spinto la suo ospite a proporgli una simile sciocchezza sia differente dalla pietà nei confronti di un uomo che, solo, sarebbe rimasto a comporre freneticamente per l'intera durata della Notte Santa.
«Non sono religiosa» aveva spiegato Meg, sulla difensiva, «ma nessuno dovrebbe rimanere in una solitudine tanto spettrale il giorno di Natale.»
E così quella sera, dopo il caratteristico cenone, Erik si presenta sulla soglia di casa Giry, cercando di dimenticare che lì, l'ultima volta, Meg gli ha baciato una guancia deturpata con le sue labbra colorate di belletto. Il turbinio di sensazioni che una vicinanza simile ha smosso dentro di lui è intollerabile.
Come Meg aveva previsto, Dany corre ad abbracciarlo — Erik si irrigidisce al contatto; deve ancora farci l'abitudine — mentre Antoinette Giry si prodiga in ringraziamenti per l'ottimo lavoro che sta facendo con la figlia e gli offre del caffè. Erik rifiuta con la maggiore cortesia possibile — non ha nessuna intenzione di sfilarsi la maschera — ma si prepara ad affrontare una nuova conoscenza: Luc, l'ex ragazzo di Meg, nonché padre di Dany. È un giovane di bell'aspetto, pelle scura e sorriso caloroso.
«Sono onorato di fare la vostra conoscenza. Meg mi ha parlato molto di voi, Monsieur Danton» gli dice dopo avergli stretto la mano guantata con più emozione di quanta Erik potesse prevedere, una volta accomodati in soggiorno.
«É un tuo grande fan» spiega Meg con un sorrisetto, facendo dondolare sulle ginocchia la piccola Dany.
«Capisco» risponde Erik, e si sente immediatamente molto ottuso. Non ha alcun talento nel relazionarsi con gli altri, ma Luc appare lieto di averlo lì con loro, e tanto basta. Molto probabilmente conosce ciò che cela sotto la maschera, ma non ne fa menzione alcuna. Si limita a un: «Meg ha detto che, prima di diventare il grande musicista che tutti conosciamo, eravate già molto impegnato… un uomo d'azione
Per poco la giovane madre non si fa scivolare Dany dalle ginocchia. Erik le riserva un'occhiata interrogativa. Non ha rivelato nulla sul suo discutibile passato, questo è ovvio; deve aver sviato parecchie domande curiose da parte di Luc, che in quanto suo fan è non poco interessato alla vicenda del misterioso genio della musica.
«Qualcosa di simile, sì» concorda Erik, e non è arrabbiato. L'interrogatorio cessa all'istante e Meg, frattanto, tira un sospiro di sollievo.
Mentre i suoi ospiti preparano la tavola per giocare a Monopoli, Erik si guarda intorno: è un appartamento modesto, ma dall'aria sicuramente più vissuta della sua villa isolata. Addobbato in quel modo per il Natale, crea un effetto di dolce serenità. Erik non ha mai provato niente di simile, neanche nel luogo che chiama casa.
«Nadir non è potuto venire?» gli chiede Meg sottovoce, chinandosi su di lui. La vicinanza lo allarma e gli dà le vertigini al tempo stesso.
«I musulmani non festeggiano il Natale.»
«Sì, lo so. È un peccato che rimanga solo, però.»
Vengono interrotti da Dany, che vuole recitare a tutti i costi la poesia natalizia che ha imparato a scuola. Erik sorride alla bambina e applaude come gli altri, alla fine, neanche avesse declamato un sonetto di Shakespeare. Dany diventa color porpora e si rifugia nell'abbraccio del padre, al che Erik prova un istantaneo fiotto di gelosia. Lui non avrà mai niente del genere — la dolcezza di stringere una propria creatura tra le braccia, e anche… una moglie al suo fianco. Una famiglia.
Il suo sguardo guizza su Meg, che battibecca con Luc su chi dovrebbe amministrare la banca del Monopoli — e alla fine, come sempre, vince lei.
Erik non ha mai avuto l'opportunità di svagarsi con un gioco da tavolo, non con qualcun altro, e si vede. È molto impacciato, in una maniera che non è caratteristica di lui. A quella vista, Meg sorride.
«Finalmente qualcosa che non sai fare.»
È vano dire che è il primo a perdere, ma riscatta il suo orgoglio ferito quando, al pianoforte di casa Giry — uno strumento che dovrebbe essere accordato con maggior cura — suona O Holy Night in una carola tanto intensa che la sua voce fa piangere silenziosamente Dany e inumidisce gli occhi degli altri, traboccante lacrime di diamante puro.
«Siete un vero genio, Erik — posso chiamarvi Erik, vero?»
Luc è il primo a riprendersi dalla malia musicale che Erik ha intessuto per loro. Questi annuisce con un sorriso lieve ma educato.
Quando è ora di andarsene, Dany protesta perché rimanga un altro po' lì con loro,  almeno per l'apertura dei regali. Il che gli ricorda…
Erik saluta tutti con un inchino d'altri tempi, accompagnato da Meg sulla soglia. Dal soggiorno, giunge ancora il frastuono confortante di una famiglia felice.
«Ho qualcosa per te» le sussurra, e Meg sorride del suo fare cospiratorio. Erik ricambia, estraendo da una tasca interna del cappotto quelli che sembrano dei biglietti, e glieli porge.
Meg li osserva, stupefatta, e quando capisce, per poco non emette un grido estasiato — può dirlo dalla luce che le illumina il volto.
«Due biglietti per New York» dice lei, ancora incredula. «E per Rent! Oh, Erik, non ci posso credere!» Il suono della sua risata gli riempe il cuore di una veemente meraviglia che non riesce a sopprimere. Quello stesso cuore minaccia di piroettargli fuori dal petto quando lei, d'istinto, lo abbraccia, mormorando i più sentiti ringraziamenti. Poi si allontana, improvvisamente imbarazzata.
«Perché?» chiede, senza parole.
«É il tuo regalo di Natale. Inoltre, so che fra circa una settimana è il tuo compleanno. Puoi portare con te chi vuoi — tua madre, Dany, una tua amica, il tuo giovanotto…» Erik fa un cenno al soggiorno, da cui giungono ancora le chiacchiere della famiglia Giry.
«Non posso accettare. Saranno costati una fortuna.»
«Ho denaro da spendere in abbondanza.» Qualsiasi cosa pur di farti felice
«Io non ho nulla da darti in cambio.»
«É un dono, non un baratto.»
«Non è che stai cercando di comprarmi?» sogghigna lei, irrisoria.
«Non — era solo un modo per ringraziarti per essermi rimasta amica malgrado…»
«Stavo solo scherzando. Ma voglio sdebitarmi.»
«Svolgi regolarmente i tuoi esercizi di solfeggio e sarò soddisfatto.»
Lei sorride, scuotendo il capo. «Pensavo che… Broadway. New York. Il sogno di una vita.»
«Sì.»
«Ma mia madre preferisce i musical vecchia scuola, a Luc i musical in generale fanno l'effetto di un sonnifero e Dany è troppo piccola. E non ho amici così intimi da portare con me fino a New York.» Si rigira i biglietti tra le dita, attenta a non stropicciarli. «Magari… potresti accompagnarmi tu?»
Suona certamente come una domanda, visto il tono interrogativo. Erik strabuzza gli occhi a quella proposta inaspettata.
«Io?»
«I biglietti li hai pagati di tasca tua.»
«Non è stato un problema, e credimi, non devi sentirti in obbligo con me per…»
«Non è per un senso d'obbligo. Mi piacerebbe semplicemente che tu… mi accompagnassi.» Meg china il capo, arrossendo.
A quella visione, Erik impallidisce sotto la maschera: la spudorata e freddamente sarcastica Meg Giry che arrossisce per lui.
«Non credo sia una buona idea…»
«Perché no?» domanda lei, confusa.
Perché questo mi avvicinerebbe a te più di quanto io meriti.
«Non sarebbe meglio se portassi un amico con te?»
«Tu sei mio amico.»
Erik vi pondera su, in conflitto con se stesso. Quale sarà la sua mossa, alla fine? La più giusta o la più egoista?
«D'accordo. Ti accompagnerò volentieri.»
Sono debole, ecco la verità. Pensavo che il mio cuore fosse fatto di pietra, e invece è più soffice di una piuma.
A quelle parole, Meg sfodera un sorriso di una bellezza mozzafiato e per poco non gli getta di nuovo le braccia al collo. Fortunatamente, si trattiene.
«Tua madre sarà d'accordo?»
«Non prendo ordini da lei.»
Si salutano sulla soglia, e la giovane gli sfiora ancora la guancia mascherata con le labbra. Erik non sa cosa pensare delle viscere che, a quel minimo contatto, gli si avviluppano nel ventre come nella morsa del laccio del Punjab.



Note dell'autrice: In realtà non credo ci fosse una produzione di Rent a Broadway nell'anno in cui questa storia è stata scritta e ambientata, ma fingiamo che sia così. Non sarebbe la cosa meno realistica dell'intera fic. :D
   
 
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