Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: heliodor    27/07/2017    3 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Piano di battaglia

Il giorno dopo si svegliò presto e attese l'arrivo di Adrien e della colazione.
Quando la porta si aprì, comparve al suo posto Roge.
"Come stai?" le chiese suo fratello.
Non era solo. Con lui c'era Wena.
Joyce non rispose.
Roge sospirò. "Wena, ci lasci soli per cinque minuti?"
La strega fece spallucce e se ne andò.
"Lo so che sei arrabbiata con me..." iniziò a dire Roge.
Joyce sentì la rabbia montare e poi straripare come un fiume in piena. "Arrabbiata?" gridò. "Sono infuriata. Come hai potuto farmi una cosa del genere? Mi hai fatto rapire da quella strega odiosa e portare su quest'isola. Sono rinchiusa qui dentro da giorni senza poter uscire e..."
Roge ascoltò in silenzio il suo sfogo, poi disse: "Lo sto facendo anche per te."
Joyce non riusciva a credere alle sue orecchie. "Per me?"
"Tenendoti qui, per il momento non devi sposare l'erede di Taloras. Inoltre, se la guerra finirà presto, potrai sposare Vyncent."
"Ti ho già detto di non nominarlo."
"D'accordo" disse lui spazientito. "Dopo la guerra farai ciò che vuoi, ma per il momento resti qui. Si tratta di attendere altri due o tre giorni, poi ti riporteremo a casa."
"Mi staranno cercando."
Roge scosse la testa. "In verità, tutti sono convinti che tu sia in viaggio per Taloras. Papà è partito per il fronte e ha lasciato la mamma al comando. Io sono ufficialmente in missione per il circolo e nessuno sospetta minimamente cosa stia per accadere. Vedi, Malag ha spie ovunque e la segretezza è assolutamente necessaria per far funzionare il piano."
"È assurdo."
"Diventeremo degli eroi. Persino tu sarai ricordata come la persona che ha aiutato a far terminare questa guerra."
Joyce non si era mai sentita così debole e disperata. Per un attimo ebbe l'impulso di colpire il fratello con un dardo magico, ma lo represse. Non sarebbe servito a niente e avrebbe ridotto ancor di più le sue possibilità di sopravvivere e rivedere Vyncent.
"Due giorni, Joyce" disse Roge. "E poi sarà tutto finito. Ti porterò io stesso a Londolin o in qualsiasi altro posto tu vorrai andare."
"Londolin?"
Roge annuì. "Bryce mi ha scritto una lettera. C'era anche una nota per te. Dice che Vyncent ha lasciato la guerra ed è andato nelle sue terre per ricevere nuovi ordini."
Joyce sentì il cuore martellarle nel petto. Vyncent era nelle sue terre, lontano dalla guerra. Al sicuro. Era la prima buona notizia da molti giorni a quella parte. "Me lo prometti?"
"Sul mio onore" disse Roge mettendosi la mano destra sul petto. "Ora devo andare, ma sarò qui. Darò l'ordine di farti uscire da questa stanza di tanto in tanto, così potrai sgranchirti le gambe e vedere con i tuoi occhi cosa stiamo facendo. Non devono trattarti da prigioniera, ma come ospite di riguardo."
"Devi liberare anche Oren" disse subito Joyce.
"Ne parlerò con Wena."
"E gli abitanti del villaggio."
Roge si accigliò. "Che ne sai tu?"
Joyce si morse il labbro. "Ho visto le case abbandonate e ho pensato che fossero nascosti anche loro qui, da qualche parte."
Lui sorrise. "Sei il solito genio, non mi deludi affatto. Però non posso fare niente per loro. Dovranno restare qui per la loro sicurezza."
Almeno ci aveva provato. "Quando potrò uscire?"
"Presto. Prima devo parlare con Wena e Pen di alcune faccende."
Roge se ne andò. La porta venne richiusa a chiave e Joyce tornò a essere una prigioniera.
Ora però aveva una speranza cui aggrapparsi. Vyncent era vivo e al sicuro nelle sue terre, questo contava più di ogni altra cosa.
Se Wena e Roge avessero vinto la battaglia imminente, lei sarebbe stata libera di andare da lui invece che doversi recare a Taloras. Il suo piano originale stava ancora procedendo.
La giornata trascorse tranquilla fino a sera. Joyce aspettò paziente l'arrivo della cena, ma al posto di Adrien si presentò uno stregone dall'aria allampanata. "Roge ha detto che puoi cenare con noi" disse senza tanti preamboli.
Joyce indossò uno dei vestiti contenuti nel baule, una casacca grigia e nera con pantaloni marroni.
Prima di uscire lasciò un marchio sul pavimento.
Lo stregone l'attendeva.
La cena si tenne nella sala dove era avvenuta la riunione giorni prima. C'erano almeno una quindicina di stregoni in più seduti a sette tavoli sostenuti da cavalletti.
L'atmosfera era rilassata e conviviale. Molti parlavano e si sentivano ogni tanto delle risate.
Come facevano a essere così tranquilli sapendo che tra poco ci sarebbe stata una battaglia? Si chiese Joyce.
Roge sedeva a uno dei tavoli. Non appena la vide le fece cenno di raggiungerlo.
Joyce sedette accanto al fratello. Allo stesso tavolo erano seduti Wena, Vekla, Dormir, Karv e Penlemoth, più altri due stregoni che non conosceva.
Nessuno si alzò in segno di riverenza per lei né la salutarono. Sembravano piuttosto seccati di averla al tavolo ma nessuno lo disse. Joyce notò i loro sguardi ostili e preferì non parlare.
Com'era tradizione, si poteva parlare solo tra una portata e l'altra.
Wena fu la prima a prendere la parola. "Domani faremo le ultime prove per il benvenuto. Krisan e Dorost guideranno i mercenari. A proposito" disse rivolgendosi a Roge. "Dovevano essere trecento e invece ne hai portato a stento duecento."
"È tutto quello che ho trovato" si giustificò lui.
"Basteranno?" di chiese Vekla.
Dormir grugnì il suo assenso. "Saranno più che sufficienti."
"I sigilli sono pronti e attivi" disse Penlemoth. "Io stesso ho verificato che funzionassero."
Sigilli? Si chiese Joyce.
"Quando sarà il momento" disse Roge. "Dovrai attivarli."
"Un momento" disse Dormir. "E se Pen non potesse farlo? Se fosse..."
Penlemoth gli rivolse un'occhiataccia. "Morto? Ti auguri che io muoia in battaglia?"
Dormir fece spallucce. "Può succedere a chiunque di noi. Ma tu hai una grossa responsabilità."
"Ha ragione" disse Vekla. "Se Pen non lo potrà fare, lo farò io."
Roge annuì. "Vekla sarà il nostro piano di riserva." Guardò Pen. "Sperando di non doverla mai usare."
"Mi chiedo se sia corretto usare la magia contro natura" disse Karv.
"Abbiamo sigillato i nostri stessi incantesimi" disse Wena. "Non c'è niente di innaturale in questo."
"Quello che volevo dire..."
"Sono mesi che ci prepariamo" disse Wena alzando la voce. "Non è il momento di avere dubbi. O esitazioni."
"Non stavo dicendo..."
Wena rivolse un'occhiataccia a Karv e questi tacque.
"I dubbi di Karv sono legittimi" disse Roge. "E sono venuti anche a me, ma sarà per una giusta causa. Vekla, che sappiamo dei movimenti della strega bianca?"
"Le sue navi sono partite giorni fa. Ormai dovrebbero essere quasi arrivate."
"Quante sono?"
"Cinque vascelli. Più o meno venti stregoni e duecento soldati."
"Siamo ancora in netto vantaggio" disse Dormir con tono fiducioso. "Questa battaglia sarà una passeggiata."
"Non dobbiamo sottovalutare Nimlothien" disse Penlemoth. "È un'avversaria insidiosa."
"Tu l'hai vista combattere?" domandò Roge.
Penlemoth annuì grave. "Nella battaglia di Alamand. Si scontrò con maestro Elioth e la sua discepola, Vacia."
"La strega scarlatta?" chiese Vekla.
"Sì. Elioth non sopravvisse e Vacia riuscì a scamparla solo per miracolo. Però vincemmo la battaglia."
Quei nomi non dicevano niente a Joyce, ma ascoltò con interesse il seguito.
Anche gli altri volevano saperne di più e Penlemoth non si fece pregare. "Nimlothien è un'alteratrice e un'abiuratrice. È scappata dalla prigione di Cora Gesida dove stava scontando una pena a vita per aver ucciso due stregoni ed è passata tra le fila di Malag."
"Un'abiuratrice" disse Wena pensosa. "Quindi dovremo colpirla da due lati diversi."
"O con un attacco a sorpresa" disse Vekla. "Lascia che me ne occupi io. Posso arrivarle alle spalle e ucciderla senza che nemmeno se ne accorga."
"Nessuno prenderà iniziative personali" disse Roge.
Vekla lo guardò con disprezzo. "Lo dici solo perché vuoi essere tu a uccidere la strega bianca. Vuoi tutto l'onore per te."
"A me interessa vincere la guerra" disse Roge. "Non una singola battaglia."
"Una cosa per volta" disse Wena. "Eliminata Nimlothien, penseremo a come stanare gli altri due."
Di chi stavano parlando? Joyce si maledì per non essersi mai informata sulla guerra. C'erano così tante cose da sapere e lei era una ragazzina sprovveduta rispetto a quello che stava accadendo.
La cena proseguì tra una chiacchiera e l'altra ma il piano di battaglia non venne più discusso. A un certo punto Joyce decise che doveva approfittare di quello sprazzo di libertà. "Io" disse a Roge. "Vorrei fare due passi. Credo di aver mangiato troppo" aggiunse sfiorandosi la pancia. In realtà aveva appena toccato il suo cibo.
"Non so se..." Roge guardò Wena. "Che ne dici?"
"Non mi piace che se ne vada in giro" disse la strega. "Anche se è tua sorella."
"Non può fare del male a nessuno."
"E se tenta di scappare?"
"Da dove? Abbiamo sentinelle a tutte le uscite. Non può andare da nessuna parte."
"D'accordo, e se scivola e si rompe una gamba? O il collo?"
Mi crede così imbranata? Pensò Joyce con una punta di irritazione.
Roge rise. "Non le succederà niente, non preoccuparti."
"Io non sono preoccupata per lei" rispose Wena irritata. "D'accordo, che vada pure in giro."
Joyce non attese che cambiasse idea, si alzò e chiese scusa, quindi si allontanò verso uno dei corridoi che si diramavano dalla sala.
Doveva trovare il modo di evadere da quella fortezza impenetrabile prima della battaglia.
 
Quella parte di fortezza era diversa da tutto il resto. Invece di svilupparsi come un anello che girava attorno a un centro comune con le sale disposte sui lati, era una sequenza di sale e corridoi scavati nella roccia. Le mura non erano levigate e spesso si imbatté in tratti che erano crollati.
Le sale erano vuote e silenziose, illuminate da qualche torcia appesa alle pareti. Joyce ne prese una e non se ne pentì.
Poco dopo infatti le torce terminavano ed era il buio a prendere il sopravvento.
Ogni tanto si imbatteva in un bassorilievo o una nicchia. Una volta riconobbe persino un rozzo altare ricavato da una pietra messa di traverso.
C'erano sei simboli incisi nella pietra, ma le erano sconosciuti.
Proseguì fino alla sala successiva. Era più ampia delle altre, con numerose aperture che si diramavano in ogni direzione.
La fiamma della torcia sembrò languire per un attimo, poi si ravvivò.
Una corrente d'aria, pensò Joyce.
L'aria più calda della fortezza, proveniente dal basso, cercava una via d'uscita verso l'alto. E lì era in uno dei punti più alti della fortezza, forse vicino alla superficie.
Che ci fosse un passaggio?
Joyce avvicinò la fiamma a ogni passaggio scavato nella roccia fino a trovare quello in cui l'aria agitava la fiamma.
Lo seguì per tutta la sua lunghezza, fino a trovarsi in una sala ottagonale. Qui le pareti erano lisce e levigate con cura.
Ora sentiva l'aria scorrere attorno a lei come risucchiata da una forza misteriosa. Alzò gli occhi al soffitto e lo vide.
Da quella distanza il foro sembrava minuscolo.
Un camino, pensò. I costruttori della fortezza avevano trovato un modo pratico per favorire il ricambio dell'aria.
Quella calda entrava dalle torri poste a metà strada e risaliva all'interno dei corridoi per essere espulsa da quel camino. Forse ne esistevano altri ma per lei uno era più che sufficiente.
Per lei era la via di fuga ideale.
Per prima cosa, posò la torcia in modo che non si spegnesse. Quindi divenne Sibyl e lanciò un incantesimo di invisibilità. Infine levitò fino al soffitto.
Il camino si restringeva in cima, ma il passaggio era più che sufficiente a lasciar passare la sua figura minuta.
Volò attraverso il buco e si ritrovò sospesa a mezz'aria sopra il fianco della montagna. Non c'erano alberi in quella zona, ma solo pietre di grandi dimensioni.
Atterrò poco più a valle per evitare che qualcuno la scoprisse. Era buio, ma era probabile che gli stregoni di guardia scandagliassero la zona con la vista speciale.
Discese il fianco della montagna facendo attenzione a dove metteva i piedi. Per due volte fu sul punto di scivolare e ruzzolare lungo il pendio.
Forse Wena non aveva tutti i torti. Era una ragazzina imbranata che poteva rompersi il collo scendendo dal letto.
Non era l'eroina dei romanzi d'avventura.
Però aveva lottato contro un troll e vinto da sola. Quasi da sola.
Il pensiero di Oren prigioniero nella fortezza la metteva a disagio. Non poteva lasciarlo lì ma nemmeno poteva fidarsi di lui. Doveva trovare il modo di salvarlo anche contro il suo volere, se necessario.
Gli eroi dei romanzi d'avventura non devono mai misurarsi con persone in pericolo che non vogliono essere salvate.
Abbandonò quei pensieri e si concentrò sulla strada. Da quel punto poteva vedere la costa. Anche se era buio c'erano dei falò accesi.
I mercenari di cui aveva parlato Roge?
Nella fortezza non li aveva visti, quindi era probabile che si fossero accampati fuori, sulla spiaggia o nel villaggio abbandonato.
Alcune case erano illuminate e ormeggiate al molo c'erano due navi.
Decise che quelle sarebbero state il mezzo per andarsene dall'isola.
Il difficile era portare fuori dalla fortezza un centinaio di persone. Come poteva fare senza essere vista e nel pieno di una battaglia?
L'unico modo che le venne in mente era rischioso e non aveva idea se avrebbe funzionato. Una volta l'aveva fatto, ma erano solo in due.
Ci sarebbe riuscita con cento persone?
In teoria non vi era alcuna differenza tra due o cento persone in più, ma il lato divertente delle teorie è che tendono a smentirsi da sole nei momenti meno opportuni.
E se avesse fallito?
E se nonostante tutti i suoi sforzi non avesse funzionato?
Deve funzionare, si disse. Nascondendosi dietro il velo dell'invisibilità si avvicinò al villaggio. Era già in vista delle prime case quando trovò uno spiazzo privo di alberi.
Quello era il luogo adatto.
Lasciò un marchio sul terreno.
Stava per tornare indietro, quando qualcosa tuonò sopra la sua testa.
Alzò gli occhi al cielo e lo vide tingersi di rosso. Una sfera infuocata era apparsa dal nulla, proveniente dal mare. Eseguì una breve parabola e si schiantò sul ponte di una delle navi.
Assi di legno volarono in tutte le direzioni, seguite da un rombo assordante. Altre palle di fuoco colpirono il villaggio e l'altra nave, che prese fuoco.
I soldati accampati sul pontile e nei dintorni del villaggio sciamarono in tutte le direzioni.
Tre vascelli dalle vele spiegate apparvero dinanzi al molo, come se fino a quel momento fossero rimasti occultati nella nebbia.
Joyce rimase a guardare la scena affascinata e turbata. Poi, come in un sogno, l'istinto prevalse e la fece voltare. Si avviò di corsa verso la montagna.
La battaglia tanto desiderata da suo fratello e Wena era iniziata.

Prossimo Capitolo Domenica 30 Luglio
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: heliodor