Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Florence    14/06/2009    10 recensioni
"Io, Carlisle Cullen, non avevo mai capito cosa significasse davvero cogliere un frutto proibito. Non fino a quando l'avevo incontrata di nuovo, dieci anni dopo e la dolcezza di quella mela mi aveva rapito. Quello che mi accadrà, sarà solo colpa mia, colpa dell'uomo che è sopravvissuto dentro al vampiro e di lei che, inaspettatamente, ha scaldato il mio cuore spezzato. Edward... perdonami..." E se a Volterra i Volturi si fossero comportati diversamente? Cosa è accaduto in dieci anni a Isabella Swan? E quale ruolo ha Carlisle in tutto questo? (What if... che prende l'avvio dalla fine di "New Moon" di S. Meyer)
Genere: Malinconico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Proibito' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Proibito-63


PROIBITO

Eccomi qua, con un aggiornamento lampo.

La spett. Florence Travel Agency è lieta di ospitarvi in quel di Praga, assieme alla svampirilla Esme.

Come sapete (e se non lo sai, SALLO!) Esme è il personaggio che per me mi riesce meglio, ergo, da questo punto di vista il mio preferito.
Questo è il secondo di tre capitoli ricchi di pathos per Esme. Il primo (Da sola) che mi aveva soddisfatta tantissimo, ha avuto poco riscontro nei lettori... spero che con questo vada meglio! Tra l'altro do un'indicazione e un legame con 'Da sola'... un po' surreale, ma ho voluto lasciare il dubbio sul mischione di fantasia e realtà! Leggete per capire!

Un abbraccio a tutte e... a martedì!  (penso)


ANGOLO PROMOZIONALE: VI SEGNALO 'SORELLE', LA MIA ULTIMA ONE-SHOT CON CUI HO PARTECIPATO AD UN CONCORSO SU TWILIGHT!

Ed ora... Buona Lettura! ^__^

63 - Sette fiori - Esme

 

Praga era esattamente come la ricordavo: dopo ottantanni’anni l’atmosfera surreale e magica avvolgeva ancora le sue strade, i tetti, i palazzi e la spessa coltre di neve caduta da poco rendeva quella magia ancor più tangibile.

Era freddo e tutte le persone che, fin dalle prime luci della mattina, avevano iniziato a brulicare per le strade, affacendandosi per contribuire con la loro parte alla grande festa che ci sarebbe stata quella sera, vagavano da un marciapiede all’altro infagottate con pesanti cappotti e giacche a vento lunghe fino ai piedi.

Un venditore di caldarroste, intonando una vecchissima nenia, aveva iniziato ad accendere il fuoco sotto ai suoi carboni e, dalle cucine dei ristoranti di ogni categoria si iniziava a diffondere l’odore del cibo in preparazione.

Era l’ultimo giorno dell’anno e, nella grande piazza dell’Orologio, erano spuntate come famigliole di funghi tante bancarelle in legno, ognuna diversa dall’altra, che avrebbero venduto cose da mangiare, oggetti in legno, souvenir in cristallo di Boemia.

Praga era una città strana: difficilmente in altri luoghi della terra ero riuscita a provare contemporaneamente quella sensazione di soggezione e di mistero, unita e confusa con la voglia di esplorare con la vitalità che, in basso, tra la gente, dilagava e conquistava il turista, il pellegrino, il condannato. Camminai a volto scoperto fino al maestoso Castello sulla collina: da lassù, in cima al campanile della cattedrale, la città appariva come addormentata sotto la coltre ghiacciata, punteggiata qua e là da spruzzi di verde di alcuni alberi liberi dalla neva, strisciate color antracite delle strade e chiazze color mattone, come i tetti dai quali la neve era scivolata via.

La cosa più bella era guardare in basso, sul Ponte Carlo, gli artisti che allestivano il loro angolino per la serata: qua un pittore, là uno che suonava la fisarmonica, un burattinaio, uno che dipingeva caricature.

Chissà come sarebbe stata la caricatura della mia vita... forse mi avrebbe rappresentata come un cane trattenuto da un guinzaglio troppo lungo, nel quale si è ingarbugliato e, percorrendo vie diverse, ha stretto attorno al collo un cappio che mozza il respiro e fa morire il cuore nel petto.

Era stato a Praga che, prima che Rosalie si unisse a noi, Carlisle mi aveva portata in viaggio, all’inizio della primavera e, qui, accanto al mulino in fondo al Ponte, mi aveva domandato di sposarlo.

A Praga...

Ma questa città bellissima e struggente possiede una maledizione che va oltre la sua magia, che ti rende più attento e consapevole, mentre riesci a dissociarti dal tuo corpo e guardare con occhi nuovi quello che sei e che accade vicino a te: Carlisle non era felice, mentre mi guardava domandando la mia mano. Non aveva l’espressione di un condannato, ma non era felice... non brillava. Oh se avessi avuto il potere di Edward, in quel momento! Avrei voluto davvero sapere cosa si celava dietro allo sguardo dolce che mi offriva, dietro alle mani ferme e al sorriso delicato, che però non arrivava ai suoi occhi, non increspava le sue palpebre e faceva brillare la sua anima. Lui mi voleva bene, forse un bene infinito, stava bene con me, spesso rideva, scherzava, mi abbracciava con trasporto e mi faceva sentire speciale. Ma ancora non mi amava.

A Praga lo avevo capito con la gravità di una montagna che improvvisamente, mentre stavo ammirando la sua maestosa regalità, si era sbriciolata sotto ai miei occhi e mi aveva travolta con il suo peso e con le pietre taglienti. Quello che era rimasto, lì dove si era formato il cumulo, era un’altra montagna, forse più bassa e meno solida, sotto alla quale, schiacciata e impossibilitata a reagire, ero rimasta intrappolata io.

Intrappolata nell’attimo più bello della vita, incapace di dare voce ai miei desideri, schiacciata dalla sofferenza che lui cercava di tenere soffocata dietro il suo sorriso di dolce compagno.

Forse Carlisle, con quella domanda, aveva dimostrato di tenere a me e di amarmi più di quanto io fossi in grado di fare o forse, la sua età e la sua esperienza lo avevano dotato di una diversa visione della vita. Forse con la mia risposta avevo decretato già allora la fine della nostra storia e avevo legato la mia sofferenza latente a quel posto.

Lo avevo abbracciato e scosso la testa. Poi, guardando il suo volto spegnersi e le mani ricadere inermi lungo il corpo, avevo sfilato dalle sue dita la scatoletta che non avevo neanche voluto aprire e gli avevo detto solamente “Non è destinato a me. Ma finché lei non arriverà, se arriverà, conservalo tra i tuoi tesori, come io conserverò il mio amore per te al sicuro nel mio cuore.” Gliel’avevo resa, poi gli avevo fatto una carezza ed ero scappata lontano. Lo avevo rivisto a casa, dieci giorni dopo, sorridente e placido, come sempre, pronto ad accogliermi con un dolcissimo bacio e il suo abbraccio protettivo. Come se non fosse successo nulla ed io non avesi rifiutato la proposta più difficile della sua vita.

Lo avevo lasciato solo accanto al mulino ed ero scappata via, correndo come solo noi possiamo fare, cercando dentro di me la risposta a quella domanda.

 

Non ci eravamo mai sposati, anche se documenti falsi e la convinzione di tutti i ragazzi, eccetto Edward, dicevano il contrario. Mai sposati e mai tornati a Praga, prima di allora.

 

Senza rendermene conto, mentre il sole sprofondava oltre la linea delle nubi tingendo di un debole arancio la neve sulla città, ero scesa dalla collina del Castello e, procedendo lungo la scalinata e sotto ai portici, ero arrivata ai piedi del Ponte Carlo: al mulino.

Non c’era più la panchina dove Carlisle ed io ci eravamo seduti così tanto tempo prima, non c’era più odore di fiori nell’aria e... chiusi gli occhi e mi appoggiai con la schiena al muro dietro a me: potevo ancora sentire dentro la mia anima l’odore delle viole e delle rose, l’odore dei gigli e delle gardenie che aveva reso quel momento magico e terribile. Potevo ancora illudermi che lui apparisse da un momento all’altro dalle scalette, scendesse verso di me e mi porgesse la sua mano, domandandomi di nuovo di sposarlo.

Non avevo mai visto cosa conteneva quella scatolina tonda rivestita di velluto blu. Forse era un anello antico, forse un gioiello semplice. Forse c’era dentro solo il suo cuore ed io lo avevo rifiutato, pur desiderandolo più di ogni altra cosa al mondo. Carlisle...

-Flowers, Madame? Voulez-vous des fleurs? Fiori ! Flores, Flores, Señora !-, mi voltai alla mia destra, spaventata dall’interruzione dei miei sogni ad occhi aperti : seduta per terra, nell’ombra, stava un’anziana donna dai lunghi capelli grigi. Sulle spalle indossava un vecchio scialle pesante e, sulle gambe, teneva una cassetta piena di fiori recisi.

La guadai in viso e mi sorrise, poi, con un plateale gesto della mano, mi indicò la porta del vecchio mulino e si sollevò da terra, puntellandosi con un bastone. Dalla sua cassetta caddero due fiori, li raccolsi e la seguii nella piccola stanza buia.

Appena entrata, la donna fece luce nell’ambiente ed io mi trovai avvolta in un incantesimo dentro la magia: alle pareti erano appesi amuleti e portafortuna di ogni genere e nazionalità, dagli acchiappasogni dei nativi d’america, a zampette rachitiche di strani animali mitologici. C’erano cristalli appesi al soffitto che, alla debole luce del sole che filtrava dalla finestrella, scintillavano come diamanti, illuminando di mille colori piccoli cerchi sui muri.

E poi c’erano i fiori...

-Chi sei?-, chiesi alla signora, ancora tenendo in mano le due corolle cadute.

-Una strega-, rispose senza battere ciglio, -Ma anche una persona che può aiutarti...-, si avvicinò a me e aprì la mia mano: dentro, un giglio bianco spiegazzato e un piccolo bucaneve candido.

-Vita, Speranza, Nobiltà d’animo... e un amore puro-, mi guardò schioccando la lingua, poi si voltò e scostò una tendina che nascondeva una parete piena di vasi di fiori, molti dei quali, vista la stagione, non avrebbero dovuto trovarsi là.

-Nessuno dei due ti rappresenta... seguimi-, ordinò perentoria e si mise ad analizzare uno ad uno i mille fiori che ornavano la sua strana casa.

Seguii con lo sguardo le sue mani sfiorare i petali, sfilare dai vasi alcuni fiori, portarli al naso, rimetterli a posto, osservarmi attenta e poi di nuovo tornare ai fiori.

-Ecco-, disse, porgendomi un piccolo fiore lilla, -Questo sei tu: riesco a comprendere le persone con un solo sguardo e la malva, sicuramente, ti rappresenta alla perfezione. Sei una madre, vero? Sei giovane, ma sai cosa significhi avere dei figli... e nessun fiore meglio della malva può indicare l’amore e la protezione che regali ai tuoi figli...-

Sentii dei brividi correre lungo le mie braccia, come se per la prima volta, ancor più in profondità di come poteva fare Edward, quella donna avesse guardato dentro di me e avesse estratto e mostrato al mondo la mia natura. Come se mi conoscesse da una vita.

-E’ la famiglia, la tua priorità, la felicità di chi ti sta accanto, prima della tua: riluci della loro gioia e questo può farti sentire completa. E’ una virtù rara e tu... tu hai paura di averla perduta, non è vero? Per questo sei qui...-

Trafitta dai due acquosi occhi di una vecchia umana. Mi fissava come per volermi strappare l’anima: era vero... io la mia virtù l’avevo rinnegata...

-Sì-, risposi flebile: era per quello che ero a Praga e non immaginavo che la risposta alle mie domande, la fine della mia ricerca potesse avvenire tramite una persona, una stanza magica e i suoi occhi sconosciuti, eppure così familiari.

-Tu sei una malva: questo posso dirlo io, dall’esterno, che vedo quello che si muove nel tuo animo. Ma la tua ricerca...  tu sola sai cosa o chi stai cercando. Tu sola puoi trovare le loro anime custodite in questi fiori. E tu sola puoi decidere se vorrai che queste persone tornino con te. Scegli tra questi fiori quelli che rappresentano i tuoi cari e lascia che il tuo pensiero arrivi fino al mare, assieme ad essi-, mi sorrise e prese la malva dalle mie mani, mi sfiorò la fronte, il naso e la bocca con i suoi petali e, infine, la strinse nel suo pugno. Quando lo aprì, c’era solo un profumo più forte nella sua mano. Mi carezzò e mi fece cenno di avvicinarmi ai vasi.

 

Li volevo: li rivolevo tutti. Volevo che tutti i miei cari fossero di nuovo uniti, che tempi felici avrebbero cancellato il triste ricordo di questi dieci anni di separazione.

Volevo tornare alla nostra casa, stare tutti insieme riuniti in salotto...

Carlisle, sprofondato nella sua poltrona preferita, con un libro aperto sulle gambe, la sua mano nelle mie, accanto a lui, seduta sul bracciolo grande e comodo. Il sole che lo illuminava da dietro, la luce che faceva brillare il suo sorriso...

Emmett e Rose, lì vicini, abbracciati sul divano, languidamente persi nei loro pensieri, mentre le loro mani si incontravano e giocavano e dolci baci venivano scambiati sulla loro pelle, sulle palpebre socchiuse, sui capelli...

Jasper, in piedi con le braccia conserte e gli occhi rapiti da Alice, appollaiata con le gambe incrociate sul tavolo di quercia, che ondeggiava la testa alle note del piano...

E poi Edward, immerso nella melodia della sua musica, le sue dita che scorrevano veloci sui tasti, i capell che si muovevano ad ogni spostamento, il suo sorriso speciale, solo per lei, solo per Bella...

Bella... la mia bambina... ti ho amata tanto, piccola Bella e so che non sei tu, non sarai mai tu colei contro la quale punterò il mio dito, perché è stato il tuo amore a darti la forza di compiere gesta eroiche, la tua forza e la purezza dei tuoi sentimenti che ha fatto palpitare il tuo cuore vivo e donarlo a lui... Tu l’hai riportato in vita, mentre io... Ho spezzato la catena che ci teneva uniti, ho tagliato la corda alla quale eravamo sospesi, ho reciso il ramo che portava i nostri frutti... e solo io ti ho lasciata volare via, come una farfalla nel giorno caldo e afoso: sola davanti alla vita crudele.

Dove sei, adesso, piccola Bella...

 

-Bene, hai finito, brava cara-, la voce della vecchia signora mi strappò al sogno di un languido pomeriggio nella nostra casa: tra le mie mani c’erano sette fiori diversi.

-Come... come ho fatto...?-, domandai incredula.

-Hai creduto nei tuoi sogni-, mi disse.

L’ultimo raggio di sole riempì la stanza e scomparve oltre l’orizzonte. In lontananza, i rumori della città indicavano che la festa era iniziata.

La donna avvicinò di nuovo la mano al mio volto: lasciai che si fermasse in una carezza incisa nel tempo, reclinando la testa verso di lei.

-Di che colore hai gli occhi, cara?-, mi domandò.

Cosa? Che... che intendeva?

Mosse la mano sul mio volto, sfiorando i lineamenti, capendo come fossi fatta. Arrivò ai miei capelli e ne saggiò la consistenza, la lunghezza.

-Tu... non puoi vedermi?-, domandai, mentre il cuore morto nel mio petto ruggiva per l’emozione.

-Ti vedo eccome... vedo come sei dentro, sento il tuo respiro e... anche il tuo cuore...-, si staccò da me e mi sorrise.

-Rossi: ho gliocchi rossi-, le dissi, vergognandomi come una ladra.

-Io dico che sono color del grano a giugno...-, mi rispose e, di nuovo, mille brividi si impadronirono di me: dovevo giustificarmi...

-Signora... io...-

-Non parlare, non sprecare tempo... ricorda: un pensiero per ognuno di loro; un bacio per ogni desiderio e poi verso il mare... prima che l’anno finisca. Adesso vai, trova un luogo dove sarai sola e vai-, mi sorrise di nuovo e mi indicò l’uscita.

-Grazie...-, sussurrai e tornai nella notte, sotto al ponte, dove un giorno di tanti anni prima avevo rifiutato di mettere le catene all’uomo che amavo.

Dovevo fare quello che diceva, la stessa cosa che mi aveva detto la ragazza che si era tolta la vita: dovevo riuscirci anche per lei. Eppure...

 

Baggianate.

Quella donna... come faceva a sapere di me, di quel posto, dei miei desideri...? Come facevo ad aver in mano sette fiori diversi e, sul mio viso, un persistente profumo di malva? Ero stata raggirata da qualcuno che mi aveva seguita fin lì. Uno dei Volturi, probabilmente.

Dovevo sapere chi mi stava seguendo.

Mi voltai verso il mulino ed aprii la porta, senza bussare: volevo delle spiegazioni, volevo capire cosa stesse accadendo.

 

Non c’era più nulla.

 

Non amuleti, non riflessi colorati o tintinnio di campanelle. Non le finestre aperte e non i fiori.

E non c’era più lei.

Solo uno specchio mezzo coperto da un telo. Mi avvicinai e lo liberai. Poi guardai il mio riflesso.

Nella penombra, i miei occhi erano color dell’oro.

 

Era un segno... un segno...

 

Dovevo credere nelle parole della ragazza, in quelle della donna.

I loro volti si sovrapponevano nella mia testa... La giovane dai capelli color rame al vento, i suoi occhi tristi; la vecchia dai capelli lunghi e grigi, come i suoi occhi spenti... occhi grigi... come quelli della ragazza... occhi grigi... come quelli che avevo io da umana...

 

Un battito.

Per un istante, udii chiaramente un battito provenire dal mio petto.

Uno solo.

 

Un segno...

 

 

Uscii dal mulino giusto in tempo, prima che alcune guardie locali scendessero per controllare cosa stesse accadendo, perché la porta di quel monumento fosse stata aperta e iniziai a vagare, con il respiro affannato, mille domande nella mia testa e, tra le mani, sette fiori.

Quelli erano reali.

Quelli erano tutto ciò che restava della mia famiglia.

 

Dovevo trovare un luogo tranquillo dove compiere quel rito magico che il passato, quello che avrei potuto essere e il futuro, quello che sarei potuta diventare, mi avevano urlato di fare.

Dovevo ritrovare le anime buone dei miei amati per poter riconquistare la mia.

 

 

Trovai uno spuntone di roccia in riva alla Moldova, oltre la Torre delle Polveri, oltre i fasti della Piazza dell’Orologio e mi accucciai sulla terra ghiacciata.

Aprii la stoffa entro cui avevo riposto i fiori, custodendoli come reliquie: eccoli là, tutti sparsi in un disordine perfetto e armonico.

 

Ne presi uno ad uno: la mia mente corse a ciascuno dei miei cari.

 

Un’orchidea per Rosalie... tutta la sua sensualità riassunta tra i petali misteriosi di quel fiore esotico. La mia Rose... meravigliosa e superiore in bellezza a tutte, fiera della sua femminilità e innamorata del suo unico amore. Bella e passionale, come un’orchidea... era questo la mia Rose... Posai le labbra sui petali lisci.

Allungai una mano sull’acqua e lasciai che la corrente portasse via il fiore.

 

Un girasole per Emmett: un girasole per la sua allegria, il suo orgoglio di essere un Cullen, per l’amore adorante che nutriva per Rosalie e alimentava ogni giorno, con tante dolcissime accortezze. Un girasole che viveva grazie a lei e non vedeva che lei... Un girasole forte e capace di proteggere i fiori più piccini che stavano sotto la sua corolla... Lo strinsi al petto e lo baciai: era come se avessi baciato lui, il mio cucciolo più solare.

-Vola, amore della mamma!-, sussurrai lanciando lontano il fiore pesante, che cadde in acqua vicino all’orchidea e la catturò, correndo agganciati verso il mare, lontano, lontano...

 

Un ciuffo di mughetto per la meravigliosa Alice: me lo sentivo... lei sarebbe stata la chiave per ritrovare la nostra felicità, lei, il nostro folletto, il nostro portafortuna, così carina, così vanitosa, così frizzante. Alice: il mughetto che spuntava ogni giorno in casa e lo rendeva speciale come il primo di primavera. Tante campanelle bianche per la sua risata che sembrava lo scampanellio di fate lontane... Alice... cosa avrei dato pur di risentire almeno una volta la tua voce...  Avrei baciato uno ad uno ogni fiorellino, avrei seguito la sua corsa fino all’oceano, finché non si fosse dissolto e non fosse tornato aria.

Deposi delicatamente il fiore vicino alla riva, lasciando che si allontanasse lentamente da me. La separazione da lei era stata la molla che mi aveva condotta a quella decisione scellerata.

 

La perdita di Edward, era stato il colpo di grazia: lui, pulsante di passione e finalmente raggiante d’amore come la più rossa delle rose... il mio Edward... il mio primo bambino, il mio adorato figlio che custodiva un mondo di paura e pentimento dentro di sé e tentava di tenerlo nascosto ai nostri occhi, perché non capissimo mai cosa soffriva. Edward che era tornato a vivere grazie a lei... e per lei aveva deciso di morire.

Una rosa rossa... un profumo inebriante ed intenso... l’amore vero, che bruciava nelle sue vene e faceva battere il suo cuore.

Inspirai il profumo e la portai alle labbra. Poi l’abbandonai alle acque.

 

Presi il rametto d’agrifoglio tra le mani: rappresenta te, Jasper, perché dietro al tuo aspetto aggressivo si nasconde un sentimento forte. La tua aggressività maschera la protezione che riservi verso tutti noi, verso Alice in particolare. E’ un fiore difficile: sei un uomo difficile. Ed è per questo che ti voglio così bene, perché le tue unghie affilate sono un pericolo per gli altri, mentre le bacche rosse e succose che proteggi siamo noi. E’ una pianta antica: anche tu sei antico, antico è il tuo sentimento, antica la tua forza e la tua sofferenza.

Tu sei forte come un agrifoglio che protegge la casa dalle intemperie nelle lunghe notti buie, in inverno: dieci anni è durato il nostro inverno e tu, anche se dilaniato dal dolore che ti toglieva il respiro e ti spingeva a compiere follie, ci hai protetti, in qualche modo... Ho fiducia in te, figlio mio, e non mi bucherò ancora con le tue spine, baciandoti e regalandoti tutto il mio affetto...

L’agrifoglio cadde nell’acqua e la corrente lo portò via.

 

Avevo solo altri due fiori: i primi due che erano caduti alla donna ed io avevo raccolto.

 

Un giglio bianco.

Un bucaneve.

 

Il primo, il simbolo della nobiltà d’animo e della fierezza, ma al contempo della purezza di cuore e della castità.

Il secondo, il fiore che per primo sfugge al ghiaccio ed  annuncia che la vita c’è ancora, sotto alla scorza dura e fredda. Il simbolo della speranza... quella che ci ha dato una scarica elettrica e ci ha fatto tutti palpitare.

 

Un giglio bianco.

Il mio giglio bianco...

Sei tu. Sei sempre stato un giglio bianco, anche se so che ci sono macchie sulla tua anima, macchie piccole e sbiadite, ma che per te pesano: lo so, Carlisle. Ora so cosa vuol dire sentirsi sporchi, macchiati, inadatti, immeritevoli di qualcosa. So cosa significa privare gli altri della libertà, irretire il loro cuore, farli sentire inadatti e colpevoli. Ora so di amarti davvero, senza limiti e senza confini di tempo e spazio. So di amarti anche se tu non mi vorrai più, anche se per te sarò solo una amica, una persona cara, ma non la fiamma del tuo cuore. Hai fatto violenza sulla tua anima per stare con me, e mi hai reso la donna più felice del mondo, quando ho capito che il mio sentimento era finalmente ricambiato con sincerità, perché io lo so che così è stato... ma io ti ho lasciato andare, volare via. Per sempre...

Tu sei il mio giglio, il faro nella mia notte. Bacio questo fiore perché è come baciare te, per l’ultima volta...

Adesso, và... corri libero sull’acqua, arriva fino al mare e sii libero di tornare da me, di amarmi come meglio credi, senza il timore di ferirmi: non mi ferirai mai, perché io ti amo e non pretendo più nulla, da te, se non di lottare per essere felice.

 

 

Un bucaneve.

Bella.

La vita che hai riportato in mezzo a noi, la speranza che hai riacceso nei nostri cuori. L’amore che ha dato la spinta ad Edward, che lo ha fatto tornare a vedfere il mondo a colori.

Bella...

Dove sei... cosa sei? Sono passati dieci anni e tu... sarai diventata una donna... quello che io non sono stata così forte da accettare. Ero diventata una donna privata dei suoi sogni di bambina dalle mani di un carnefice che credevo di amare.

Tu... no... O Signore... ti prego... non lei... non Bella... fa che non sia toccata anche a lei la triste sorte di sofferenza che ha abbracciato la giovane Esme Ann Platt e l’ha stritolata...

Perdere un figlio... rinunciare ai sogni e sentirsi abbandonata da chi ami... fa che lei non debba mai sopportare queste sofferenze...

 

Mi voltai attorno, perché non riuscivo a contenere nella mia testa il dolore che, d’un tratto, mi aveva avvolta e stringeva in una morsa dolorosa e crudele. Quel piccolo bucaneve nelle mie mani... innocente e perfetto... non poteva più essere Bella... lei era una donna ormai, era cresciuta era... lei meritava l’amore più dolce, l’affetto di piccole mani che cercavano il suo viso...

 

Sulla riva, vicino a me, un miracolo mi osservava. Una margherita, la prima della stagione, o forse l’ultima.

La margherita rappresenta l’augurio di felicità e di amore ricambiato. La dono a te, Bella.

La strappai delicatamente dalla neve e posai un bacio sulla corolla ancora un po’ chiusa. Poi la abbandonai all’acqua.

 

Presi il bucaneve e lo tenni stretto a me, lo baciai e lo conservai accanto al mio cuore, come il ricordo di qualcosa che era stato meraviglioso e che non sarebbe più tornato. Perché il tempo passa e spazza via le cose più dolci...

 

Mi alzai e spazzolai via la terra dal mio vestito, guardando per l’ultima volta verso il fiume.

C’era un masso, poco oltre, lungo il corso delle acque e un ramo aveva fatto fermare la corsa del mio giglio. In lontananza la margherita roteava a pelo d’acqua e andò a fermarsi proprio addosso al giglio, che riprese la sua navigazione con lei.

Sorrisi: forse si sarebbero protetti a vicenda, finché non fossero giunti al mare.

Lasciai lì i miei desideri e il mio passato e mi voltai.

 

 

 

Festori rintocchi di campane e un tripudio di fuochi d’artificio segnarono che il nuovo anno era iniziato.

Scossi la testa sorridendo, come a scacciare un pensiero e andai via.

Avevo voglia di vagare, come una gitana, per le strade in festa, di ubriacarmi della voglia di vivere delle persone che brindavano felici accanto a me. Volevo illudermi che tutto sarebbe andato bene.

 

Camminai e danzai da sola fino all’alba, quando tornai nella grande piazza dell’orologio, ormai deserta. Mi sarei fermata un po’ e poi...

 

Un trillo, vicino a me, catturò la mia attezione. Mi voltai da ambo le parti, senza capirne la provenienza.

 

Di nuovo un trillo.

 

Alla mia sinistra c’era una fila di cabine del telefono ed uno di essi stava squillando.

 

Ero sola.

 

Non poteva che squillare per me.

 

Mi avvicinai al terzo telefono e sollevai la cornetta.

 

-Pronto?-

 

 

 


***

 ... to be continued...

 

***

Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.

***

Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.

La storia narrata di 'Proibito', le circostanze e quanto non appartiene a Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica integrale o di parti di essi, specialmente senza permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e verrà fatta rimuovere.
© 'Proibito' Tutti i diritti riservati.
 

 

******************************************************************************************************************************************

Molte grazie a chi ha commentato lo scorso capitolo!!! ^__^

Recensione di sarapastu, fatta il 14/06/2009 - 04:18PM sul capitolo 66: 62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Contentissima che questo capitolo ti sia piaciuto così tanto, non pensavo! E' nato così, da solo, compreso il ricordo di Alice... eh, sì, povera stella... era meglio se non ricordava... Alice non ha telefonato a Rosalie (ma lei ha cmq visto la chiamata e ha -forse- capito), né a Jane... e lì so' caxxi... ihihihih!!! Esme risponderà? Vedi tu! E non odiarmi se la risposta non arriva ancora! :-P Un bacio e... sei fortissima! A presto!
Recensione di Helen Cullen, fatta il 14/06/2009 - 02:20PM sul capitolo 66: 62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Edward si riferisce ad Alec, ma solo a lui? In gara anche Aro, Caius e Carlisle... temo! Sì, per Rosalie & Co sembra troppo tardi per *curare*, ma... la situazione può sempre *guarire* da sola, no? In fondo un segnale Rosalie lo riceve cmq... La visione... significa che Carlisle e Bella sono arrivati a casa! :-P Grazie per l'appunto sugli squilli del telefono! Un abbraccio a presto!
Recensione di Angie Cow, fatta il 13/06/2009 - 11:10PM sul capitolo 66: 62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Edward al momento ancor anon è cresciuto, ma stanco. Lo definirei così: se lotta perde, se non lotta, perde. Tutto è contro di lui... quindi si mette in un angolo, un po' come il ciuco di Winnie the Pooh, lo conosci? Caruuuccio!! Grazie x i complimenti sulla scelta del titolo! Un bacio e a presto!
Recensione di perlapeppa, fatta il 13/06/2009 - 09:48PM sul capitolo 66: 62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Carissima, Alice come Dio ha fallito, ma può aprire una società telefonica, intanto! :-P Non disperare sul continuo della storia: il destino ordisce le sue trame con uno scopo, e lo scopo... è il mio! :-) Grazie ancora per le tue recensione e l'aiuto (e le chiacchierate) e a presto! 
Recensione di frufru123, fatta il 13/06/2009 - 07:13PM sul capitolo 66: 62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Carissima!!! Mi sa che riesci a rimetterti in pari al più presto, allora! Ti ringrazio non sai quanto per le tue parole: è quello in cui volevo riuscire... sono contenta che lo abbia colto! Continua a seguirmi e... grazie mille!
Recensione di eka, fatta il 13/06/2009 - 03:41PM sul capitolo 66: 62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Perché dici così? CHi ti dice che non sarà mai un successo e che dovrai per forza stare male? Io garantisco soddisfazioni, alla fine... quando arriverò. Che gusto c'è ad avere dall'inizio alla fine di una cena il dolce? Antipasto, primo, bella bisteccozza, magari anche un po' di cicorie amare, radicchi, il caffè (rigorosamente senza zucchero) e poi... il dolce! :-) Grazie e a presto!



 



Un abbraccio a tutti e grazie davvero di cuore!

♥♥♥

Ciao a tutti quelli che mi seguono E recensiscono e... 

(cambio slogan)

Il Signore disse:

andate e moltiplicatevi...

... e moltiplicatevi!!!

A tutti gli altri:

CORAGGIO!!!!

A ME FA PIACERE SCRIVERE PER LA VOSTRA GIOIA,

MA NON MERITANO UN PO' DI GIOIA ANCHE GLI SCRITTORI?

Ciao e cmq grazie! 

 

 

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Florence