PROIBITO
Eccomi qua, con un
aggiornamento lampo.La spett. Florence Travel Agency è lieta di ospitarvi in quel di Praga, assieme alla svampirilla Esme.
Come sapete (e se non lo sai, SALLO!) Esme è il personaggio che per me mi riesce meglio, ergo, da questo punto di vista il mio preferito.
Questo è il secondo di tre capitoli ricchi di pathos per Esme. Il primo (Da sola) che mi aveva soddisfatta tantissimo, ha avuto poco riscontro nei lettori... spero che con questo vada meglio! Tra l'altro do un'indicazione e un legame con 'Da sola'... un po' surreale, ma ho voluto lasciare il dubbio sul mischione di fantasia e realtà! Leggete per capire!
Un abbraccio a tutte e... a martedì! (penso)
63 - Sette fiori - Esme
Praga
era esattamente come la ricordavo: dopo ottantanni’anni l’atmosfera
surreale e
magica avvolgeva ancora le sue strade, i tetti, i palazzi e la spessa
coltre di
neve caduta da poco rendeva quella magia ancor più tangibile.
Era
freddo e tutte le persone che, fin dalle prime luci della mattina,
avevano
iniziato a brulicare per le strade, affacendandosi per contribuire con
la loro
parte alla grande festa che ci sarebbe stata quella sera, vagavano da
un
marciapiede all’altro infagottate con pesanti cappotti e giacche a
vento lunghe
fino ai piedi.
Un
venditore di caldarroste, intonando una vecchissima nenia, aveva
iniziato ad
accendere il fuoco sotto ai suoi carboni e, dalle cucine dei ristoranti
di ogni
categoria si iniziava a diffondere l’odore del cibo in preparazione.
Era
l’ultimo giorno dell’anno e, nella grande piazza dell’Orologio, erano
spuntate
come famigliole di funghi tante bancarelle in legno, ognuna diversa
dall’altra,
che avrebbero venduto cose da mangiare, oggetti in legno, souvenir in
cristallo
di Boemia.
Praga
era una città strana: difficilmente in altri luoghi della terra ero
riuscita a
provare contemporaneamente quella sensazione di soggezione e di
mistero, unita
e confusa con la voglia di esplorare con la vitalità che, in basso, tra
la
gente, dilagava e conquistava il turista, il pellegrino, il condannato.
Camminai a volto scoperto fino al maestoso Castello sulla collina: da
lassù, in
cima al campanile della cattedrale, la città appariva come addormentata
sotto
la coltre ghiacciata, punteggiata qua e là da spruzzi di verde di
alcuni alberi
liberi dalla neva, strisciate color antracite delle strade e chiazze
color
mattone, come i tetti dai quali la neve era scivolata via.
La
cosa più bella era guardare in basso, sul Ponte Carlo, gli artisti che
allestivano il loro angolino per la serata: qua un pittore, là uno che
suonava
la fisarmonica, un burattinaio, uno che dipingeva caricature.
Chissà
come sarebbe stata la caricatura della mia vita... forse mi avrebbe
rappresentata come un cane trattenuto da un guinzaglio troppo lungo,
nel quale
si è ingarbugliato e, percorrendo vie diverse, ha stretto attorno al
collo un
cappio che mozza il respiro e fa morire il cuore nel petto.
Era
stato a Praga che, prima che Rosalie si unisse a noi, Carlisle mi aveva
portata
in viaggio, all’inizio della primavera e, qui, accanto al mulino in
fondo al
Ponte, mi aveva domandato di sposarlo.
A
Praga...
Ma
questa città bellissima e struggente possiede una maledizione che va
oltre la
sua magia, che ti rende più attento e consapevole, mentre riesci a
dissociarti
dal tuo corpo e guardare con occhi nuovi quello che sei e che accade
vicino a
te: Carlisle non era felice, mentre mi guardava domandando la mia mano.
Non
aveva l’espressione di un condannato, ma non era felice... non brillava.
Oh se avessi avuto il potere di Edward, in quel momento! Avrei voluto
davvero
sapere cosa si celava dietro allo sguardo dolce che mi offriva, dietro
alle
mani ferme e al sorriso delicato, che però non arrivava ai suoi occhi,
non
increspava le sue palpebre e faceva brillare la sua anima. Lui mi
voleva bene,
forse un bene infinito, stava bene con me, spesso rideva, scherzava, mi
abbracciava con trasporto e mi faceva sentire speciale. Ma ancora non
mi amava.
A
Praga lo avevo capito con la gravità di una montagna che
improvvisamente,
mentre stavo ammirando la sua maestosa regalità, si era sbriciolata
sotto ai
miei occhi e mi aveva travolta con il suo peso e con le pietre
taglienti.
Quello che era rimasto, lì dove si era formato il cumulo, era un’altra
montagna, forse più bassa e meno solida, sotto alla quale, schiacciata
e
impossibilitata a reagire, ero rimasta intrappolata io.
Intrappolata
nell’attimo più bello della vita, incapace di dare voce ai miei
desideri,
schiacciata dalla sofferenza che lui cercava di tenere soffocata dietro
il suo
sorriso di dolce compagno.
Forse
Carlisle, con quella domanda, aveva dimostrato di tenere a me e di
amarmi più
di quanto io fossi in grado di fare o forse, la sua età e la sua
esperienza lo
avevano dotato di una diversa visione della vita. Forse con la mia
risposta
avevo decretato già allora la fine della nostra storia e avevo legato
la mia
sofferenza latente a quel posto.
Lo
avevo abbracciato e scosso la testa. Poi, guardando il suo volto
spegnersi e le
mani ricadere inermi lungo il corpo, avevo sfilato dalle sue dita la
scatoletta
che non avevo neanche voluto aprire e gli avevo detto solamente “Non è
destinato a me. Ma finché lei non arriverà, se arriverà, conservalo tra
i tuoi
tesori, come io conserverò il mio amore per te al sicuro nel mio
cuore.”
Gliel’avevo resa, poi gli avevo fatto una carezza ed ero scappata
lontano. Lo
avevo rivisto a casa, dieci giorni dopo, sorridente e placido, come
sempre,
pronto ad accogliermi con un dolcissimo bacio e il suo abbraccio
protettivo.
Come se non fosse successo nulla ed io non avesi rifiutato la proposta
più
difficile della sua vita.
Lo
avevo lasciato solo accanto al mulino ed ero scappata via, correndo
come solo
noi possiamo fare, cercando dentro di me la risposta a quella domanda.
Non
ci eravamo mai sposati, anche se documenti falsi e la convinzione di
tutti i
ragazzi, eccetto Edward, dicevano il contrario. Mai sposati e mai
tornati a
Praga, prima di allora.
Senza
rendermene conto, mentre il sole sprofondava oltre la linea delle nubi
tingendo
di un debole arancio la neve sulla città, ero scesa dalla collina del
Castello
e, procedendo lungo la scalinata e sotto ai portici, ero arrivata ai
piedi del
Ponte Carlo: al mulino.
Non
c’era più la panchina dove Carlisle ed io ci eravamo seduti così tanto
tempo
prima, non c’era più odore di fiori nell’aria e... chiusi gli occhi e
mi
appoggiai con la schiena al muro dietro a me: potevo ancora sentire
dentro la
mia anima l’odore delle viole e delle rose, l’odore dei gigli e delle
gardenie
che aveva reso quel momento magico e terribile. Potevo ancora illudermi
che lui
apparisse da un momento all’altro dalle scalette, scendesse verso di me
e mi
porgesse la sua mano, domandandomi di nuovo di sposarlo.
Non
avevo mai visto cosa conteneva quella scatolina tonda rivestita di
velluto blu.
Forse era un anello antico, forse un gioiello semplice. Forse c’era
dentro solo
il suo cuore ed io lo avevo rifiutato, pur desiderandolo più di ogni
altra cosa
al mondo. Carlisle...
-Flowers,
Madame? Voulez-vous
des fleurs? Fiori ! Flores, Flores,
Señora !-, mi voltai alla mia destra, spaventata
dall’interruzione dei
miei sogni ad occhi aperti : seduta per terra, nell’ombra,
stava
un’anziana donna dai lunghi capelli grigi. Sulle spalle indossava un
vecchio
scialle pesante e, sulle gambe, teneva una cassetta piena di fiori
recisi.
La
guadai in viso e mi sorrise, poi, con un plateale gesto della mano, mi
indicò
la porta del vecchio mulino e si sollevò da terra, puntellandosi con un
bastone. Dalla sua cassetta caddero due fiori, li raccolsi e la seguii
nella
piccola stanza buia.
Appena
entrata, la donna fece luce nell’ambiente ed io mi trovai avvolta in un
incantesimo dentro la magia: alle pareti erano appesi amuleti e
portafortuna di
ogni genere e nazionalità, dagli acchiappasogni dei nativi d’america, a
zampette rachitiche di strani animali mitologici. C’erano cristalli
appesi al
soffitto che, alla debole luce del sole che filtrava dalla finestrella,
scintillavano come diamanti, illuminando di mille colori piccoli cerchi
sui
muri.
E
poi c’erano i fiori...
-Chi
sei?-, chiesi alla signora, ancora tenendo in mano le due corolle
cadute.
-Una
strega-, rispose senza battere ciglio, -Ma anche una persona che può
aiutarti...-, si avvicinò a me e aprì la mia mano: dentro, un giglio
bianco
spiegazzato e un piccolo bucaneve candido.
-Vita,
Speranza, Nobiltà d’animo... e un amore puro-, mi guardò schioccando la
lingua,
poi si voltò e scostò una tendina che nascondeva una parete piena di
vasi di
fiori, molti dei quali, vista la stagione, non avrebbero dovuto
trovarsi là.
-Nessuno
dei due ti rappresenta... seguimi-, ordinò perentoria e si mise ad
analizzare
uno ad uno i mille fiori che ornavano la sua strana casa.
Seguii
con lo sguardo le sue mani sfiorare i petali, sfilare dai vasi alcuni
fiori,
portarli al naso, rimetterli a posto, osservarmi attenta e poi di nuovo
tornare
ai fiori.
-Ecco-,
disse, porgendomi un piccolo fiore lilla, -Questo sei tu: riesco a
comprendere
le persone con un solo sguardo e la malva,
sicuramente, ti rappresenta
alla perfezione. Sei una madre, vero? Sei giovane, ma sai cosa
significhi avere
dei figli... e nessun fiore meglio della malva può indicare l’amore e
la
protezione che regali ai tuoi figli...-
Sentii
dei brividi correre lungo le mie braccia, come se per la prima volta,
ancor più
in profondità di come poteva fare Edward, quella donna avesse guardato
dentro
di me e avesse estratto e mostrato al mondo la mia natura. Come se mi
conoscesse da una vita.
-E’
la famiglia, la tua priorità, la felicità di chi ti sta accanto, prima
della
tua: riluci della loro gioia e questo può farti sentire completa. E’
una virtù
rara e tu... tu hai paura di averla perduta, non è vero? Per questo sei
qui...-
Trafitta
dai due acquosi occhi di una vecchia umana. Mi fissava come per volermi
strappare l’anima: era vero... io la mia virtù l’avevo rinnegata...
-Sì-,
risposi flebile: era per quello che ero a Praga e non immaginavo che la
risposta alle mie domande, la fine della mia ricerca potesse avvenire
tramite
una persona, una stanza magica e i suoi occhi sconosciuti, eppure così
familiari.
-Tu
sei una malva: questo posso dirlo io, dall’esterno, che vedo quello che
si
muove nel tuo animo. Ma la tua ricerca...
tu sola sai cosa o chi stai cercando. Tu sola puoi trovare
le loro anime
custodite in questi fiori. E tu sola puoi decidere se vorrai che queste
persone
tornino con te. Scegli tra questi fiori quelli che rappresentano i tuoi
cari e
lascia che il tuo pensiero arrivi fino al mare, assieme ad essi-, mi
sorrise e
prese la malva dalle mie mani, mi sfiorò la fronte, il naso e la bocca
con i
suoi petali e, infine, la strinse nel suo pugno. Quando lo aprì, c’era
solo un
profumo più forte nella sua mano. Mi carezzò e mi fece cenno di
avvicinarmi ai
vasi.
Li
volevo: li rivolevo tutti. Volevo che tutti i miei cari fossero di
nuovo uniti,
che tempi felici avrebbero cancellato il triste ricordo di questi dieci
anni di
separazione.
Volevo
tornare alla nostra casa, stare tutti insieme riuniti in salotto...
Carlisle,
sprofondato nella sua poltrona preferita, con un libro aperto sulle
gambe, la
sua mano nelle mie, accanto a lui, seduta sul bracciolo grande e
comodo. Il
sole che lo illuminava da dietro, la luce che faceva brillare il suo
sorriso...
Emmett
e Rose, lì vicini, abbracciati sul divano, languidamente persi nei loro
pensieri, mentre le loro mani si incontravano e giocavano e dolci baci
venivano
scambiati sulla loro pelle, sulle palpebre socchiuse, sui capelli...
Jasper,
in piedi con le braccia conserte e gli occhi rapiti da Alice,
appollaiata con
le gambe incrociate sul tavolo di quercia, che ondeggiava la testa alle
note
del piano...
E
poi Edward, immerso nella melodia della sua musica, le sue dita che
scorrevano
veloci sui tasti, i capell che si muovevano ad ogni spostamento, il suo
sorriso
speciale, solo per lei, solo per Bella...
Bella...
la mia bambina... ti ho amata tanto, piccola Bella e so che non sei tu,
non
sarai mai tu colei contro la quale punterò il mio dito, perché è stato
il tuo
amore a darti la forza di compiere gesta eroiche, la tua forza e la
purezza dei
tuoi sentimenti che ha fatto palpitare il tuo cuore vivo e donarlo a
lui... Tu
l’hai riportato in vita, mentre io... Ho spezzato la catena che ci
teneva
uniti, ho tagliato la corda alla quale eravamo sospesi, ho reciso il
ramo che
portava i nostri frutti... e solo io ti ho lasciata volare via, come
una
farfalla nel giorno caldo e afoso: sola davanti alla vita crudele.
Dove
sei, adesso, piccola Bella...
-Bene,
hai finito, brava cara-, la voce della vecchia signora mi strappò al
sogno di
un languido pomeriggio nella nostra casa: tra le mie mani c’erano sette
fiori
diversi.
-Come...
come ho fatto...?-, domandai incredula.
-Hai
creduto nei tuoi sogni-, mi disse.
L’ultimo
raggio di sole riempì la stanza e scomparve oltre l’orizzonte. In
lontananza, i
rumori della città indicavano che la festa era iniziata.
La
donna avvicinò di nuovo la mano al mio volto: lasciai che si fermasse
in una
carezza incisa nel tempo, reclinando la testa verso di lei.
-Di
che colore hai gli occhi, cara?-, mi domandò.
Cosa?
Che... che intendeva?
Mosse
la mano sul mio volto, sfiorando i lineamenti, capendo come fossi
fatta. Arrivò
ai miei capelli e ne saggiò la consistenza, la lunghezza.
-Tu...
non puoi vedermi?-, domandai, mentre il cuore morto nel mio petto
ruggiva per
l’emozione.
-Ti
vedo eccome... vedo come sei dentro, sento il tuo respiro e... anche il
tuo
cuore...-, si staccò da me e mi sorrise.
-Rossi:
ho gliocchi rossi-, le dissi, vergognandomi come una ladra.
-Io
dico che sono color del grano a giugno...-, mi rispose e, di nuovo,
mille
brividi si impadronirono di me: dovevo giustificarmi...
-Signora...
io...-
-Non
parlare, non sprecare tempo... ricorda: un pensiero per ognuno di loro;
un
bacio per ogni desiderio e poi verso il mare... prima che l’anno
finisca.
Adesso vai, trova un luogo dove sarai sola e vai-, mi sorrise di nuovo
e mi
indicò l’uscita.
-Grazie...-,
sussurrai e tornai nella notte, sotto al ponte, dove un giorno di tanti
anni
prima avevo rifiutato di mettere le catene all’uomo che amavo.
Dovevo
fare quello che diceva, la stessa cosa che mi aveva detto la ragazza
che si era
tolta la vita: dovevo riuscirci anche per lei. Eppure...
Baggianate.
Quella
donna... come faceva a sapere di me, di quel posto, dei miei
desideri...? Come
facevo ad aver in mano sette fiori diversi e, sul mio viso, un
persistente
profumo di malva? Ero stata raggirata da qualcuno che mi aveva seguita
fin lì.
Uno dei Volturi, probabilmente.
Dovevo
sapere chi mi stava seguendo.
Mi
voltai verso il mulino ed aprii la porta, senza bussare: volevo delle
spiegazioni, volevo capire cosa stesse accadendo.
Non
c’era più nulla.
Non
amuleti, non riflessi colorati o tintinnio di campanelle. Non le
finestre
aperte e non i fiori.
E
non c’era più lei.
Solo
uno specchio mezzo coperto da un telo. Mi avvicinai e lo liberai. Poi
guardai
il mio riflesso.
Nella
penombra, i miei occhi erano color dell’oro.
Era
un segno... un segno...
Dovevo
credere nelle parole della ragazza, in quelle della donna.
I
loro volti si sovrapponevano nella mia testa... La giovane dai capelli
color
rame al vento, i suoi occhi tristi; la vecchia dai capelli lunghi e
grigi, come
i suoi occhi spenti... occhi grigi... come quelli della ragazza...
occhi
grigi... come quelli che avevo io da umana...
Un
battito.
Per
un istante, udii chiaramente un battito provenire dal mio petto.
Uno
solo.
Un
segno...
Uscii
dal mulino giusto in tempo, prima che alcune guardie locali scendessero
per
controllare cosa stesse accadendo, perché la porta di quel monumento
fosse
stata aperta e iniziai a vagare, con il respiro affannato, mille
domande nella
mia testa e, tra le mani, sette fiori.
Quelli
erano reali.
Quelli
erano tutto ciò che restava della mia famiglia.
Dovevo
trovare un luogo tranquillo dove compiere quel rito magico che il
passato,
quello che avrei potuto essere e il futuro, quello che sarei potuta
diventare,
mi avevano urlato di fare.
Dovevo
ritrovare le anime buone dei miei amati per poter riconquistare la mia.
Trovai
uno spuntone di roccia in riva alla Moldova, oltre la Torre delle
Polveri,
oltre i fasti della Piazza dell’Orologio e mi accucciai sulla terra
ghiacciata.
Aprii
la stoffa entro cui avevo riposto i fiori, custodendoli come reliquie:
eccoli
là, tutti sparsi in un disordine perfetto e armonico.
Ne
presi uno ad uno: la mia mente corse a ciascuno dei miei cari.
Un’orchidea
per Rosalie... tutta la sua sensualità riassunta tra i petali
misteriosi di
quel fiore esotico. La mia Rose... meravigliosa e superiore in bellezza
a
tutte, fiera della sua femminilità e innamorata del suo unico amore.
Bella e
passionale, come un’orchidea... era questo la mia Rose... Posai le
labbra sui
petali lisci.
Allungai
una mano sull’acqua e lasciai che la corrente portasse via il fiore.
Un
girasole per Emmett: un girasole per la sua allegria, il suo orgoglio
di essere
un Cullen, per l’amore adorante che nutriva per Rosalie e alimentava
ogni
giorno, con tante dolcissime accortezze. Un girasole che viveva grazie
a lei e
non vedeva che lei... Un girasole forte e capace di proteggere i fiori
più
piccini che stavano sotto la sua corolla... Lo strinsi al petto e lo
baciai:
era come se avessi baciato lui, il mio cucciolo più solare.
-Vola,
amore della mamma!-, sussurrai lanciando lontano il fiore pesante, che
cadde in
acqua vicino all’orchidea e la catturò, correndo agganciati verso il
mare,
lontano, lontano...
Un
ciuffo di mughetto per la meravigliosa Alice: me lo sentivo... lei
sarebbe
stata la chiave per ritrovare la nostra felicità, lei, il nostro
folletto, il
nostro portafortuna, così carina, così vanitosa, così frizzante. Alice:
il
mughetto che spuntava ogni giorno in casa e lo rendeva speciale come il
primo
di primavera. Tante campanelle bianche per la sua risata che sembrava
lo
scampanellio di fate lontane... Alice... cosa avrei dato pur di
risentire
almeno una volta la tua voce... Avrei
baciato uno ad uno ogni fiorellino, avrei seguito la sua corsa fino
all’oceano,
finché non si fosse dissolto e non fosse tornato aria.
Deposi
delicatamente il fiore vicino alla riva, lasciando che si allontanasse
lentamente da me. La separazione da lei era stata la molla che mi aveva
condotta a quella decisione scellerata.
La
perdita di Edward, era stato il colpo di grazia: lui, pulsante di
passione e
finalmente raggiante d’amore come la più rossa delle rose... il mio
Edward...
il mio primo bambino, il mio adorato figlio che custodiva un mondo di
paura e
pentimento dentro di sé e tentava di tenerlo nascosto ai nostri occhi,
perché
non capissimo mai cosa soffriva. Edward che era tornato a vivere grazie
a
lei... e per lei aveva deciso di morire.
Una
rosa rossa... un profumo inebriante ed intenso... l’amore vero, che
bruciava
nelle sue vene e faceva battere il suo cuore.
Inspirai
il profumo e la portai alle labbra. Poi l’abbandonai alle acque.
Presi
il rametto d’agrifoglio tra le mani: rappresenta te, Jasper, perché
dietro al
tuo aspetto aggressivo si nasconde un sentimento forte. La tua
aggressività
maschera la protezione che riservi verso tutti noi, verso Alice in
particolare.
E’ un fiore difficile: sei un uomo difficile. Ed è per questo che ti
voglio
così bene, perché le tue unghie affilate sono un pericolo per gli
altri, mentre
le bacche rosse e succose che proteggi siamo noi. E’ una pianta antica:
anche
tu sei antico, antico è il tuo sentimento, antica la tua forza e la tua
sofferenza.
Tu
sei forte come un agrifoglio che protegge la casa dalle intemperie
nelle lunghe
notti buie, in inverno: dieci anni è durato il nostro inverno e tu,
anche se
dilaniato dal dolore che ti toglieva il respiro e ti spingeva a
compiere
follie, ci hai protetti, in qualche modo... Ho fiducia in te, figlio
mio, e non
mi bucherò ancora con le tue spine, baciandoti e regalandoti tutto il
mio
affetto...
L’agrifoglio
cadde nell’acqua e la corrente lo portò via.
Avevo
solo altri due fiori: i primi due che erano caduti alla donna ed io
avevo
raccolto.
Un
giglio bianco.
Un
bucaneve.
Il
primo, il simbolo della nobiltà d’animo e della fierezza, ma al
contempo della
purezza di cuore e della castità.
Il
secondo, il fiore che per primo sfugge al ghiaccio ed
annuncia che la vita c’è ancora, sotto alla
scorza dura e fredda. Il simbolo della speranza... quella che ci ha
dato una
scarica elettrica e ci ha fatto tutti palpitare.
Un
giglio bianco.
Il
mio giglio bianco...
Sei
tu. Sei sempre stato un giglio bianco, anche se so che ci sono macchie
sulla
tua anima, macchie piccole e sbiadite, ma che per te pesano: lo so,
Carlisle.
Ora so cosa vuol dire sentirsi sporchi, macchiati, inadatti,
immeritevoli di
qualcosa. So cosa significa privare gli altri della libertà, irretire
il loro
cuore, farli sentire inadatti e colpevoli. Ora so di amarti davvero,
senza
limiti e senza confini di tempo e spazio. So di amarti anche se tu non
mi
vorrai più, anche se per te sarò solo una amica, una persona cara, ma
non la
fiamma del tuo cuore. Hai fatto violenza sulla tua anima per stare con
me, e mi
hai reso la donna più felice del mondo, quando ho capito che il mio
sentimento
era finalmente ricambiato con sincerità, perché io lo so che così è
stato... ma
io ti ho lasciato andare, volare via. Per sempre...
Tu
sei il mio giglio, il faro nella mia notte. Bacio questo fiore perché è
come
baciare te, per l’ultima volta...
Adesso,
và... corri libero sull’acqua, arriva fino al mare e sii libero di
tornare da
me, di amarmi come meglio credi, senza il timore di ferirmi: non mi
ferirai
mai, perché io ti amo e non pretendo più nulla, da te, se non di
lottare per
essere felice.
Un
bucaneve.
Bella.
La
vita che hai riportato in mezzo a noi, la speranza che hai riacceso nei
nostri
cuori. L’amore che ha dato la spinta ad Edward, che lo ha fatto tornare
a
vedfere il mondo a colori.
Bella...
Dove
sei... cosa sei? Sono passati dieci anni e tu...
sarai diventata una
donna... quello che io non sono stata così forte da accettare. Ero
diventata
una donna privata dei suoi sogni di bambina dalle mani di un carnefice
che
credevo di amare.
Tu...
no... O Signore... ti prego... non lei... non Bella... fa che non sia
toccata
anche a lei la triste sorte di sofferenza che ha abbracciato la giovane
Esme
Ann Platt e l’ha stritolata...
Perdere
un figlio... rinunciare ai sogni e sentirsi abbandonata da chi ami...
fa che
lei non debba mai sopportare queste sofferenze...
Mi
voltai attorno, perché non riuscivo a contenere nella mia testa il
dolore che, d’un
tratto, mi aveva avvolta e stringeva in una morsa dolorosa e crudele.
Quel
piccolo bucaneve nelle mie mani... innocente e perfetto... non poteva
più
essere Bella... lei era una donna ormai, era cresciuta era... lei
meritava
l’amore più dolce, l’affetto di piccole mani che cercavano il suo
viso...
Sulla
riva, vicino a me, un miracolo mi osservava. Una margherita, la prima
della
stagione, o forse l’ultima.
La
margherita rappresenta l’augurio di felicità e di amore ricambiato. La
dono a
te, Bella.
La
strappai delicatamente dalla neve e posai un bacio sulla corolla ancora
un po’
chiusa. Poi la abbandonai all’acqua.
Presi
il bucaneve e lo tenni stretto a me, lo baciai e lo conservai accanto
al mio
cuore, come il ricordo di qualcosa che era stato meraviglioso e che non
sarebbe
più tornato. Perché il tempo passa e spazza via le cose più dolci...
Mi
alzai e spazzolai via la terra dal mio vestito, guardando per l’ultima
volta
verso il fiume.
C’era
un masso, poco oltre, lungo il corso delle acque e un ramo aveva fatto
fermare
la corsa del mio giglio. In lontananza la
margherita roteava a pelo
d’acqua e andò a fermarsi proprio addosso al giglio, che riprese la sua
navigazione con lei.
Sorrisi:
forse si sarebbero protetti a vicenda, finché non fossero giunti al
mare.
Lasciai
lì i miei desideri e il mio passato e mi voltai.
Festori
rintocchi di campane e un tripudio di fuochi d’artificio segnarono che
il nuovo
anno era iniziato.
Scossi
la testa sorridendo, come a scacciare un pensiero e andai via.
Avevo
voglia di vagare, come una gitana, per le strade in festa, di
ubriacarmi della
voglia di vivere delle persone che brindavano felici accanto a me.
Volevo
illudermi che tutto sarebbe andato bene.
Camminai
e danzai da sola fino all’alba, quando tornai nella grande piazza
dell’orologio, ormai deserta. Mi sarei fermata un po’ e poi...
Un
trillo, vicino a me, catturò la mia attezione. Mi voltai da ambo le
parti,
senza capirne la provenienza.
Di
nuovo un trillo.
Alla
mia sinistra c’era una fila di cabine del telefono ed uno di essi stava
squillando.
Ero
sola.
Non
poteva che squillare per me.
Mi
avvicinai al terzo telefono e sollevai la cornetta.
-Pronto?-
Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.
***
Twilight, New Moon, Bella Swan, i Cullen, i Volturi, Stefan e Vlad, il Clan di Denali, il Wolf Pack dei Quileute sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.
La
storia
narrata di 'Proibito', le circostanze e quanto non appartiene a
Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è
consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su
questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate
che non è consentito
né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica
integrale o di parti di essi, specialmente senza
permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e
verrà fatta rimuovere.
© 'Proibito' Tutti i diritti riservati.
Recensione di sarapastu,
fatta il 14/06/2009 - 04:18PM sul capitolo 66:
62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Contentissima che questo capitolo ti sia piaciuto così tanto, non pensavo! E' nato così, da solo, compreso il ricordo di Alice... eh, sì, povera stella... era meglio se non ricordava... Alice non ha telefonato a Rosalie (ma lei ha cmq visto la chiamata e ha -forse- capito), né a Jane... e lì so' caxxi... ihihihih!!! Esme risponderà? Vedi tu! E non odiarmi se la risposta non arriva ancora! :-P Un bacio e... sei fortissima! A presto! |
Recensione di Helen
Cullen, fatta il 14/06/2009 - 02:20PM
sul capitolo 66: 62 - Come sabbia tra le mani - Alice
- Firmata
Edward si riferisce ad Alec, ma solo a lui? In gara anche Aro, Caius e Carlisle... temo! Sì, per Rosalie & Co sembra troppo tardi per *curare*, ma... la situazione può sempre *guarire* da sola, no? In fondo un segnale Rosalie lo riceve cmq... La visione... significa che Carlisle e Bella sono arrivati a casa! :-P Grazie per l'appunto sugli squilli del telefono! Un abbraccio a presto! |
Recensione di Angie
Cow, fatta il 13/06/2009 - 11:10PM
sul capitolo 66: 62 - Come sabbia tra le mani - Alice
- Firmata
Edward al momento ancor anon è cresciuto, ma stanco. Lo definirei così: se lotta perde, se non lotta, perde. Tutto è contro di lui... quindi si mette in un angolo, un po' come il ciuco di Winnie the Pooh, lo conosci? Caruuuccio!! Grazie x i complimenti sulla scelta del titolo! Un bacio e a presto! |
Recensione di perlapeppa,
fatta il 13/06/2009 - 09:48PM sul capitolo 66:
62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Carissima, Alice come Dio ha fallito, ma può aprire una società telefonica, intanto! :-P Non disperare sul continuo della storia: il destino ordisce le sue trame con uno scopo, e lo scopo... è il mio! :-) Grazie ancora per le tue recensione e l'aiuto (e le chiacchierate) e a presto! |
Recensione di frufru123,
fatta il 13/06/2009 - 07:13PM sul capitolo 66:
62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Carissima!!! Mi sa che riesci a rimetterti in pari al più presto, allora! Ti ringrazio non sai quanto per le tue parole: è quello in cui volevo riuscire... sono contenta che lo abbia colto! Continua a seguirmi e... grazie mille! |
Recensione di eka,
fatta il 13/06/2009 - 03:41PM sul capitolo 66:
62 - Come sabbia tra le mani - Alice - Firmata
Perché dici così? CHi ti dice che non sarà mai un successo e che dovrai per forza stare male? Io garantisco soddisfazioni, alla fine... quando arriverò. Che gusto c'è ad avere dall'inizio alla fine di una cena il dolce? Antipasto, primo, bella bisteccozza, magari anche un po' di cicorie amare, radicchi, il caffè (rigorosamente senza zucchero) e poi... il dolce! :-) Grazie e a presto! |
Un abbraccio a tutti e grazie davvero di cuore!
♥♥♥
Ciao a tutti quelli che mi seguono E recensiscono e...
(cambio slogan)
Il Signore disse:
andate e moltiplicatevi...
A tutti gli altri:
CORAGGIO!!!!
A ME FA PIACERE SCRIVERE PER LA VOSTRA GIOIA,
MA NON MERITANO UN PO' DI GIOIA ANCHE GLI SCRITTORI?
Ciao e cmq grazie!