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Autore: _Agrifoglio_    15/07/2017    6 recensioni
I personaggi della storia - tutti, ormai, morti - parlano, si confessano, si sfogano, sull'esempio di un noto capolavoro della letteratura americana. Ognuno esprime il proprio punto di vista.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Maximilien de Robespierre
 
Nacqui nella città di Arras,
capoluogo della Contea dell’Artois,
da una famiglia di giuristi,
appartenente alla piccola nobiltà di toga.
Dotato di un’intelligenza notevole,
di una spiccata propensione allo studio
ed afflitto dalla scarsa empatia
e dalla tendenza all’isolamento
di chi non ha sperimentato l’affetto in tenera età,
crebbi nell’ammirazione degli Illuministi
e nel culto della Dea Ragione.
Del resto, come a tutti è dato sapere,
il mio non era il secolo dei prodi eroi o delle epiche gesta,
ma dei sentimentalismi e delle leziosità
e, allora, meglio il razionalismo che, seppur freddo,
porta al superamento della superstizione,
dei dogmi inconfutabili, dell’ipse dixit,
della sopraffazione del più debole, del potere feudale,
delle disuguaglianze fondate sui diritti del sangue
e di tutte quelle pastoie anacronistiche
che bloccano lo sviluppo dell’uomo
e del suo libero pensiero.
Mi misi al servizio della giustizia, del progresso e dei deboli,
difendendo gli oppressi, gli innovatori  
o, semplicemente, i più poveri.
L’affermazione dei lumi sull’oscurantismo
fu la più grande vittoria dell’umanità,
altro che la natura selvaggia, l’esaltazione dell’irrazionale,
gli istinti primordiali, il cielo ed il mare in tempesta,
le passioni assolute, l’io titanico
e tutte quelle fole pittoresche, esotiche  e visionarie
sulle quali i posteri versarono fiumi d’inchiostro.
Gli ottocenteschi, soprattutto i romantici, presero le distanze da noi,
affermando che l’astratto razionalismo illuminista
e l’egualitarismo indiscriminato ed acritico
furono alla radice di tutti i nostri eccessi
e portarono alla Rivoluzione, al terrore, alle stragi,
alla mortificazione dell’immaginazione e della spiritualità
ed al disconoscimento delle peculiarità individuali.
Non furono i soli, però, a criticarmi ferocemente.
Unendovi alle schiere dei detrattori, forse, anche voi affermerete
che la Rivoluzione non portò alcun utile effettivo alla gente comune,
ma servì unicamente la mia brama di potere ed il mio ego ipertrofico.
Direte che l’incorruttibile fu il primo a tradire i suoi ideali,
come il ripudio della pena di morte e di ogni forma di violenza.
Mi rinfaccerete di essermi trasformato,
da paladino dei deboli, in fanatico oppressore
e che la nobiltà, vessata e perseguitata,
fatta oggetto di pregiudizio e di cieco odio,
dismessi gli abiti sontuosi e le pose cicisbee,
andò a riempire le fila dei deboli da me trucidati.
Storcerete il naso ed obietterete che,
quando gli ideali non intercettano la concretezza,
la pietà non mitiga la giustizia
ed il buon senso non dialoga con l’utopia,
si fa presto a diventare Torquemada.
La ragione uccide se stessa,
la Rivoluzione divora i suoi figli,
sangue chiama sangue.
Prima di criticare, però, ditemi se è facile gestire il potere,
quando non lo si è mai detenuto,
se si ha scarsa propensione per i rapporti sociali,
se neppure si è mai avuta una famiglia propria
e, ciò non ostante, si ha l’arduo compito
di proteggere una Repubblica neonata dai suoi nemici!
La situazione fa presto a sfuggire di mano
ed è semplice oltrepassare il senso della misura,
ma l’invidia sociale non mi ha mai animato,
né volevo distruggere ciò che non potevo avere.
Credetemi, non ero un Saint Just!                
Rimasi, via via, sempre più isolato, chiuso nei miei sospetti,
consolato dall’unico svago di lunghe e silenziose passeggiate
in compagnia dei miei pensieri e del mio amato e fedele cane.
Quando furono stufi di me e della mia linea politica,
nauseati dalla vista e dall’afrore del sangue,
mi fecero salire i gradini del patibolo e mi ghigliottinarono.
Ingrati!
Senza di me non ci sarebbe stata alcuna Rivoluzione,
il feudalesimo avrebbe continuato ad imperversare
e nessuna svolta sarebbe stata impressa alla storia!
Saremmo rimasti sotto i Capeto!
Oltre che ingrati, furono anche intransigenti e spietati,
negandomi la possibilità di aggiustare il tiro e di rimediare.
Così come io la negai al re, alla regina,
ai nobili ed a tutte le vittime della spirale del terrore….
E’ pericoloso, oltre che poco onorevole, il diffuso gioco
di creare e consegnare all’odio del mondo un capro espiatorio,
perché quest’ingrato e poco invidiabile ruolo non appartiene ad alcuno
e può essere ricoperto da chiunque ed in qualsiasi momento:
una vera e propria conquista della democrazia.






Ringrazio coloro che hanno voluto recensire il settimo capitolo, dedicato ad un personaggio non facile, perché responsabile della morte di André e, di conseguenza, anche di quella di Oscar.
Questo soldato – che, essendo un mercenario, si sarà dedicato al mestiere delle armi più per necessità che per vocazione (piantonando una strada, sarà stato, probabilmente, poco importante) – si è trovato lì per caso ed ha fatto ciò che anche Oscar, André, Alain, Girodel, Fersen o lo stesso Generale avrebbero fatto al posto suo.
E’ paragonabile ad un frammento di specchio rotto che riflette una delle tante sfaccettature di questa storia.
   
 
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