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Autore: Floccinauci    11/08/2017    0 recensioni
L’ombra si dissolse nell’aria, permettendole di scorgere nelle tenebre la sagoma di colui che l’aveva salvata. Si sollevò a fatica da terra, facendo forza sulle sue deboli braccia ferite. La sua figura imponente, ricoperta dalla testa ai piedi da una pesante armatura di metallo, incombeva su di lei con aria minacciosa. Il bagliore dei suoi occhi cremisi invadeva l’oscurità circostante. La fissò per qualche attimo, senza proferire parola. Dopodiché ritirò le lame che portava al polso e si voltò, allontanandosi.
- Aspetta!
Si fermò a pochi passi da lei.
- Non mi hai detto chi sei…
Volse leggermente il capo nella sua direzione. La sua voce profonda e metallica pervase l’aria.
- E’ meglio che tu non lo sappia.
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Zed
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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10. Back again

Zed si svegliò all’improvviso. Fuori il sole era già alto. Nel vedere Norin dormire ancora profondamente tirò un sospiro di sollievo, confortato all’idea di non essere probabilmente stato visto in volto.
“Questa storia deve finire qui.” pensò, mentre si chinava a raccogliere il suo elmo da terra. Si era concesso fin troppe libertà, era arrivato il momento di porre un freno alla faccenda. Aveva fatto una scelta nella sua vita, e stava perdendo tempo prezioso che avrebbe potuto dedicare ai suoi discepoli e alle arti oscure. Inoltre, essendo un assassino, non poteva permettere che le sue emozioni andassero così a ruota libera. Avrebbero solo compromesso ed intralciato il suo lavoro.
Le lasciò un breve biglietto vicino al suo viso, senza lanciarle neanche un’occhiata. Era determinato a tornare alla sua vita di tutti i giorni, per potersi dedicare nuovamente ai suoi unici, veri interessi: le ombre e il potere. Tutte quelle vecchie emozioni per lui inutili andavano solo soffocate, uccise come una delle sue tante vittime. Creò un’ombra all’esterno della casa, dall’altra parte del muro. Fece per oltrepassare la parete, ma qualcosa lo trattenne. L’impulso era troppo forte. Non resistette e si voltò a guardarla, ancora dormiente. I suoi lunghi capelli scuri, più chiari alle estremità, giacevano tutt’intorno al suo viso creando delle sinuose figure filiformi. Un senso di serenità trapelava dai suoi lineamenti rilassati, mentre il rumore docile del suo respiro lento rompeva il silenzio della stanza. Fu in quel momento che Zed si rese conto dell’entità del problema.
Era pazzo di lei.
Quando finalmente riuscì a staccarle gli occhi di dosso, l’ombra all’esterno era svanita. Non riusciva ancora a tenerle in piedi per molto tempo. Ne creò un’altra, chiuse gli occhi e stringendo i denti oltrepassò il muro. Un turbine di emozioni gli stava rivoltando lo stomaco. Si era illuso di poterle soffocare come se nulla fosse. Ripensò a quanto successo quella notte, e la nausea si fece più forte. Avrebbe dato qualunque cosa pur di rimanere con lei, ma non poteva fare altrimenti. Si voltò di nuovo a guardarla dalla finestra, pentendosene poco dopo. La vide col biglietto in mano, a fissare con disappunto l’ombra inerte rimasta dentro alla sua stanza, finché i suoi occhi non incontrarono quelli di Zed dall’altra parte del vetro. Lo sguardo malinconico e deluso della ragazza lo costrinse a guardare altrove con una stretta al cuore. – Scusami. – sussurrò tra sé e sé, allontanandosi a passo svelto nella foresta.
Norin era rimasta immobile, senza sapere a cosa pensare. Era infuriata, con se stessa per esserci cascata di nuovo, e con lui per averla illusa di nuovo. Teneva ancora in mano il bigliettino che lui le aveva lasciato. Non cercarmi c’era scritto, con una calligrafia tremante e disordinata. Con un gesto rabbioso accartocciò il piccolo pezzo di carta ingiallito e lo scaraventò contro il muro.
“Bene, bastardo” pensò, decisa a mantenere alto il suo onore e a non farsi più vedere “Se è questo quello che vuoi…”

Il Maestro venne accolto con clamore dai suoi allievi, un po’ perplessi dalle sue strane, lunghe permanenze lontano dal Tempio nelle ultime notti. Anche quando usciva ad uccidere non si tratteneva mai così a lungo fuori. Inoltre, da che aveva sempre rispettato gli orari, era già la seconda volta che tardava all’esercitazione della mattina. Nell’androne regnava il caos più totale.
- SIlenzio! – tuonò, lasciando che la quiete piombasse nel grande atrio. I discepoli, pietrificati, lo guardarono con timore. – Cos’avete da guardare? Avete ancora bisogno del babysitter Zed per fare allenamento la mattina? Al lavoro, o vi decapito.
I giovani obbedirono, cominciando disciplinatamente la solita sequenza di esercizi di arti oscure. Ma la curiosità di qualcuno non era stata soddisfatta. Kayn si fece avanti con arroganza tra i ragazzi, correggendo e insultando qua e là con saccenza i suoi compagni. Giunse impettito davanti a Zed, e col suo solito fare superbo si rivolse a lui senza mezzi termini.
- Se la cava bene a letto? – chiese ad alta voce sfacciatamente, lasciandosi sfuggire un risolino malizioso. Nell’atrio si levò qualche risata. – E’ il mio tipo, magari la prossima volta potresti farmici divertire un po’. Sai com’è, qui siamo tutti uomini, l’astinenza si fa sent…
Non fece in tempo a finire la frase che il ninja lo colpì in pieno volto con un pugno, lasciandolo a terra col naso sanguinante. La sua arma Darkin rimbalzò al suolo a qualche metro di distanza, lanciando un gemito terrificante.
- Kayn, sei il solito ragazzino idiota. Ti ucciderei in questi momenti, se solo potessi... – ringhiò Rhaast, dopo il tonfo metallico della lama che lo teneva prigioniero.
Zed si poggiò di peso col piede sul petto del giovane, chinandosi minacciosamente su di lui. Da una sacca che teneva con sé lasciò rotolare fuori una testa, che si fermò di fianco a quella di Kayn. Era un ex ninja del tempio di Kinkou che spiava i loro movimenti, obiettivo dell’Ordine dell’Ombra da molti anni, che Zed aveva incrociato e ucciso rientrando al Tempio. Strinse tra le mani i capelli della testa tagliata e la avvicinò al volto di Kayn sino a sfiorarlo. Una smorfia di disgusto contorse i lineamenti regolari del ragazzo.
- Vedi di portarmi rispetto, se non vuoi fare la sua stessa fine. – sentenziò il Maestro, spingendolo via col piede – Sbarazzati di questa testa. E mettiti anche la parte di sopra della divisa quando ti alleni con me, idiota. Non ce la faccio più a vederti mezzo nudo.
Affranto e umiliato, tra le risate generali dei suoi compagni, il giovane raccolse rassegnato la testa e si alzò, dirigendosi verso l’esterno del Tempio. Gli occhi di Zed col loro bagliore cremisi, dopo averlo trapassato come lame affilate, lo seguirono mentre si allontanava.
Uccidere quel vecchio bersaglio dell’Ordine avrebbe fatto facilmente pensare ai suoi allievi che le sue lunghe uscite delle ultime notti fossero dedicate alla sua ricerca. Lasciava spesso il Tempio a questo scopo, i giovani non avrebbero fatto ulteriori domande a riguardo. Tutto voleva meno che cominciasse a girare voce di una relazione con una donna. Non solo perché avrebbe inevitabilmente compromesso il suo ruolo da Maestro: se fosse successo, Norin si sarebbe trovata in pericolo. Non doveva accadere.
Nervoso ed estremamente irascibile a causa delle ultime vicende, Zed abbandonò gli allievi nell’atrio al loro allenamento e si diresse alla sua stanza, senza proferire parola. I giovani che cominciarono a bisbigliare tra di loro incuriositi dal suo insolito modo di fare furono immediatamente zittiti da un’occhiataccia, seguita da un paio di shuriken che volarono sibilando nell’androne ad un palmo dal loro naso, andandosi a conficcare nel muro.
La sua stanza era uno spaziosissimo ambiente estremamente sterile, privo anche del minimo accenno di personalità. Un materasso adagiato su un tappeto, una grossa libreria straripante di tomi sulle ombre e sulle arti proibite, un manichino per l’armatura, un vecchio armadio e un piccolo tavolo in un angolo, su cui era adagiata la scatola contenente il potere delle Ombre, rubata a Kusho anni prima: nient’altro riempiva la sua camera spoglia. Su ogni parete, esclusa quella di ingresso, si aprivano tre grandi finestre che davano una visione completa di tutta l’area circostante il Tempio, fino a Jyom Pass. Si buttò sul letto, pensando a quanto successo le ultime sere. L’idea di non rivederla più lo logorava dentro, si sentiva meschino e vuoto. Aveva ancora impressa in mente l’immagine dei suoi occhi delusi che lo guardavano dall’altra parte del vetro, e ripensarci stringeva ulteriormente il suo cuore e il suo stomaco nella morsa in cui già si trovavano da ore. Il suo sguardo però si posò poco dopo sulla scatola poggiata sul suo tavolo, nera e lucida. La labile luce del sole, attraversata la fitta coltre di ombra che aleggiava attorno al Tempio, si rifletteva sui suoi intarsi, mettendo in risalto i bassorilievi raffiguranti pericolose pratiche antiche delle arti proibite. A quel punto, il ninja si ricordò della missione che aveva deciso di portare avanti: soffocare l’ignoranza di chi continua a credere nell’equilibrio, liberando finalmente il potere in suo possesso dalla proibizione e permettendo all’arte e alla pratica delle Ombre di diffondersi. Aveva rinunciato ad avere una vita normale per questa causa, e non aveva alcuna intenzione di abbandonarla. Non poteva assolutamente accettare altre intromissioni. E soprattutto, non avrebbe mai potuto sopportare che lei si ritrovasse in pericolo per causa sua.

Passarono tre settimane. Zed aveva passato la maggior parte del tempo nella sua stanza a meditare, per quanto detestasse questo genere di pratiche incentrate sul controllo di se stessi e sulla ricerca di equilibrio. Aveva bisogno di recuperare il dominio totale sulle sue emozioni per poter tornare ad essere ciò che era prima di conoscere quella ragazza. Voleva a tutti i costi ripristinare il suo potere da Maestro delle Ombre, e la sua eccellente pratica delle arti proibite non poteva essere intralciata dai sentimenti. Dopo essersi fatto vivo per molti giorni solo agli allenamenti più importanti, finalmente il ninja poté tornare a seguire i suoi allievi passo dopo passo nel loro percorso verso l’oscurità.
Norin, non appena le ferite glielo permisero, riprese da sola ad esercitarsi duramente con le arti marziali per occupare il suo tempo vuoto. Si allenava fino a stremarsi, tanto che aveva ripreso a dormire bene da sola proprio grazie alla stanchezza fisica che la accompagnava ogni sera fino al suo letto. Aveva cominciato ad apprezzare gradualmente le ore spese solo ed unicamente con se stessa, riflettendo sul fatto che non poteva pretendere di vivere sulle spalle di Callon per il resto della sua vita. Certo, avrebbe preferito che la loro separazione fosse meno cruda. Ma per quanto la sua mancanza si facesse sentire, era sicura che sarebbe stato fiero di lei per come stava velocemente riprendendo in mano la sua vita. Una sola cosa la tormentava. Continuava a non capire perché Zed si fosse comportato in maniera così ambigua: un giorno sembrava fosse quasi disposto a dare la vita per lei e per proteggerla, e il giorno dopo pareva non volesse più vederla. Poi quei baci. Non era necessario baciarla in un momento così delicato se tra le sue intenzioni non c’era il volerle restare vicino. Era successo già due volte, e Norin voleva delle risposte per poter chiudere definitivamente questo capitolo. Era perfettamente consapevole che lui non volesse vederla di nuovo al Tempio, ma non trovò altra soluzione. Si era portata dietro questo peso per tre settimane, peso che invece di alleggerirsi col passare del tempo aveva solo aumentato a dismisura la sua rabbia e il suo rancore nei confronti del ninja. Doveva rivederlo. Indossò un mantello nero con un cappuccio per non farsi riconoscere e uscì.
Raggiunse il Tempio nel tardo pomeriggio. L’atmosfera era grigia e umida, l’aria intrisa dell’odore di pioggia. Dei timidi raggi di sole erano riusciti ad oltrepassare la fitta coltre di nubi che oscurava il cielo serale, ritrovandosi però bloccati dalla densa nebbia di potere oscuro che caratterizzava quel luogo. Quando si ritrovò ai piedi della lunga scalinata che portava all’ingresso di quell’edificio dall’aria tutt’altro che rassicurante, Norin rabbrividì. Le nuvole temporalesche e la foschia nera avevano steso un manto di ombra su tutto l’ambiente circostante, per quanto fosse ancora pieno giorno. Scricchiolii e fruscii provenienti dalla foresta rendevano il tutto ancora più inquietante.
Una volta entrata nel Tempio, si stupì nel trovare il gigantesco androne completamente vuoto. Era arrivata in orario di libera uscita, in cui agli studenti veniva concesso di lasciare il Tempio per qualche ora: chi girava per il bosco, chi si esercitava con tecniche più complesse e pericolose all’aperto, chi svolgeva qualche incarico per Zed, chi semplicemente si svagava. Vedendolo completamente deserto, Norin si addentrò ulteriormente nell’edificio. Delle scale immense portavano ai piani superiori, dove si trovavano le stanze di tutti gli allievi e del loro Maestro. L’eco dei suoi passi risuonò nell’aria mentre saliva i lucidi gradini di pietra nera. Continuò a salire, dato che ogni piano era totalmente vuoto e immerso nel silenzio. Ad ogni rampa di scale si trovava davanti un lungo corridoio molto spoglio, con le varie porte d’accesso alle stanze, che terminava in fondo con una piccola finestra. Giunse finalmente all’ultimo piano, dove si ritrovò in un piccolo disimpegno con davanti una porta nera chiusa a chiave. Mossa dalla curiosità provò ad aprirla, invano. Fece per riprendere le scale, ma un sibilo la trattenne. Vide della materia oscura cominciare ad aleggiare attorno a lei, mentre una sottile lama gelida si materializzò sul suo collo. Con un movimento agile si liberò dalla presa, sferrando un violento calcio in pieno volto al suo aggressore. Ma tra la paura e l’adrenalina a mille, non si era resa subito conto che era stato proprio Zed a puntarle la lama alla gola, pensando si trattasse di un intruso. Non riconoscendola a causa del mantello e del grosso cappuccio, furioso per l’affronto fece per fiondarsi su di lei.
- Fermo fermo fermo! Sono io Zed, sono io! – gridò Norin in preda al panico, mostrandogli il suo viso. Il ninja rimase pietrificato vedendola di nuovo dopo tutto quel tempo. Incontrare di nuovo i suoi occhi neri gli strinse lo stomaco. Cercò di tenere a bada le emozioni dando adito alla sua rabbia.
- Cosa cazzo ci fai qui? – chiese Zed, furibondo e non poco infastidito dalla sua presenza. La sua voce profonda e metallica tuonò nel disimpegno, ma la ragazza non ne fu minimamente intimorita.
- Devo parlarti. – rispose lei, sostenendo fermamente lo sguardo minaccioso del ninja. Lui la guardò, in un misto di odio e sollievo per averla rivista. Per quanto cercasse di negarlo anche a se stesso, gli era mancata tremendamente. Creò un’ombra al di là della porta e senza proferire parola vi si materializzò, lasciando Norin di nuovo con un ammasso di materia oscura inerte a sua immagine e somiglianza. Il fatto che fosse lo stesso gesto che aveva compiuto settimane prima per scappare da casa sua, senza darle alcuna spiegazione, la mandò su tutte le furie. Cominciò a strepitare e ad insultarlo per la sua incapacità a relazionarsi con qualcuno, in particolare con una persona con cui aveva condiviso dei momenti di tenerezza e intimità.
- Sei e rimarrai per sempre un inutile, meschino assassino, sterile di ogni emozione o sentimento. Non ti stupire poi se chi ti conosce ti evita o ti teme.
La ragazza sapeva perfettamente di aver toccato un tasto dolente, e ottenne ciò che voleva. Zed, adirato dall’affronto, spalancò la porta per risponderle. Ma non fece in tempo a spiccicare parola che Norin lo afferrò per la maglietta, e con una forza disumana che nemmeno lei sapeva di avere lo spinse sino a sbatterlo contro un muro, chiudendo la porta alle sue spalle. Il ninja era altrettanto sbigottito.
- Sei venuto da me solo per soddisfare le tue carenze di affetto? E’ per questo che te ne vai sempre la mattina dopo? Ti sei divertito a giocare con le emozioni di una ragazza in un momento di debolezza? A cosa volevi arrivare, a portarmi a letto e sparire definitivamente? Sei ridicolo Zed. E io che ero arrivata a fidarmi di te dopo che ti eri preso cura di me in quel modo… Avrei dovuto capirlo fin da subito. Non ci si può aspettare tanto da gente come te, in fondo. – gridò rabbiosamente Norin, guardandolo diritto negli occhi attraverso il suo elmo.
Il ninja si liberò dalla presa spingendola via con forza.
- L’idiota sono stato io a pensare che tu mi potessi capire. Questa scenata è la prova che di me e della mia vita non hai capito un bel niente. – ribatté lui, con tono altrettanto alto – E’ così poi che si dimostra gratitudine a Jyom Pass? Sai che ti dico? Col senno di poi mi rendo conto che avrei dovuto lasciarti morire sotto il quarto colpo di quello psicopatico per strada. O magari lasciarti dissanguare quando pensavi di potercela fare da sola. O addirittura darti io stesso il colpo di grazia. Cresci, sei solo una ragazzina.
Norin era ormai fuori di sé dalla rabbia. Quest’ultimo affronto di Zed l’aveva mandata in bestia. Detestava quando qualcuno metteva in dubbio la sua maturità. Che fosse vero o meno, si sentiva profondamente offesa nell’orgoglio.
- E cos’avrei dovuto capire? Che sei un folle assassino fanatico per delle arti oscure e proibite, con un esercito di discepoli che ancora non sono in grado di padroneggiarne il potere mettendo a rischio le popolazioni circostanti? Che sei un pazzo che parla di voler sconfiggere l’ignoranza e l’equilibrio? Che pur di appropriarti di conoscenze occulte hai ucciso il tuo padre adottivo, colui che ti ha cresciuto e ti ha raccolto dalla strada? Che sei un asociale praticamente apatico che si è dimenticato persino che alle persone in difficoltà si resta vicino? Perché a me non sembra che ci fosse molto altro da capire su di te.
Zed era rimasto immobile, paralizzato dalla crudezza di quelle parole. Se non fosse stata Norin a parlare, ma una qualsiasi altra persona, l’avrebbe certamente uccisa seduta stante. Strinse i denti e i pugni, cercando di trattenersi.
- Cosa c’è? – riprese Norin, con le lacrime agli occhi dalla rabbia – Ti sei reso conto che in fondo non sei in grado di aiutare nessuno e te ne sei andato senza darmi nessuna spiegazione? Per me potevi anche evitare di darmi una mano sin dal principio. Sei solo un…
- BASTA.
La sua voce tuonante fece tremare le pareti. Il suo respiro veloce e profondo rompeva il silenzio appena caduto nella stanza. La ragazza si era zittita, per la prima volta intimorita dal ninja.
- Senza nessuna spiegazione? Avevi bisogno di spiegazioni per capire? Di un disegnino? – riprese urlando, avvicinandosi paurosamente a lei. Norin cominciò ad avere paura e si pentì di quel suo gesto azzardato.
- Vuoi la tua cazzo di spiegazione? Eccoti servita! – aggiunse, alzando sempre di più il tono.
Un forte rumore metallico rimbombò nella grande stanza.
Norin rimase pietrificata.
 
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Finalmente ce l'ho fatta ragazzi. Il capitolo è uscito un po' più lungo del solito, ma dopo tutta quest'assenza ho dovuto recuperare. Pare che siate un pochino di più ad aver proseguito con la storia, non immaginate quanto mi faccia piacere! E vi devo cheidere scusa per questo mio imperdonabile ritardo... Ho avuto un ultimo esame da dare, poi altri impegni improrogabili, e infine sono tornata alla mia cara hometown, dove gli impegni si sono triplicati. Continuavo a pensare al racconto, al doverlo riprendere, a come riprenderlo, finché piano piano dedicandoci qualche oretta al giorno sono riuscita finalmente a produrre qualcosa. Spero di poter essere più costante andando avanti. Comunque, vi lascio con un po' di suspence :3 Per il prossimo capitolo ho già le idee chiare, dovrei riuscire a terminarlo e pubblicarlo tra circa una decina di giorni, more or less. Alla prossima!
 
  
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