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Autore: Lady I H V E Byron    26/07/2017    0 recensioni
Una conferenza sul cambiamento climatico.
Una possibilità di salvezza per il mondo dall'effetto serra.
Un'improvvisa esplosione.
Un caso da risolvere.
Un inganno da sventare.
Il mondo sembra essere nelle mani di un investigatore privato un po' scemo e quattro musicisti un po' imbranati.
P.S.: sia chiaro, i musicisti lo fanno solo per il loro spettacolo, non per un insensato senso di giustizia...
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell'autrice: la citazione di "Toy Story 2" era d'obbligo... XP

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Nel frattempo, nel furgone, Ettore aveva sentito degli strani suoni nel suo auricolare. Il segnale sembrava essere disturbato, ma udì comunque degli urli.
-Giorgio! E’ successo qualcosa?! Contatto! Contatto!- esclamava, allarmato; nessuna risposta; decise di cambiare contatto –Cesco, taglia i fili!-
Francesco era già posizionato sul palo, in equilibrio precario.
-E secondo te cosa sto facendo?!- imprecò, prima di tagliare il filo con delle enormi tronchesi –Sto spinando una sogliolAAAAHHH…!!!?- Il filo aveva fatto un movimento fulmineo, come una molla, che fece sbilanciare il giovane e farlo cadere di sotto. Per fortuna, aveva incrociato le gambe al palo, quindi non precipitò, ma si trovò ugualmente a testa in giù. L’auricolare gli cadde dalle orecchie.
-ETTORE! AIUTO!- urlò ugualmente, tenendosi almeno il cappellino sulla testa.
-Cesco! Mi senti? Contatto!- rispose il tenente, dopo aver sentito uno strano rumore provenire dal suo auricolare –Dannati prodotti cinesi! Funzionano sempre da Natale a Santo Stefano…-
Nel frattempo, Giorgio continuava a correre sul tetto del magazzino, inseguito dal dobermann abbaiante. Era ormai vicino a morderlo sul sedere quando entrambi giunsero sopra il punto più cedevole del tetto.
Solo il musicista cadde, il cane si era fermato appena in tempo.
Atterrò proprio sul tavolino dove si erano riuniti i magnati, distruggendolo, in mezzo ad una cascata di schegge di vetro.
La superficie non era morbida, ma almeno non si era rotto le ossa.
Si rialzò, scuotendo la testa e scrollandosi di dosso alcune schegge.
-Wow! Che volo, ragazzi!- esclamò, guardandosi la muta e passandoci le mani sopra –Quasi quasi mi faccio un altro giro…-
Si rese conto troppo tardi di essere circondato da pistole.
-Oh-oh…-
Era in mezzo ai magnati carboniferi, petroliferi e nucleari, che lo stavano osservando basiti, e le loro guardie del corpo, quelli con le pistole in mano.
Dalla padella (il cane) alla brace (i magnati), come si suole dire…
Fra i presenti, solo uno si fece avanti.
-Ah… Giorgio Guardiola…- mormorò Alfredo, tra il sorpreso e il divertito –Il sassofonista della Quarta Orchestra, se non sbaglio…-
-Beh… noto che la mia fama mi precede…- si vantò Giorgio, prima di svegliarsi e indicare l’uomo –Aspetta un attimo! Lei è Alfredo Nereo della compagnia Esagono! E c’è anche Matteo! Allora il giovanotto non aveva tutti i torti a sospettare di lei e di suo figlio! Ah, ah! Vi ho beccati!-
Si trovò nuovamente circondato da pistole, stavolta tutte intorno alla sua testa.
-O forse sarebbe meglio dire che voi avete beccato me…-
Gli altri tre membri della Quarta Orchestra erano riusciti a raggiungere l’entrata del magazzino.
Saverio notò una serratura e vi mise l’occhio, sgranandolo, successivamente.
-Merda, hanno preso Giorgio…- avvisò, facendo allarmare gli altri.
-E ora che facciamo?- domandò Luciano, nervoso.
-Non è ovvio?- disse Alberto, sicuro come uno stratega -Usiamo la testa.-
Bastarono pochi secondi per capire a cosa si stesse riferendo…
-MA PERCHE’ PROPRIO LA MIA TESTAAAAA?!- imprecò il pelato, mentre gli altri due lo usavano come ariete per sfondare la porta.
Erano indietreggiati di una ventina di passi per prendere meglio la rincorsa.
-CARICAAAA!!!- urlarono Saverio e Alberto.
Erano ormai vicini alla porta quando, improvvisamente, questa si aprì.
Non erano riusciti a sfondare la porta, ma almeno erano entrati nel magazzino. Soltanto che avevano preso troppa rincorsa per fermarsi subito; infatti, la testa di Luciano sfondò la finestra con vista sul mare e tutti e tre caddero nuovamente in acqua.
I presenti osservarono il tutto a dir poco confusi, mentre Giorgio sospirò, scuotendo la testa, deluso.
Rientrarono tutti e tre dalla porta, tre secondi dopo (e non chiedete come abbiano fatto), completamente bagnati.
-Non è che possiamo rifarlo?- domandò ingenuamente il riccio, mentre si toglieva l’acqua dalle orecchie –La prima volta è venuta un po’ male…-
Impallidì appena vide una pistola vicino alla sua tempia.
-Ok… come non detto…-
Vennero presi tutti e quattro per le braccia.
Il canuto sospirò di nuovo.
-Non sarò un esperto in salvataggi, ma questo mi è sembrato proprio fallito…- commentò, ricevendo uno sguardo minatorio da parte dei colleghi.
-Ma bene…- riprese Alfredo, con aria soddisfatta, mentre Matteo aveva la sua solita aria stoica –Di solito si dice “prendere due piccioni con una fava”, ma in questo caso potrei dire “prendere tre musicisti con un musicista”… La Quarta Orchestra al completo è qui dinnanzi a me. Salverini avrebbe dovuto uccidere sia voi che l’investigatorino, ieri. Ma avrò il piacere di farlo io stesso, con le mie mani. Sarà lento e doloroso…-
Quella rivelazione fece intimidire i quattro musicisti e stranire i colleghi.
No, la reazione di questi ultimi non era dovuta alla rivelazione: derivava piuttosto da uno strano odore che annusarono per aria. Un odore marcio, stantio, nauseante, come di guano.
Anche i Nereo assunsero un’aria disgustata.
-Oh, che cos’è questo odore?!- esclamò uno dei magnati presenti.
Fu Alberto a rispondere per i colleghi.
-Ehm… dovremo essere noi. Sapete, venendo qua ci siamo fatti una nuotata nei canali di scarico. Mi piace.-
“Mi piace.”
Alle orecchie dei presenti (comprese quelle degli altri musicisti) suonò strano e sospetto.
A chi piacerebbe, in fondo, nuotare in uno scarico?
L’anziano piegò la testa verso il colletto della muta.
-Mi piace.- ripeté, più scandito e con voce un pochino più alta.
Luciano, Saverio e Giorgio capirono: era il segnale per Ettore e la sua squadra di irrompere dentro il magazzino.
Infatti, questi, appena udito “Mi piace”, si tolse le cuffie.
-E’ il segnale!- annunciò ai poliziotti –Andiamo!-
Si erano posizionati nel retro del furgone, dove c’era abbastanza spazio per tutta la squadra. Il tenente cercò di aprire l’apertura posteriore, ma qualcosa la bloccava. Non riusciva nemmeno ad aprire un piccolo spiraglio.
Infatti, Francesco, facendo marcia indietro per parcheggiare, aveva battuto contro il palo su cui, poi, era salito per tagliare i fili.
Non è stato forse scritto della totale negazione dell’investigatore per la guida, dopotutto?
-Dev’essere bloccata! Aiutatemi!-
Niente, la portiera non si apriva.
Nel frattempo, Francesco era ancora appeso a testa in giù.
-Ettore? Ettore! Aiuto!-
Non poteva rimanere a testa in giù a lungo o sarebbe deceduto.
Tentò una mossa estrema: strinse le mani al palo e sciolse le gambe dalla posizione incrociata. Risultò una semi capriola per aria che lo fece scontrare contro il palo. L’urto quasi compromise le sue zone basse.
-Palo contro palo…- commentò, rimanendo stabile –Che dolore…-
Fatto stava ancora nessun cenno dei rinforzi.
La Quarta Orchestra era ancora nelle grinfie dei magnati.
-Perquisiteli.- ordinò Alfredo agli scagnozzi, che iniziarono a palpare le mute dei musicisti.
-Mi piace.- disse Giorgio, quando delle mani gli toccarono il torace.
Quella frase fece nuovamente basire i presenti. Non potevano sapere che era la parola d’ordine per dare il via libera alla polizia.
Non prima che uno degli scagnozzi riuscì a scorgere qualcosa dalla muta del canuto.
-Lui ha un microfono.-
-Anche lui.- aggiunsero gli altri tre, notando la stessa cosa nelle mute dei rimanenti tre musicisti.
Aprirono le quattro mute, mostrando tutto un impianto stereo che faceva versi strani, montato sopra un gilet, come un giubbotto esplosivo.
Nereo padre serrò le labbra: era stato scoperto, ma almeno doveva trovare un modo per sistemare i quattro intrusi.
-Legateli!- ordinò agli scagnozzi.
I giubbotti vennero strappati con un movimento secco, mettendo a nudo i loro petti.
I musicisti non poterono nemmeno muoversi che vennero subito legati, a coppie, su delle sedie, schiena contro schiena.
Della polizia ancora nessun segno. E i microfoni erano fuori uso.
Sarebbe stata la loro fine?
-Non la farai franca, Nereo!- esclamò Giorgio, con sicurezza, mentre Saverio veniva legato dietro di lui –Qualunque cosa si tratti…!-
I colleghi inclinarono le proprie teste in basso, dall’imbarazzo.
-Presto detto.- fu la risposta di Alfredo –Permettetemi, prima, di presentarvi alcune persone…-
Ad un singolo cenno, uno degli scagnozzi ricomparve, spingendo una persona su una sedia a rotelle.
I quattro musicisti sgranarono gli occhi appena scoprirono di chi si trattava.
-Naturalmente conoscete già Marco Auditore…-
Era illeso, ma ancora lievemente sotto shock. Non lo avevano torturato come temuto da Francesco, ma almeno era lì.
-Ma allora aveva ragione…!- mormorò Alberto, prima di urlare, sperando che i microfoni fossero ancora attivi –FRANCESCO, AVEVI RAGIONE! NON DOVEVO DUBITARE DI TE!-
Luciano sentì i propri timpani fracassati da quelle urla, a tal punto da dare una lieve gomitata di disapprovazione al collega (visto, anche, che erano legati l’uno dietro la schiena dell’altro).
-E, ieri, il vostro amichetto investigatore ha avuto il piacere di conoscere Vincenzo Arcattati…- proseguì Alfredo, indicando il sosia di Auditore, che si avvicinò ai musicisti su una stampella e un collare.
-Ma chi cazzo gliel’ha fatto fare…?!- gemette, percependo nuovamente i danni della sera prima.
Saverio sgranò gli occhi, impressionato più dei colleghi dalla notevole somiglianza tra i due. Si poteva quasi dire che fossero stati separati dalla nascita.
-E questi sono i coniugi Sestri.- un uomo e una donna di mezza età si misero accanto ad Alfredo –Ospiti di Torino venuti qui per il fine settimana.-
Nessuno dei presenti riuscì a comprendere il collegamento tra le persone citate, specie tra Auditore e il sosia con i coniugi.
-Stiamo andando al teatro dove si terrà la famosa conferenza…- continuò, prendendo un sigaro; si rivolse alle sue guardie del corpo –Voi, cercate Milanelli e catturatelo. Se loro sono qui, allora lo sarà anche lui. Fa’ in modo che non accada loro niente fino a quando non ritorno.- il suo tono si fece sempre più minaccioso –Poi… avrò il piacere di ucciderli… personalmente.-
Giorgio ricambiò lo sguardo minatorio.
-Il piacere è tutto nostro…-
Saverio, Luciano e Alberto, compresi gli altri presenti, rimasero straniti da quella frase. In realtà, l’aveva detta non tanto per mostrarsi impavido quanto non aveva nient’altro da dire.
Prima che uno di potesse dire altro, i quattro musicisti vennero imbavagliati, per evitare di urlare e farsi soccorrere.
-Ci vediamo dopo la conferenza, Quarta Orchestra…- li salutò Nereo, seguito dai magnati, uscendo dal magazzino.
Erano rimasti soli. Con Marco Auditore. E con una guardia del corpo, che, invece di osservarli, prese le cuffie, accese un computer e si collegò su Youtube.
Luciano si era messo a piangere, mugolando, da dietro il fazzoletto, qualcosa come: “Non voglio morire!” (e povero Alberto che se lo doveva sorbire…)
A causa di quanto era avvenuto il giorno prima, sembrava invecchiato di 10 anni. Se continuava così, rischiava di apparire un ultra centenario…
Erano tutti e quattro legati e imbavagliati. Auditore era con loro. I microfoni erano ormai fuori uso e della polizia o di Francesco neppure l’ombra.
Dovevano agire da soli.
Il membro più giovane si guardò intorno, cercando qualcosa per tagliare la corda che legava il suo polso a quello del fratello.
Non trovò niente di appuntito. Solo uno scaffale, uno in metallo. Gli angoli erano smussati, ma ogni cosa si poteva rompere se strofinata più volte su una superficie di qualunque tipo, purché non fosse liscia.
La stessa cosa poteva valere per la corda. O no?
Tanto valeva tentare. Sempre meglio che rimanere lì fermi, legati come salami, sperando che arrivassero i soccorsi.
Persino le sue caviglie erano state legate, alle gambe della sedia. Doveva saltellare o procedere in punta di piedi, per arrivare allo scaffale.
Poi, guardò indietro: avrebbe preferito farsi legare con Alberto, piuttosto che con Saverio.
Non ebbe altra scelta.
“Saverio?” biascicò, dietro il bavaglio.
L’uomo si voltò, sapendo, in un modo o nell’altro, che il fratello si stava rivolgendo a lui.
“Sì?”
Altri mugolii, accompagnati da movimenti della testa. Ma, tuttavia, incomprensibili.
“Eh?” fece Saverio, confuso.
Giorgio sapeva che era meglio a farsi che a dirsi, quindi non mugolò oltre. Non col fratello, almeno.
Provò a parlare con Auditore.
“Professore?”
“Eh?”
“La porteremo fuori di qui.”
Non sapeva se avesse capito, ma almeno lo aveva detto.
Saltellò su un lato, facendo prendere un colpo a chi aveva dietro.
“Che stai facendo?!” si lamentò.
Giorgio non parlò; colpì il cranio del fratello col suo, di proposito, facendo rivolgere la sua attenzione allo scaffale.
Saverio non capì molto, ma seguì ugualmente il minore nei suoi saltelli. Rivolgevano spesso occhiate alla guardia del corpo incaricata di sorvegliarli, ma, fortunatamente, era intento a ridacchiare di fronte al computer, ignorandoli completamente.
Luciano e Alberto, intanto, osservavano i Guardiola con aria curiosa, lo stesso Auditore.
I saltelli erano in diagonale, in direzione dello scaffale. La corda su cui erano legati i loro polsi (Giorgio il destro e Saverio il sinistro) toccò qualcosa di duro.
Bingo.
Era un angolo dello scaffale. Era smussato, ma meglio di niente.
I fratelli, per una volta, pensarono alla medesima cosa: strusciarono la corda contro l’angolo, premendola contro di esso, per tagliarla.
Ma, come scritto prima, era un angolo smussato, non era, per esempio, un frammento di vetro o un angolo appuntito. Sapevano ci avrebbero messo più tempo per liberarsi.
Ma lo scaffale non era molto solido: infatti, ai movimenti dei Guardiola, si muoveva, ondeggiando.
Degli oggetti, nel ripiano più alto cominciarono a muoversi, avvicinandosi al bordo, per poi cadere.
Auditore era stato messo proprio sotto di essi: il primo oggetto che ricevette sulla testa, fu una mazza da baseball. Rimase stordito per un attimo, prima di scuotere la testa e rivedere tutto chiaro.
Alberto, essendo quello rivolto verso i due colleghi, era curioso di sapere cosa avessero in mente. Quando lo scoprì, sgranò gli occhi, muovendosi in modo strano, come per dire loro di smettere. Luciano stava continuando a piagnucolare.
Ma Giorgio e Saverio non videro e non ascoltarono niente: erano concentrati sul loro lavoro. Non diedero neppure uno sguardo alla guardia del corpo, che aveva lo sguardo fisso verso il computer, mentre il loro lo era sulle corde.
Non sentirono nemmeno i lamenti di Marco Auditore, mentre altri oggetti finirono sulla sua testa: delle palle da baseball, delle palline da biliardo, dei ferri di cavallo, dei birilli da bowling, a seguire la propria palla. Sorprendente il fatto che non avesse ancora perduto i sensi, vero?
Le corde si stavano tagliando, anche se piano piano: lo sfregamento, allora, funzionava.
Altra roba finì sulla testa del climatologo: olio motore (e quanta roba c’era lì sopra?!) da una tanica caduta sul bordo della mensola, proprio dove c’era la bocca, che lo sporcò completamente, e dei pezzi di polistirolo caduti da una scatola.
Se al posto dei musicisti ci fosse stato Francesco e avesse fatto la stessa cosa, Marco avrebbe fatto la faccia da: “E lui sarebbe il ragazzo che dovrebbe salvarmi…?”. Un po’ lo pensò anche nei loro confronti.
Alberto continuava a comunicare ai due colleghi di smetterla, invano.
Infatti, era già troppo tardi: l’ultimo oggetto a cadere sulla testa di Auditore fu un’incudine, che gli provocò la perdita dei sensi.
Il più anziano sospirò, da dietro il fazzoletto, abbassando la testa, pensando: “Deficienti…”
Pochi secondi dopo, il miracolo: dei poliziotti, con le pistole puntate in avanti, si presentarono di fronte alla finestra, la stessa che Saverio, Luciano e Alberto avevano sfondato, involontariamente, per salvare Giorgio.
-Mani in alto!-
La guardia si alzò in piedi, con le mani in alto.
Dall’entrata principale entrarono il resto dei poliziotti, preceduti da Ettore e Francesco.
-Che nessuno si muova!- esclamò il primo, con la pistola in mano.
Erano finalmente usciti dal furgone (dopo la botta ricevuta, infatti, l’investigatore era nuovamente entrato nel furgone, spostandolo più avanti, facendo uscire i poliziotti), per salvare Auditore e i musicisti.
Il pelato smise di piangere, ed esultò, quasi saltellando, facendo venire il mal di mare a chi era legato dietro di lui.
La guardia venne bloccata, mentre i musicisti venivano slegati dai poliziotti.
-State bene, ragazzi?- domandò l’investigatore, preoccupato.
I quattro uomini ripresero fiato dalla bocca.
-Sì, ci siamo solo spaventati…- rispose Giorgio, sistemandosi i capelli –Ma stiamo bene…-
Venne annusato un odore strano per aria. Non era più l’odore di fogna che era sulle mute dei musicisti.
-Cos’è questo odore…?-
-Stavolta non siamo noi, Francesco…-
Era ammoniaca.
E un liquido giallo sospetto ne diede la conferma.
Seguirono la scia, scovando il colpevole.
-Ehm…- disse questi, imbarazzato.
-LUCIANO!!!-
Ettore assunse uno sguardo disgustato.
-Che schifo…- poi rivolse la sua attenzione ad Auditore, che stava lentamente riprendendo i sensi; si allarmò a vederlo in quello stato –Buon Dio! Professor Auditore, sta bene?!-
Anche Francesco si avvicinò a lui, dello stesso umore del cugino.
-Lieto di vedere che sta bene. Sua nipote è preoccupata per lei.-
-A…- fu l’unica parola che uscì dalla bocca dell’uomo, appena privato del bavaglio.
-Chi è stato a ridurla così?- continuò il tenente, preoccupato.
-E…-
L’investigatore notò un oggetto sospetto per terra, un birillo da bowling, che prese, guardandolo incuriosito.
Poi osservò i quattro musicisti, nello stesso modo.
Giorgio e Saverio si guardarono intorno: con loro c’era solo la guardia, ma era sempre rimasta davanti al computer, quindi non poteva averlo fatto lui. Poi si ricordarono cosa stavano facendo, prima dell’arrivo dei poliziotti e da lì si resero conto di essere stati loro a ridurre il climatologo in quello stato, sebbene a loro insaputa. E lo sguardo deluso di Alberto ne diede la conferma. Si imbarazzarono entrambi, facendo un passo indietro.
-Voi! Controllate che non ci sia nessuno nei paraggi!- ordinò il tenente, ad un paio di poliziotti lì vicino.
-I…-
-No, professore, non si sforzi a parlare…-
-O…-
-Qualcuno lo porti via, e gli dia una bella ripulita per stasera!-
Altri due poliziotti lo raggiunsero ed eseguirono i suoi ordini; per fortuna Marco Auditore era stato messo su una sedia a rotelle, così risultò più facile portarlo via.
-U…- disse questi, mentre veniva portato via, senza aver avuto modo di colpevolizzare i musicisti.
Francesco stava per rivelarlo al posto suo, ma Ettore venne improvvisamente avvolto dall’ira; e quando si arrabbiava non ascoltava più nessuno. Osservò l’uomo che credeva colpevole.
-Non posso sopportare le canaglie come te che si approfittano delle persone indifese…- sibilò, avvicinandosi alla guardia del corpo, che si mostrò completamente confuso di fronte a quelle accuse –I rifiuti come te mi fanno vomitare! E va bene!- si privò del distintivo, delle proprie pistole, della giacca, della cravatta, persino della propria camicia e canottiera, e anche di un reggiseno a pizzo che gettò a terra (con sguardo sorpreso dei presenti; Saverio lo raccolse, per vederlo da vicino), mostrando il fisico muscoloso, prima di mettersi in posizione da lottatore di boxe –Ora sono il Signor Uno Qualunque! Eccoci qui! Io e te, faccia a faccia! Ti faccio vedere io cosa succede a farmi incazzare, pezzo di merda!-
Da lì, le botte. I colpi erano così forti che si potevano udire anche fuori dal magazzino.
Saverio e Luciano si coprirono gli occhi, esclamando: -Non posso guardare!- mentre Giorgio e Alberto strinsero i denti, con aria preoccupata.
Anche Francesco fece una faccia strana, come se fosse stato lui il destinatario dei colpi.
Ad un certo punto, fece uno strano movimento con la mano.
-Va bene! Va bene! Basta così, ne ha avuto abbastanza!- esclamò, ponendo fine all’incontro.
I piedi, saltellando con aria trionfante, stava la guardia del corpo, di fronte ad un Ettore privo di sensi.
-Qualcuno porti il tenente via di lì…- ordinò il giovane, provando imbarazzo per il cugino. Troppi spari e pochi scontri corpo a corpo… -Dobbiamo tornare subito a Rieti! Avvertirò Lisa dell’accaduto. Saremo a teatro entro stasera.-
Poi osservò i quattro musicisti, con aria disgustata.
-E per Dio, tiratevi su quelle zip!- infatti, avevano tutti e quattro la muta ancora aperta fino all’ombelico –Siete uno spettacolo disgustoso!-
Come risposta, fecero un verso di diniego, mentre si tiravano su le zip.
   
 
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