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Autore: vero511    16/07/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Non riesco a pensare a nulla, ho perso totalmente il contatto con la realtà e la causa ha un nome e un cognome: Zack Evans. Mi sta baciando con impeto da quando gliel’ho chiesto e il fatto che proprio dietro di noi ci fosse un divano, dove poter stare più comodi, non ha fatto altro se non prolungare la nostra passione. Agli schiocchi dei nostri baci si uniscono le gocce di pioggia che ticchettano sulle finestre; le mani di Zack sono calde quando le percepisco insinuarsi sotto alla maglietta a toccare il mio fianco scoperto. Rabbrividisco. Ed è come se questa scossa mi risvegliasse: spingo lievemente le spalle del ragazzo e lo allontano dolcemente. “Ehi, aspetta…” Mi guarda confuso com’è giusto che sia, in fondo sono stata io a chiedergli di baciarmi. “Ho fatto qualcosa di sbagliato?” Mi chiede. “Mm no, solo…ecco…” “Mi hai detto di baciarti e non di saltarti addosso” non c’è rabbia nel suo tono, anzi, sembra quasi ironico e ci guardiamo per un momento senza aggiungere nulla. “Forse è ora di andare a dormire” afferma improvvisamente, quando si alza, mi porge la mano e lascio scorrere il mio sguardo dal suo volto al suo arto, interrogativa. “Smettila di dormire su questo divano scomodo, ci stiamo tutti e tre di là”, non dovrei, sta succedendo tutto troppo in fretta, ma mi sta semplicemente invitando a dormire, con mio figlio nello stesso letto per giunta. Decido di lasciare da parte ogni freno per questa sera e accetto.

ZACK’S POV

Non riesco ad addormentarmi immediatamente, mi perdo ad osservare Ellie e Alex che riposano sereni: i capelli biondi di lei sono tra le mie dita mentre ne tasto la morbidezza e con una mano accarezzo febbrilmente il suo braccio che nel frattempo stringe il bambino a sé. È uno strano abbraccio il nostro, un po’ goffo oserei dire: non è mia consuetudine passare la notte con una donna e probabilmente nemmeno Ellie è più abituata a questo genere di situazione.
Non è solo questa posizione la causa della mia insonnia: il bacio di prima è stato…semplicemente indescrivibile a parole. Non me la sono presa quando mi ha fermato perché ritengo abbia fatto bene: non so cosa mi sia preso, ma stavo correndo decisamente troppo, qualcosa dentro di me ha avuto il pieno controllo del mio corpo e la mia mente completamente in tilt non è riuscita a resistere. L’idea che forse tutta la mia foga fosse dovuta al fatto che io abbia represso questa passione per troppo tempo, si fa strada dentro di me.
Quando finalmente riesco a chiudere gli occhi e a lasciarmi cullare dal sonno, sogno di un bambino e una donna dai capelli biondi che mi sorridono e mi vengono incontro.

Un sottile raggio di sole mi scalda il viso svegliandomi. La prima cosa che faccio è guardare accanto a me, dove la maggior parte del letto è vuoto, fatta eccezione per Alex. Non ho idea di che ora sia, ma forse Ellie starà preparando la colazione, decido di alzarmi per verificare la mia ipotesi, ma quando trovo la cucina vuota, il panico si fa strada dentro di me. Mi avvicino alla penisola e noto un biglietto, lo apro e trovo l’ordinata calligrafia di Ellie che mi avvisa che è uscita perché doveva assolutamente fare qualcosa e che mi avrebbe spiegato tutto al suo ritorno. Faccio del mio meglio per tranquillizzarmi e preparo la colazione per me e Alex: non so quanto starà via la Wilson, ma ora il mio compito è prendermi cura del bambino.
Dopo che la mia ansia si è acquietata, ha lasciato il posto alla curiosità: Ellie si comporta in modo molto strano quando siamo in questa città e ieri, non appena l’ho vista in lacrime e totalmente in panico, non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa le fosse successo. Il mio istinto mi dice che nasconde qualcosa, ma non voglio forzarla a rivelarmi cosa la turba così profondamente. A seguito di tutto ciò che è accaduto con suo padre e con Allen, ho capito che il passato è delicato e insidioso ed è meglio non forzarlo a mostrarsi.

I minuti si rincorrono veloci, le nuvole oscurano il cielo e i raggi del sole, uno strano senso di inquietudine si fa strada dentro di me e nonostante ciò vada contro ogni mio principio, mi ritrovo sul divano, con il computer posato sulle gambe incrociate a fare ricerche. Le prime notizie che compaiono sono quelle riguardati suo padre e la sua incarcerazione, con allegate le indagini che hanno coinvolto Ross (ancora in ospedale), e quelle in corso per ritrovare Allen e Kim. Pare non esserci nient’altro e in effetti non so nemmeno io cosa mia aspettavo di trovare, infondo è una ragazza qualsiasi, non certo una celebrità, e le sue informazioni personali non sono di dominio pubblico. Osservo lo schermo senza fare nulla, afflitto, poi mi viene un’idea: Ellie si comporta in modo strano solo in questa città, quindi quello che è successo in passato è per forza collegato a questo posto.
Montpelier è abbastanza grande da avere un sito internet, ma non abbastanza da avere talmente tante informazioni da doverne cancellare quelle vecchie per aggiungerne di nuove, di conseguenza non mi è troppo difficile navigare tra le pagine dei quotidiani. Filtro sempre di più la mia analisi, così da poter arrivare esattamente a ciò che desidero, finché un nome famigliare non mi balza all’occhio: Garrett Wilson.
Garrett Wilson in lutto per la morte della moglie, la figlia, di sedici anni, gli sta accanto.
La donna, dopo aver lottato per anni contro la malattia, ha perso la sua battaglia.
Il marito appare provato e con dei misteriosi lividi attorno al collo, inoltre i due parenti della defunta si rifiutano di lasciare alcuna dichiarazione.
Il rito funebre si è svolo nel cimitero della città, nonostante la donna in gioventù fosse sempre stata ben voluta da tutti, poche persone sono presenti alla cerimonia e nessun discorso viene pronunciato in suo onore; la causa di questa desolazione è forse dovuta al comportamento aggressivo della Signora Wilson, negli ultimi mesi della sua vita.
 
Non ho tempo di continuare a leggere l’articolo, perché il suono della chiave che gira nella serratura mi risveglia dal mio torpore mettendomi in allarme. Chiudo velocemente la pagina internet e assumo un’espressione il più normale possibile. “Ehi” saluto Ellie che ha un viso piuttosto stanco, ma decisamente più sereno di ieri. “Ehi…non dirmi che stavi lavorando!” Mi ha offerto su un piatto d’argento la scusa perfetta, così colgo al volo l’occasione. “Mi hai beccato” mi gratto la nuca con fare colpevole. Si avvicina e mentre toglie la giacca, prende in braccio Alex per salutare anche lui. “Vuoi mangiare qualcosa?” Ormai è tardo pomeriggio e non so se abbia pranzato o meno. “No, aspetto l’ora di cena, tranquillo” mi sorride dolcemente e percepisco che dopo ieri, qualcosa tra di noi è cambiato: anche solo la sua decisione di volermi raccontare di più sul suo conto è un indizio. Non le chiedo nulla riguardo al biglietto perché non voglio forzarla, piuttosto mi preoccupo se stia bene. Risponde affermativamente. “Sei riuscita a fare ciò che dovevi?” “Sì, ed è per questo che ora sto meglio” le credo perché lo vedo dal suo sguardo, più sereno e tranquillo. Ci sono ancora delle questioni che la turbano e che ovviamente rendono inquieto anche a me, ma risolvere un problema alla volta è un ottimo modo per uscire da tutto il  disordine che abbiamo affrontato negli ultimi mesi.

Mi fa cenno di seguirla mentre lascia Alex davanti alla televisione, così ci dirigiamo insieme in cucina. “Io…devo parlarti, ma non voglio che lui senta ciò che devo raccontarti, quindi rimanderemo questa conversazione a dopo che l’avrò fatto addormentare” i suoi occhi sono diventati vagamente tristi. Mi avvicino e alzo il suo volto verso il mio. “Va tutto bene, ci sarò in qualsiasi momento tu vorrai” solo dopo aver pronunciato queste parole mi rendo conto della loro portata. Mi guarda e mentre io sono ancora immerso nei miei pensieri, mi lascia un bacio sull’angolo delle labbra. Non è un gesto fugace il suo, ma ci si sofferma parecchio per poi muoversi veloce nell’altra stanza, lasciandomi solo con mente  e cuore in subbuglio.

Vado a farmi una doccia prima di cena e lascio la donna alle prese con i fornelli. Avevo proprio bisogno di distendere i nervi e i muscoli irrigiditi delle spalle: mi sento terribilmente in colpa per quello che ho fatto e mi maledico per non essere riuscito ad aspettare qualche ora, come se non bastasse, non voglio che lei perda la fiducia in me proprio ora che il nostro rapporto sembra aver fatto un passo in avanti. Forse dovrei dirle la verità e basta, dovrei confessarle che ho ceduto alla mia curiosità, ma che l’ho fatto solo perché ero preoccupato per lei e non solo per farmi gli affari suoi; o forse sarebbe meglio tacere perché nessuna giustificazione potrebbe mai compensare l’invasione della sua privacy.
Sono tormentato e forse se ne accorge perché durante la cena mi osserva di sottecchi e non parla. Lascio che per questa sera sia lei a giocare con Alex e mi ritiro in camera con la scusa di dover terminare il lavoro che stavo svolgendo questo pomeriggio.
Sento madre e figlio ridacchiare mentre fanno qualche gioco a me sconosciuto e il sapere che sono impegnati mi tranquillizza, ma non appena scende il silenzio e la porta della stanza inizia ad aprirsi con fatica, comincio a sudare freddo. Ellie compare sulla soglia con Alex addormentato in braccio e subito mi appresto ad aiutarla a metterlo sotto le coperte.

È arrivato il momento della tanto attesa conversazione, e ormai so che è troppo tardi per confessare il mio errore, così taccio e osservo Ellie, in attesa. “Io sono nata e cresciuta qui. La mia famiglia è nata e cresciuta qui. Sono figlia unica e mio padre e mia madre si amavano molto, insomma, stavamo tutti bene ed eravamo felici”. Il suo tono è molto distaccato, e me ne accorgo per il contrasto alla dolce cadenza del pomeriggio; affibbio ciò al fatto che stia raccontando qualcosa di doloroso e in cui non vuole essere coinvolta nuovamente. “Un giorno mia madre si ammalò, o per meglio dire, la sua malattia si è manifestata…è….una cosa genetica quindi è sempre stata dentro di lei. Come molte patologie genetiche, non aveva cura e per giunta era degenerativa…gli ultimi mesi sono stati un inferno, per tutti noi. Quando è deceduta…io e mio padre eravamo davvero molto provati, ma credo che un’infinitesimale parte di noi era quasi sollevata perché il tormento di mia madre era finalmente giunto al termine e lei aveva smesso di soffrire.” “Te ne sei andata perché questa città era ormai troppo stretta?” “Anche, qui sono successe molte cose oltre alla morte di mia madre…tutti la adoravano una volta…poi ha iniziato ad essere aggressiva e…lo sai” mi lancia uno sguardo come di…sfida. “È…arrivata alla fine” cerco un modo per ripetere quello che anche lei è già riuscita a dire, ma senza troppo successo. “Oh no, intendo prima” sono terribilmente confuso, ma lei mi schiarisce immediatamente le idee. “I lividi sul collo di Garrett”. Oh. “Suvvia Zack, non guardarmi così… so che hai letto l’articolo” il suo sguardo e il suo modo di parlare mi fanno rabbrividire. È così…calma. Ma so che in realtà dentro di sé è tutto fuorché tranquilla. Questa è solamente la quiete prima della tempesta, o trattandosi di Ellie, dovrei dire dell’uragano.  
  
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