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Autore: Arikiot    27/07/2017    1 recensioni
Prese un lungo respiro, per calmarsi e non parlare con la voce rotta dal pianto. " Una persona vestita di nero, incappucciata, mi portò fino alla Sala della Sfera, forzandomi a sbloccarla. Una volta dentro, mi pugnalò con il mio spillo per i capelli, al… "
"Cuore? "
" …Come fai a saperlo? "
" Non si spiegherebbe in altro modo, allora, il tuo cambiamento. "
" Cambiamento…? "
" Oh, non ti sei vista? " Il ragazzo prese dal tavolo uno specchietto che aveva lasciato Olette. " Tieni. "
Lei lo aprì, per guardarsi in faccia : gli occhi da azzurri divennero di un verde acceso e i suoi lunghi capelli biondi ora erano rossi come il sangue
" Cosa….Cosa mi è successo? "
" Non ne sono sicuro ma ora sei un Nessuno. "
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Riku, Sora, Un po' tutti, Xehanort, Young Xehanort
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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<< Mi prendi in giro, Riku? Non sei divertente. >>
<< Sora! >> gli gridò  << Io non scherzo su queste cose. >>
Sora, realizzando la situazione e pensando a cosa comportasse e significasse un Mondo distrutto dopo due anni di pace, si allarmò. << Cosa vogliamo fare? >>
<< Prima di tutto. >> Riku fece un respiro profondo. << Calma. Lo so che non è un buon momento per dirlo ma se agiamo d’impulso non ne ricaviamo nulla di buono. >> E guardò la bussola, che continuava a muoversi.
<< Già. >> annuì l’altro.
<< Di sicuro, il Re l’avrà già saputo, strano però che non ci abbia ancora contattati. Se Silver Alcazar è andato distrutto, tutto l’ordine dell’Universo è in pericolo. Quel Mondo ha creato il concetto di guarigione e protezione, alla base delle Serrature c’è la gente di quel mondo, che tanti anni fa insegnò a tutta la gente dell’Universo a costruire una barriera contro i pericoli. Le Serrature che tu hai chiuso non erano altro che barriere create da loro, che tempo fa crearono il concetto di magia, quella che permette alle Serrature di esistere. >> spiegò Riku.
<< Ohh, interessante. >> Sora si portò una mano al mento. << Strano però che non ne abbia mai sentito parlare. >>
<< E’ un Mondo ai confini dell’Universo, non compare nemmeno su alcune mappe. Io ci sono andato grazie ai poteri dell’Oscurità ma non potevo fare molto, la loro barriera è talmente alta che comparivo come un fantasma alla loro gente e non potevo interagire con nulla. In breve, puoi guardarla e visitarla ma come dietro una finestra, se non chiedi il permesso. Magari non te ne hanno parlato per farti concentrare sulle tue missioni o per volere stesso degli Argentei che non vogliono troppi visitatori. >>
<< Mhhh. Che facciamo, Riku ? >>
<< Ascoltami, tu tieni questa. >> Riku gli ridiede la bussola. << E anche se è difficile, andiamo a dormire. Domani mattina, di sicuro, avremo notizie del Re. >>
<< Già, anche se volessimo, ora come ora, non potremmo fare molto. >>
<< Esatto. Torniamo a casa, mettiamo la sveglia presto e valuteremo la situazione. >>
<< D’accordo. Buonanotte. >>
<< ‘Notte. >>
Sora, quella notte, si addormentò tenendo tra le mani la bussola; il suo tintinnare stranamente gli conciliò il sonno.

<< TRENO IN ARRIVO ALLA STAZIONE CENTRALE. ALLONTANARSI DAI BINARI >>
Quella voce robotica e il freddo dell’asfalto dov’era stesa erano le uniche cose che poteva distinguere. I suoi sensi, piano a piano, si rifacevano vivi.
“ Dove…?”
Gli occhi le facevano male ma tentò di aprirli anche se tutto ciò che vedeva erano fumo e ombre.
<< Ehi, ci sei? >> chiese una voce maschile.
<< Hayner, sei il solito rozzo! >> la rimproverò una femminile, per poi rivolgersi a lei. << Chi sei? >>
Dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, riuscì a vedere due ragazzi e una ragazza che la fissarono. Presa dalla paura scattò in piedi, ma un’improvvisa debolezza le fece cedere le ginocchia.
<< Oh no no, calma. >> La ragazza parlò ancora, sorridendo. << Riesci a capirci? >>
<< S-sì. >> L’unica parola che riuscì a dire, spinta dalla paura che dal voler comunicare. << Chi siete? >>
Non sentendo una grande minaccia in loro, decise di non evocare arco e frecce, ma non era perfettamente a suo agio.
<< Hayner. Pence. Olette >> Un ragazzo robusto introdusse i suoi amici, indicandoli con le dita. << Non sei di qui, vero? >>
<< N-no. >>
<< Già, si nota dal tuo aspetto. >>
Lei si guardò dai piedi fino al busto e le braccia : un vestito nero, con le maniche larghe, la gonna fino al ginocchio e tanti piccoli dettagli azzurri ai bordi la ricopriva. Le scarpe erano nere fino a metà polpaccio, con le stringhe accuratamente legate.
Con la coda dell’occhio vide un’ombra rossa ma non ci fece troppo caso.
Non avendo la più pallida idea di chi fosse, di cosa ci facesse lì e come ci era arrivata, aspettò che uno dei tre ragazzi cominciò a parlare.
<< Non possiamo lasciarla qui, Hayner. >>  Olette gli rivolse uno sguardo preoccupato. << Non è la prima volta che aiutiamo qualcuno. >>
<< Mhhhh. >> L’altro ragazzo, più muscoloso e coi capelli chiari, pensò. << Già. >> per poi riportare il suo sguardo sulla strana ragazza davanti a sé.
<< Ti va di venire con noi? >>
<< Venire? Dove ? >>
<< Abbiamo un ritrovo ! >>  Le rispose Pence, sorridendo. << Nessuno sa dov’è, ci andiamo solo noi da anni, ormai è la nostra seconda casa. >>
<< Uh, va bene… credo. >>
Il ritrovo dei tre ragazzi era composto di un divano rattoppato, un vecchio tavolo con sopra un lenzuolo a mo’ di tovaglia, un mucchio di scatole in un angolo e vari oggetti personali sparsi sul pavimento e su altre scatole che facevano da scaffali.
Un telo che copriva il cancello d’entrata fungeva da porta e la luce veniva da una grata sul soffitto, per qualche strano motivo, le sembrò tutto malinconico.
<< Oh, non ti abbiamo chiesto la cosa più importante. >> Olette le si avvicinò. Osservò il suo semplice abbigliamento formato da una canotta arancione con dei fiori e dei pantaloni color sabbia e anche se non era abituata a questo stile, la trovava molto carina. << Come ti chiami? >>
<< Già ! >> Pence finì di fare ordine sul tavolo. << Qual è il tuo nome ? >>
<< Io mi chiamo… >>
Come si chiamava? Chi era? Una punta accesa e dolorosa le attraversò la testa, forzandola a tenerla con le mani. Un flash di un ricordo, poi un altro e un altro ancora, la mandarono in confusione, fino ad accasciarsi a terra. Hayner, Pence e Olette corsero ad aiutarla e una volta passato il momento di confusione, la fecero sedere sul divano.
<< Io non…non lo so. Non mi ricordo, scusate. >> In quel momento non voleva fare altro che piangere, ma la sua tristezza era solo nella voce.
<< Figurati, scusaci tu. Forse ti devi ancora riprendere e magari siamo troppo insistenti.  Ti va qualcosa da bere? >>
<< Sì, grazie, ho la gola secca. >>
Pence le diede un bicchiere pieno d’acqua, che iniziò subito a bere. Man mano che si rinfrescava, il suo sguardo vagava per tutto il ritrovo, osservandone ogni particolare e, incuriosita da un volantino appiccicato a una parete, si alzò.
<< Crepu..scopoli? >> lesse.
<< Sì, la nostra città. Ora tu sei a Crepuscopoli. >>
<< Bel nome, mi piace. >> Dai volantini, lo sguardo si spostò su alcune foto in cui riconosceva i tre ragazzi, tranne uno.
<< Chi è questo ragazzo? Un vostro amico? >> Non sapeva trattenersi, alla vista di tutti quei pezzi di vita, voleva saperne di più.
<< Oh, sì, Roxas. E’ da un po’ che non viene a trovarci. Ad essere onesti, ogni tanto ci manca. >> Un sorriso triste si dipinse sui volti di tutti e tre. << Sono sicuro che anche tu, da qualche parte, hai degli amici. >>
Amici? Quella sensazione le era familiare, prese un sorso d’acqua. << Sì, spero. >>
Si sentiva strana : ricordava certe sensazioni, il significato di alcune parole ma non il suo nome, la sua origine, nemmeno come era arrivata in un posto sconosciuto. O forse ci era sempre stata? Le sembrava di stare dentro una bolla che non si poteva scoppiare e tutti quegli oggetti, pieni di personalità e vita, la incuriosivano; se ne sentiva attratta.
La sera arrivò presto da domande, curiosità e fatti buffi e interessanti sulla città di Crepuscopoli al contrario del nome che implicava che il sole non calasse mai.
I tre amici erano preoccupati. << Vuoi restare qui? >>
Non sapeva come rispondere, aveva un altro posto dove andare?
<< Solo per una sera, per favore. Vi prometto che domani cercherò un modo per andare via e vi ripagherò per l’aiuto. >>
Non era stata lei a parlare, ma la voce era la sua. Qualcosa, nella sua testa, le disse di dire quell’intera frase, nonostante avesse appena saputo dove si trovava, perché dava per scontato che se ne sarebbe già andata?
<< Gli aiuti non hanno costo, tranquilla. >> Hayner si alzò dal divano. << Puoi dormire qua stanotte. >>
<< Vi ringrazio, dal profondo del… >> Una pausa. <<….cuore? >>
Olette le sorrise. << Non ti preoccupare. Se hai bisogno di noi basta chiamarci, non viviamo lontani da qui. >>
Dopo averli salutati, lei si stese sul divano, a guardare il cielo attraverso la grata, pensando a sé.
“ Non appena mi hanno chiesto il nome mi sono sentita molto triste. Perché ? “
Involontariamente prese a giocare con le sue mani, immaginando al posto delle dita delle persone, con cui creava dei dialoghi tra sé e sé. “Amici? Davvero?”
Chiuse gli occhi, sospirò. “Un vuoto di memoria? Può darsi che io sappia chi sia, solamente non ricordo. “ si rassicurò.
“Forse sono solo stanca, meglio riposarsi. “

Fu un grosso tonfo a svegliarla nel cuore della notte, un tonfo che fece tremare la grata e la struttura che la reggeva.
D’istinto balzò dal divano ma non riuscì a vedere cosa accadeva davanti a lei a causa del buio e l’origine del rumore si confondeva con la notte.
Non avendo una fonte di luce vicina, evocò l’arco assieme a una freccia, la cui punta, al buio, brillava e si fece strada nei pochi metri che componevano il ritrovo  con quella.
Cercò di allungarla più avanti che potesse, illuminando un’arma che le era puntata addosso.
<< Chi sei? >> chiese alla persona che le puntava quella che sembrava essere una spada.
L’arma si abbassò e sentì dei passi sempre più vicini.
<< Non ti avvicinare! >>
La figura si avvicinò fino a sfiorare con il naso la punta della sua freccia.
<< Sei tu l’Argentea? >> disse.
<< Eh? >>
<< Non ti voglio fare del male, tranquilla. Rispondi. >>
<< Non so di che parli. >>
Uno schiocco di dita, dal nulla comparve una palla di fuoco che illuminava la stanza e i tratti della figura si fecero più nitidi :
un ragazzo dai capelli grigi, alto e con delle braccia robuste teneva in mano quella che poco fa era la spada che le era puntata addosso.
Sfogliò un libricino che teneva in mano, togliendo dalle sue pagine una foto, la osservò.
<< Mhh. >> Il ragazzo si grattò la testa. << Posso farti una domanda stupida? >>
Quella domanda, stranamente, la mise a suo agio; la parlata di quel ragazzo la rassicurava. << C-certo? >> Non sapeva come rispondere.
<< Recentemente ti sei tinta i capelli ? >>
Ma che domanda era?
<< A-ah? Scusami? >>
<< Metto le cose in chiaro fin da subito : mi hanno mandato a cercarti, qui ho una tua foto ma non somigli per nulla alla ragazza che c’è qui. >>
<< Scusa… >> gli si avvicinò << Posso vederla? >>
Quella foto ritraeva tre ragazzi sorridenti : alla sinistra una ragazza dai capelli scuri, gli occhi chiari e un sorriso solare, al centro una ragazza bionda in abiti raffinati che timidamente sorrideva all’obbiettivo, sulla destra un ragazzo dalla pelle abbronzata faceva il segno della vittoria. Sembravano tutti e tre grandi…
<< Amici. >> l’unica parola che riuscì a dire.
<< Li riconosci? >>
Quei flash ritornarono ma stavolta, dal dolore, dovette stringere i denti e appoggiarsi a una parete per sopportare il tutto, come poteva una semplice foto farle provare tanto dolore?
I flash scomparvero all’improvviso, lasciandola col fiato corto e delle lacrime sul viso.
Il ragazzo non sembrava sorpreso, come se fosse abituato a certe scene.
<< Allora? >> le chiese.
<< Mirica. Ewyan. >>
<< E la ragazza in mezzo? >>
<< Sono io. >> Non ce la fece, scoppiò a piangere. << Il mio Regno! E’ andato in pezzi ! >>
<< Calma, calma, per favore. >> Il ragazzo non sapeva cosa fare, sembrava quasi a disagio. << Sono qui per aiutarti proprio per questo motivo. >>
La ragazza alzò lo sguardo, incrociando i suoi occhi azzurri. << Davvero? >>
<< Sì, è la mia missione. Anche se voglio farti un paio di domande, per rendere il tutto più facile. >>
Si asciugò le lacrime tirandosi  la manica del vestito. << S-sì, dimmi. >>
<< Cosa ricordi del momento della distruzione? >>
Prese un lungo respiro, per calmarsi e non parlare con la voce rotta dal pianto. << Una persona vestita di nero, incappucciata, mi portò fino alla Sala della Sfera, forzandomi a sbloccarla. Una volta dentro, mi pugnalò con il mio spillo per i capelli, al… >>
<< Cuore? >>
<< …Come fai a saperlo? >>
<< Non si spiegherebbe in altro modo, allora, il tuo cambiamento. >>
<< Cambiamento…? >>>
<< Oh, non ti sei vista? >> Il ragazzo prese dal tavolo uno specchietto che aveva lasciato Olette. << Tieni. >>
Lei lo aprì, per guardarsi in faccia : gli occhi da azzurri divennero di un verde acceso e i suoi lunghi capelli biondi ora erano rossi come il sangue
<< Cosa….Cosa mi è successo? >>
<< Non ne sono sicuro ma ora sei un Nessuno. >>

 
  
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