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Autore: imdreaming_saffo    14/07/2017    1 recensioni
Quando Overwatch si riunisce, dopo la chiamata di Wiston, Lena 'Tracer' Oxton sa che vuole tornare a combattere per il bene e la giustizia. Non sa che le attenderà un futuro che metterà a dura prova la fede in tutto ciò che credeva. Il passato riaffiora insieme ad un nuovo avvenire, con un'inaspettata conoscenza...
[ Widowtracer ]
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Amélie 'Widowmaker' Lacroix, Lena 'Tracer' Oxton, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Tracer.

Battei il pugno con forza contro la parete di vetro, incubata in quella vasca come un pesce in un acquario. Vedevo delle figure di fronte a me, increspate dall'acqua che mi riempiva gli occhi, impedendomi di vedere chiaramente i loro volti che restavano anonimi, come le figure che da bambina venivano ad infestarmi gli incubi. Non percepivo nulla, come se improvvisamente avessi perso la sensibilità al mio corpo; per quanto battessi con forza contro il vetro non sentivo alcun dolore al pugno, come se quel braccio non mi appartenesse. Sentivo le orecchie ricolme d'acqua, otturate, mentre ogni singolo suono era distante, come a kilometri di distanza. Per quanto stessi urlando nella maschera che mi avevano infilato, nemmeno il mio stesso grido riuscivo a sentire. 


Mi sollevai di scatto dal pavimento ansimando, portandomi la mano alla gola nel tentativo di trattenere l'aria che stavo trangugiando. Un incubo. Solo un incubo. 
Un sogno che però sarebbe stato la mia giornata l'indomani. 
Era quello la "chicca" della Talon, il loro famoso lavaggio del cervello che aveva portato Amèlie a diventare quello che era ora, assinando suo marito. Un trattamento inumano, a dir poco.
Lasciai che il palmo mi scorresse lungo la fronte per asciugarmi il sudore che imperlava la pelle, risultato di ciò che avevo sognato. 
Nel buio della stanza, un guizzo di luce azzurra mi fece sollevare gli occhi che si posarono su una figura esile; due occhi di un celeste acceso si puntarono su di me, appartenenti a un viso estremamente familiare... il mio viso.

« Lena, ma guarda un po', quanti anni sono passati? » disse la figura incorporea, simile alla luce che si propagava dal mio acceleratore temporale. Un sorriso divertito apparve su quelle labbra. 
Quella 'cosa' era stato il mio incubo per alcuni mesi dopo il mio ritorno dall'incidente dello Slipstream. 

« Per mia fortuna, tanti. » borbottai, scuotendo il capo e sprimacciando gli occhi, nel tentativo di mandarla via. La dottoressa Ziegler l'aveva definito uno "scherzo" della mia mente, il risultato della mia esperienza che ancora non riuscivo ad accettare all'epoca. Perché doveva tornare proprio ora? Forse per quello che mi stava facendo la Talon? 

Sentii come toccarmi la spalla e rabbrividii, sollevando di nuovo lo sguardo. Era ancora la, con quel suo sguardo saccente, quasi arrogante. Una risatina rieccheggiò nella stanza.

« Certo che ci hanno trattate bene, quelli della Talon. Sopratutto la signorina in viola! Abbiamo ancora il viso gonfio di botte. » mi fece notare.

Andai a raggomitolare su me stessa, stringendomi le gambe al petto per circondarle con le braccia e stringerle con forza. Nascosi il viso, tentando di ignorarla completamente. Magari se l'avessi ignorata sarebbe scomparsa nello stesso modo in cui era riapparsa. 
Solo che, a quanto pare, la mia mente non voleva scacciarla; mi sentii afferrare per le braccia e con forza la andai a scostare, infastidita da quella sensazione. Mi sentivo tremendamente oppressa, come quando ero rinchiusa in quella sorta di incubatrice. 

« Uh! Andiamo, non puoi rifiutarmi. » la sentii dire, emettendo un'altra lieve risatina questa volta però di scherno. Ricordavo perfettamente quanto quella dannata vocina amasse umiliarmi in passato. 

« Sparisci. » mi limitai a dire, fulimando quella figura con lo sguardo.

Quegli occhi azzurri si puntarono su di me, attenti, mentre le labbra s'incurvarono di un sorriso divertito. Improvvisamente, quella essenza cambiò forma, prendendo le sembianze di Amèlie. Sarebbe stata identica a lei se non fosse stato per gli occhi, che non mutarono di colore e mancavano di quel giallo acceso in cui mi ero persa poco tempo prima.

« Forse questo... è più di tuo gradimento? » mi schernì, indicandosi. 

Digrignai i denti, osservandola per un attimo mentre sentivo le orecchie andare a fuoco, segno che probabilmente ero arrossita. Se prima mi sentivo oppressa adesso mi sentivo solo a disagio. Mi passai la mano davanti agli occhi, strofinandoli.
« Ascolta, a me non... » iniziai, ma quando scostai la mano la presenza non c'era più. C'era solo il buio della stanza. 
Sospirai sonoramente, decisamente sconsolata; stavo dando i numeri, questo era poco ma sicuro. Quello che la Talon mi aveva inflitto mi stava giocando davvero dei brutti scherzi. 

Le mie mani passarono lungo le braccia, quasi volessi scaldarmi in quella stanza gelida e priva di mobili. La cosa più ironica era che in quella situazione ci ero finita io, solo per aiutare una donna, la stessa donna che mi aveva poi ingannato e intrappolata. 
Che stupida che ero stata, una vera idiota. Il solo pensare che aiutare la vedova era una buona azione era stata la scelta più stupida che potessi fare. 
Storsi le labbra, andandomi a toccare il morso che mi aveva lasciato il giorno prima, quando mi era venuta a "trovare". Se solo ripensavo a che cosa avevo visto in quegli occhi gialli... 

Sobbalzai, nel sentire la porta della cella d'isolamento aprirsi. D'istinto mi schiacciai contro la parete opposta, terrorizzata. Erano già tornati per continuare con quella tortura? 
Una luce intensa bianca mi accecò per un attimo gli occhi, abituati all'oscurità. 
Sbattei le palpebre, emettendo poi un sospiro: parlando del diavolo...

Amèlie reggeva un vassoio, vestita con un semplice leggins scuro e una maglietta bianca. Era ancora strano non vederla con la tuta che indossava quasi sempre in missione. Il suo volto, come al solito inespressivo, mi scrutò per un attimo prima di aprire anche la seconda porta, quella del vetro che separava le due stanze. Vi lasciò il vassoglio e la richiuse, restando in piedi di fronte ad essa.

« Ti ho preparato qualcosa da mangiare. È un semplice sandwich, immagino che tu abbia fame. » affermò, andandosi a sedere sul pavimento accanto al vetro, nel suo lato della stanza.

Al vedere quel tramezzino mi brontolò lo stomaco e come una scheggia mi ci buttai su, afferrandolo per darci un enorme morso. Era al prosciutto a quanto pareva. Mentre masticavo spostai lo sguardo sulla vedova. Per un attimo nei suoi occhi riuscii a percepire qualcosa, come un'accenno turbato? Qualcosa la preoccupava? Non sembrava esattamente la stessa donna che mi era venuta a fare visita l'altra notte, sembrava solo... spenta. L'ultima volta che l'avevo vista era stata violenta e ossessiva, fuori dai gangheri. Cosa alquanto strana visto il suo portamento e il suo autocontrollo. Osservai il panino che mi aveva portato, dandogli un altro morso.

« Perché questa... cena? » azzardai a chiederle, rompendo quel silenzio che si era andato a creare attorno a noi. Sollevai lo sguardo per incrociare i suoi occhi felini che nemmeno per un attimo si erano staccati da me.

Lei fece per aprire bocca ma poi scosse il capo, indicandomi la ferita al labbro, quella procurata da lei quando mi aveva morso. 
« Ti fa male? » mi chiese di rimando, con un tono decisamente strano. Beh, a dirla tutta la domanda stessa era bizzarra, come se fosse o potesse essere preoccupata per me.

« Vuoi accertarti di avermi fatto abbastanza male? » storsi le labbra, passandomi la lingua sulla ferita. Probabilmente mi stava prendendo in giro, come aveva fatto per imprigionarmi. 

Vidi le sue sopracciglia inarcarsi e le sue labbra strette in una linea dura, come se non le fosse piaciuta la mia risposta. Che cosa si aspettava? Potevo sembrare buona e sciocca - probabilmente lo ero - ma non stupida a quei livelli. Finii il panino, scostando poi il vassoio da me.

Amèlie dall'altro lato del vetro si sollevò, accostandosi alla porta. « Sto per entrare a prendere il vassoio. » mi avvertì, questa volta la sua voce era decisamente atona e inespressiva. Qualsiasi cosa le fosse passato nella testa prima pareva scomparsa. 
Annuii, allontanandomi da lei per lasciarla fare. 

Così prese il vassoio e, prima di uscire dalla cella dopo aver riuchiuso la porta, mi diede un ultimo sguardo. « Buonanotte, cherì. »
   
 
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