Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Tsukuyomi    15/06/2009    7 recensioni
Salve a tutti! Finalmente prendo coraggio e pubblico.
Questa fanfic mi ronza in testa da tanto di quel tempo che ormai si scrive da sola.
Per il momento avrete sotto agli occhi dei futuri Gold Saint, ancora bambini e innocenti (più o meno), alcuni ancora non si conoscono e altri sì, alcuni sono nati nel Santuario e altri no, alcuni dovranno imparare il greco e, di qualcuno, non si sa per quale recondito motivo, non si conosce il nome. Spero che apprezziate. La storia è ambientata ai nostri giorni, per cui, le vicende conosciute avranno luogo nel futuro.
Genere: Comico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
capitolo 09 Dopo che ogni bambino prese posto sul proprio letto si fissarono un po’.
Avevano voglia di conoscersi meglio, ma nessuno di loro sapeva come iniziare.
Cominciarono a parlare del loro passato e del motivo per cui si trovavano al Santuario di Atene.
«Noi, - cominciò Kanon – siamo nati qui. Nostra madre era un cavaliere d’argento, nostro padre non l’abbiamo mai conosciuto. Mamma è morta cinque anni fa, in battaglia. A dir la verità non abbiamo sofferto più di tanto, tutti qui hanno cercato di farci sentire il meno possibile la sua mancanza. D’altronde avevano già fatto lo stesso alla morte di nostro padre.»
Kanon parlava tranquillo, sembrava che l’essere rimasto orfano non lo turbasse più di tanto. Saga invece era triste al ricordo della madre. Le mancava.
I due gemelli, così come Aiolos e Aiolia, avevano avuto la fortuna di non restare totalmente soli. Avevano i fratelli su cui contare. Fortuna che non toccò a nessun altro bambino presente li al Santuario.
Saga, dal canto suo, era incuriosito dall’italiano con i capelli bianchi e gli chiese di raccontargli la sua storia. Angelo trattenne un piccolo sbuffo, si chiedeva quante altre volte avrebbe dovuto raccontare la sua schifosa vita.
«Non so cosa sia successo ai miei genitori. So solo che li avevo davanti a me e che un attimo dopo non c’erano più. Sono rimasto da solo per un po’ e poi un vicino di casa mi ha portato a casa sua, dove sarò rimasto qualche mese. Poi sono stato portato all’orfanotrofio e lì son rimasto finché Galgo non è venuto a prendermi per portarmi qui. Niente di eccitante.»
«Com’è l’orfanotrofio?» domandò Saga.
«Uno schifo.»
«Perché? Cosa ti è successo?»
«A nessuno piacevano né i miei capelli né i miei occhi, venivo trattato male e allontanato dal gruppo in tutti i modi.»
«Perché non piacevano i tuoi occhi? I capelli sono meravigliosi, li vorrei anche io del tuo stesso colore.»
«Perché sono rossi.»
«Rossi?»
Nessuno dei tre bambini aveva fatto caso al colore degli occhi di Angelo. Si avvicinarono tutti e tre a lui per osservare quella rarità.
«No! Ma sono – Kanon cercava un termine adatto per descrivere quegli occhi – fantastici! Non avevo mai visto qualcuno con gli occhi rossi!»
L’entusiasmo di Kanon era condiviso appieno da Saga e Aiolos, e Angelo tirava un sospiro di sollievo. Non incutevano timore ma riscuotevano successo. Forse aveva ragione Galgo. Tutte le cose rare sono belle, se si riesce a capire.
Shura intanto sbadigliava, un po’ annoiato e un po’ assonnato. Tyko guardava, sfoderando un sorriso, l’entusiasmo che si era creato attorno ad Angelo.

Il divertimento dei bambini fu presto interrotto dalle nutrici che li misero a dormire e spensero le luci.
Era la prima notte che Angelo, Shura e Tyko dormivano separati. Lontani.
«Angelo, Shura – chiamò Tyko a voce bassa – mi sento strano.»
«Anche io – rispose piano Shura – c’è qualcosa che non va.»
«Ma allora parli – s’insinuò anche Aiolos nella conversazione, che aveva il letto tra Shura e Kanon – avevo cominciato a credere che fossi diventato muto.»
«Certo che parlo.» commentò Shura un po’ indispettito.
«Sei sempre zitto.»
«Non ho niente da dire.»
«Allora domani farò in modo che troverai qualcosa da dirmi. Buonanotte.»
Aiolos tagliò il discorso chiedendosi se fosse riuscito a smuovere lo spagnolo.
Shura udì il greco che si rigirava tra le lenzuola, in cerca, probabilmente, di una posizione comoda, e tornò al discorso con Tyko e Angelo, che ancora non aveva proferito parola.
Si addormentarono bofonchiando parole senza senso, rapiti dal sonno.

La mattina dopo vennero svegliati e portati a fare colazione. Le nutrici avvertirono i tre nuovi arrivati che avrebbero dovuto fare una visita medica.
Angelo sbiancò al sentir nominare il medico. Aveva un brutto ricordo del signore che andava periodicamente a visitare i bambini dell’orfanotrofio. Il brutto ricordo, più che a lui, era legato alle punture. I mille vaccini che aveva dovuto fare in quel cavolo di posto, e Angelo aveva il terrore delle siringhe e degli aghi. Non ne sopportava la vista. Si sentiva mancare nel vedere qualcun altro ricevere il vaccino e pensare che l’avrebbe dovuto fare lui gli faceva venire in mente solo una cosa: fuga.
I tre vennero condotti in infermeria, dove li aspettavano Galgo e João. Loro sapevano già che ai bambini sarebbe venuta la febbre dopo la visita e andarono lì solo per potersi prendere cura di loro.
«Buongiorno allievi! Pronti per il dottore?»
La risposta di Shura e Tyko fu affermativa, Angelo semplicemente non rispose. Fissava terrorizzato la porta. Galgo si accorse dell’inquietudine che scuoteva il suo discepolo e cercò di tranquillizzarlo.

«Ehi Galgo – João lo chiamò da parte – cos’ha Angelo?»
«Credo che abbia paura.»
«Non avrà paura delle punture? E’ grandicello ormai.»
«Vedremo come si comporterà dentro, spero che non si renda necessario tenerlo fermo. Aggiungeremo un trauma ad un altro trauma.»
«Già. Ah, tale maestro tale allievo.»
«Cosa vorresti insinuare ciccione?»
«Che mi pare di ricordare che qualcuno di mia conoscenza tentò di rifiutare la visita medica.»
«Ne avevo tutto il diritto! Tu mi avevi sequestrato!»
«Ah ah ah. Sei sbiancato quando hai visto quelle siringhe. Quanto ho riso il giorno.»
«Io volevo piangere invece. Spero che Angelo non abbia la mia stessa fobia. Sarebbe un problema, considerando che non si può superare. Puoi farti forza e metterci tutta la buona volontà del mondo, ma niente ti farà smettere di essere terrorizzato da quegli aggeggini infidi e bastardi che ti si insinuano nella carne … reggimi che sto per svenire solo a pensarci …»
«E tu non pensarci, idiota. Rischi di farti sentire da Angelo.»
«Scusa scusa. Hai perfettamente ragione, ma davvero è più forte di me.»
«Lo so bene. Ti ho dovuto legare di nuovo per farti fare quelle iniezioni.»
«Già.  Bastardo. Me lo ricordo ancora. E mi prendevi anche per il culo.»
«Ovvio.»
«Aspetta che trovo un ragno e vedi che ti combino» Galgo ghignava al pensiero di restituire all’amico le prese in giro.
«I ragni fanno schifo – sentenziò il gigante con un’espressione disgustata – sono alieni. Non è di questo mondo ciò che ha più di quattro zampe.»
«Sì, bella scusa. Sei un fifone e non vuoi ammetterlo, tutto qui. Dai, portiamoli dentro. Prima entriamo, prima finiamo e prima ci allontaniamo da quei residuati di tortura medievale.»
João si avvicinò nuovamente ai bambini, rideva ripensando al passato e a Galgo che rifiutava le iniezioni e li incoraggiò ad entrare.
«Forza ragazzi! Tutti dentro.»
Bussò alla porta e la aprì. Il medico era un vecchietto canuto e simpatico. Era esperto e sapeva come trattare con i bambini.
«Buongiorno! Ma quanti bei giovanotti oggi.»
Preparava tre fogli, che erano una sorta di cartella clinica, uno per ogni bambino.
Tyko e Shura entrarono tranquilli e cominciarono a rispondere alle domande che poneva loro il dottore. Nome, età, nazionalità. Angelo rimase fuori della porta, con Galgo alle sue spalle.
«Non entri?» gli chiese l’irlandese con dolcezza, non voleva mettergli fretta.
«Sì – rispose Angelo quasi serafico – ora entro.»
Rimase immobile. Non mosse un muscolo. Cercava di convincersi ad entrare, ma il suo corpo non aveva la benché minima intenzione di muoversi.

Il dottore capì il timore del bambino, ma si rivolse agli altri due.
«Perché il vostro amico non entra?»
«Non lo so – rispose Tyko – vado a prenderlo.»
Tyko uscì e prese la mano di Angelo cercando di farlo entrare, ma il bambino resisteva tenacemente all’altro che lo tirava. Era più forte di Tyko e la paura dona ulteriore forza alle volte. Shura arrivò a dar manforte allo svedese, mettendosi alle spalle dell’amico e tentò di spingerlo in avanti. In due riuscirono a farlo avanzare di un passo.
Lo sguardo di Angelo era di puro terrore. I fantasmi che vedeva in confronto erano fiorellini. Niente di che. Ma il solo pensiero degli aghi …
Galgo intervenne poggiandogli una mano sulla spalla.
«Dai Angelo. E’ un attimo. Mi farò fare tutto quello che il dottore farà a te. In questo modo saremo in due a lamentarci. Ci stai?»
Angelo annuì, ma insistette nella sua immobilità. Non riusciva a trovare il coraggio per varcare quella soglia. Doveva fare solo un passo.

All’improvviso lo sguardo di Angelo cambiò. Nei suoi occhi brillavano un coraggio e una determinazione quasi sovrannaturali.
«Ecchemminchia. Non ho paura.»
Fece quel passo. Entrò nello studio del dottore.
Rispose a quelle poche domande alle quali gli altri due avevano già risposto e si sedette sul lettino. Decise lui di andare per primo. Doveva togliersi il dente. Nessuno aveva detto che avrebbe dovuto fare delle iniezioni, per cui, perché preoccuparsi?
Sbiancò nel vedere il dottore tornare con un vassoio e sopra di esso nove siringhe. Tre contenevano un liquido tendente al rosa, tre all’azzurro e tre un liquido trasparente, simile all’acqua.
Lo sapeva. Lo sentiva. Ne era certo. Ora non poteva più tentare la fuga. Sperava solo che non dovesse farle tutte e nove lui.
Il dottore prese la prima siringa e disinfettò i braccio di Angelo, pronto a fare il suo mestiere, ma venne interrotto.
«A-aspetti – disse Galgo – ho promesso al bambino che avrei fatto tutto quello che faceva lui. Potrebbe preparare una siringa anche per me?»
Il dottore strabuzzò gli occhi e cercando di nascondere la sorpresa gli disse:
«Tu? Tu che fai una puntura? Ma se ti hanno dovuto legare per fartele fare? E non eri un bambino.»
Galgo arrossì violentemente.
«L-lo so … mi r-ricordo quel giorno, purtroppo. Ma se lui ha superato la sua paura, posso farlo anche io, quindi ne faccia una anche a me … p-per favore.»
Le parole di Galgo suonavano quasi come una supplica a non dargli retta, ma aveva promesso ad un bambino, terrorizzato quanto lui dagli aghi, che avrebbe fatto tutto quello che avrebbe fatto lui. E non poteva rimangiarsi la parola data ad un bambino. Non aveva mai tradito la fiducia di nessuno nella sua vita e non avrebbe certo cominciato in quel momento.
Angelo sorrise nel vedere il maestro terrorizzato quanto lui e decise che lo avrebbe fatto. Si sarebbe fatto fare tutte le punture necessarie e  che non avrebbe fiatato. Non poteva e non voleva deludere l’unica persona al mondo che gli aveva dato fiducia. Tutto ma questo no.
Il dottore acconsentì alla bizzarra richiesta di Galgo e preparò una siringa con un placebo.  Dopotutto non aveva bisogno di nulla.
«L-la faccia prima a me. Poi al bambino.»
«No – lo bloccò Angelo – prima io che ne devo fare di più.»
Porse il braccio al medico, girò la testa e chiuse gli occhi tanto forte da fargli male. Cercò di estraniarsi il più possibile. Non doveva pensare che un ago stava per entrargli nel braccio, che stava per sentire il bruciore del medicamento iniettato nel muscolo. No, doveva pensare ad altro. Pensò ai bambini che strapparono la foto dei suoi genitori e questo gli diede la forza di forza di affrontare le punture con maggior serenità.
Il medico fu rapido, aveva la mano leggera e Angelo non sentì niente eccetto il calore delle medicine.
Fu il turno di Galgo, che allungò il braccio e cercò la forza di guardare quello che il dottore faceva. Quando l’ago fu ad un millimetro dalla sua carne urlò:
«No! Aspetti. Non sono pronto.»
Cominciò a respirare profondamente, cercando di tranquillizzarsi e trovare il coraggio di guardare.
«Chiudi gli occhi e pensa a qualcosa che ti fa arrabbiare. Neanche te ne accorgi» un bambino di sei anni, terrorizzato anch’egli dagli aghi  dava consigli su come affrontare quella situazione. Il tutto aveva del ridicolo. Shura e Tyko guardavano divertiti i capricci dell’adulto, e João non era da meno.
Galgo accettò il consiglio del discepolo e chiuse gli occhi. L’iniezione durò un istante, ma per Galgo fu una piccola eternità.

Uscì con Angelo, massaggiandosi il braccio offeso. Shura e Tyko si sedettero sul lettino e ricevettero anche loro le tre iniezioni colorate. Con estrema tranquillità.
«Non sapevo che anche tu avessi paura degli aghi.» Angelo si rivolgeva a Galgo, ancora bianco come un cencio e col sudore freddo che gli imperlava la fronte.
«Non ho paura – rispose ansimante – ho il terrore più nero. L’ho sempre avuto. E’ considerata una malattia.»
«Una malattia? E come si chiama?»
«Belenofobia.»
«Ce l’ho anche io?»
«Sì, ma tu riesci a controllarti molto meglio di me. Bravo Angelo, bravo.»
«Ma stai bene?»
«A dir la verità no. Non riesco a smettere di tremare.»
Galgo si sedette sul pavimento fuori dall’ambulatorio cercando di ritrovare un po’ di contegno.
«Kalimera - trillò Leurak – ma che hai?»
«Niente Leurak, tranquillo. Ma da dove diavolo arrivi?»
«Da lì - rispose il mongolo indicando la porta – si chiama mondo esterno. Devo venire a prendere delle medicine per Akylina.»
«Perché, sta male? Cos’ha?»
«Non lo so, non me ne vuole parlare. Sicuramente si tratta di cose da donne. Io eseguo gli ordini.»
«Sei tutto scemo Leurak.»
«Cambia disco che sei noioso. Ma sicuro di stare bene? Sei un po’ pallido.»
«Sto magnificamente, grazie.»

Shura e Tyko  uscirono dall’ambulatorio e salutarono calorosamente Leurak, correndogli  incontro per mostrargli i cerotti che coprivano le piccole ferite.
«Oh! Ma qui abbiamo dei veri uomini che se ne fregano delle punture. Vero Galgo?»
«Mmmhh»
«Galgo? Riprenditi.»
«Ci sto provando Leurak. Senti, io non mi sento tanto bene, ti dispiace se porto io le medicine ad Akylina e tu accompagni João e i bambini?»
«Tranquillo, non c’è problema. Aspettatemi qualche minuto e andiamo.»

Leurak entrò nell’ambulatorio e, come accennato, dopo pochi minuti fu fuori. Diede a Galgo il sacchetto contenente le medicine per la loro compagna e si avviò con i bambini al dormitorio.
Si sedettero tutti sui letti e cominciarono a discorrere amabilmente tra loro. Passò un po’ più di un’ora e il viso di Tyko si fece completamente rosso. Sudava e tremava lamentandosi del freddo. Gli stava salendo la febbre. João e Leurak lo misero subito sotto le coperte e chiamarono una delle nutrici affinché portasse loro del ghiaccio. La febbre non sarebbe calata prima del giorno dopo. Era l’effetto delle medicine che erano state iniettate ai bambini.
«Cos’ha Tyko? – chiese Shura, preoccupato per l’amico – Ha la febbre?»
«Sì – rispose Leurak, mettendogli una mano sulla fronte -  ed è meglio che ti metti a letto anche tu. Tra un po’ sarai nelle sue stesse condizioni.»
«Perché? Verrà anche a me?» chiese Shura inclinando la testa di lato. Fu João a rispondere questa volta:
« Verrà anche ad Angelo. E’ l’effetto dei vaccini, ma domani starete meglio. Ci siamo passati tutti.»
« Senti João, perché ci hanno fatto quelle punture? » Angelo intervenne.
«In questo modo non vi ammalerete Angelo. L’abbiamo fatto tutti quanti e nessuno di noi si è mai preso un raffreddore.»
«Mi sembra assurdo che ci diate una medicina per non ammalarci e poi ci ammaliamo subito dopo.» Angelo parlava tenendo un leggero broncio. Si sentiva preso in giro.
«Lo so che sembra assurdo, ma poi non vi ammalerete più.»
«Ho capito, ho capito. Mi metto a letto anche io. Anche Shura ha cominciato a tremare.»

Nel giro di mezz’ora tutti e tre i bambini riversavano nelle stesse condizioni. Febbre alta, brividi e deliri. Stavano davvero male e i due adulti non poterono fare altro che cercare di rinfrescarli con il ghiaccio.
Nessun antipiretico avrebbe fatto effetto, bisognava solo aspettare. Quella notte João, Leurak e Galgo, ripresosi dallo spavento, restarono al capezzale dei tre bambini, monitorandone le condizioni.
La presenza degli adulti fu una scusa per altri per poter rimanere svegli più a lungo.
Saga e Aiolos facevano la spola tra i letti dei febbricitanti, controllando che stessero bene e non peggiorassero. Gli dispiaceva sapere che stavano male. Kanon rimase tranquillo, seduto sul suo letto.
«Aiolos – disse Leurak seduto sul letto del bambino – vieni un attimo qui.»
Il bambino obbedì e fu sostituito da uno svogliato Kanon, che davvero non capiva il motivo di tutta quella apprensione.

Leurak era profondamente incuriosito da Aiolos. Sembrava un piccolo saggio. Anche lui, come Saga, aveva dimostrato di avere un cuore tenero e di essere particolarmente solidale.
«Perché non ti metti a dormire, Kanon non mi vuole dare retta. Convinci gli altri e dormite un po' su.»
«No, sono abituato a star sveglio. Inoltre vado a controllare Aiolia diverse volte durante la notte.»
«Perché?»
«Non lo so. La mamma lo faceva. Mio padre è morto prima che Aiolia nascesse e quando lei si alzava la notte per farlo mangiare io mi alzavo con lei. Non volevo lasciarla sola. Era stata tanto male per la morte di mio padre e soffriva ancora. Comunque anche lei cercava di farmi tornare sempre a letto. Ora che ne abbiamo parlato vado a controllarlo. Si scopre sempre durante la notte.»
Finita la frase Aiolos si diresse verso lo stanzone dove ronfavano beati i bambini più piccoli. Dovette tirare su le coperte a due di loro: Aiolia e Milo.
Quando tornò nel suo letto trovò Leurak ad aspettarlo e a porgli domande.
«Aiolos, non ti voglio turbare, ma ti andrebbe di raccontarmi quello che ti è successo? Anzi che vi è successo. Se non ti va non fa nulla.» Leurak era un po’ imbarazzato, mai avrebbe pensato di chiedere ad un bambino di raccontargli la sua storia, ma quei bambini erano così speciali … avevano una forza d’animo infinita e nonostante le avversità erano sempre andati avanti a testa alta e con serenità.
«Certo, cosa vuoi sapere?»
«Com’è morto tuo padre?»
«E’ caduto. Faceva il muratore. Stava costruendo un palazzo enorme e il cordone di sicurezza si è spezzato. Credo che sia scivolato. A noi ce l’ha detto il suo capo, è venuto a casa in lacrime e ha raccontato tutto.  Mia mamma scoppiò a piangere, poverina. Poi dopo il funerale scoprì di essere incinta. »
«Quando è successo tutto questo?»
«Quasi quattro anni fa.»
«E tu sapevi già come si facevano i bambini?»
«Sì, avevo guardato di nascosto un documentario che parlava della nascita dei bambini. Sapevo che avrei avuto un fratello quando lei scoprì di essere incinta. A dir la verità non mi disse nulla se non quando cominciò a crescerle la pancia.»
«Ah. Poi?» Leurak era interdetto. Quasi tutti i bambini, nel Santuario, non erano altro che adulti nel corpo di bambini. Tutti i prescelti si erano dimostrati paurosamente maturi e con dei poteri sconcertanti.
Lui era un essere umano, si era trovato al Santuario per caso, rapito dal movimento dei capelli di Galgo. In Mongolia nessuno aveva i capelli di quel colore. Era la prima volta che li vedeva e si era fatto prendere dalla curiosità senza sapere cosa faceva. Non aveva l’invito per entrare in quel luogo. Eppure c’era riuscito.
«Poi è nato Aiolia. Io aiutavo la mamma come potevo. Poi è morta anche lei, due anni fa.»
«Com’è successo?»
«E’ stata investita.»
«Mi spiace Aiolos. Nessuno di voi ha avuto un’infanzia normale. Davvero … »
«Non dispiacerti. Era destino che accadessero tutte queste cose. Il Gran Sacerdote ce lo dice sempre quando ci vede. La sofferenza e il dolore che si provano aiutano a riconoscerle quando le si incontra. Noi siamo i prescelti dalla dea per porre rimedio al dolore nel mondo, noi faremo in modo che tutti possano vivere in pace e che le ingiustizie, grandi e piccole, cessino di esistere.»
«Non è un discorso che si addice ad un bambino della tua età. Saresti dovuto essere in una casa, con i tuoi genitori, avresti dovuto passare le giornate a giocare e andare a scuola, non ad allenarti, non ad imparare come uccidere.»
«E’ la stessa cosa. La mia famiglia siete voi.»
Aiolos metteva i brividi, aveva già accettato la sua condizione di prescelto ed era già consapevole del suo ruolo nel mondo. Quanti adulti potevano dire di avere le stesse certezze? Probabilmente nessuno. Ma un bambino di dieci anni può pensare alla guerra? Può pensare a come uccidere qualcuno per liberare altri? Per Leurak la giustizia di cui tutti parlavano non esisteva. Cosa c’era di giusto in un bambino che non viveva la sua infanzia? Cosa c’era di giusto in un bambino che soffriva? Cosa c’era di giusto in un bambino che parlava di giustizia e di aiutare i più deboli? Niente. Per Leurak tutto quello non era giustizia. Ma a suo modo accettò anche lui la situazione. Aiutare gli altri era diventato un po’ lo scopo della sua vita. Ma non sarebbe mai riuscito a spezzare una vita per salvarne cento. E continuava a pensare che non c’era niente di giusto nel rovinare cento vite per salvare il mondo. Sarebbe stata vera giustizia che ogni essere umano non pensasse esclusivamente a sé stesso. Per Leurak, la solidarietà e l’onestà portavano alla vera giustizia. Il mondo continuava ad essere sempre ingiusto. Quei bambini altro non erano che altri cadaveri nelle fondamenta di un’utopia.

«Ora dormi Aiolos, controllerò io Aiolia per te. Stanotte veglierò io su di voi, riposa tranquillo.»
«Sì … grazie …»
Aiolos si addormentò subito. Era davvero distrutto. Aveva passato la giornata ad allenarsi e seguiva dei ritmi massacranti. Come lui anche Saga e Kanon crollavano. I due fratelli si misero a letto dopo essersi sincerati un’ultima volta delle condizioni di Angelo, Tyko e Shura. Kanon senza particolare interesse.
I tre adulti, quella notte, vegliarono sul sonno di tutti i bambini, giravano tra i letti tirando su coperte, sistemando cuscini e adagiandoli bene sui materassi.


Ed ecco qui l'ennesimo capitolo, spero che sia di vostro gradimento.
D'ora in poi gli aggiornamenti diventeranno più saltuari (forse), mi aspettano delle settimane di fuoco tra esami di chimica (T_T) e un lavoro massacrante e noioso, ma cercherò di aggiornare durante le mie notti insonni, sempre che non sia tanto stanca da restare a guardare il muro come fa João la mattina. A presto!!

Grazie mille a tutti i lettori e i recensori 
Saruwatari_Asuka. Aggiorno (forse dovrei cominciare a parlare al passato) in tempi record perchè gran parte della storia è scritta da Natale. Solo sei mesi per convincermi a pubblicarne due, mica male no? Ma alla fine sono ancora entrambe in via di sviluppo insieme ad ultra decina XD. Son felice che i goldini ti rallegrino le giornate e mi auguro che i tempi bui passino ^_^ Sei sempre dolcissima e gentilissima nelle recensioni, grazie grazie ^_^, ma veniamo al capitolo! Tyko è un angelo, come Angelo e Shura. Anche secondo me Leurak e Akylina sono fatti per stare assieme (dato che li ho creati io :P) ma vedremo se riusciranno a rendersene conto ^_^ e vedremo anche se João riuscirà ad avere qualche pupo tutto suo. I tempi per le dolcezze e le risate vanno esaurendosi (non subito però) e tutti cominciano a farsi qualche domanda. Anche Leurak che sembrava avere un solo neurone rimbalzante comincia a chiedersi qualcosa. Un bacione!
Camus. Bentornata!! Non c'è nessunissimo bisogno che ti scusi, davvero, hai tutta la mia comprensione accademica. Sono felice che ti sia piaciuto il legame tra i tre pargoletti ^_^ Aiolos comincia già a farsi conoscere e per Aiolia manca ancora un po' di tempo. Grazie mille per la recensione! Ciao!
Gufo_Tave. Hai visto? Ce l'ho fatta a staccarmi da quei tre anche se non completamente. Chiedo venia, ma  DM e Aphrodite sono stati bistrattati un po' troppo da Kurumada e mi son sentita in dovere di rimediare. Soprattutto per Death Mask. Ancora non so se arrivare ad Ep.G, Masami Kurumada e anche Megumu Okada sono due campioni dei plot-hole, per cui forse mi fermerò prima. Staremo a vedere ^_^.  Non dimenticare che i  gold sono ancora bambini e durante la seconda fase dell'addestramento svilupperanno le caratteristiche che li contraddistinguono. Almeno spero di riuscire a farlo ^_^ Grazie mille per l'intervento.
RedStar12. Lo so che sono cattiva ^_^ Ma se sarai paziente sarai completamente ripagata. João è soddisfatto di aver suscitato la tua comprensione mentre Galgo è felice di essere apprezzato. Grazie per la tua costante presenza ^_^ Un bacione!! P.S. Per quanto riguarda lo spagnolo, la mia mail la conosci ^_- e forse i discorsi in francese sono finiti ^_^
whitesary. Certo che puoi coccolare un po' Aiolia, ma attenta a non svegliare le gelosie di Shura :P. Cosa ti è sembrato questo nuovo capitolo? I bambini cominciano a conoscersi, anche se il magico trio riversava in condizioni comatose. Grazie mille per l'intervento, anche tu sei sempre presente ^_^

Scusate lo spam continuato e prolungato di ^_^.
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Tsukuyomi