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Autore: JoeyTre    16/07/2017    0 recensioni
Anno 2256. Kate Bennet non è una ragazza come le altre. La sua natura soprannaturale la costringerà a compiere delle scelte difficili, soprattutto nel momento in cui farà i conti con alcuni inquietanti risvolti che la porteranno a rivalutare tutta la sua vita.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Maggio 2261

Riaprii gli occhi dopo quello che sembrò un tempo brevissimo. Un intervallo di qualche secondo. Era come se avessi già vissuto quel momento un milione di altre volte. Lentamente riprendevo fiato, mentre la mia mente riacquistava conoscenza. ll formicolio ai miei arti spariva poco a poco, i suoni si facevano più chiari e le immagini più nitide.
Ero al mondo. Di nuovo.
Come un déjà vu fortissimo di cui non mi sarei mai liberata. Avevo anche paura. Un timore irrazionale che non sapevo davvero spiegarmi. Come l'orribile sensazione di cadere nel vuoto e di non essere mai davvero pronta all'impatto. Come una fuga che la mia mente aveva tentato più volte di fare, fallendo proprio allo stremo delle sue forze.
Ero al mondo, e dovevo tornare a respirare.
I polmoni bruciavano nell'incontrastabile ricerca di ossigeno. Intorno a me il blu etereo. Mi muovevo lentamente, immersa in una sostanza fredda e densa che era stata la mia culla, e che era appena diventata la mia prigione. Con le mani cinsi i bordi lisci e confortanti di una vasca da bagno, e poi mi sollevai, decisa a voler riprendere fiato. Inspirai e il mio cuore esplose. Lo sentii battere in preda all'eccitazione, mentre i miei occhi mettevano a fuoco l'immagine davanti a me. Una donna sedeva sul bordo della grande vasca. Le sue mani perfettamente curate e tremanti sfioravano la sottile tastiera che si era illuminata al suo tocco rapido e leggero. La donna aveva una carnagione scura e tipici tratti africani. Il modo in cui digitava il lungo codice lasciava trasparire una profonda agitazione. La stretta uniforme che l'avvolgeva aveva il logo della MBI Corporation.
"Casa" pensai subito, quasi d'istinto. Era come se una voce dentro di me ripetesse ciò che mi sarebbe servito a placare quella strana sensazione di qualcosa di sbagliato che avevo dentro di me.
"Kate, ascoltami. Non parlare, e non farmi domande. Non abbiamo tempo per quelle. Puoi alzarti e asciugarti?" mi chiese la giovane donna, quasi sottovoce. Con una mano mi allungò un telo con cui iniziai ad eliminare i residui di quella fredda sostanza che aveva avvolto il mio corpo completamente nudo. Seguii i suoi ordini e non dissi nulla. D'altronde, era un'umana.
"Quello che sto per fare è qualcosa che va contro il regolamento. E' qualcosa di molto pericoloso. Voglio essere sicura del fatto che anche tu ne sia a conoscenza. Questa è una direttiva 53".
Deglutii. Non avevo mai sentito nessuno pronunciare quelle parole. Un'idea molto chiara si accese nella mia mente. Si trattava di una vera e propria emergenza. Una situazione in cui avrei dovuto seguire tutti gli ordini che l'umana mi avrebbe dato. Annuii lentamente, dopo averle riconsegnato il telo sporco di gelatina blu.
"Esci dalla vasca e indossa quel vestito e quelle scarpe" continuò, indicandomi un abito nero corto e un paio di scarpe basse dello stesso colore. Le cose giacevano su una barella in fondo alla stanza, e impiegai qualche secondo per raggiungerle. I miei movimenti erano ancora troppo scoordinati perchè io potessi essere abbastanza veloce. Sentii il respiro della donna farsi sempre più accelerato, come se fosse in preda ad un principio di attacco di panico. Le rivolsi una rapida occhiata, incuriosita da quel suo strano comportamento.
"Sbrigati" mi incitò lei, incrociando le braccia e voltandosi verso la porta socchiusa da cui entrava l'unico fascio di luce artificiale che illuminava la stanza in cui eravamo. L'abito aveva un piacevole profumo di gelsomino. Un odore particolare, che non avevo mai sentito lì.
Ma da quanto tempo ero davvero lì?
La donna mi afferrò per un braccio, e mi condusse nella stanza illuminata. Era molto più grande di quella con la vasca,e accoglieva una serie di enormi computer. Davanti uno di questi, sedeva un ragazzo dalla pelle chiara. Aveva capelli biondi cortissimi, e le spalle ricurve sulla tastiera su cui era intento a digitare qualcosa. Sembrava perfettamente a suo agio.
"Ecco ciò che volevi, schifoso bastardo" disse l'impiegata della MBI, spingendomi verso di lui.
Il ragazzo scattò in piedi, e puntò una pistola alla fronte della donna, che indietreggiò spaventata.
"Non ti conviene continuare con questo atteggiamento. Ricordati come ho fatto ad entrare qui. Posso distruggerti in qualsiasi istante". "Quando scopriranno che cosa hai fatto, avrai i giorni contati. Kate è destinata. E' instabile ormai da troppo tempo. Io stessa ne ho programmato l'eliminazione" ribattè la donna con voce tremante.
Il ragazzo le si avvicinò, guardandola in viso.
"E' proprio questo che mi fa schifo di voi. Questa ingenua, patetica, folle convinzione di poter controllare tutto. Ho voglia di far saltare in aria questo posto, di ridurlo in polvere e di farvi sentire ciò che siete davvero. Dei luridi e indifesi vermi" la sua voce divenne un grugnito rabbioso.
Il ragazzo premette il grilletto, e il colpo mandò in frantumi lo schermo di un computer alle spalle della donna, che si piegò sulle ginocchia, terrorizzata. Quella violenta dimostrazione la mise a tacere per qualche secondo, il tempo di cui quello strano individuo aveva bisogno per spegnere tutti gli altri computer della stanza. Poi, all'improvviso, mi rivolse la parola. Il suo tono di voce era sorprendentemente calmo. "Seguimi, andiamo via da qui. Abbiamo solo tre minuti prima che il sistema si accorga della tua assenza. Pensi di farcela?".
Lo guardai, cercando di capire il motivo che l'avesse spinto ad infrangere una serie molto lunga di leggi, e a rischiare che il suo feed si azzerasse in pochi secondi.
"Stai rischiando la vita, e nemmeno ti conosco" ammisi con una punta di imbarazzo.
Il ragazzo piantò i suoi grandi occhi nocciola nei miei, senza dire nulla. Era come se le mie parole l'avessero in qualche modo ferito. Prese uno zainetto nero che sistemò sulle sue spalle larghe. Il movimento mise in risalto le braccia muscolose, che contrastavano con il resto della corporatura snella. Era alto quanto me, e aveva un'aria familiare, ma nulla del suo volto e del suo comportamento mi suggeriva che l'avessi mai incontrato prima di allora. La dipendente della MBI era ancora in ginocchio quando uscimmo da quella stanza. L'intero edificio piombò nel buio. Il ragazzo mi prese per mano, e mi condusse all'esterno. Non avevo idea di dove stessimo andando, nè del motivo di quella fuga.
Sapevo solo di essere al mondo. E questo mi faceva paura.

 


Fuori era notte fonda.
Fummo in auto nel giro di quattro minuti. Il ragazzo dai capelli biondi ignorava il limite di velocità, sfrecciando lungo una vecchia strada deserta.
"Dove stiamo andando?" chiesi, dopo aver raccolto a fatica il coraggio di parlargli ancora una volta. Temevo la sua reazione. Osservai la pistola nella tasca destra dei suoi jeans scuri e deglutii.
"Possibile che tu non sappia?" mi chiese, ma era più un sussurro, qualcosa che uscì dalla sua bocca troppo in fretta perché potesse controllarla. Lo vidi stringere il volante con forza, fino a rendere le nocche delle sue dita bianchissime. Poi rallentò, e accostò con l'auto lungo la strada rischiarata solo dal tenue pallore lunare.
"Scendi" mi disse con voce ferma. Attorno a noi c'erano ettari di campi incolti, e qualche quercia che cresceva rigogliosa, dimenticata dal resto del mondo.
"Kate, non ricordi davvero nulla?" mi chiese, avvicinandosi per guardarmi negli occhi. La sua voce tradiva speranza, mentre attendeva con ansia la mia risposta. Guardai ancora una volta quella pistola con cui aveva minacciato l'impiegata della MBI.
"Quello era il mio ultimo proiettile. Non ti farò del male, non potrei mai. Ma cazzo, dimmelo. Parlami! Non ti ricordi di me?".
Alla vista dei miei occhi persi, la disperazione si fece largo sul suo viso contratto.
"Mi... mi dispiace" mormorai, portando una ciocca dei miei lunghi capelli rossi dietro l'orecchio.
"Sono passati cinque anni, Kate. Sapevo che saresti cambiata. Sapevo che quei bastardi ti avrebbero bruciato il cervello, perchè è quello che fanno da sempre, con ibridi e umani. Ma questa volta non la passeranno liscia. Questa volta la pagheranno cara".
Il ragazzo sferrò un pugno che colpì la carrozzeria dell'auto sul punto su cui campeggiava il logo della MBI Corporation. Una "X" all'interno di un cerchio, il simbolo della perfezione dei "nuovi umani", gli ibridi.
Il cuore che batteva rapido nel suo petto, aveva qualcosa di particolare. Un soffio leggero, quasi impercettibile, che non avevo mai sentito prima di allora, e che per un oscuro e assurdo motivo, riuscì finalmente a calmarmi.




Nota dell'autrice
Questa storia non era che un racconto breve. In questi ultimi mesi, però, sentivo di non averla conclusa a dovere. C'erano sempre nuovi spunti, tante domande senza una risposta adeguata, troppi perché. Così ho deciso di continuarla, ma pubblicherò i capitoli solo se riceveranno una minima "considerazione" da parte di voi lettori. Apprezzerei tantissimo i vostri commenti, ed è stato proprio uno di questi che mi ha spinto a riprendere carta e penna. Grazie a tutti.
   
 
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