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Autore: wolfymozart    26/07/2017    1 recensioni
Sullo sfondo delle prime rivolte contadine antifeudali, si snoda la vicenda che ha per protagonisti Anna e Antonio. Come i rivoltosi si ribellano alle ingiustizie della società del tempo, allo stesso i due protagonisti, sono alle prese con una personale rivolta contro i propri destini segnati dagli errori, dalle incomprensioni e dalle scelte avventate del passato. La giustizia riuscirà a trionfare o prevarrà l'arroganza della sorte?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Ristori, Antonio Ceppi, Elisa Scalzi, Emilia Radicati
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Le guardie, agli ordini del capitano, sollecitato alquanto sgarbatamente dallo stesso Alvise, fecero irruzione nel chiostro del monastero. Fu allora che avvenne un fatto insolito. L’abate, dando prova di grande coraggio, gridò con la voce più forte che poté uscirgli dalla gola: - No! Questo non v’è permesso! Non voglio uomini armati qui dentro! Si tratta di oltraggio ad un luogo sacro! – per lo sforzo e per la tensione il povero abatino aveva preso a tremare da capo a piedi; il capitano, a quell’affermazione tanto perentoria quanto inaspettata, si fermò e richiamò indietro le guardie.
- Che storia è mai questa?! Vi fate forse degli scrupoli, capitano? – domandò contrariato Alvise.
-  Non è consentito violare un luogo sacro. Non senza il consenso di Sua Maestà o del governatore -
- Dannato abate! – sibilò Alvise – Stando così le cose, la farò io la giustizia! La farò io! –
 Quindi si portò al centro del cortile del chiostro e chiamò a gran voce:
 - Dottor Ceppi, so che siete lì dentro. So anche che state nascondendo dei ribelli: la vostra posizione è compromessa. Perciò vi do un consiglio da amico: arrendetevi, consegnatevi alla giustizia!–
La voce tonante di Alvise, nel silenzio generale, dal chiostro principale si propagò fin nelle celle dei monaci dove quel momento si trovavano i feriti.
Antonio era così assorto dalle cure che stava prestando ai suoi pazienti che non si era nemmeno accorto del parapiglia avvenuto nel cortile del monastero, del fatto che il governatore avesse fatto sgomberare la chiesa, dell’arrivo di Alvise, delle urla dell’abate. Quella mattina aveva messo tutto se stesso nel proprio lavoro, non avrebbe per nulla al mondo permesso che si ripetesse quanto era avvenuto la notte precedente: avrebbe lottato fino all’ultimo per strappare i suoi pazienti più gravi alla morte. Udì le urla provenienti dal chiostro e riconobbe la voce di Alvise. Che cosa poteva mai volere da lui? Non era suo mezzadro, non era suo dipendente né uno dei suoi servi. Ogni pretesa su di lui sarebbe stata illegittima: il marchese Radicati non era né il governatore, né Sua Maestà, non poteva arrogarsi diritti che non gli spettavano.
Proseguì quindi nella sua attività senza prestare attenzione a nient’altro. Riandava spesso con la mente, quella mattina, alle parole che Anna gli aveva rivolto la notte precedente: aveva sempre creduto che le interessasse ben poco del suo lavoro. Credeva che quasi disprezzasse il suo impegno a servizio dei popolani più poveri, che lo ritenesse umiliante, indegno. Ma non era così. Si era sbagliato di nuovo su di lei, l’aveva giudicata troppo superficialmente. E lei non era certo una donna superficiale. Anna lo considerava il medico migliore che avesse mai conosciuto e non soltanto per la sua perizia, ma soprattutto per la sua umanità: ciò voleva dire che aveva colto appieno il significato profondo della sua vocazione, della sua missione. E questa scoperta lo rendeva più che mai fiero e traboccante di voglia di fare.
- Vi dimostrate per quello che siete, un vigliacco! I vostri beniamini sono già incatenati, presto saranno giustiziati. E voi? Ve ne state al riparo? Che vergogna, che infamia! – lo rintuzzò Alvise urlando a squarciagola con tutto il disprezzo che aveva in corpo.
– Alvise, calmatevi, di grazia! Ci troviamo pur sempre in un luogo sacro! – finse di rimproveralo Betta.
– E quando mai vi è importato qualcosa di monaci e frati? –  le rinfacciò Alvise, accorgendosi però subito della gaffe:- Oh, certamente non volevo offendere vostra sorella, quella santissima donna! –
 
– Che cosa vogliono da voi, dottore? – un ragazzo gli si fece vicino appoggiandosi ad una gruccia.
– Non ho la minima idea, e non mi importa nulla di saperlo. Non vedo il motivo per cui debba cedere alle provocazioni di quell’uomo…- Antonio si sforzò di apparire noncurante, ma, dentro di sé, incominciava a temere per sé e per i feriti. Concedere a quell’uomo di entrare nel chiostro ad urlare minacce? L’abate li aveva forse traditi? Voleva consegnarli tutti quanti? Anna l’aveva messo in guardia la notte precedente, ma lui non aveva dato peso alle sue parole, non le aveva quasi neppure ascoltate, tanta era la gioia di rivederla. Aveva paura, gli aveva detto, e, forse, ne aveva tutte le ragioni.
-Avete i minuti contati. I miei uomini verranno presto a prendervi, ma per la reputazione di grande medico di cui godete presso i vostri pazienti cenciosi, sarebbe meglio che usciste voi stesso allo scoperto. O volete mostrarvi per l’infame che siete? – tuonò nuovamente.
Antonio aveva compreso il suo gioco e non voleva cadere nella trama che gli stava tessendo intorno, quindi non fece un passo. Alcuni istanti di silenzio: la situazione sembrava essersi placata. Poi uno sparo squarciò l’aria, facendo sobbalzare Ceppi.
-Sentito, dottore? Ascoltate meglio! –e un secondo sparò riecheggiò fra le antiche mura del chiostro – Se non vi consegnerete, i colpi che restano saranno riservati ai vostri beniamini! Tre colpi, uno per ciascuno. Dritti dritti alle loro tempie. –
Uno dei suoi soliti ricatti, una minaccia vile, degna di lui: la vita di tre dei mezzadri arrestati in cambio di lui. Arrogante, subdolo, meschino come suo solito, Alvise aveva trovato la via per metterlo con le spalle al muro. Lo conosceva meglio di quanto desse a vedere ed era sicuro che Antonio avrebbe ceduto pur di salvare la vita dei tre.
Ma la scelta che gli si prospettava non era per nulla facile: se si fosse consegnato nelle mani di Alvise, forse non avrebbe più potuto rivedere Anna, l’avrebbe persa, forse per sempre. Dimmi che non lascerai che i tuoi ideali ci separino di nuovo. Non poteva rischiare, non ora che glielo aveva promesso, doveva restare al sicuro, non per sé, ma per lei.
Senza tregua urla sguaiate, insulti, minacce, mescolati a esclamazioni di dolore giungevano dal chiostro.
-Inizia il conto, dottore! Vi do tempo fino al dieci… –
Ma non c’erano soltanto le ragioni di Anna. Come avrebbe potuto consentire che degli innocenti, colpevoli soltanto di essersi ribellati ai soprusi e alle ingiustizie, fossero ammazzati al posto suo perché lui non aveva il coraggio di consegnarsi? Se avesse assecondato i suoi desideri, se avesse seguito quanto gli diceva il cuore, che razza di uomo sarebbe stato? I rimorsi non gli avrebbero più dato tregua, l’avrebbero perseguitato fin dentro alla tomba. Ma il ricordo di Anna non lo lasciava nemmeno per un istante: - Tornerò presto da te- era stata la sua promessa, prima di scomparire dentro la carrozza. E come avrebbe fatto a tornare da lui, se fosse finito sottoterra o incatenato nelle segrete del palazzo? Il ricordo di quella notte, le promesse, le lacrime, i baci. Tutto questo gli affollava la mente e lo tratteneva ben saldo alla vita, con i piedi inchiodati a terra, incapace di fare un passo in direzione del chiostro.
-Uno! – un grido rimbombò per i porticati.
L’abate sollevò le mani al cielo.
- Due!
- In nome di Dio, fermatevi, marchese! Non lascerò che uccidiate dei cristiani in questo luogo consacrato! -
Ma Alvise non perse il conto- Tre! – poi lo zittì in malo modo: -State zitto, padre! Questa faccenda non vi riguarda! Pensate piuttosto alle vostre orazioni! –
- Oh Alvise, per cortesia! – implorò Betta con le mani alla bocca. Un’espressione seriosa, insolita per lei, aveva scalzato dal suo bel visetto l’aria da oca giuliva.
- Quattro! - Di nuovo quella conta odiosa.
Promettimi che non mi lascerai mai.
- Cinque! –
Mai, Anna, mai, te lo prometto, te lo giuro!
-Sei!-
Abbi cura di Emilia. Un’altra promessa che rischiava di non poter mantenere. Nascose il viso tra le mani, cercando di tapparsi le orecchie ma nella sua testa risuonavano le parole di Alvise: non siete altro che un vigliacco!
- Non vi sentite bene, dottore? – domandò il ragazzo con la gruccia.
E di nuovo dal chiostro la voce di Alvise scandì implacabile:
- Sette!
- Non posso permetterglielo! –  si riscosse tutt’un tratto Antonio.
- Otto! -
- Che significa? – lo interrogò il giovane
Per tutta risposta, Antonio scaraventò a terra con rabbia il panno che teneva tra le mani, fece un largo respiro e si diresse verso il chiostro: avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per non doverlo fare, per poter pensare soltanto a quando avrebbe potuto rivedere Anna. Ma la coscienza gli suggeriva che ciò che l’avrebbe reso felice non era però la cosa giusta da fare.
-Nove! –
-Mi cercavate, marchese?  – domandò guadagnando il chiostro con il passo più sicuro che poté tenere, le maniche della camicia rimboccate, lo sguardo interrogativo, quasi sorpreso.
   
 
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