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Autore: Stella Dark Star    23/07/2017    1 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo trentotto
Dove tutto finirà
 
“Madonna Lucrezia, è tornata quella ragazza e insiste per vedervi.” Riferì la serva, senza osare alzare lo sguardo.
“Di nuovo?” Strillò Lucrezia, per poi zittirsi e prendere un respiro profondo. Se solo fosse bastato a placare l’irritazione. Per lo meno cercò di abbassare il tono di voce: “Le hai detto che non desidero ricevere messaggi dal suo Signore?”
“Sì, Madonna. E lei ha risposto che questa volta non se ne andrà fino a quando non l’avrete ricevuta. E…” S’interruppe e si stropicciò le mani in grembo, a disagio: “Ha aggiunto che se la farete cacciare dalle guardie allora dirà a loro chi l’ha mandata e perché.”
Lucrezia spalancò la bocca, offesa: “Un ricatto!”
“Forse potrei aiutarvi se mi diceste chi è il suo Signore e cosa vuole da voi.” Propose la serva.
Lei parve riflettervi, ma in realtà aveva già preso una decisione. Non poteva confidarsi con nessuno, era troppo pericoloso. Sospirò rassegnata: “Falla entrare dal retro e dille di attendermi nel cortile.”
La donna fece un inchino e andò ad eseguire, così Lucrezia poté concedersi qualche minuto per prepararsi spiritualmente.
Raggiunse il cortile poco dopo e trovò la sua insistente ospite accanto ad una colonna. Quando furono una di fronte all’altra, si stupì del cambiamento avvenuto in lei. Certo Guendalina era sempre bassa e tonda, però i suoi lineamenti erano leggermente cambiati e nei suoi occhi non vi era più timidezza, ciò che vide fu lo sguardo di una persona sicura di sé.
“Vi ringrazio per avermi ricevuta, Madonna.” Disse educatamente, inchinandosi.
Lucrezia invece si mostrò severa: “Risparmia le parole inutili e dimmi quello che devi. Che cosa vuole Andrea da me? Dopo quello che mi ha fatto gradirei che sparisse dalla mia vita.”
“Sapeva che avreste detto una cosa del genere, ma ugualmente vi prega di incontralo per parlare di una questione importante.”
“Incontrarlo?” Lucrezia era incredula: “Anche tralasciando il fatto che non voglio più vedere nemmeno la sua ombra, non potrei farlo comunque. Mia suocera mi controlla. Ha scoperto il mio segreto e mi ha proibito di…”
Guendalina dovette interromperla, soprattutto perché lei aveva alzato il tono di voce e c’era il rischio che qualcuno sentisse tutto. Se già era nei guai lei non voleva peggiorare la sua situazione.
“Capisco che siate in collera e spaventata, ma vi assicuro che lui ha davvero un buon motivo per vedervi.” Si fece più seria e si sporse su di lei per parlarle sottovoce: “Se non fossi riuscita a convincervi, mi ha incaricata di riferirvi un ulteriore messaggio.”
Lucrezia la guardò negli occhi, si sentì improvvisamente timorosa. Le fece un cenno col capo.
Guendalina recitò a memoria: “Mia amata, ciò che ho fatto è imperdonabile. So di avervi ferita profondamente nel cuore e nell’orgoglio, ma vi prego di incontrarmi nel luogo che riterrete più opportuno. Se non per me, fatelo per la memoria di nostro figlio, poiché è proprio di lui che devo parlarvi. Sono venuto a conoscenza di un fatto grave riguardante la sua morte e voi meritate di sapere.”
Anche se Guendalina smise di parlare, Lucrezia non riuscì a staccare gli occhi dai suoi. Che fosse un inganno per rivederla? No, non sarebbe arrivato a tanto. Avevano entrambi sofferto per la perdita di quel figlio, perciò se aveva deciso di confidare un segreto così pericoloso ad una sguattera, doveva essere qualcosa di veramente grave. Finalmente riuscì  a scostare lo sguardo e d’istinto si portò una mano al ventre, come se potesse percepire ancora quella piccola vita dentro di sé.
“Digli che…” Deglutì e riprese: “Lo incontrerò nella Basilica di San Lorenzo nel primo pomeriggio. Il luogo dove ci siamo incontrati la prima volta. Il luogo dove tutto ha avuto inizio.”
“E dove tutto finirà.” Concluse Andrea, quando Guendalina gli riferì il messaggio.
“Mio Signore, non è questo ciò che ha detto Madonna Lucrezia.” Precisò lei.
Andrea abbozzò un sorriso triste: “Va bene, Guendalina. Hai svolto bene il tuo compito. Puoi tornare alle tue faccende, adesso.” In teoria anche lui avrebbe dovuto tornare alle proprie, ma il solo pensiero di entrare nello studio e pensare agli affari gli stringeva lo stomaco. Aveva tentato di accusare Caterina per quanto accaduto quel fatidico giorno, ma si era solo sentito peggio. La verità era che avrebbe dovuto dire la verità a Lucrezia fin dal principio. Ma cosa si aspettava? Non poteva pretendere che moglie e amante vivessero in armonia, specialmente se queste erano donne dal carattere forte.
Giunse alla propria camera da letto quasi senza accorgersene. Si guardò allo specchio. Era ridotto uno straccio a causa di tutti quei problemi e le notti insonni. Doveva assolutamente riprendersi e dare il meglio di sé agli incontri con la Signoria, così da ottenere la propria vendetta su Rinaldo.
*
Quando arrivò alla Basilica di San Lorenzo, di fatto era già stremato dai fantasmi del passato. La sua mente traditrice gli aveva fatto rivivere momenti riguardanti lui e Lucrezia. Il corteo funebre di Giovanni de’ Medici, la grinta con cui lei era intervenuta durante un alterco tra Piero e un uomo della folla e poi infine la basilica dove lui le aveva parlato per la prima volta, anzi dove avevano battibeccato, per la precisione! Si guardò attorno e vide una figura nella penombra. Si avvicinò lentamente, il cuore gli rimbombava nelle orecchie.
“Lucrezia…” Sussurrò come fosse una preghiera.
Lei rimase girata di spalle, il mantello e il cappuccio a coprirla interamente: “Restate dove siete. Vi prego.” La voce le uscì incrinata.
Andrea temporeggiò un poco, cercando le parole con cui cominciare: “Avete tutto il diritto di essere in collera. Non sono stato sincero con voi, ma l’ho fatto solo per timore di perdervi. Vi assicuro che tra me e mia moglie non vi era più amore quando vi ho incontrata.”
“Per quale motivo?”
“Anni fa mi tradì e il suo gesto sconsiderato costò la vita al nostro terzogenito che morì poco dopo la nascita.” Deglutì: “Da allora tenni Caterina segregata in campagna.”
“Ma questo non vi ha impedito di avere altri quattro figli da lei, dopo.” Non avrebbe voluto, ma dalla sua voce risuonò una forte nota di gelosia.
Anche se lei non poteva vederlo, Andrea sollevò le braccia a mezz’aria e le lasciò ricadere: “Cosa posso dire? Era pur sempre mia moglie, la mia compagna di vita. Dovreste sapere di cosa parlo, anche voi siete sposata.”
Aveva ragione, ovviamente. Lei aveva continuato a giacere con Piero anche dopo essersi innamorata di Andrea. Però era capitato poche volte dato che quel ragazzo non aveva un briciolo di virilità. Si sentì una sciocca solo per averlo pensato. Scosse il capo e si concentrò sul presente: “Sono qui per sentire dalle vostre labbra cosa è accaduto a nostro figlio. Cosa dovete dirmi?”
Andrea temporeggiò ancora. Guardandosi attorno vide la luce, che filtrava dalle vetrate, creare figure pittoresche sul pavimento e sulle pareti. Quel luogo era impregnato di bellezza.
Prese respiro e si avvicinò di un passo, nonostante il divieto da lei espresso: “L’aborto è stato una conseguenza dell’avvelenamento. Ricorderete il vostro svenimento e la febbre che vi ha colta.”
Lucrezia si portò una mano al cuore: “Si ma, io non capisco. Avete detto avvelenamento?”
“Sì. Siete stata avvelenata e nostro figlio ne ha pagato le conseguenze.” Allungò una mano per sfiorare la sua. La sentì tremare. Quando la strinse nella propria lei non glielo impedì.
Una simile confessione la lasciò devastata, si ritrovò le guance rigate dalle lacrime e solo in un secondo momento un singhiozzo si levò dalla sua gola: “Il mio bambino.” Rispose alla stretta di Andrea, aveva bisogno della sua forza o sarebbe crollata: “Chi? Ditemi chi è stato.”
Andrea rispose senza indugiare: “Rinaldo. Aveva scoperto del mio amore per voi e non poteva sopportare che il suo miglior alleato amasse una donna appartenente alla famiglia dei Medici.”
“Mostro!” Le uscì in un mezzo grido che poi fu coperto dai singhiozzi di pianto.
“Sto facendo il possibile per fargli pagare questa atrocità. Ad ogni incontro con la Signoria chiedo la sua testa. Però la situazione sta diventando problematica con Cosimo che mi contraria chiedendo che si voti per l’esilio anzi che la pena di morte.”
“Cosa? Dopo ciò che Rinaldo gli ha fatto, lui..?” Non poteva crederci. Cosimo voleva risparmiare la vita a quel mostro? Per lo meno la sorpresa placò il suo pianto.
“Rinaldo deve morire per ciò che ha fatto.” Ora la voce le uscì ferma.
Andrea sollevò l’altra mano e gliela appoggiò sulla spalla in un gesto d’affetto: “Lo so.”
Rimasero così, uniti per affrontare il dolore, avvolti dal silenzio di quel luogo sacro. I loro cuori stremati da tutta la sofferenza che quell’amore sbagliato aveva inflitto loro sin dal principio.
La prima ad infrangere il silenzio fu lei: “Devo andare.” Si scostò per liberare la spalla dal tocco di lui, ma non riuscì subito a fare lo stesso con la mano. Dentro di lei qualcuno gridava che era l’ultima volta, che poi non si sarebbero più toccati e forse nemmeno parlati. Non sarebbero più stati un ‘noi’, ma singoli individui che per giunta appartenevano a famiglie nemiche tra loro. E che il loro amore si sarebbe perso nel tempo. Un brivido la percorse tutta, si obbligò a lasciare la sua mano una volta per tutte e questo le costò un enorme sforzo morale. L’ultima parola che avrebbe dovuto dirgli le rimase bloccata in gola, stretta in una morsa che le tolse il respiro. Abbassò il capo. Se avesse incontrato i suoi occhi sarebbe crollata e ogni proposito sarebbe svanito all’istante. Pregando il Signore di farle mettere i piedi uno davanti all’altro, se ne andò.
Andrea non la seguì, non volse nemmeno lo sguardo verso di lei. Anzi, puntò gli occhi sulla croce di Cristo chiedendo pietà per tutti gli errori commessi.
*
Lucrezia era quasi arrivata a Palazzo de’ Medici quando, sollevando lo sguardo, vide un gruppo di brutti ceffi uscire proprio da lì. Erano i mercenari di Albizzi. Quando le passarono accanto, pensò bene di riabbassare il capo per non attirare la loro attenzione. Pochi passi e fu a casa.
Mentre imboccava il corridoio verso le camere da letto, incontrò Piero.
“Cosa ci facevano qui quegli uomini? Non sono al servizio di Albizzi?” Chiese contrariata.
“Non più. Ma non temere, mio padre li ha pagati affinché lascino la città.” Spiegò lui.
Lucrezia fece una smorfia: “Un po’ di feccia in meno in città.” Superò Piero senza aggiungere altro e non si curò di averlo trattato in modo poco gentile. Era stanca di tutto.
  
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