Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Francy_Kid    21/07/2017    3 recensioni
Chat Noir, la Belva Nera, un ragazzo che ha il potere di distruggere tutto ciò che tocca: una maledizione che lo vede essere temuto da tutti. Solo una ragazza, Marinette, sarà in grado di conoscerlo meglio e capirlo.
---------------------------------------
•MariChat•
---------------------------------------
INIZIATA: 9 Marzo 2017
CONPLETATA: 20 Marzo 2018
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap. 17





Marinette sibilò di dolore non appena il cotone imbevuto di disinfettante dal colore strano e dall'odore schifoso.

«I graffi non sono molto profondi e non hai bisogno di punti, per fortuna.» disse Sabine, esaminando i tre segni rossi sul viso della figlia.

Marinette era incapace di guardare i genitori negli occhi, non volendo scoprire paura o, addirittura, delusione.

Non aveva detto a nessuno, tranne che a Fu, che conosceva Chat Noir di persona; senza contare il fatto delle visite serali.

Odiava mentire, ma era per salvaguardare l'incolumità di un amico –oltre che la sua– e, magari, salvargli la vita.

Sabine guardò la figlia con espressione triste, per poi rimettersi dritta dopo aver trattato la guancia ferita di quest'ultima ed aprire la botola che conduceva verso il piano inferiore. «Vado a prendere del cicatrizzante.»

Una volta che si fu voltata, Marinette riuscì ad alzare il capo e vedere la schiena della donna, mentre Tom era seduto sulla chaise longue alla sua sinistra, mentre fissava il pavimento.

«Mi dispiace non essere potuto intervenire prima, ma non immaginavo che la Belva Nera si avvicinasse a mia figlia.» sospirò con tono leggermente scioccato, ancora incredulo dell'accaduto, ma sollevato del fatto che non era andata peggio.

Marinette aprì la bocca per dire qualcosa, per chiarire come stavano realmente le cose, ma, come prima cosa, non sapeva come spiegargli il fatto che Chat Noir si trovava sul suo attico, figuriamoci aggiungere il dettaglio del bacio che aveva interrotto.

A qual pensiero, la ragazza arrossì di colpo, portandosi le mani alle guance, per poi pentirsi immediatamente della sua azione, sibilando non appena la sua pelle non entrò a contatto con i tagli freschi.

Tutta la faccenda doveva rimanere un segreto.

I suoi genitori non avrebbero capito.

«È stato un miracolo il fatto che sia arrivato al momento giusto. Chissà cosa avrebbe potuto farti se non mi fossi chiesto se volevi giocare ai videogames.» ridacchiò nervoso, grattandosi il collo.
La ragazza sorrise forzatamente. «Sei il mio eroe papà.» mentì. «Ero pietrificata dalla paura ed ho pensato che se avessi urlato avrei peggiorato la situazione.» esclamò stringendo tra le mani il fazzoletto che sua madre le aveva prestato come tampone temporaneo per fermare l'afflusso di sangue.
Tom le sorrise. «Sei stata fortunata, tesoro. E non credevo che dopo quell'attacco al parco quel mostro sarebbe venuto a cercarti.»

Ancora quella parola. Mostro.

Quanto la detestava.

Una parola che, pronunciata da suo padre, racchiudeva tanto odio.

Odio per Chat Noir.

Odio per la sua natura distruttiva.

Odio per essere quello che non aveva scelto di diventare.

Marinette si morse il labbro e mandò giù quella definizione come un boccone amaro e annuì, ringraziando di nuovo il padre.

Sabine tornò con della crema cicatrizzante che usavano anche in ospedale e dei nuovi bendaggi, sistemandosi nuovamente davanti alla figlia per finire di curarla.

«Io vado a dormire. Ora che sei in mani esperte mi sento più tranquillo.» disse il fornaio alzandosi, avvicinandosi alla figlia per baciarle la fronte. «Se ti avesse fatto del male non me lo sarei mai perdonato.» aggiunse prima di farle la buona notte e scendere, lasciando le due donne da sole.

La giovane tornò a fissare il muro davanti a sé, consapevole del fatto che aveva fatto preoccupare nuovamente sua madre.

Le ritornò alla mente la sua espressione spaventata in ospedale, dopo essersi ripresa da quell'infernale sabato pomeriggio.

«Ho finito.» enunciò Sabine, recuperando le pezze sporche ed i tubetti usati per trattare la ferita.

Marinette si portò una mano al volto, notando che la guancia era stata opera con un grande cerotto quadrato per impedire al sangue di uscire mentre dormiva e permettere al cicatrizzante di essere assorbito completante.

«Domani resto a casa. Voglio controllare che i tagli non facciano infezione, anche perché immagino tu sia troppo scossa dell'accaduto e voglio lasciarti riposare.» disse, muovendo un paio di passi verso la botola, controllando la figlia un'ultima volta prima di scendere al piano inferiore per buttare la spazzatura e riporre i medicinali.

La corvina rimase immobile al suo posto, incapace di trovare parole che potessero spiegare il tutto.

"Ehi mamma, papà non aveva alcun motivo di reagire in quel modo. Sai, Chat Noir è un mio amico ed ha interrotto un momento intimo."

No, nessuno ci avrebbe creduto. Soprattutto all'ultima cosa.

Facendosi aria con la mano, tornò a pensare al volto spaventato e sconvolto di Chat non appena notò la ferita che le aveva procurato.

Dopo quell'episodio non pensava nemmeno sarebbe tornato.

Ed, infatti, fu così.

Il giorno seguente, Marinette attese con trepidazione la sera solo per il solito incontro con l'amico, ma Chat non si fece vivo.

Attese fino alle tre del mattino sull'attico, attrezzata di coperta, croissant per Chat e sveglia del cellulare in caso si fosse addormentata.

Non appena il fastidioso allarme venne spento, la ragazza si guardò attorno in cerca di un segno del fatto che l'amico si fosse fatto vivo, ma la brioche era ancora nel piatto.

Non era venuto.

Durante tutta la prima metà del giorno precedente era rimasta incollata ai suoi genitori, non volendoli far preoccupare nuovamente e venendo controllata dalla madre per la sua ferita, che aveva smesso di sanguinare, ma le faceva talmente male da non riuscire a parlare, senza contare il gonfiore.

Per fortuna non era infetta, ma le avrebbe fatto male per qualche giorno prima che sarebbe guarita.

Sospirando, sistemò la coperta sulla sdraio dietro di sé, per poi scendere per cambiare il "cerottone", come lo chiamava lei, e farsi una doccia calda prima di andare a scuola per lavare via la delusione ed il freddo della notte.

Dopo svariati minuti sotto l'acqua, tornò in camera più rinfrescata di poco prima, recuperando il cicatrizzante ed il cerottone da mettersi sulla ferita.

Nello specchio della sua toilette vide quanto fosse rossa e gonfia la ferita, non potendo fare a meno di stare male per quello che Chat aveva dovuto subire.

Quello non era nulla in confronto al dolore che l'amico provava, non solo perché le aveva fatto del male, ma perché in quei mesi era stato emarginato da tutti.

Marinette si mise la crema, chiudendo l'occhio dal lato del quale vi erano i tagli, trattenendo un gemito di dolore, per poi coprirsi il tutto; non solo perché far vedere quei tagli potevano fare impressione, ma soprattutto perché i suoi amici avrebbero fatto domande.

Si vestì, si truccò e scese in cucina, dove un croissant alla marmellata alle albicocche ed una spremuta di arancia la aspettavano.

Aprire la bocca era difficile, ma riuscì a fare colazione e, siccome mancava un quarto d'ora all'inizio delle lezioni, poté scendere che n tutta calma per salutare il padre in negozio.

Attraversata la strada si trovò già davanti alla scuola, dove poggiati al muretto accanto all'entrata vi erano Alya e Nino che confabulavano tra loro.

Marinette li salutò con cenno della mano non appena alzarono lo sguardo, sorridendole calorosi.

«Come mai ieri non sei venuta a scuola?» domandò il ragazzo incuriosito, sistemandosi il cappello sulla testa.
«Sono andata dal dentista.» rispose lei biascicando, non facendo vedere che la pelle che tirava le procurava dolore.
«E quel cerotto?»
«Mi sono fatta male. Nulla di grave, tranquilli.» rispose, per poi sibilare sfiorare con le dita la guancia.
«Forse è meglio se non parli. Che bello, niente più battute!» esultò Alya, ricevendo un'occhiataccia da parte della sua amica.

I tre rimasero fuori per altri minuti, per poi dirigersi verso la classe –siccome mancavano appena cinque minuti– e sedersi ai loro posti.

Quel pomeriggio doveva andare da Fu, non solo per parargli dell'accaduto, ma anche per trovare un modo per far tornare Chat Noir da lei.

Ora, la Belva Nera non era una preda facile da acchiappare, ma lei sapeva cosa avrebbe dovuto fare, e non sarebbe piaciuto a nessuno dei due: né a Marinette né a Chat.



 

—•—•—



 

Marinette camminava per quel vicolo buio in cui aveva incontrato per la prima volta Chat Noir, lo stesso in cui aveva rischiato di venire violenta.

Si era ripromessa che non avrebbe più percorso quella strada di sera, eppure eccola lì.

Erano da poco passate le undici e sapeva che i suoi genitori non l'avrebbero cercata per almeno un'altra ora, poiché credevano che era da Alya per una serata tra amici.

Infatti era così, almeno fino ad un quarto d'ora prima, quando uscì da casa della mora per rischiare di nuovo pur di sapere se la sua idea avrebbe funzionato.

Si guardò intorno, stringendosi a sé cercando di evitare di tremare, ma la paura le faceva sentire le gambe pesanti.

Continuò a camminare, fino ad arrivare al punto esatto in cui venne soccorsa dal felino e si fermò, alzando lo sguardo verso i tetti, ma non vide nessuna figura che le ricordasse Chat.

Sicura che la sua ricerca fosse fatta a vuoto, accelerò il passo fino ad uscire dal vicolo, trovandosi di nuovo tra quelle poche persone che visitavano la città anche di notte, tirando un sospiro di sollievo.

Tornò a casa, rispondendo in inglese quando una coppia di turisti le chiese informazioni per Notre Dame.

Svoltò a destra, trovandosi in una strada in cui, poco più avanti, vi era un altro vicolo sempre sulla sua destra; arrivò davanti alla viuzza ed una stretta al braccio attirò la sua attenzione, per poi venire trascinata nel vicolo buio dal suo assalitore.

Una mano guantata le tappò la bocca per evitare di urlare.

La ragazza si dimenò, tentando di liberarsi, ma venne spinta contro il muro e i suoi tentativi di fuga si arrestarono non appena vide chi era.

Sbarrò gli occhi, incontrando le luminose iridi verdi della Belva Nera.

«Chat...» sospirò con un misto di sollievo e felicità non appena il ragazzo levò la mano.

Il biondo la guardò abbassando le orecchie e con espressione preoccupata.

Marinette sapeva il perché la guardasse in quel modo e la scelta che aveva preso l'aveva fatta per lui.

«Mi hai vista?» domandò mordendosi il labbro.

Il felino annuì, appiattendo le orecchie da felino al capo.

«Allora perché non mi hai fermata? Perché non ti sei presentato ieri sera?!» chiese puntandogli l'indice sul petto.

Chat miagolò, per poi mordersi il labbro inferiore.

Vero, non poteva parlare, pensò Marinette mordendosi l'interno della guancia non ferita.

«Chat, ascol–»

Il felino giardò il cerotto bianco sulla sua guancia e le soffiò contro, mostrandole i denti affilati e facendo un passo indietro; subito dopo, si voltò di spalle e corse nel buio del vicolo, sparendo.

Marinette rimase sorpresa, guardando l'oscurità con la bocca semi aperta.

Era stordita dalla sua reazione, non aveva mai fatto una cosa del genere; le sembrava di essere ritornata al loro primo incontro.

Sentendo gli occhi pungerle per le lacrime, tornò sulla strada, sbucando dal vicolo e riprendendo il camminò verso casa.

Un quarto d'ora più tardi era già in camera sua sulla chaise longue, abbracciando il cuscino in cerca di conforto.

Solo in quel momento poté lasciare andare le lacrime che aveva trattenuto e pensare, apertamente, che gli abbracci di Chat le mancavano parecchio.



 

—•—•—



 

Chat graffiò la carta da parati del muro della stanza che prima era il salone, lacerandola.

Nuovi solchi segnarono il muro di cemento e Chat ringhiò prima di colpirlo nuovamente.

Tutta la casa era segnata dai suoi poderosi artigli: muri scalfiti, tele dei quadri l'avetti, mobili rovinati.

Tutto ciò che prima arredava una splendida villa era andato distrutto.

Nel vedere i suoi segni gli tornò alla mente il viso spaventato di Marinette mentre veniva soccorsa dalla madre.

Chat crollò sulle ginocchia, con un singhiozzo soffocato, per poi rannicchiarsi contro il pavimento freddo.

Aveva promesso di proteggerla, che non le avrebbe mai fatto del male, ma il suo viso, il suo bellissimo viso, era deturpato per causa sua, tutto perché non era stato capace ad allontanarsi da lei.

La sua più grande paura da quando l'aveva conosciuta si era avverata: ora, anche lei, lo considerava un mostro.

L'unico modo per proteggerla era starle lontano e fare in modo che lei si dimenticasse di lui.

Anche se lui non si sarebbe mai dimenticato di lei.





 

---------------------------------------------------------------
Buon venerdì a tutti! :D

Anzi... buono nulla...

Sicuramente avrete saputo cos'è accaduto di ieri sera e ci sto ancora malissimo...

Ma bisogna andare avanti. Anche se è dura.

Comunque, in questi giorni ho ricevuto molti bellissimi messaggi e vorrei ringraziare tutti voi che mi seguite e che leggete ^^

Grazie mille!❤️

Ma i veri ringraziamenti saranno quando la storia finirà, quindi dovrete aspettare ancora parecchio ahahahahah xD

Beh, a venerdì prossimo ^^

Francy_Kid

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Francy_Kid