Capitolo
2
Day
2: Questione di sostegno
Si stava davvero
bene sotto le coperte, al caldo.
Evidentemente,
nonostante fosse luglio, fuori c’erano al massimo diciotto gradi.
Mi sembrava di
stare su una nuvola, stavo facendo un sogno strano che non avrei mai
ricordato...
Mi rigirai sul
fianco destro e mi accoccolai meglio sotto il piumone, beandomi di quella
sensazione ti tepore e calma.
Din.
Din. Din.Din. Din. Din. Din.
Avendo il sonno
leggero, aprii gli occhi di scatto.
Avevo forse
cambiato sveglia senza rendermene conto?
Din.
Din. Din. Din. Din. Din.
No, non era la
mia sveglia, il mio cellulare non stava emettendo alcun suono, erano solo le
sei e cinquanta!
Cosa stava
succedendo? Era forse una strana sveglia collettiva del college?
Din.
Din Din. Din. Din.
Il suono era
progressivo, diventava sempre più forte e non era di certo un piacere per le
orecchie di chi si è appena svegliato.
Iniziavo a
sentire dei passi fuori la porta, delle ragazze che strepitavano e dicevano
cose tipo “Incendio” e “Allarme”.
Queste parole mi
invasero come un secchio d’acqua ghiacciata, misi le pantofole e aprii la porta
di scatto.
Era davvero
scoppiato un incendio?
Cosa dovevo
fare?
L’edificio era
zeppo di ragazzi minorenni ed io non avevo mai frequentato alcun corso di
pronto soccorso o simili!
In un battibaleno,
mentre ero presa dall’incretezza, mi ritrovai davanti il group leader di Napoli
di cui non ricordavo il nome.
“Prova antincendio!
Aiutami, dì alla ragazze del tuo piano di uscire dall’edificio!” mi disse
concitato.
“Ma sono in
pigiama e senza nemmeno il reggiseno!” protestai, con la testa ancora annebbita
dalla sonnolenza mista alla paura, ma per fortuna lui era già scomparso e non
aveva sentito la mia idiozia delle sei e cinquantacinque.
Presi un bel
sospiro pensando “questi inglesi! Prova antincendio il primo giorno!” e iniziai
a bussare freneticamente alla porta delle ragazze che non erano ancora uscite
dalla stanza.
“Ragazze, è tutto
ok, è solo una prova antincendio per la vostra sicurezza” dissi non so quante
volte. “Uscite, su!”.
Qualcuna si
vergognava a scendere in pigiama, qualcun altra era con l’accappatoio...
Non so come
riuscii a farle scendere tutte nel giro di due minuti e ci trovammo il team
inglese e quello spagnolo che ci indicavano la via del cortile, dove
evidentemente c’erano tutti.
Morta di vergogna
per il mio pigiama con Batman disegnato sulla zona del seno che ovviamente
pendeva per la mancanza di sostegno e per i miei capelli di sicuro cespugliosi,
raggiunsi Saverio e la dottoressa che se ne stavano in un angolo del cortile.
Una rapida
occhiata in giro mi diede l’impressione che ero l’unica appena sveglia, tutti
erano già vestiti o almeno erano in condizioni decenti, nessuna era in pigiama
come me e tutte le loro chiome erano pettinate.
La group leader
alta e slanciata era addirittura truccata!
“Buongiornissimo, caffè?” mi prese in giro Saverio, vedendomi arrivare così sconvolta e con un passo da
zombie.
Incrociai le
braccia per non mettere in mostra il seno penzolante e lo guardai senza capire.
“Perché gli
altri dello staff sembrano...?”.
“Preparati?”.
“Sì”.
Egli annuì con
aria grave e la Dottoressa si intromise con un: “Se può consolarti io non ne
sapevo niente come te”, anche se era già vestita.
Notando il mio
sguardo incredulo dopo aver visto che era in jeans felpa aggiunse: “Stavo
medicando una ragazza che ieri si è fatta male”.
“Ah, ok”.
“Ieri in
riunione ho congedato Giada dopo aver congedato te e ho annunciato ai GL che ci
sarebbe stata questa prova, ho distibuito le chiavi universali per ogni
edificio ad ognuno di loro per aprire le porte delle camere dei ragazzi...
Avevamo solo cinque minuti per fare tutto. Scusami, ma ho già rischiato
dicendolo a loro, nessuno oltre me avrebbe dovuto saperlo, dovevo essere
discreto” spiegò Saverio, a voce bassissima, come se il team degli stranieri
potesse comprenderlo.
“Va bene”
assentii, mogia.
Ecco il primo
svantaggio di non essere una group leader, in casi come questi mi sarei
ritrovata svantaggiata di fronte all’ignoto mentre tutti già erano al corrente
di ciò che sarebbe successo.
Mi voltai e vidi
Salvatore che riuniva i suoi ragazzi, proprio come gli altri.
Il GL di Napoli
– come si chiamava? Perché ero pessima con i nomi? – batteva il cinque con
alcuni ragazzi e sorrideva in maniera rassicurante e in quel momento pensai che
avrei tanto voluto avere quella solarità.
Le altre due
ragazze invece sembravano stanche e infastidite come me mentre raggruppavano i
ragazzi e rispondevano a domande evidentemente sciocche, data la loro
espressione falsamente paziente.
“Secondo me
siamo fortunate, voglio dire, siamo qui a svolgere la nostra professione senza
la responsabilità dei ragazzi, nel senso, sì siamo responsabili, soprattutto
io, ma se uno non si trova non è colpa nostra” mi disse Giada, sorridendomi in
maniera enigmatica.
“Fidatevi, siete
quelle che hanno più responsabilità di tutti” le ricordò Saverio, deciso. “Oh,
ecco la tipa della security”.
Una signora che
mi ricordava tanto la Signorina Trinciabue del film “Matilda sei mitica!”, con
tanto di divisa scura, alta e bella possente, fischiò con il suo fischetto
rosso e urlò di prestarle attenzione.
Improvvisamente,
il mormorio cessò e i ragazzi smisero di lamentarsi per la sveglia assurda e
brutale.
Un lampo di
agitazione e ansia dilagò nei nostri sguardi.
“Attenzione per
favore! Avete impiegato 317 secondi per evacuare, quasi cinque minuti e mezzo.
Qualcuno di voi sarebbe morto di sicuro se fosse stato un vero incendio! Si può
sempre migliorare! Buona giornata!” urlò, prima di scomparire nel retro del
cortile.
Mi voltai verso
Saverio, il quale si passò una mano sulla faccia in un modo che lo rendeva
decisamente buffo.
“Ve lo devo
tradurre?” disse, ironico.
“La prova si
rifarà” borbottai, tetra.
Lui annuì, Giada
alzò gli occhi al cielo e io sbuffai.
“GL, raggruppate
i ragazzi e conduceteli in camera!” esclamò il direttore, avvicinandosi agli
altri con passo da marcia.
Io e Giada
stavamo per tornare in camera quando vidi il GL che poco prima mi aveva detto
di svegliare le ragazze avvicinarsi a noi, ovviamente ancora sorridente.
“Ciao, Luca”
disse la dottoressa.
Ah, ecco come si
chiamava!
“Ciao Giada.
Ri-ciao, Alice. Volevo ringraziarti per aver svegliato le ragazze del tuo
piano, probabilmente senza il tuo aiuto i 317 secondi sarebbero stati 370 e di
sicuro la signorina Trinciabue ci avrebbe ammazzato!” esclamò.
“Anche tu l’hai
associata alla Trinciabue?” domandai, colpita.
“Sì, è
identica!”.
“Vero! Figurati
comunque, quando posso sono lieta di darvi una mano, il vostro lavoro davvero
deve essere pesantissimo” dissi, continuando a tenere le braccia incrociate sul
petto.
“Esatto, vale lo
stesso per me” si aggregò Giada, cordiale.
Luca scrollò le
spalle.
“Ma dai, di
sicuro sarete cariche di lavoro anche voi. Ci vediamo a colazione!” si congedò,
prima di raggiungere i suoi ragazzi al centro del cortile.
Io e Giada,
così, tornammo sui nostri passi.
“Luca è sempre
così sorridente, come fa? Abbiamo viaggiato insieme, ci siamo incontrati allo
scalo a Bologna ed era super energico nonostante avesse già un volo alle spalle
con venticinque ragazzi sotto la sua responsabilità” mi raccontò, mentre
superavamo orde di adolescenti in fila che protestavano per la mancanza di
tempo per prepararsi prima di colazione.
“Non saprei,
onestamente non ricordavo nemmeno il suo viso e
il suo nome. Sono una frana, i ricordi di ieri sono offuscati” ammisi
con una smorfia di vergogna.
“E’ normale, poi
hai viaggiato da sola, non sei stata a contatto con nessuno di noi. Mi sa che
oggi ci conosceremo meglio, le altre ragazze mi sembrano simpatiche!” osservò,
cordiale.
“Sì, anche a me.
E’ bello lavorare insieme se ci si trova bene”.
“Esatto! Beh, io
corro in camera, sto nella N, ci vediamo tra poco a mensa”.
“Certo, a dopo”.
La salutai con
la mano, pensando che fosse alla mano e simpatica, e svoltai a destra verso
l’edificio E.
La giornata era
iniziata in maniera decisamente movimentata.
“Vediamo chi
siete in realtà, colleghi...”.
Erano le nove e
dieci del tre luglio, io e il resto dello staff eravamo nel nostro piccolo
ufficio e aspettavamo l’arrivo di Saverio ed Elena per ricevere le istruzioni
su cosa fare ora che i ragazzi stavano svolgendo il test di inglese, seguito da
quello di spagnolo, per dare prova delle proprie conoscenze ed essere smistati
in una classe del proprio livello.
Mario, che
sembrava una bomba di energia peggio di Luca, si era seduto su una sedia ed
aveva iniziato a prendere i nostri curricula da una cartella.
“Alice
Sebastiani, nata l’otto luglio del novantadue, laureata con centosette su
centodieci in Lingue e Culture straniere.... Che noia” sentenziò, facendomi
una linguaccia come se fosse un bambino dispettoso.
“Ma quindi tra
cinque giorni compi gli anni?” disse Nadia, incuriosita.
“Sì”.
“Preparati,
offri da bere a tutti, eh” disse Salvatore.
“Eh, minimo, mi
raccomando!” aggiunse Clara.
“Dipende... Non
vi conosco, se mi sarete simpatici sì, altrimenti mi ubriacherò da sola” li
presi in giro.
Fingevo di
fregarmene, invece per me quella era una questione di vitale importanza dato
che ogni compleanno mi ritrovavo con il mio gruppo di amici e mangiavamo qualcosa
insieme mentre ripercorrevamo le tappe dell’anno appena trascorso.
Questa volta
sarei stata da sola, in un altro Paese, con gente che conoscevo da meno di una
settimana.
“Ci amerai!”
stabilì Mario, prima di prendere un altro curriculum. “Giada De Stefano,
Dottoressa in Medicina con centocinque su centodieci, nata il sette settembre
dell’ottantanove... Noia. Ma un curriculum divertente, qui? Niente?”.
“Leggici il
tuo!” propose Luca.
“Nah, io manco
ce l’ho il curriculum, troppa fatica”.
“Salve ragazzi,
eccoci, scusate il ritardo, abbiamo avuto la conferma che la prova antincendio
si terrà tra una settimana esatta” ci interruppe Saverio, entrando in ufficio
con Elena al suo fianco.
Entrambi
posarono gli zaini su delle sedie e ci invitarono a prendere posto, così ci
sedemmo in posti a caso meglio che potemmo visto che le sedie a disposizione
erano insufficienti.
Io finii sulla
moquette polverosa tra Nadia e Salvatore, mentre Mario prese posto sulla
scrivania dove c’era il computer e gli altri se ne stavano seduti sulle sedie.
Il silenzio era
teso, si vedeva che nonostante gli sforzi di creare un ambiente informale ci
conoscevamo da troppo poco tempo per stare del tutto tranquilli.
“Mario, alzati e
fai mettere Alice al tuo posto, mi serve vicino al computer” disse rapidamente
Saverio.
Mi alzai di
scatto, resistendo all’impulso di scacciare via la polvere dai miei pantaloni
neri, e Mario mi diede una pacca sulla spalla.
Da come si
comportava dedussi che aveva già lavorato con il capo in passato.
“Bene, iniziamo.
Parlando della prova antincendio, per me siete stati bravi, è la prima volta
che la fate e siete stati rapidi contando che non conoscete i ragazzi e che
l’allarme è scattato dieci minuti prima dell’ora concordata. Tra sette giorni,
però, mi raccomando, dovrà essere la perfezione!”.
Annuimmo seppur
scoraggiati al pensiero di dover iniziare di nuovo la giornata così, poi lui ed
Elena passarono ad elencare le attività del giorno e gli orari per i GL.
Sarebbe stata
una giornata tranquilla: test di lingua, pranzo, laboratorio di fotografia o di
basket, cena, serata a tema.
Il bello sarebbe
iniziato il giorno successivo con la prima escursione di un giorno.
“Quindi ora chi
ieri è arrivato tardi firmerà i contratti e tutto il resto, poi durante la
pausa sorveglierete i ragazzi e li accompagnerete di nuovo in classe per il
test di spagnolo. Mario, tu pensa alla serata, prepara qualcosa di decente!
Alice, tu invece hai solo un semplice ma importante ruolo per stamattina...
Entra nella mia casella di posta, stampa tutte le mail in spagnolo e su un post
it mi scrivi un breve riassunto e me lo lasci sulla mia scrivania. Chiaro?”.
Deglutii prima
di annuire fermamente.
“Chiaro. Quanto
tempo ho?”.
“Tranquilla,
tutta la mattinata. Oggi invece di nuovo riunione con la Rosales, ti deve
presentare il team della Santo Domingo”.
“Va bene”.
Mi passò un
foglio con le credenziali del suo account email e mi indicò il computer
aziendale.
Sentivo gli
occhi dello staff su di me, mi sembrava strano dover svolgere un ruolo
totalmente diverso da quello degli altri, però mi finsi disinvolta e mi
apprestai ad accendere il computer.
Nel giro di
venti minuti Clara e Luca ricevettero lo zaino e le varie maglie rosse dopo
aver firmato il contratto per ultimi, essendo arrivati tardi la sera precedente,
e mostrarono felici le loro divise.
“Corro un attimo
in bagno per cambiarmi” esclamò entusiasta Clara, esibendo la polo come se
fosse un trofeo.
Alzai lo sguardo
dal computer e le sorrisi, intenerita da quella scena.
“Vi invidio, la
vorrei anche io!”.
Dal canto suo,
Luca scrollò le spalle, si tolse la maglia blu che l’azienda aveva fornito loro
per il viaggio e indossò quella rossa.
Notai che non
era magro, aveva un po’di pancetta ed era bello robusto, cosa che non si vedeva
da vestito.
Ero così presa
da questa analisi che non mi accorsi che mi aveva lanciato la polo blu dicendo
“Allora tieni!” con una risata.
Imbarazzata, con
la maglia che quasi mi copriva la testa, mi ridestai e protestai con un: “Ma
anche no!” e gliela rilanciai.
Mario la afferrò
e disse: “Bella Luca, quando non vuoi fare la ronda facciamo indossare questa
maglia a un cuscino e ti sostituiamo”.
“Perché non
farlo già ora?”.
Avevano più o
meno lo stesso accento campano, nulla di troppo marcato, anzi, ma sentirtli
parlare mi metteva allegria e mi ricordava le estati passate da mia zia a
Sorrento quando ero adolescente, prima che si ammalasse.
L’arrivo di
un’email mi ridestò e mi fece tornare al mio lavoro e cercai di concentrarmi
sul mio lavoro, senza badare ai due Napoletani che iniziavano a legare e cercavano
di trovare posti e conoscenze in comune.
Dodici email
dopo, il cortile del college si riempì di adolescenti reduci dal test di
ingresso di inglese.
Sbadigliai
sonoramente senza riuscire a controllarmi e feci un po’ di stretching con la
schiena.
“Prenditi una
pausa, vuoi un caffè?” mi domandò Saverio, che aveva iniziato a leggere le note
che gli avevo lasciato.
Se ne stava
seduto dall’altra parte della scrivania, di fronte a me, e la sua aria era
sempre più perplessa mano a mano che leggeva il contenuto della posta.
“Sì, magari. Lo
vuoi anche tu?”.
“Lo prenderò con
gli inglesi tra poco, grazie. Prenditi pure tutta la durata della pausa, non
sto ricevendo altro, finisci qui, io incontro gli inglesi e poi andiamo dagli
spagnoli. Davvero, se senti di avere bisogno di cinque minuti interrompi pure,
non voglio tenerti incollata qui per sempre. Fumi?”.
“No...”.
“Inizia ora così
avrai la scusa della pausa sigaretta, quella è sacra. E non farmi un discorso
sui polmoni che si danneggiano che ti licenzio!”.
“Assolutamente,
dopotutto il fumo uccide solo, come recitano i pacchetti di sigarette”.
“Così mi piaci”.
Mi alzai, presi
lo zaino e lo salutai, agognando un po’ di aria fresca e un caffè.
Certo, non avrei
assaggiato l’espresso di casa mia, ma in quel momento avevo bisogno di caffeina
in qualsiasi forma e in qualsiasi modo.
Ero appena
uscita dal bar del college, un po’ rigenerata, che mi ritrovai Luca e Clara
davanti, in uno stato evidente di preoccupazione.
“Non riusciamo a
trovare Chiara” disse subito Clara, guardandosi intorno come se aspettasse di
vederla spuntare da un momento all’altro.
“Cosa? Non era
in classe?”.
“Sì ma le amiche
dicono di averla vista in ansia dopo il test di inglese e non la trovano...”
disse Luca.
“Il campus è
grande!” aggiunse Clara, sempre più ansiosa.
“Ragazzi,
tranquilli, sarà in bagno”.
“No, abbiamo
controllato”.
“Se mi dite come
è fatta questa ragazza vi do una mano, la pausa è appena iniziata” provai ad
incoraggiarli.
Stranamente non
mi sentivo agitata, forse perché Chiara non faceva parte del mio gruppo e non
era mio dovere assicurarmi che stesse in un determinato posto in un determinato
momento.
“E’ Veneta, ha i
capelli rossi e ricci, abbastanza minuta” mi informò Luca.
Annuii, pur non
capendo come potesse essermi d’aiuto la sua provenienza. Forse per l’accento?
“Non ci sono
molte rosse, no? E’ più facile da trovare. Scambiamoci i numeri e dividiamoci,
così ci avvisiamo se è qualcosa”.
“Saverio ha
creato il gruppo Whatsapp”.
“Perfetto, non
ho avuto modo di vedere...”.
Clara andò verso
i giardini, io andai verso i piani superiori e Luca verso quelli inferiori.
Non ebbi nemmeno
il tempo di dirmi “sto praticamente passando la mia pausa svolgendo il lavoro
altrui”, in quel momento trovare Chiara sembrava la mia priorità.
Non la
conoscevo, non l’avevo mai vista, eppure sentivo che compiere quel gesto mi avrebbe aiutato a integrarmi e a
vivere meglio quell’esperienza lavorativa.
Mi sentivo
sicura, l’istinto per fortuna non mi suggerì nessuna idea assurda in cui Chiara
se ne fuggiva senza dire nulla.
Forse la prova
antincendio a sorpresa aveva esaurito la mia dose di ansia e pessimismo per
quella giornata.
Seguii le
indicazioni della toilette del terzo piano e lo trovai vuoto, così mi azzardai
verso l’ultimo piano, il quarto.
Il corridoio era
vuoto, non c’erano lezioni lì, eppure ebbi appena il tempo di girare a destra
che vidi una ragazzina dai capelli rossi con una camicia in tartan blu che se
ne stava seduta per terra, con le braccia che circondavano le gambe.
Scrissi un
rapido “trovata, quarto piano” nel gruppo e poi mi avvicinai con cautela,
accennando un saluto con la mano.
Quando lei mi
vide esitò un secondo, poi rilassò le gambe e le incrociò.
“Chiara,
giusto?” domandai, sedendomi al suo fianco.
Lei alzò lo sguardò
e annuì.
“Luca e Clara ti
cercavano” dissi semplicemente.
“Sei un’altra
group leader?” chiese, con una vocina fin troppo bassa.
“No, sono la
mediatrice culturale, per mediare tra noi e gli spagnoli”.
“Ah ok. Io non
so niente di spagnolo... Non voglio fare il test”.
“Cosa? Per
questo sei qui?” azzardai, sforzandomi di non avere il tono di chi giudica ma
semplicemente quello di una persona curiosa e che vuole fare conversazione.
“Io ho finito il
primo anno di scientifico con tutti nove in pagella e odio non sapere niente di
spagnolo. Non voglio fare figuracce!” si lamentò Chiara, battendo un pugno
sulla gamba.
Spalancai gli
occhi e mi sforzai di rimanere pacata. Dovevo ricordare che Chiara poteva avere
al massimo quindici anni, dieci anni in meno a me, che anche io a quell’età
avevo una percezione sbagliata delle cose...
Il fatto che si
stesse aprendo con me senza il minimo sforzo, poi, mi dava sicurezza.
Forse era
proprio il mio non essere una GL che la faceva sentire più a suo agio.
“Chiara, lo
spagnolo è stato introdotto come sperimentazione, nessuno lo parla, qui. Pensa
che sono qui proprio per questo motivo! Quindi nessuno si aspetta che tu
risponda bene alle domande. Verrai inserita nel livello A1 e brava come sei
dopo due settimane di studio porterai a casa un A2, ne sono sicura” la
incoraggiai.
Eppure, la
ragazza non diceva niente.
Guardava fisso
di fronte a sé, con un’aria fin troppo pensierosa, poi tirò su con il naso e mi
guardò in un modo che quasi mi metteva in soggezione.
“Ti svelo un
segreto” aggiunsi, seria più che mai.
Immediatamente,
Chiara mutò atteggiamento, cambiò posizione e mi guardò, in attesa.
“Ora il mio
lavoro è tradurre, ma al primo compito in classe, al primo anno di liceo, presi
quattro e mezzo!”.
La rossa sgranò
gli occhi, incredula.
“Ma davvero?”.
“Sì. Fu una
batosta, così mi impegnai e migliorai. Io partivo da quattro e mezzo ma tu devi
ancora iniziare a studiare questa lingua! Quindi figurati, andrai benissimo e
io posso aiutarti se vuoi, sono a tua disposizione”.
Improvvisamente,
la ragazza mi sorrise apertamente, animata da una nuova speranza.
Non so cosa
cambiò, so solo che si alzò e io la imitai, seppur con un po’ di difficoltà
perché mi si era addormentata una gamba.
In quell’istante
comparve Luca, piuttosto agitato e con il fiatone.
Ci guardava,
sollevato e confuso allo stesso tempo perché Chiara sembrava più calma.
“Dove si tiene
il test?” gli domandò semplicemente, come se non avesse cercato di nascondersi
da tutti contemplando di non sostenerlo.
“Al primo piano,
aula 123”.
“Ok, vado.
Grazie, Alice!”.
Chiara scomparve
in direzione delle scale e Luca mi guardò senza capire mentre trovavo un modo
poco imbarazzante per combattere la gamba addormentata.
“E’ la classica
ragazza brava a scuola che ha paura di fallire di fronte all’ignoto. Doveva
solo essere rassicurata” minimizzai, guardando l’orologio, salvo poi ritrovarmi
su una gamba sola, come poi mi consgliava sempre la nonna in questi casi.
“Ma come hai
fatto?! Cioè, è venuta fin qui, era ovvio che non volesse essere trovata!”
constatò Luca, così preso dall’accaduto da non badare alle mie mosse buffe.
“In questi casi
forse una non- group leader può fare magie, cosa devo dirti”.
La situazione
era troppo divertente, Luca sembrava non capacitarsi della situazione e io mi
sentivo rinvigorita dall’accaduto mentre me ne stavo su una gamba a mò di gru,
come se Chiara mi avesse trasmesso un po’ più di fiducia in me stessa.
“Le ho detto che
posso aiutarla se ha problemi con la nuova lingua” minimizzai.
“Boh. Comunque,
cosa cavolo stai facendo su una gamba sola?” disse, ridendo.
“Gamba
addormentata”.
“Ah, tutto
regolare. Davvero, come hai fatto...”.
Era bello
vederlo pieno di dubbi, non so perché mi stavo divertendo un mondo e ciò
continuò quando incontrammo una Clara sorpresa che ci disse di aver trovato
Chiara al primo piano fuori l’aula del test.
“Dovremmo
chiamarlo “Effetto Alice”, Clara” ironizzò Luca, prima di lasciarmi spiegare
nuovamente la situazione.
Dopo la riunione
con la Rosales in cui conobbi Javier, Alejandro, María e Paula, il pranzo,
altre email da tradurre e la cena ero davvero K.O.
Agognavo il mio
letto come se fosse qualcosa che non vedevo da secoli e mi sentivo stupida nel
vedere i GL ancora pieni di energie, o almeno così sembrava.
Ci trovavamo in
una sala del campus adibita a discoteca in occasione della serata organizzata
per i ragazzi e per fortuna le sedie erano decisamente comode, non come quella
dell’ufficio su cui ero stata seduta ore ed ore.
“Per me si
drogano, non c’è altra soluzione” disse Giada mentre guardava i GL che se ne
stavano con i ragazzi, seduta al mio fianco all’inzio della serata “C’è posta
per te” in cui i ragazzi si scrivevano messaggi tra un ballo e l’altro.
“Probabile. Come
ti è andata oggi? Tante visite?” domandai, giusto per tenermi sveglia.
Giada annuì,
sconsolata.
“Una col mal di
gola, una con la febbre, una con la medicazione da cambiare, uno che si è
ferito dopo la partita di basket...”.
“Ed è solo il
primo giorno”.
“Ecco, hai
capito!”.
“Ragazze,
prendete, attaccatevi alla maglietta un bigliettino con un nome fasullo,
partecipate anche voi al gioco!” ci interruppe Mario, attaccandoci di malo modo
degli adesivi su una spalla.
Abbassai lo
sguardo e lessi “Giulietta”, mentre a Giada era capitata “Elettra”.
“Uh, cose da
letterati, in pratica” osservai.
“Che bello
essere associata a un complesso, come se non ne avessi già abbastanza” ironizzò
la dottoressa, alzando gli occhi al cielo.
“Per tua fortuna
pochi lo sanno, invece la mia Giulietta è più soggetta a battutine...”.
“Ahò, da meretrice
a Gulietta, che salto de qualità! Vabbè, conta che tutti toccano le zinne a
Giulietta come porta fortuna quindi stiamo là” s’intromise Salvatore, che si
era appena seduto al nostro tavolo.
Alle sue spalle,
Saverio si stava sganasciando dalle risate e Mario aggiunse: “Per non parlare
del famoso “Giulietta è una zoccola” detto dai tifosi napoletani in una partita
contro il Verona....”.
“Vi giuro che
sto sentendo Shakespeare che si rivolta nella tomba” sentenziai, sospirando.
“Se siete così
intelligenti vi sfido a fare battute su Andromaca!” disse Nadia, che era appena
arrivata e evidentemente non aveva apprezzato la scenetta.
Non avevo avuto
modo di parlarle molto in quelle ventiquattro ore ma la mia gratitudine nei
suoi confronti crebbe esponenzialmente.
I ragazzi
fissarono il nome sulla sua maglietta, imbarazzati, ma ovviamente a guastare la
festa ci pensò Luca.
“No dai, non
tocchiamo Andromaca, poverina. Ragazzi, avete visto “Troy”?”.
“Luca, ti
ringrazio ma evita che con questo titolo ambiguo ci ritroviamo l’ennesima
battutina sulla questione Mediatrice- Meretrice” lo stoppai, sorridendo in
maniera falsamente gentile.
Lui alzò le
mani.
“Come vuoi... Giulietta”.
“Non si può fare
nemmeno una battuta, oh” si lamentò Salvatore, guardandomi male.
“Dai ragazzi,
Lasciamo stare in pace Alice... Andiamo a prendere in giro Clara che si è
beccata Saffo!”.
“No vi prego...”
biascicai, ma parlai al vento visto che i ragazzi erano andati in direzione di
Clara che stava ballando con alcuni dei suoi ragazzi e avevano iniziato a farle
degli scherzi.
“Dici che è così
che si tengono svegli?” mormorai, scioccata.
“Probabile.
Andiamo a prenderci un bicchiere d’acqua e illudiamoci che sia un drink, dai”
propose Giada, alzandosi.
Annuii,
seguendola fino al bar dove un barman ci passò dell’acqua in un bicchiere da
drink con tanto di cannuccia colorata e fazzoletto, quasi come per darci la
parvenza di un contenuto alcolico, e ci fermammo a bere con tutta tranquillità
vicino a un gruppo di ragazzi che aveva deciso di non ballare.
Mario in quel
momento prese una valanga di messaggi da un cilindro appogiato sul tavolo
centrale e andò verso il microfono, iniziando a leggere i nuovi contenuti.
Di colpo, tutti
i ragazzi smisero di ballare e si posizionarono attorno a lui, curiosi al massimo.
“Romeo, ti conosco da poco ma già mi piaci!
Ooooh! Amleto, sei fidanzato? Brave
ragazze, dritte al sodo! Gertrude, ma
quanto te la credi? Calme ragazze, mi raccomando! Oh, questa è bella! Grazie, Giulietta, oggi mi hai salvato due
volte, se fosse dipeso da te Romeo non sarebbe morto. Grazie per il tuo sostegno. Ragazzi, Giulietta è del nostro staff,
ehehe....”.
Ovviamente,
tutti i ragazzi iniziarono a curiosare i nomi delle ragazze dello staff,
qualcuno mi indicò, altri ridevano, il tutto mentre io mi dicevo di non
arrossire e mi portavo una mano alla bocca.
Senza sapere
come, incrociai lo sguardo di Luca che se ne stava a pochi passi me.
Lui alzò il
pollice in mia direzione e mi fece l’occhiolino, con tanto di sorriso
incoraggiante.
*°*°*°*
Ed eccoci qui
con il capitolo due!
Prima di tutto,
ci tenevo a ringraziare di cuore chi mi ha dedicato un po’ del suo tempo per
farmi conoscere le sue impressioni sul primo capitolo e chi ha letto/iniziato a
seguire la storia :D
Sono stata così
contenta che in questi giorni, anche grazie all’ispirazione, ho scritto
moltissimo e mi sono portata avanti in vista della partenza di agosto.
Detto ciò... Che
dire, la situazione piano piano sta ingranando, tutti si iniziano a conoscere e
Alice ha avuto modo di dare il suo contributo al gruppo tra una prova
antincendio e una ragazzina momentaneamente introvabile.
Dal capitolo 3
entreremo nel vivo dell’azione, promesso!
Come sempre,
eccovi un’anticipazione:
Io me ne stavo
dietro a tutto vicino Clara, la quale non perse tempo per avvicinarsi.
“Mi è dispiaciuto
sentire ciò che ti ha detto Luca” bisbigliò.
Cosa succederà?
E cosa ne
pensate dei personaggi conosciuti fino ad ora?
Fatemi sapere
^_^
A Lunedì :D
Milly.