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Autore: Floccinauci    16/07/2017    0 recensioni
L’ombra si dissolse nell’aria, permettendole di scorgere nelle tenebre la sagoma di colui che l’aveva salvata. Si sollevò a fatica da terra, facendo forza sulle sue deboli braccia ferite. La sua figura imponente, ricoperta dalla testa ai piedi da una pesante armatura di metallo, incombeva su di lei con aria minacciosa. Il bagliore dei suoi occhi cremisi invadeva l’oscurità circostante. La fissò per qualche attimo, senza proferire parola. Dopodiché ritirò le lame che portava al polso e si voltò, allontanandosi.
- Aspetta!
Si fermò a pochi passi da lei.
- Non mi hai detto chi sei…
Volse leggermente il capo nella sua direzione. La sua voce profonda e metallica pervase l’aria.
- E’ meglio che tu non lo sappia.
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Zed
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9. Scars

Un forte tuono fece tremare i vetri della finestra. La primavera era un periodo particolarmente piovoso nella regione di Zhyun. Erano le quattro del mattino, e Norin si svegliò di soprassalto dal sonno profondo in cui era caduta, spaventata dal rumore. Zed sedeva ancora ai piedi del letto, vigile. L’unica flebile luce della candela consumata sul comodino illuminava timidamente la stanza, risaltando la figura imponente del ninja e quello strano alone d’ombra che volteggiava intorno a lui. La ragazza ebbe un piccolo sussulto non appena il bagliore dei suoi occhi rossi si posò su di lei. Quell’elmo, così inquietante e sterile di ogni emozione, l’aveva impaurita nel torpore del risveglio.
Zed le sorrise, realizzando ben presto l’inutilità del suo gesto. Nel vederla trasalire si lasciò sfuggire un breve, amaro risolino.
- Scusa, è che mi sono appena svegliata, mi ero dimenticata che fossi qui.
- Non serve che ti giustifichi, sono abituato alla paura altrui.
Il ninja abbassò lo sguardo, amareggiato al pensiero della sua solitudine. Un lampo illuminò d’un tratto la stanza, riflettendosi sul metallo lucido del suo elmo.
- Certo che se lo togliessi sarebbe tutto più… normale.
Zed si voltò di scatto verso di lei, avvicinandosi finché i loro occhi non si incontrarono attraverso il bagliore di magia oscura. La guardò severamente.
- No. Niente sarebbe più normale.
Si alzò in piedi, irritato, fermandosi davanti alla finestra a fissare il vuoto attraverso la pioggia. La ragazza, altrettanto indispettita, non demorse.
- Ma si può sapere cosa ti tiene così tanto legato a quel pesante elmo di ferro? Cosa ci sarà, un mostro lì sotto?
In tutta risposta ricevette un’occhiata di disappunto. Imbestialito dalla provocazione, senza aggiungere altro, fece per andarsene.
- Zed, aspetta…
L’assassino si fermò davanti alla porta della camera. Si voltò appena, quanto bastasse per volgere l’orecchio in sua direzione. Era furioso. Mai nessuno aveva osato colpirlo così sul personale. O almeno, chi ci aveva provato era morto.
- Di cosa hai paura? – proseguì Norin.
Il ninja sospirò forte. Sentì una lacrima bruciare la sua pelle macerata dall’ombra sotto l’elmo. Non ricordava più l’ultima volta in cui aveva pianto. Quella goccia d’acqua salata risvegliò altre emozioni segregate nella sua anima.
- Di cosa ho paura? Di cosa ho paura?! – rispose Zed, alzando il tono. Scoppiò in un’inquietantissima, fragorosa risata, per coprire il suo disagio. Norin l’aveva messo in difficoltà con quella domanda.
- Io, il Maestro delle Ombre, paura? Sei ridicola. Stai attenta a come parli, ragazzina, non hai la benché minima idea di cosa io sia capace.
Parlava digrignando i denti, in un ringhio furibondo. Ma Norin non si fece intimorire e lo provocò.
- Avanti Maestro delle Ombre – lo canzonò ­– sentiamo, di cosa saresti capace?
Un sibilo, un’ombra, e in una frazione di secondo si ritrovò il bagliore cremisi degli occhi del ninja ad un palmo dalla faccia. La guardava minaccioso da dietro l’elmo. Voleva terrorizzarla nel modo in cui era abituato a fare, voleva essere cacciato dalla vita di quella ragazza… Quando in realtà sapeva perfettamente che quello ad avere più paura era lui. Quella completa sconosciuta con una singola domanda era riuscita a fare breccia nell’ombra che da anni circondava e nascondeva la sua anima dimenticata.
“Di cosa hai paura?”
Quelle parole continuavano a risuonare nella sua testa, senza dargli tregua. Lo avevano fatto infuriare, perché non erano solamente vere: Norin aveva toccato un nervo scoperto, ferendolo direttamente nell’orgoglio. Si era resa conto, senza neanche conoscerlo, che Zed, il Maestro delle Ombre, capo di un ordine di ninja, uno degli assassini più abili e spietati di Ionia, aveva paura di qualcosa. Aveva scoperto la sua più grande e nascosta debolezza in una frazione di secondo, servendogliela davanti agli occhi con schiettezza. Cominciò a sentirsi estremamente vulnerabile, come se lei gli stesse puntando una lama alla gola. Non poté che reagire come aveva sempre fatto per nascondere se stesso, ovvero con l’aggressività. Le sollevò il mento col dito, continuando a guardarla malignamente.
- Tu… Tu non hai idea dell’agonia che posso farti provare.
Norin rimase impassibile, sostenendo con tranquillità il suo sguardo torvo. Aveva capito perfettamente che tutta quella scenata fosse un semplice pretesto per difendersi dall’ammettere anche a se stesso la verità.
- Zed, di cosa hai paura? – insistette, con tono pacato.
Il ninja la guardò allibito. La ragazza riuscì a vedere i suoi occhi cambiare espressione attraverso il bagliore rosso di potere oscuro. Era confuso, smarrito.
- P-perché… – tentennò il ninja indietreggiando, con voce tremante.
- Perché cosa?
- Perché non reagisci? Davvero non sei spaventata da me?
- Dovrei? Per favore, non sei assolutamente credibile. E’ palese che tu stia solo cercando di proteggerti, nascondendo la tua vulnerabilità. Ti capisco, la mia domanda non era a caso d’altronde. E poi diciamocelo, se avessi davvero voluto uccidermi o farmi del male l’avresti già fatto.
Un forte tuono riempì la stanza col suo rombo assordante.
L’assassino si sentì mancare la terra sotto i piedi. Ormai era alle strette, gli sembrava di aver perso ogni appiglio. Le aveva provate tutte, ma quella ragazza non era neanche lontanamente intimorita dalle sue minacce. Lei lo capiva, era sempre un passo avanti a lui quando parlavano, e questo lo mandava in panne. Cominciò a guardarsi intorno, nel panico, finché non incontrò di nuovo gli occhi di Norin. Lo guardava con dolcezza, sorridendo, aspettando pazientemente una risposta alla sua domanda. Un’altra lacrima bruciò il suo volto sfigurato. Vide in quelle due iridi nere la sua unica salvezza, e ci si tuffò. Ormai lei aveva scoperto la sua debolezza, sarebbe stato inutile scappare ancora. Fece un respiro profondo e si lasciò semplicemente andare.
- Di me stesso ho paura, ecco di cosa. – rispose finalmente, con voce rotta – Non mi vedo in faccia da più di cinque anni. Sono terrorizzato all’idea di guardarmi di nuovo, significherebbe affrontare le conseguenze disastrose a cui ha portato la mia ricerca spasmodica di potere. Significherebbe affrontare ciò che sono diventato. Ho una potenza incontrollabile nelle mie mani, posso decidere della vita di una persona in uno schiocco di dita, il che mi conferisce una superiorità indiscussa. Ho abbracciato le arti proibite per combattere l’ignoranza di chi le teneva nascoste e dare la possibilità a chi volesse di seguire il mio percorso, ma ne ho pagato il prezzo. Ho il volto distrutto, corroso da questa forza oscura a cui ho deciso di aggrapparmi, pieno di ferite ancora aperte e quasi completamente ricoperto di cicatrici. Non vuoi vedermi in viso, credimi.
Si sedette di fianco a lei sul letto, prendendosi la testa tra le mani. Sospirò profondamente, tremando. In quell’estemporaneo momento lontano dal Tempio, dai suoi allievi, dagli omicidi, dal suo ruolo da Maestro, dalle tecniche proibite, sentì addosso per la prima volta tutto il peso della sua scelta. Era il suo primo istante di lucidità emotiva da cinque anni a quella parte. Aveva ripudiato nel tempo ogni tipo di sentimento, ritenendoli delle insulse debolezze, per accrescere la sua forza e il suo potere.
- E se io volessi vederti in viso? – chiese Norin, con dolcezza, cercando il suo sguardo.
Zed si voltò verso di lei, guardandola con sconforto. Una parte di lui avrebbe voluto finalmente liberarsi di questo peso lasciandosi vedere. Provava per quella ragazza una fiducia incondizionata, si sentiva finalmente capito e conosciuto da qualcuno. Tuttavia, il terrore per le proprie effettive condizioni era troppo grande.
- Io non… Non posso. Non ce la faccio.
- Va bene, capisco. Non voglio costringerti. – rispose Norin, sorridendogli teneramente. – Ora forse è meglio tornare a riposare.
Si voltò dall’altra parte, chiudendo i suoi occhi stanchi. Ma qualcosa era scattato nell’anima del ninja in quegli ultimi minuti. Qualcosa di grande. Non aveva mai avuto una confidenza del genere con nessuno, e non aveva alcuna intenzione di lasciarla terminare lì, così all’improvviso. Nonostante Norin l’avesse spaventato, adirato, infastidito, allo stesso tempo l’aveva fatto sentire bene. E Zed, per quanto stentasse ad ammetterlo a se stesso, ne aveva bisogno. Aveva bisogno di quel calore e di quella comprensione che gli erano mancati per ventisei anni. Avrebbe fatto il possibile per mantenere quella fiamma accesa.
- Aspetta.
Norin, richiamata dalla sua voce profonda, si girò verso di lui, lanciandogli uno sguardo interrogativo. Si guardarono per qualche istante, senza proferire parola. La ragazza si tirò su a sedere, cercando di capire dove volesse arrivare.
- Cosa c’è?
Senza dire niente, Zed strinse tra le dita la debole lingua di fuoco della candela consumata sul comodino, soffocandone l’ultima timida luce. La stanza venne invasa dall’oscurità, trapassata dai soli occhi cremisi dell’assassino. Presto anche il loro bagliore scomparve nel buio, seguito da un rumore metallico sul pavimento. Norin si sentì afferrare per una mano.
- Eccomi qui. – sussurrò Zed, posando le dita della ragazza sulla pelle macerata del suo volto. Tremava dal nervosismo, e sentirle sfiorare delicatamente la sua guancia lo rese ancora più agitato. Norin poggiò l’intero palmo sul suo viso e cominciò a percorrere ogni cicatrice, ogni segno, ogni avvallamento che incontrava. Presto anche l’altra mano si unì alla scoperta della storia della sua pelle. Sembrava avere dei lineamenti molto regolari sotto al fitto strato di sfregi. Aveva il naso sottile, attraversato orizzontalmente da ciò che rimaneva di un grosso taglio. Ovunque era ricoperto di rigonfiamenti, solchi, croste. Sulla sua guancia sinistra riconobbe la traccia di pelle rovinata da quell’ustione nera che aveva notato qualche giorno prima. Riconobbe anche la grossa cicatrice che gli attraversava la bocca, su un lato. Quando le dita esili della ragazza sfiorarono le sue labbra, la sua schiena fu percorsa da un forte brivido, ricordando di quanto accaduto per sbaglio l’altra notte. L’enorme segno di un altro vecchio taglio attraversava il suo occhio sinistro, giungendo sino allo zigomo. Il suo volto era letteralmente martoriato, non aveva più neanche la più piccola porzione di pelle senza alcuno sfregio. Norin lo accarezzò teneramente, asciugandogli col pollice una lacrima silenziosa.
- Non devi aver paura. Ognuno di noi ha dei segni che porterà dietro per il resto della propria vita. Bisogna solo imparare a conviverci.
Si sollevò la maglia e prese la mano del ninja, posandola sulla sua schiena. Zed trasalì, ritrovandosi improvvisamente a sfiorarla di nuovo. Le sue dita incontrarono un’enorme distesa di pelle cicatrizzata, piena di solchi, grinze e segni di ogni dimensione. Si stupì di come non se ne fosse accorto nel medicarle le ferite.
- E’ molto vecchia, ce l’ho da quando avevo un anno ed è praticamente cresciuta con me. Non si vede molto, ma si sente al tatto.
- Cosa ti è successo?
- Un incendio, dove sono morti i miei genitori. Per fortuna Callon riuscì a tirarmi fuori prima che fosse troppo tardi. Mi salvai con una grossa ustione, ed ecco ciò che ne rimane.
 Zed, d’istinto, fece scivolare la mano finché il suo braccio non cinse la sua vita sottile, e la strinse a sé, abbracciandola. In quel momento dimenticò completamente la sua identità di assassino e Maestro delle Ombre, lasciandosi trasportare dal flusso di quella corrente di emozioni ritrovate che lo trascinava inevitabilmente a lei. Aveva deciso di arrendersi, non avrebbe più opposto resistenza quella notte. Presto sarebbe dovuto tornare al Tempio, dai suoi allievi, alle sue giornate di esercitazioni, allenamenti e omicidi immerse in quella fitta nebbia di potere oscuro: non voleva perdere più un secondo di quei momenti in cui aveva la possibilità di ritrovare se stesso e i propri sentimenti dimenticati, sentendosi finalmente sereno.
Nel percepire le sue dita muoversi sul suo corpo e premere sulla sua pelle scoperta, Norin sussultò, imbarazzata. Eppure quelle forti braccia erano la cosa che sentiva più familiare in quel momento. L’avevano salvata, curata, consolata. L’avevano protetta da Jhin e dalla disperazione per la morte di Callon, creando intorno a lei una bolla di calore e tranquillità. In quei giorni difficili, in cui si sentiva persa persino nella sua camera, erano l’unica cosa che cercava, l’unica cosa che la faceva tornare a sentirsi un po’ a casa nel silenzio di quelle stanze vuote. L’unica solitudine che stava riprendendo davvero ad apprezzare era quella insieme a lui.
Per quanto si conoscessero da neanche una settimana, avevano inevitabilmente l’uno bisogno dell’altra.
Norin si accoccolò sul suo petto, cingendo a fatica la sua schiena con le braccia ferite, confortata dalla protezione di quelle possenti spalle chinate su di lei. Lui la accarezzava teneramente, stringendola a sé come se fosse l’unica cosa di reale importanza nella sua vita e avesse paura che potesse sfuggirgli. Presto i loro volti cominciarono a cercarsi timidamente nel buio, finché Zed, ormai convinto a non voler più ascoltare la sua ragione quella notte, le prese d’un tratto il viso tra le mani, premendo le labbra sulle sue. La baciò delicatamente, come se temesse di poterla rompere, mentre si adagiavano sul letto ancora stretti in un tenero abbraccio. I loro respiri accelerati dall’emozione divennero un tutt’uno, permettendo alle loro anime solitarie di conoscersi e sfiorarsi.
Zed non pensava più al suo volto sfigurato e alla sua vita di assassino.
Norin non pensava più a Callon e alle sue ferite.
Esistevano loro due e nient’altro. Erano soli, ma con qualcuno.
 
 
 
~
 
Guess who's back? Sono tornata finalmente con un nuovo capitolo, perdonatemi per l'attesa. Ho avuto un esame e altri impegni importanti - con annessi problemi perché MAINAGIOIA - e non ho più avuto tempo per scrivere. Purtroppo finché non uscirò da questa sessione infernale non so quanto riuscirò ad essere costante nel pubblicare. Sono arrivata ad un punto in cui non sapevo neanche più se continuare sinceramente, sono stremata dallo studio e ho tempo a malapena per vivere. E col fatto che scrivo sempre la notte finisco fin troppo spesso per fare orari improponibili come questo - sono quasi le 3 omg non me ne ero accorta - per la mia mania del DEVO FINIRLO, e la mattina poi non mi alzo, aka perdo mezza giornata. Non che la mattina io di solito mi alzi, ma dettagli. Per adesso provo ad andare avanti, mi dispiaceva per i fedeli che hanno seguito il racconto fino all'ultimo. Sarò solo un po' lenta, me lo concedete?
By the way, qui è uscita un po' la mia indole da romanticona :3 ma abbiamo - quasi - tutti un'anima e dei sentimenti in fondo (anche se per alcuni bisogna andare molto, molto, molto in fondo), no? Mi piacciono i personaggi un po' più sfaccettati, che non siano semplicemente come si presentano, che abbiano qualcosa di nascosto da scoprire, e sto cercando di rendere anche i miei così, per quanto riesco. Mi auguro che il risultato con cui avete a che fare voi sia quantomeno vicino a ciò che speravo :3
Ora si è fatto tardi, ci ho messo più tempo a scrivere questa nota che a concludere il capitolo. Alla prossima, quando sarà, un abbraccio! 

 
  
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