“Due mani mozzate in grado di esaudire qualsiasi desiderio” questo era l’unico pensiero di Kyung-Woo, dopo quella telefonata con l’amico. Sembrava una cosa futile, l’ennesima, stupida, storiella per illudere e spaventare le ragazzine delle medie. Eppure Kyung-Woo aveva una lista di desideri pronti ad essere esauditi. Valeva la pena tentare, no?
Il ragazzo uscì di casa. Chiuse la porta con le chiavi, mentre i suoi occhi continuavano a cadere sulle sue lunghe e magre dita.
Scese le scale e giunse alla porta d’uscita. Avrebbe preso un taxi e sarebbe passato dall’amico, per dirigersi alla fatidica festa, dove quelle mani sarebbero state sue.
In città si respirava un’aria malsana. Poteva essere solo una sensazione di Kyung-Woo, ma c’era qualcosa di strano in quella Seoul che conosceva come le sue tasche.
Un ultimo sguardo in basso: le sue scarpe eleganti di pelle nera emanavano una strana luce affascinante.
Fermo sul marciapiede, Kyung-Woo attese il taxi che aveva chiamato al cellulare poco prima di uscire, quando qualcosa gli colpì il braccio. Spostò lo sguardo dalle sue scarpe alla sua spalla e solo allora notò la presenza di una ragazzina in abitino crema svolazzante.
“Attenta a dove cammini” la rimproverò Kyung-Woo, nonostante
fosse di solo un paio d’anni minore di lui
“Mi scusi…” rispose timida la ragazzina: una splendida fanciulla dai capelli
lisci e neri, gli occhi a mandorla appena accennati e le labbra tinte di rosso
scarlatto.
“Scusarsi non basta”
“Ma che cosa vuole che faccia, eh?” il tono della ragazza cambiò repentinamente: non era più la belva ferita, ma la cacciatrice “Devo implorarla in ginocchio, eh? Mi scusi, io non capisco. Ero distratta. Mi spiace se l’ho disturbata per così poco, colpendola per errore”
“Sai che sei molto maleducata?”
“Perché lei non lo è?” e se ne andò.Si chiamava Lee Sun-Yeon ed aveva sedici
anni. Una ragazza come tante altre, semplice e appassionata di musica, di
ragazzi e di lettura, più che di studio. Passava il tempo ad uscire con gli
amici e tra le sue attività preferite vi era senza dubbio ubriacarsi. La cosa
più strana era che Kyung-Woo non sapeva affatto che persino Sun-Yeon era
rimasta affascinata da quella strana leggenda urbana riguardante quelle mani
mozzate.
Quello che più sconcertava la ragazza era il sapere da chi avesse preso inizio quella strana diceria, perché si dicesse giacessero in una scatola nera in quella grande casa e soprattutto se le mani esistessero davvero e se avessero veramente poteri salvifici.
Stava camminando verso il suo bar preferito: un piccolo café in centro Seoul, accanto ad un bellissimo e fornitissimo negozio di dischi del quale Sun-Yeon era assidua frequentatrice.
Voleva incontrarsi con l’amica del cuore, Gun-Ja, una sua coetanea con qualche problema con il fumo. Era la sua unica droga.
Velocemente, Su-Yeon superò il negozio di dischi ed entrò nel bar, ordinando immediatamente una lattina di the freddo per lottare contro il caldo agghiacciante di inizio giugno.
Gun-Ja era là, in un tavolo poco distante, a fumare
nervosamente la terza sigaretta della giornata
“Ciao” la salutò entusiastà Su-Yeon “Come va?”
“Decisamente non bene”
“Assì e perché?”
“Non parliamone” la sigaretta tra l’indice e il medio della fanciulla entrò in contatto con il posacenere e cominciò graduatamente a perdere frammenti di sé. Ad ogni soffio.
“Ancora Ki-Wan?” Ki-Wan era il ragazzo di Gun-Ja, fonte dei nervosismi più estremi della ragazza: un ragazzo viziato, elegante e fighetto, totalmente l’opposto dell’animo artistico e sprizzante di Gun-Ja, vero e proprio arcobaleno vivente con i suoi capelli che cambiavano colore a seconda delle nuances dei calzini che portava, gli abiti strani e il gusto per una musica che spaziava dall’indie al folk, dal metal all’elettronica. Ki- Wan era un idiota. Si credeva figo perché tutte le ragazze lo credevano bello esteriormente, senza contare affatto la sua essenza. Ancora Su-Yeon si chiedeva come Gun-Ja potesse stare insieme ad una persona così diversa, così sfacciata ed arrogante.
Gun-Ja accavallò le gambe, annuendo.
“Devi smetterla di farti mettere i piedi in testa, Gun”
“Che cosa posso farci? Sono una persona timida e amabile.La gente pensa che io sia esuberante solo perché mi vesto in modo bizzarro, ma non è così, io sono una persona fragile che ama vestirsi in modo bizzarro per apparire meno fragile di com’è realmente” la sigaretta volteggiava nell’aria creando ipotetiche ellissi metafisiche.
“Che cosa ti ha fatto questa volta?”
“La solita cosa…stavamo limonando e come ogni santa volta noto la presenza di
una telecamera che ci fissa”
“Che idiota…”
“Già… vuole far vedere ai suoi amici del cazzo che fa davvero sesso. Comincio a
pensare che per lui non sia altro che un trofeo. Guarda, se mi fa incazzare un’altra
volta, ti giuro mia cara Su-Yeon che lo mollo. Seriamente”
“Brava…te ne troverai uno migliore”
“No…basta…basta complicazioni. L’amore è solo un impiccio, un impiccio che ti
rovina qualsiasi ambizione”
“Cambiando argomento…”
“Le mani?”
“già… dobbiamo averle. Ho ancora troppi dubbi riguardo a questa leggenda
urbana, ma io continuo a credere che ci sia un lato di verità”
“E come fai ad esserne certa?”
“Ci sono persone che hanno espresso un desiderio portando quelle mani mozzate
al cuore. Quel desiderio si è avverato”
“E chi sono queste persone?”
“Sono casi che ho letto su internet. So che internet è pieno di scemenze, ma …sul
sito dedicato a quella leggenda c’erano fotografie, nomi…non può essere tutto
una balla, no?”
“Ammettiamo che tutta questa scemenza sia vera. Non pensi
che ci possa essere qualcosa sotto?”
“Tipo?”
“Dai…basta l’oggetto in questione. Insomma,non è un portafortuna, qualcosa di
carino, ma un paio di mani mozzate.”
“Sì…ma solo nei film sono le cose carine a portare la felicità”
“è vero…”
“Peccato che la casa in cui sono contenute le mani sia abitata.”
“Già”
“ho sentito che faranno una festa in quella casa, andranno i soliti ricconi in
giacca e cravatta…sai che roba!”
“Se solo potessimo imbucarci alla festa…”
“Serve l’invito per queste stronzate”
“Merda!”
“Ma tu scusa non credevi a tutta la faccenda?”
“Ora sinceramente non so più a che credere e, poi, se fosse vero avrei una
listona di desideri da realizzare…”
“Anche io, mia cara, anche io”