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Autore: shining_star_    25/07/2017    0 recensioni
Sarah è una ragazza qualsiasi che si barcamena tra i mille drammi e le gioie della vita universitaria. Complice la migliore amica Carla, Sarah prova a mettere ordine nella sua testa capendo che cosa vuole dalla vita e dagli uomini cercando di superare gli ostacoli che la separano dalla felicità e dal vero amore. Ma cos'è davvero l'amore?
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Universitario
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Timidi raggi di sole fecero capolino dalla finestra del soggiorno e svegliarono Sarah ancora prima che suonasse la sveglia, lei esitò accoccolandosi in posizione fetale sul divano che sembrava trattenerla a sé con forza. La sveglia suonò di nuovo e Sarah si obbligò ad alzarsi; le parole di Andrea parvero accarezzarle le orecchie “Ci vediamo domani. Puntuale mi raccomando”. Schizzò, quindi, in bagno a prepararsi con la stessa calma di un velocista durante una gara così che dieci minuti dopo era pronta e aveva già afferrato le chiavi  e la borsa e stava scendendo a due a due gli scalini per raggiungere la macchina.

Salì in macchina e guidò fino al college sorridendo come un’ebete sicura del fatto che lo avrebbe trovato lì, ad aspettarla al solito posto. Parcheggiò accanto a lui, sorridendo convinta della propria teoria e entrò guardandosi attorno nel corridoio deserto. Lui era lì, appoggiato alla macchinetta del caffè mentre premeva tasti con aria concitata; bello come sempre nella sua tenuta classica: camicia, giacca e pantaloni.

Sarah sorrise mordicchiandosi il labbro e attraversò lo spazio che li divideva con passo felpato “Sta litigando con la macchinetta, anche stamattina?” chiese con voce angelica.
Lui si girò di colpo e la vide; sorrise: “Qualcuno stamattina non vuole collaborare… noto con piacere che sei ben oltre l’essere puntuale oggi, Sarah”.
“Mi spiace molto per ieri- cercò di giustificarsi- ho fatto tardi a lavoro e così…”
“Non importa- rispose calmo Andrea porgendole il suo solito cappuccino di soia- mi ha fatto piacere che tu sia venuta nonostante avessi avuto problemi. Mi hai fatto preoccupare però…- disse scrutandole gli occhi- avevi una faccia stravolta.”
Sarah scherzò: “Più del solito?” disse specchiandosi nei suoi occhi azzurri e freddi come l’oceano, desiderando ardentemente tuffarcisi dentro.
“Decisamente- asserì con sicurezza disarmante- se vuoi possiamo parlare quando vuoi se hai qualche problema, sai dove trovarmi.” Disse lui con aria protettiva.
È vero, Sarah sapeva dove trovarlo e, per non essere tentata e non rischiare di fare sciocchezze, evitava accuratamente non solo la zona dove si trovava il suo ufficio ma, per precauzione, l’intero corridoio.
“Non serve, grazie per l’offerta- replicò Sarah imbarazzata mentre guardava a terra- sto benissimo. Davvero.” Disse con aria più convinta che potè.
“Lo vedo- rispose Andrea squadrandola dalla testa ai piedi mentre la faceva volteggiare- e anche ieri eri molto bella”
Sarah  si bloccò improvvisamente ed emise un rantolo, come se le avessero appena dato un pugno allo stomaco. Sgranò gli occhi guardando Andrea dritto in faccia.
Lui le sorrise e annunciò: “Sono un professore ma questo non significa che sia cieco. Ah, un piccolo appunto- aggiunse- io ho molto apprezzato la tua scelta di stile ma altri professori potrebbero fare storie” le sussurrò all’orecchio mentre le poggiava la mano sul fianco.
Le sfiorò poi il collo con le labbra  e scomparve nel corridoio verso il suo ufficio, senza dare l’occasione a Sarah di reagire, di dire nulla e neanche di respirare. Le aveva tolto il fiato.

Si trovò ad appoggiarsi al muro mentre ansimava mentre controllava la frequenza cardiaca portandosi una mano al petto e cercava di regolarizzare il respiro. Nel corridoio c’era un silenzio assordante eppure lei aveva il mal di testa,  sentendo forte e chiaro nelle orecchie il sangue che scorreva andando a colorale di un bel roso vermiglio l’intero viso.
Molte domande le frullavano per la testa: che cosa significava quell’incontro? Come avrebbe avuto il coraggio di guardarlo in faccia in classe? Che cosa avrebbe dovuto fare? Come interpretare i segnali che le aveva inviato (il sussurrare all’orecchio, il contatto fisico così intimo e quei complimenti così poco adatti a un professore universitario)? Molte domande ma nessuna risposta; così si incamminò con calma in classe mentre il corridoio iniziava a prendere vita.
  Carla arrivò una decina di minuti dopo e Sarah non le lasciò neanche il tempo di poggiare la borsa e sedersi prima di investirla e travolgerla come uno tsunami raccontandole con ricchezza di particolari l’incontro della mattina. Carla l’ascolto in silenzio, totalmente impassibile e alla fine sentenziò che la cosa iniziava a farsi seria; stava a Sarah scegliere come comportarsi. “Pensaci bene- ribadì Carla- ogni azione e scelta avrà delle conseguenze; quindi prendi quella giusta”.

Sarah non riusciva a focalizzare l’attenzione sull’ottimo consiglio che aveva appena ricevuto perché c’era qualcosa che non le tornava, qualcosa di strano e inusuale ma non disse nulla, per timore che fosse tutto nella sua testa. Carla continuava a guardare il vuoto e rispondeva a monosillabi a qualsiasi stimolo Sarah le desse, comprese proposte di uscire per pranzo e di dopo cena in qualche locale. Niente, tutti questi input, che di solito trovavano ben presto terreno fertile in cui crescere grazie all’organizzazione militare di Carla, oggi cadevano nel vuoto.
Sarah avrebbe voluto interrogarla e assicurarsi che l’amica stesse bene ma non ne aveva il tempo: pochi secondi dopo la pesante porta dell’aula si chiuse e il vociferare allegro degli studenti cessò: Andry era arrivato e, assieme a lui, la sua aura di terrore misto a profondo rispetto.

Scese leggiadramente le scale fino a raggiungere la cattedra, dove appoggiò la ventiquattrore marrone; poi si girò e fece un occhiolino con aria scanzonata e ammiccante. Sarah non ne era convinta ma sperava moltissimo e, allo stesso tempo era terrorizzata, che quel gesto così intimo e personale fosse proprio indirizzato a lei. Infatti l’aveva rivolto verso la sua direzione e verso l’alto, proprio dove era seduta lei.  Cercò di lasciar cadere quel gesto apparentemente senza significato e concentrarsi sulla lezione, nonostante fosse preoccupata per Carla, che era sempre più assorta e spenta. Sarah l’osservava di tanto in tanto e più la guardava più Carla appariva distratta, triste e depressa; Sarah era convinta che ci fosse qualcosa che non andava.
Andry era affascinante e interessante come al solito, eppure non riusciva a lasciarsi trasportare dalle sue parole e ritornare indietro nel tempo, nella magia del 1700, tra dame e principesse, re e principi; aveva troppe cose per la testa. Le due ore passarono lente e inesorabili, senza scambiare neanche una parola o uno sguardo con Carla.

Sarebbe stata una giornata dura.

Andrea, una volta finita la lezione, le passò accanto appoggiando con nonchalance un bigliettino bianco ripiegato e il solito quadrifoglio sul suo banco; confusa  come al solito lo guardò in cerca di conferme ma lui non incrociò il suo sguardo proseguendo a passo sicuro verso il corridoio. Aprì con timore il biglietto trovandoci un numero di telefono scritto con una grafia ordinata e chiara; qualcosa però non le tornava: non era quello del suo ufficio, quello lo avevano tutti e dall’inizio dell’anno.
Si voltò verso Carla con un sorriso ebete stampato in faccia, che subito represse vedendo la sua espressione, gettò tutte le su cose entro la borsa e la prese sottobraccio portandola verso il giardino. Appena varcata la soglia dell’aula Carla iniziò a piangere silenziosamente ma Sarah notò comunque le lacrime che le rigavano le guance arrossate dal calore della giornata. Velocizzarono il passo fino a raggiungere una zona d’ombra ai piedi di una quercia lontana dalle porte d’uscita; una volta lì fu tutto naturale. Sarah l’abbracciò forte e le chiese che cosa l’avesse sconvolta e fatta soffrire così; Carla affondò il viso nei capelli di Sarah, forse per vergogna nel farsi vedere fragile.
“Sai che puoi dirmi tutto- esortò Sarah-anzi, in questo caso sei proprio obbligata!” disse guardandola con dolcezza mentre si sedeva sull’erba.
“Sai che mi frequentavo ormai da due mesi con Tom no?”. Sarah annuì, immaginando come sarebbe proseguita la conversazione.
“Ieri sera sono uscita a bere qualcosa e l’ho visto con un’altra” disse singhiozzando e nascondendo il viso nelle mani.
“Magari era una sua amica o suo sorella o sua cugina che ne sai…”, sapeva che era altamente improbabile ma tentò comunque.
In risposta Carla le lanciò un’occhiataccia e aggiunse “Se consideri il modo in cui le palpava il sedere e le ficcava la lingua in bocca le tuo teorie vanno in mille pezzi”.
“Meglio averlo saputo ora che non è un ragazzo affidabile- concluse Sarah- non era il tipo adatto a te. Ne troverai a mazzi e di migliori” la rassicurò.
Carla singhiozzò, doveva essersi creato un rapporto tra loro due durante quei mesi. “Mi sento così rifiutata e non desiderabile” concluse Carla a fatica rima di riprendere a singhiozzare.
Sarah era un’esperta di queste cose e le dette il consiglio migliore che si potesse dare: “Nella vita bisogna continuamente prendere decisioni, che ci piaccia o no. A volte sono cose piccole e insignificanti da decidere mentre, altre volte, le decisioni sono grandi e cambiano tutto. Sono l’inizio di una vita di felicità o di tristezza. Purtroppo non si può avere tutto e bisogna scegliere anche se fa paura”.

Carla la guardò e, nonostante per le lacrime vedesse tutto offuscato, le parve tutto chiaro: era giovane e aveva molto tempo per trovare il ragazzo giusto, ammettendo che ce ne sia uno. Ora doveva puntare su sé stessa e su ciò che la faceva stare bene.
Sarah non capiva da dove le fossero uscite così sagge e allo stesso tempo così concretamente applicabili; anche per lei era tutto chiaro: era stufa di camminare su sentieri battuti, voleva qualcosa di diverso.

Tastò nella borsa alzando gli occhi al cielo, non era umanamente possibile perdere il telefono OGNI SINGOLA VOLTA! Finalmente, nell’angolo più recondito della borsa, tra mille altri oggetti, toccò qualcosa di duro e liscio che poteva essere il telefono e lo tirò fuori in fretta.
Non serviva cercare il bigliettino bianco, che comunque e con tutta probabilità non avrebbe più ritrovato, ce lo aveva stampato in mente. Aprì il cellulare e lo aggiunse velocemente nella rubrica: Andry.
Subito dopo gli stava scrivendo un messaggio: Hei. A cosa devo l’onore dell’avere il tuo numero di cellulare?

Carla in tutto ciò la sguardava aggrottando le sopracciglia mentre cercava di decifrare quelle azioni apparentemente senza significato. “Che diamine stai facendo?” chiese sporgendosi verso il cellulare dell’amica.
Sarah la guardò attentamente per vedere se avesse ancora bisogno di lei per sfogarsi ma, incoraggiata dallo sguardo di Carla le disse con aria più semplice e casuale possibile che aveva il numero di cellulare del professore.

Carla a dir poco impazzì alzandosi e mettendosi a saltare “Che ti avevo detto io! Ahaha, avevo ragione! E tu gli hai scritto vero?”

Sarah annuì, pentendosi per un momento della sua avventatezza; avrebbe dovuto pensarci meglio? E se il messaggio gli fosse sembrato stupido? Ok il messaggio era stupido… cavoli che stupida era! Carla le prese il viso tra le mani e la guardò negli occhi: “Stai calma! Non avrà il telefono sottomano… intanto mangiamo prima di svenire di fame”

Sarah le sorrise, sapeva che non era la sua Carla al 100% ma ci stava provando e il tempo avrebbe fatto il resto.

Presero il pranzo dalle borse e iniziarono a chiacchierare del più e del meno evitando come la peste l’argomento ragazzi.
Le chiacchiere furono interrotte da una vibrazione ben udibile: gli occhi di entrambe sgranarono e fu un attimo prima che Sarah si lanciasse sulla borsa alla disperata, disperatissima ricerca del cellulare che, come al solito, si mimetizzava sul fondo. Appena trovato Sarah lo aprì e notò un messaggio: lo aprì con il cuore in gola.
Era un messaggio di Enrique, un loro compagno di università che la invitata quella sera a prendere qualcosa da bere e chiacchierare.
Dalla faccia delusa dell’amica Carla non ebbe bisogno di chiedere se fosse Andrea, ma chiese semplicemente chi fosse.
Sarah rispose: “Enrique” con un tono decisamente poco euforico considerando che era stata appena invitata a uscire.
“Chi?!”
“Ma come chi- rispose Sarah- quel ragazzo che segue letteratura con me. È alto, con la pelle ambrata, gli occhi castani scuri…”
“No, niente” rispose Carla
“Mi pare venga dal Venezuela e ha un accento bellissimo…” proseguì Sarah nella speranza che Carla capisse, anche perché non sapeva più come descriverlo.
“Aaaah… ok ho capito-rispose Carla- beh è carino” aggiunse alzando le spalle.
“Sì e anche molto simpatico” aggiunse Sara riflettendo velocemente sul da farsi
“Io ci uscirei” disse Carla guardando l’amica con sguardo interrogativo
“Faremo tardi- tagliò corto Sarah- meglio se andiamo in classe”. Si accorse che da lì a pochi minuti avrebbe dovuto vederlo: aveva letteratura. Lanciò il telefono nella borsa e si avviò verso la porta con Carla.
“Sei nei guai cara” le disse prima di entrare in classe sorridendole.

Lo sapeva, lo sapeva molto bene.

ECCOMI DI NUOVO CON UN NUOVO CAPITOLO! SEMPRE PIù CARNE AL FUOCO CON LA COMPARSA DI ENRIQUE... COME PENSATE SI EVOLVERà LA SITUAZIONE? FATEMELO SAPERE IN UN COMMENTO E VEDREMO CHI INDOVINERà.

UN BACIO E ALLA PROSSIMA! ;)
 
   
 
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