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Autore: koan_abyss    29/07/2017    3 recensioni
Il percorso di cinque giovani Serpeverde attraverso le influenze e le aspettative delle famiglie, della comunità magica, di alleati e rivali dai primi anni di scuola al culmine della II Guerra Magica.
Gli anni immediatamente precedenti e quelli narrati nei libri della Rowling visti dagli occhi di Severus Piton: le sue esperienze, i suoi legami, la sua promessa.
Mentre i suoi studenti sfogliano le canzoni dell'innocenza, si confrontano con le tradizioni, costruiscono a poco a poco la loro identità, Severus Piton, incastrato nel suo doppio ruolo di Direttore di Serpeverde ed ex-Mangiamorte, diventa suo malgrado una figura importante per loro e le loro scelte future.
La fanfiction non intende discostarsi dal canon, ma anzi seguire fedelemente la storia originale del punto di vista verde-argento.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 3



Il I Torneo ‘Cupida Certamines Iuventus’ ebbe una discreta risonanza nel mondo magico, ma non proprio nel senso che gli organizzatori si auguravano. Sulla rivista specializzata ‘Giostre e Duelli Magici’ era uscito un bell’articolo con i nomi dei partecipanti, un riassunto delle tre prove e un’intervista a Vitious, Samson e all’allenatore irlandese, che fu letto probabilmente solo dai diretti interessati.
La Gazzetta del Profeta, invece, aveva pubblicato un’infuocata denuncia di quanto il livello di preparazione dei maghi assegnati al mantenimento della sicurezza della comunità magica fosse disastroso e inadeguato, al punto da farsi mettere in crisi da un gruppo di ragazzini al loro primo duello.
Vitious ne fu mortificato, e scrisse al giornale per cercare di rimediare, ma i redattori del Profeta avevano fiutato una promettente polemica e insistettero sullo stesso tono, accusando Caramell di preoccuparsi più delle manifestazioni sportive che della selezione degli Auror.
“Sono impossibili, impossibili, questi giornalisti!” esclamò Cornelius Caramell a cena con i cognati e la nipote quel venerdì.
“Il Profeta ha proprio passato il segno,” disse sua moglie, servendo l’insalata. “Un Ministro sostiene le tradizioni e i giovani allo stesso tempo, e loro lo attaccano sulla questione della sicurezza!”
“Be’, si potrebbe sempre rispondere che investendo oggi sulla formazione dei giovani, un domani avremo ottimi Auror,” disse Euriale, giocando distrattamente a tagliuzzare un pezzo di pane.
Caramell la guardò: “Suona bene. Ben detto! Ho degli addetti stampa, gente che fa quel lavoro, ed è mia nipote che mi suggerisce le risposte migliori!”
“Non è niente di diverso da quello che ha detto il professor Vitious nella lettera al Profeta…” gli fece notare Euriale.
“Sì, ma più conciso ed efficace. Devo mandare un gufo!”
Vitious fu molto turbato dalla piega degli eventi: il loro torneo si era trasformato in una fonte di imbarazzo per il Ministero della Magia, e questo avrebbe probabilmente sancito la fine del supporto accordato a Samson e Vitious dalle istituzioni. Il suo amico minimizzava, dicendo che l’importante era stato raggiungere giovani duellanti per ridare linfa ai tornei inglesi, ma Vitious non riusciva a pensare di proporre altre partecipazioni ai suoi studenti: quanto si erano accaniti contro i giovani Auror, che in fin dei conti non erano che ragazzini come loro, che studiavano e lavoravano sodo! E McIver! Vitious non poteva sapere, non avrebbe mai immaginato un retroscena come quello descritto da Severus, ma il risultato non cambiava: aveva spinto un bambino nelle stesse dinamiche che il padre aveva vissuto, lo aveva costretto ad essere nemico di quella che avrebbe dovuto essere una figura positiva e a cui aspirarsi.
Piton lo aveva guardato come se fosse pazzo: “Credo che la maggior parte di responsabilità vada comunque a Sanders, per essere il figlio di puttana che è, Filius.”
Poteva anche essere vero, ma Vitious non riusciva a evitare di pensare ai timori di Minerva McGranitt, che i duelli potessero tirare fuori il peggio dai ragazzi.
Piton aveva lasciato perdere: facesse come voleva. Lui poteva pensare a molte altre cose che riuscivano a tirare fuori il peggio da una persona…

“A cosa credete che serva, il turbante?” chiese Madeline al banchetto di inizio anno.
“Magari è diventato calvo,” rispose Liam, stringendosi nelle spalle.
“Forse ha ricevuto una brutta ferita durante le ricerche sul campo e la vuole coprire…” disse invece Isabel.
“Lo so!” fece Will, con decisione. “Stile.”
Gli altri ridacchiarono.
“Che ne dici, Elly?”
Euriale guardò il professor Raptor e scosse la testa: “Non lo so. È parecchio strano.”
“E nervoso.”
“Se avessi soffiato a Piton il lavoro che voleva, lo sarei anch’io,” disse Liam.
“Guardate il Preside e la McGranitt: avete mai visto due facce rugose più compiaciute?” fece notare Isabel.
“Che ti aspettavi? Il-Ragazzo-Che-É-Sopravvissuto è un Grifondoro!” le rispose Liam, occhieggiando con insofferenza il tavolo degli odiati Leoni. “Saranno ancora più pieni di sé.”
“Hai notato che c’è un nuovo Weasley, Liam?” gli chiese Madeline. “È seduto con Harry Potter.”
“No!”
“Stai calmo, War,” gli disse Will, sorridendo.
“Ecco i campioni di Serpeverde!” esclamò Olivier, sedendosi accanto alla sorella. “Ehi, principessa.”
“Ehi…” rispose Isabel, un po’ guardinga, secondo Euriale.
“Ho visto Vitious che vi chiamava,” riprese Olivier. “Ha cambiato idea?”
Tutti scossero la testa, abbattuti: il giorno prima di partire per Hogwarts tutti i membri del club di duello avevano ricevuto un gufo da Vitious, con cui li avvertiva che purtroppo, dati gli sviluppi degli ultimi giorno riguardo la Gazzetta del Profeta e il Ministero, non riteneva opportuno continuare i loro incontri.
“Voleva solo dirci di persona che è stata una decisione difficile, e che era molto dispiaciuto,” raccontò Euriale.
“Ma ci tengo a dirvi che avete fatto davvero un ottimo lavoro, tutti!” aveva concluso il piccolo professore, saltellando poi via con gli occhi lucidi.
“Era davvero addolorato…” continuò Euriale.
“Be’, avete infranto i suoi sogni, bullizzando quei poveri Auror davanti a tutti,” fece Olivier con finta comprensione.
“Non è stata colpa nostra!” insorse Will.
Olivier rise brevemente, poi riprese: “Piton doveva aspettarselo, che non avrebbe potuto vantarsi dei suoi campioncini. Aveva l’aria piuttosto malinconica, dopo il torneo…”
I ragazzi del terzo anno lo guardarono, scettici.
“Malinconico? Piton?” chiese Morgan Throckmorton, prendendo posto davanti a Olivier. “Piton prova solo gioia malvagia, furia assassina e quando non sono questi due estremi un generico disprezzo misto a insofferenza.”
Olivier parve un po’ infastidito: “In ogni caso, Raptor a parte, Piton ha di che consolarsi, quest’anno: i suoi pupilli sono campioni di duello…”
“Ah, e questo non verrà affatto messo in ombra da Harry Potter…” grugnì Liam.
Olivier lo indicò, come per sottolineare quello che aveva detto, e continuò: “…Harry Potter non è a Serpeverde…”
“E perché dovrebbe?” lo interruppe Isabel.
“Già, Olivier, avranno fatto di tutto perché il Salvatore del mondo magico diventasse un cavalleresco Grifondoro,” disse Morgan.
“Ma forse un ragazzino che a un anno ha sconfitto il più potente mago oscuro che il mondo abbia conosciuto si è fatto due domande sui suoi poteri e ha delle ambizioni per il suo futuro,” rispose Olivier. “Politicamente, non sfugge a nessuno di voi, credo, sarebbe stato un bel casino, avere Harry Potter tra noi Serpeverde.”
Gli altri non poterono che essere d’accordo.
“Infine, ultima ragione di giubilo, si fa per dire, per il Direttore: un primo anno relativamente numeroso e che comprende un nome parecchio prestigioso.”
“Malfoy,” chiosò senza necessità Isabel.
“Credo che mio padre faccia affari con i Malfoy,” disse Liam
“È quel biondino, no?” chiese Will, sporgendosi a guardare. “Ha una faccia odiosa,” commentò.
“È un piccolo bastardello presuntuoso, arrogante e con la bocca larga,” convenne Olivier. “Ma suo padre e Piton sono amici dai tempi della scuola: Piton è il suo padrino.” Olivier fece una pausa, come colpito da un pensiero improvviso. “Speriamo che non diventi il suo nuovo studente preferito…” insinuò, fissando Euriale.
Lei lo fissò a sua volta, pensando di avvertire un pizzico di gelosia nelle sue parole.
“Ops! No, niente letture gratuite, signorina.” Olivier si scostò da lei e si alzò in piedi. “Sono interessante e di intrattenimento, dovrei farvi pagare per il piacere della mia compagnia…”
Morgan si alzò ridendo: “Sono altre le compagnie per cui pagherei!”
Euriale continuò a scrutare Olivier.
“Vero che è un po’ strano?” le chiese Isabel.
“Già. È stato gentile con te,” rispose Madeline.
Isabel annuì: “Quest’estate è stato in viaggio con i suoi amici e ci siamo visti poco, ma quelle poche settimane è stato di umore molto altalenante…”
Euriale si strinse nelle spalle: “Forse è solo l’idea di affrontare l’ultimo anno. Può essere stressante. Però è curioso che si sia accorto che volevo sondarlo…”
“Non immaginavo che Piton potesse essere il padrino di qualcuno,” commentò Will, che ancora fissava i Serpeverde del primo anno.
“Io non immaginavo neppure che avesse degli amici,” ribatté Madeline.

“Non posso credere di essermi messo questo cappio al collo da solo,” gemette Liam in sala comune, davanti ai compiti di Aritmanzia.
Lui, Isabel e Madeline erano alle prese con schemi e diagrammi complessi e metà delle istruzioni erano in latino.
“Avresti dovuto scegliere Divinazione, te l’avevo detto,” gli rispose Will, che stava inventando sogni da interpretare per la successiva lezione con la professoressa Cooman.
“Ma mi serve, Aritmanzia,” ribatté Liam. “Dovrò servirmene, quando amministrerò la nostra casa e tutte le proprietà.”
Isabel annuì: “È indispensabile, per noi. Anche tu avresti dovuto sceglierla, Will. Cosa farai quando sarai capofamiglia?”
“Vi chiederò aiuto? Assumerò qualcuno? Non lo so, ma non ho tempo per quella roba…” scrollò le spalle.
Cura delle Creature Magiche era molto più interessante, e anche utile, visto che loro possedevano allevamenti magici. Divinazione invece era inutile, ma facile e leggera, dato che la Cooman non chiedeva altro che ascoltassero i suoi discorsi e le sue predizioni del futuro, quanto mai tragico (aveva predetto ai Tassorosso la morte di qualcuno che amavano, e poteva sembrare inquietante, ma Will immaginava che i dolci Tassorosso amassero tutti le loro anziane, dolci bisnonne…); per quanto riguardava quello che lui  avrebbe dovuto prevedere del futuro in classe, diciamo che gli si offriva una buona ragione per raccontare, descrivere e creare suggestioni: tutte cose che era bravo a fare e che lo divertivano. Il suo diario dei sogni in realtà era una raccolta di versi e canzoni in stile profetico, in cui imitava il gruppo magico Blind Guardian.
Euriale e Isabel prendevano Divinazione un po’ più sul serio, e difatti il loro diario dei sogni stava sui loro comodini, dove era facile da raggiungere per annotare i sogni fatti poco prima dell’alba, in cui l’occhio della mente è più aperto, e più portato a Vedere.
Euriale stava studiando Antiche Rune.
“Potrebbe essere utile se vorrò specializzarmi in lingue magiche,” aveva detto. “Ed è magia molto antica, le rune erano molto utilizzate nei tempi antichi…”
“Molti misteri devono ancora essere svelati, negli insediamenti magici più antichi, ormai abbandonati,” aveva aggiunto Madeline, anche lei affascinata dalla materia.
“Misteri da svelare? Vorrai dire tesori da trovare!” aveva ribattuto Isabel.
La sua famiglia possedeva moltissimi terreni, in tutto il mondo: aree che venivano concesse in locazione ai folletti, che le facevano frugare in lungo e in largo dai loro Spezzaincantesimi alla ricerca di tesori o manufatti pregiati. Ovviamente, i canoni di locazione erano fissi, e i risultati aleatori.
Tutti vennero interrotti dal vociare degli studenti del primo anno.
“Fatela finita!” ringhiò loro Liam, di cattivo umore.
“Vacci piano, War,” lo riprese blandamente Madeline.
“Che hanno da lagnarsi?” chiese Euriale.
“Harry Potter ha ricevuto un manico di scopa,” rispose Will.
“Agli studenti del primo anno non è permesso avere manici di scopa personali!” insorse Liam.
“Pare che ci siamo delle circostanze eccezionali…” fece Will, con sarcasmo. “…perché lui è Harry Potter.”
“Non aveva affatto torto Piton, a dire che lo trattano come una celebrità.”
“Però Piton dovrebbe essere un po’ più cauto. Far vedere che lo detesta così palesemente…” cominciò Isabel.
“Dati i suoi trascorsi, potrebbe rivelarsi pericoloso,” concluse Madeline.
“Lo odia a pelle, credo che non si renda neanche conto di quanto risulti evidente per chi lo guarda da fuori,” disse Euriale, pensierosa.
“A volte uno non riesce proprio a controllarsi…” fece Liam, a voce un po’ bassa.
Euriale scosse la testa: “Non è solo arrabbiato perché lo trattano come un privilegiato…è più complesso, ma non so spiegarlo. Non ho idea di che cosa significhi,” concluse, infastidita.
Non riusciva ad afferrare la questione. Erano sentimenti troppo complicati per lei, e non aveva speranza di capirci qualcosa senza usare esplicitamente la sua empatia per sondare Piton, che le avrebbe comunque levato la pelle, se ci avesse provato.
“Credo di aver finito,” annunciò Liam, cauto.
Madeline smise di rileggere il proprio compito e cominciò a confrontarlo con quello dell’amico: “Mi sembra tutto a posto…Isabel?”
La bionda si unì alla correzione col suo lavoro.
“Se hai finito potremmo andare a suonare un po’,” propose Will a Liam, chiudendo il suo diario dei sogni.
Quell’estate lui e l’amico avevano fatto un sacco di lezioni di musica assieme e Liam si era fatto regalare una batteria: un angolo del loro dormitorio si era trasformato in sala prove.
“Sicuro,” rispose Liam. “Grazie, ragazze,” disse, riprendendo i suoi compiti da Isabel.
Madeline attaccò Antiche Rune, chiedendo a Euriale dov’era arrivata.
Isabel si mise a chiacchierare con delle ragazze del quarto anno sedute a un tavolo vicino. In capo a due minuti le ragazze vennero raggiunte dai ragazzi del loro anno, allegri e in vena di scherzare.
Madeline e Euriale alzarono gli occhi al cielo mentre Isabel scrollava i capelli e sorrideva, enigmatica e distante.
“Flint, vorrai prestarmi attenzione e non farmi incazzare, perché so che ti dispiacerebbe se cambiassi idea,” disse Tyrell Plimmswood, assicurandosi la piena attenzione di Markus Flint.
“Scusa, Plimmswood, ma non riesco a spiegarmi come ha fatto la piccola De Atienza a migliorare ancora…”
“Chiudi la bocca, coglione! Ha tredici anni e per di più suo fratello è particolarmente velenoso, negli ultimi tempi. Non voglio che ti uccida, mi servi in squadra.”
“Sì, capitano,” replicò Flint, sottomesso.
Riluttante, ma sapendo che era la cosa migliore per sé, Tyrell disse quello che doveva dire.
Flint si allontanò dopo pochi minuti al settimo cielo.
“Non posso credere che tu gli abbia ceduto il titolo di capitano, Ty,” fece Morgan. “Non vuoi provare da professionista, il prossimo anno, come Higgs?”
“Appunto per questo. Voglio solo pensare a giocare bene e a ottenere buoni MAGO. Non si gioca a quidditch tutta la vita.” Gli rispose Tyrell.
“Ma rinunciare a guidare la squadra cosa dirà a un talent scout?”
“Che posso anche essere umile. Può aiutare nel gioco di squadra, sai? E spesso i giocatori che arrivano da Serpeverde mollano, come professionisti, perché non sono disposti a fare gavetta.”
Tyrell ci aveva pensato parecchio, e uno scout dei Cannoni di Chudley gli aveva detto le medesime cose.
“Sai, non è tanto che Olivier sia più velenoso del solito,” riprese Morgan, pensieroso. “È sempre stato stronzo e se n’è sempre fottuto se quello che diceva feriva qualcuno, ma ultimamente dà delle vere e proprie coltellate. E se qualcuno si offende o ci rimane male si incazza, perde la pazienza. O se ne va piantando tutto lì. Credo che Ophelia sia quasi al limite.”
“Lo so,” borbottò Tyrell Anche lui aveva subito lo strano comportamento dell’amico. “Quindi eviterò di peggiorare le cose, e terrò i miei giocatori lontano da Isabel.”
“Ah, sono lo stesso i tuoi giocatori?” rise Morgan.
“Chi devi tenere lontano da mia sorella?” chiese Olivier, arrivando all’improvviso.
Tyrell sobbalzò: “Ehi…i ragazzi della squadra…”
“Fatica sprecata. Tempo un paio d’anni e tutta la scuola vorrà scoparsi tua sorella,” fece Morgan a Olivier, con un sorrisetto.
Olivier poteva essere più stronzo del solito, ma non per questo lui si sarebbe morso la lingua.
Ma Olivier liquidò la faccenda con un gesto della mano: “Non mi intrometto nelle sue faccende.”
Tyrell e Morgan si scambiarono un’occhiata dubbiosa.

Le cose non potevano andare peggio. O forse era un bene che il ragazzo non gli riportasse costantemente alla mente il dolore per la perdita di Lily.
In Sala Grande, la sera dello Smistamento, il ragazzo gli era sembrato la copia perfetta di James Potter. Piton non si era stupito che fosse finito a Grifondoro: la palese soddisfazione di Silente e della McGranitt era irritante, ma affatto inaspettata.
Aveva cercato di non pensare più di tanto alla faccenda, fallendo miseramente. Aveva ripensato più spesso alla notte di ottobre in cui erano morti i Potter in quella settimana che in tutto l’ultimo anno. Né era riuscito a impedirsi di sognare che le cose fossero andate diversamente, come un adolescente in lutto. Quanto cose sarebbero state diverse, se il Signore Oscuro non avesse trovato i Potter; se Lily fosse stata risparmiata; se avesse avuto una figlia, invece del ragazzo.
Ma il passato, e il presente, non cambiavano, per quanto lui lo desiderasse. Harry Potter somigliava al padre, era a Grifondoro, era un bambino qualunque, per lui.
Poi, alla sua prima lezione, aveva pensato che tanto valeva fargli capire da subito che da lui non doveva aspettarsi alcuno sconto, per essere il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto. Lo aveva guardato, per la prima volta da vicino, e aveva visto gli occhi di Lily.
C’era in lui qualcosa di sua madre? Doveva essere impazzito, per sperare una cosa del genere.
Una volta interrogato, Potter si era rivelato (prevedibilmente) tutto figlio di suo padre: presuntuoso, ignorante e convinto che tutto gli fosse dovuto. Non aveva nemmeno un’oncia del talento di sua madre per le pozioni, né il minimo interesse per la materia.
Ma, di nuovo, perché si era aspettato qualcosa di diverso? Se l’unico influsso della famiglia di Lily sul ragazzo era stato quello di Petunia Dursley, Piton era pronto a detestarlo da qui alla fine dei giorni.
Oltretutto, per quanto vedere il ragazzo ogni giorno, per quanto veder gli occhi di Lily su quella copia di James Potter, trattato come un principe senza averne alcun merito, proprio come suo padre, fosse stressante e lo facesse schiumare di rabbia, non era l’evento peggiore che si stesse verificando ad Hogwarts in quei giorni.
Se l’anno prima le voci sul ritorno dell’Oscuro Signore gli erano sembrate le solite chiacchiere superstiziose, ora, alla luce del tentativo di furto alla Gringott di quell’estate, esse assumevano un’eco ben più sinistra.
Occorreva un incredibile potere per penetrare nella banca dei folletti, ed anche il mago della strada si concedeva di indugiare nella paura per un attimo e pensare che dietro ci fosse il Signore Oscuro, prima di allontanare quella riflessione come troppo spaventosa.
Piton era certo che non potesse trattarsi del Signore Oscuro, quantomeno non di lui in persona.
Intanto, che avesse ancora un ‘persona’ era oggetto di dibattiti da lunghi anni; secondo, se fosse stato in grado di muoversi indisturbato per Londra e il mondo magico, i suoi ex-seguaci ne avrebbero avuto un’inequivocabile conferma.
Ma tutto questo non escludeva che avesse degli alleati, qualche leccapiedi a cui passare le conoscenze necessarie a procurargli quello che voleva. E quello che voleva, Silente lo aveva fatto portare ad Hogwarts, con provvidenziale tempismo.
Sull’opportunità di tenere una pietra filosofale in una scuola zeppa di ragazzini (e fra tutti anche Harry Potter), Piton aveva parecchio da ridire.
Almeno, il Preside aveva avvertito i Direttori delle Case, e aveva chiesto a ciascuno di creare una difesa per proteggere il luogo in cui la pietra era custodita.
Di nuovo, annunciare a tutta la scolaresca che il corridoio del terzo piano era off-limits non sembrava il modo più adatto ad assicurare che l’accesso al nascondiglio della pietra restasse segreto. Non avrebbe avuto importanza se il Signore Oscuro e il suo burattino fossero stati lontani dalla scuola. Ma Piton aveva un brutto presentimento e un orribile sospetto.
Silente aveva raccolto voci sulla possibilità che il Signore Oscuro si nascondesse in Albania, e l’unico nuovo membro dello staff della scuola era Raptor, di ritorno da un viaggio di ricerca nei Balcani, niente affatto lontano.
Raptor, scomparso per quasi un anno nelle foreste magiche dei Balcani senza dare sue notizie neppure al suo mentore, Grawely.
Raptor, ritornato in Gran Bretagna poco tempo prima dell’effrazione alla Gringott, con una strana balbuzie e bizzarre manie superstiziose.
Raptor, che Heartilly scrutava sempre con espressione scontenta, come se lo trovasse indecifrabile.
Piton aveva tutte le intenzioni di tenerlo d’occhio, anche senza il suggerimento di Silente.

Tra le eccitanti novità del terzo anno, c’erano le visite ad Hogsmeade. I Serpeverde aspettavano con ansia la prima, che sarebbe stata qualche giorno prima di Halloween. Era piacevole l’idea di avere qualcosa da fare, ora che non c’erano più gli incontri di duello con Vitious, e soprattutto era piacevole l’idea di uscire dal castello e poter frequentare un borgo magico, completamente abitato da maghi e streghe, nonché luogo di ritrovo per tutte le creature magiche dell’Inghilterra del Nord.
Isabel non vedeva l’ora di uscire da scuola e poter indossare qualcosa che non fosse la divisa.
“C’è un sacco di gente che non vede l’ora di vederti con addosso qualcos’altro,” le rispose Madeline.
Isabel buttò all’indietro i capelli: “Seccatori.”
A quanto pareva, diversi ragazzi erano anche interessati a sapere se sarebbe andata ad Hogsmeade con qualcuno in particolare, ma lei aveva sempre risposto che ci sarebbe andata con ‘gli amici’.
A scanso di equivoci, il sabato mattina in cui era prevista la gita, gli studenti del terzo anno uscirono assieme agli altri compagni di Casa e si separarono da loro solo in vista del borgo.
“Da cosa cominciamo? Ufficio postale o Mielandia?” chiese Will, eccitato.
“Da Zonco!”
“No, dalla Stamberga Strillante!”
“Dicono che sia il luogo più infestato della Gran Bretagna…” fece Madeline.
“È quella casa diroccata dall’altro lato del paese…” indicò Liam.
“Come fa ad essere il luogo più infestato della Gran Bretagna? Voglio dire, ad Hogwarts ci sono centinaia di fantasmi. Devono stare parecchio pigiati, in quella casetta,” obiettò Will, dubbioso.
“Dev’essere un’iperbole per attirare i turisti.”
“Dai, andiamo a vedere!” insistette Isabel, afferrando Euriale per un braccio.
Attraversarono il paese guardando le vetrine, ma senza entrare in nessun negozio, anche se Mielandia li attirò come mosche.
“Al ritorno possiamo pranzare qui?” propose Liam.
Arrivarono in vista della Stamberga Strillante. Il sentiero faceva una piccola deviazione verso la casa, poi proseguiva sulle colline brulle. I ragazzi lasciarono la strada e si avvicinarono alla staccionata di legno che circondava l’edificio. Un cartello ribadiva che li si trovava la più alta concentrazione di fantasmi del paese.
“Un po’ deludente…” commentò Will, sbirciando le finestre sbarrate e il tetto cadente. “Non si sente nulla.”
“Che dovremmo sentire?”
“Non so. Gemiti, urla?”
“Tu percepisci qualcosa, Euriale?” chiese Madeline.
Lei scosse il capo: “No. Non credo che lì dentro ci siano dei fantasmi…”
“Forse dovremmo dare un’occhiata da più vicino!” suggerì Isabel con entusiasmo. Fece un sorrisetto a Liam: “Ci stai?”
Liam scosse le spalle e sorrise anche lui: “Ok, perché no?”
Si arrampicarono sulla staccionata. Liam saltò giù senza difficoltà, poi diede la mano a Isabel, che doveva tenere un po’ sollevata la gonna per non pestarla.
“Fate sul serio?”
“Che scemi!”
Sentirono gli altri, ma con un’occhiata di intessa si avviarono decisi verso la casa.
“Non credo proprio che vedremo un fantasma,” le disse Liam.
“Oh, neanch’io. Ma potremmo fare uno scherzo agli altri: girare l’angolo, fare rumore e urlare!”
Arrivati alla facciata principale sbirciarono tra le assi inchiodate sulle finestre.
“Qualcuno ha fatto un bel casino, lì dentro. È tutto a pezzi!” disse Liam.
Fecero il giro, arrivando sul retro dell’edificio. Lì il terreno era in parte smottato e solo Liam era abbastanza alto da guardare dentro.
“Anche qui le stanze sono un disastro.”
“Aspetta, voglio vedere,” fece Isabel, salendo su una vecchia cassa.
Il legno marcio cedette sotto il suo peso e lei mandò uno strillo, perdendo l’equilibrio. Si aggrappò alle spalle di Liam e lui la sollevò per la vita, depositandola a terra lontano dai resti della cassa.
“Ops!”
Si guardarono e poi scoppiarono a ridere, sentendo gli amici chiamarli, allarmati dal frastuono.
“Non avete visto niente, vero?” chiese Madeline mentre tornavano in paese.
“No, no! Abbiamo visto un fantasma spaventoso!” rispose Isabel e Liam rise.
Avevano provato a spaventare gli altri, ma tutte le volte che si guardavano cominciavano a sghignazzare.
“Ehi, guarda, George! Ci sono Guerra, Pestilenza, Fame, Morte e Fashion!”
I gemelli Weasley e Lee Jordan arrivarono sul sentiero dalla direzione opposta.
“Chi si vede: Weasley, Weasley, Weasley, Weasley e altri Weasley. Tutti gli altri sono rimasti al castello?” li salutò Liam.
“Sempre battute sul nostro numero, stai diventando ripetitivo, War.”
“Hai ragione. Probabilmente me ne stancherò prima di riuscire a farne una a ciascuno di voi…”
“A volte ho l’impressione che abbia un cervello…” fece Fred Weasley.
“…ma poi lo vedi a lezione, lo so!” rispose George Weasley.
“Avete visto la Stamberga Strillante? Non fa troppa paura, per voi?” chiese Jordan.
“Sì, direi che vivere in quella topaia richiederebbe del coraggio,” rispose Isabel. “Sarebbe perfetta per la vostra famiglia,” concluse, rivolta ai gemelli.
Liam rivolse a tutti un sorriso soddisfatto e seguì Isabel verso la strada principale di Hogsmeade.
“Erano in sintonia, Guerra e Fashion, oggi,” commentò Fred Weasley.
“Già,” replicò Euriale, “hanno anche scavalcato la recinzione per esplorare la Stamberga.”
“Non potete essere da meno!” disse Will ai tre Grifondoro. “Noi invece credo andremo a pranzo,” concluse sbadigliando.
Offrì un braccio a Euriale e uno a Madeline e tutti e tre seguirono gli amici verso il borgo.
Finirono davvero per pranzare da Mielandia, con cioccolata calda e zuccotti di zucca, e acquistarono una caterva di dolci da portare a scuola.
Dopo visitarono l’ufficio postale.
“È come la voliera di Hogwarts, ma…più incasinata!”
“Più ordinata!” commentarono contemporaneamente Will e Liam mentre decine e decine di gufi planavano sopra di loro, raccogliendo lettere e pacchi da appositi smistatori.
Passarono poi al negozio di scherzi, dove curiosarono per quasi un’ora. Mentre i ragazzi davano un’occhiata a Mondo Mago, le ragazze fecero shopping in una boutique da strega.
“Anche se non è proprio come Londra…” sospirò Isabel.
“O Parigi,” le fece eco Euriale.
Madeline le prese in giro a dovere.
Si ritrovarono tutti davanti ai Tre Manici di Scopa, dove incrociarono i Serpeverde di sesto e settimo anno.
“Entrate qui?” chiese Madeline a suo cugino.
Tyrell scosse la testa: “Andiamo alla Testa di Porco.”
“Cos’è?”
“Il pub in fondo al paese. Non è posto per ragazzini, è pieno di gentaglia.”
“O lo sarò presto!” fece uno dei Serpeverde. I suoi amici risero.
Isabel occhieggiò cupamente suo fratello, che pareva nervoso e irritato. Lui se ne accorse e le diede le spalle, incamminandosi. Tyrell fece una smorfia, a disagio.
“Finiremo per fare a botte, me lo sento,” borbottò seguendo il gruppo.
“Possiamo entrare? Comincia a far freddo,” disse Liam.
Entrarono nel locale e notarono Ophelia con un paio di amiche di Tassorosso.
“Perché non sei con gli altri?” le chiese Will quando andarono a salutarla.
“Oh, avevo bisogno di una pausa,” rispose lei, con un sorriso non troppo brillante.
Euriale diede una gomitata a Will. Lasciarono in pace Ophelia e passarono il resto del pomeriggio a chiacchierare al caldo bevendo burrobirra. I ragazzi si misero a parlare di quidditch: il sabato successivo si sarebbe giocata la partita Serpeverde-Grifondoro.
Era stata decisamente una buona giornata.
“E giovedì è Halloween!” fece Will, mentre si avviavano al castello. “Domani devo aiutare Kettleburn con i pipistrelli per le decorazioni della Sala Grande.”
“Non vedo l’ora di vederle,” rispose Euriale.
“La lezione di Astronomia sarà cancellata, visto che c’è il banchetto!” disse Isabel.
“Metterai il tuo vestito nuovo?” le chiese Madeline.
“Può darsi. E se ci travestissimo?”
Madeline sorrise: “Non penso ne avremo il tempo.”

“Alla buon’ora, ragazze!” esclamò Will, quando finalmente vide le amiche entrare in sala comune.
Era incredibile quanto tempo occorresse loro per vestirsi. Persino Liam, che secondo Will sprecava una quantità di tempo assurda per essere sempre in ordine, non aveva impiegato più di venti minuti per scendere.
Will aveva suonato un po’, poi si era messo a parlare di musica con un paio di ragazzi del secondo anno, fino all’arrivo delle ragazze.
“Liam?” chiese Madeline.
“Ha detto che andava a fare un saluto alla Chips. Credo volesse evitare altre riunioni della squadra,” rispose Will, alzandosi.
“Altre riunioni? Che possono avere da dirsi, ancora?” chiese Isabel, stizzita.
Il giorno prima c’erano stati gli allenamenti e dopo il nuovo capitano aveva trattenuto tutti i giocatori per un’ora.
Will allargò le braccia: “Ha detto che ci raggiunge in Sala Grande. Andiamo?”
Notò l’occhiata penetrante di Euriale e il modo in cui Isabel scosse la chioma; Madeline si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, in un gesto timido.
“Oh,” fece Will, e rivolse loro un largo sorriso, “vi ho già detto che state benissimo?”
Liam li raggiunse poco dopo che si furono seduti.
“Come sta Madama Chips?” gli chiese Isabel, facendogli posto.
“Uh, bene,” rispose lui.
Euriale lo sentì nervoso e felice allo stesso tempo e gli scoccò un’occhiata indagatrice. Liam la notò e arrossì leggermente.
“Madama Chips era occupata,” raccontò Liam. “Due Grifondoro del secondo anno hanno cercato di catturare un po’ di pipistrelli, forse per fare uno scherzo, oggi pomeriggio. Sono coperti di graffi e morsi e devono prendere una pozione terribile per scongiurare il rischio di prendere la rabbia.”
Tutti risero, anche Will che aveva rischiato di fare la stessa fine quella domenica, aiutando Kettleburn e Hagrid a catturare i pipistrelli dalla Foresta Proibita.
Avevano appena smesso di ridere quando il professor Raptor entrò di corsa in Sala Grande, attirando l’attenzione generale.
“Ehi, che gli prende?”
L’uomo, col fiato corto e il turbante di traverso si avvicinò a Silente: “C’è un Troll nei sotterranei…ho pensato che doveste saperlo…” e si accasciò davanti al tavolo dei professori.
Dopo un istante di sbigottito silenzio, tutti gli studenti cominciarono a vociare, in preda al panico.
Con difficoltà, Silente riuscì a ottenere il silenzio: “Prefetti, riportate immediatamente gli studenti ai loro Dormitori, presto!”
Il tavolo di Serpeverde (e quello di Tassorosso, se è per questo) rimase senza parole per un attimo.
“Cosa ha detto?”
“Ma è impazzito?”
“Questo sì che dimostra il cazzo che gliene frega di…”
Silente e tutti gli insegnanti lasciarono la Sala Grande diretti ai sotterranei, tranne per la professoressa Sprite e Piton, che raggiunsero i loro studenti.
I Prefetti Serpeverde si affollarono intorno al Direttore: “Professore, il Preside…”
“Lo so!” ringhiò Piton. “Ovviamente, nessuno di voi si muove di qui, finché non vengo a dirvi diversamente. Mi aspetto che i Prefetti mantengano l’ordine.”
Si voltò e uscì dalla Sala. La Sprite lo seguì dopo circa un minuto, mentre Grifondoro e Corvonero si dirigevano alle Torri.

‘Un Troll che entra da solo nei sotterranei di Hogwarts?’ si disse Piton, affrettandosi al terzo piano. ‘Sì, certo, e il cappello parlante voleva mettere me a Tassorosso!’
Era sicuramente un diversivo. Dopo aver parlato con gli studenti aveva cercato Raptor: era sparito piuttosto in fretta, per essere un uomo appena svenuto dal terrore. Doveva essere diretto al terzo piano, per raggiungere la pietra filosofale.
Anche se le prove dei Direttori avrebbero dovuto bloccarlo, Piton era ben deciso a coglierlo sul fatto e a interrogarlo una volta per tutte usando del Veritaserum, visto che con la Legilimanzia non aveva ottenuto risultati.
Con la bacchetta pronta, aprì la porta che dava al corridoio del terzo piano ed entrò.
Si immobilizzò, pietrificato dal terrore, trovandosi davanti un’enorme bestia pelosa e ringhiante. Per un attimo pensò che potesse trattarsi di un Lupo Mannaro, ma presto altre due teste si voltarono verso di lui e nonostante lo shock Piton capì che si trattava di un cerbero.
La bestia latrò, la bava che colava fino al pavimento, poi una delle teste schizzò in avanti, azzannandogli una gamba. Piton perse l’equilibrio, ma il dolore lo fece tornare in sé e colpì l’animale in mezzo agli occhi con uno ‘Stupeficium’. Quello si ritrasse uggiolando, ma subito si slanciò verso di lui con nuova furia, dandogli appena il tempo di alzarsi.
“Diffindo!” gridò Piton, provocando una ferita sul muso della bestia che la fece indietreggiare ringhiando.
Piton arretrò a sua volta, cercò a tentoni la porta alle sue spalle e fuggì fuori. Richiuse la porta e la sbarrò con la magia.
‘Cosa diamine era quella cosa!’
Diede un’occhiata alla sua gamba e con una smorfia bloccò l’emorragia che rischiava di farlo svenire.
Chi era il responsabile di quel mostro? Kettleburn? No, Hagrid, ci avrebbe scommesso! Sentì un incredibile frastuono provenire dall’altro capo del corridoio e corse a investigare.

“Di sicuro è stato un Halloween movimentato,” disse Liam a mezza voce in sala comune.
Quando dopo una mezz’ora di attesa Piton era tornato e aveva sbrigativamente detto loro che il Troll era stato messo fuori combattimento e allontanato dalla scuola, tutti si erano mossi per tornare nei sotterranei, dove avevano potuto continuare i festeggiamenti per la notte di Ognissanti. Le chiacchiere sull’avvenimento della serata non si erano ancora spente.
“Naturalmente informerò mio padre della faccenda. Come membro del Consiglio scolastico, deve essere informato del disastroso stato della sicurezza, qui! Quel vecchio bacucco di Silente non è più all’altezza del suo ruolo, mio padre lo dice da anni. Non è solo il Troll, sapete, basta guardare la gente a cui è permesso…” blaterava da quelle che sembravano ore Draco Malfoy, con aria di importanza.
I ragazzini del primo anno lo ascoltavano, qualcuno affascinato e altri annoiati, ma nessuno gli diceva di darci un taglio. Per loro era stata una magnifica avventura, soprattutto perché il pericolo era rimasto ben lontano da loro. L’idea di contare così poco, nella mente del Preside e di molti insegnanti, non sembrava colpirli. Per gli studenti più grandi, era una cosa da prendere sul ridere, ora.
“Andiamo, ragazzi, a Silente e alla McGranitt è sempre importato solo dei loro preziosi Grifondoro, e del loro ancor più prezioso Harry Potter, adesso…” diceva Olivier con un sorriso indifferente.
“Non manca molto prima che ci usino per sfamare le creature della Foresta Proibita,” scherzò una ragazza. “Oh, aspettate: Kettleburn ha già iniziato!”
“Meglio perdere un Serpeverde, piuttosto che un altro dito!”
“Loro possono anche fare i cinici e scherzarci su, ma onestamente io sono molto disturbata da quello che è successo,” disse Euriale, mordendosi un labbro. “Non gli importa davvero nulla, di noi. Silente non si è neanche reso conto di aver detto un’idiozia. Un’idiozia pericolosa.”
“Be’, non è che se Piton non fosse venuto a dirci di restare lì noi ci saremmo precipitati nei sotterranei e addosso al Troll…” ribatté Will, senza troppa convinzione.
“Pericolosa nel senso che ha rivelato i suoi veri pensieri riguardo a noi, o a Tassorosso. Siamo sacrificabili senza doverci pensare,” spiegò Madeline.
Si guardarono l’un l’altro: nessuno li aveva mai considerati meno che importanti. Erano figlie amate, giovani rampolli, unici eredi. Ricettacoli di aspettative, speranze, ambizioni, ricordi. L’idea che il loro valore come persone non fosse assoluto era alquanto destabilizzante.
Malfoy continuava a sproloquiare.
“Prefetto!” chiamò Isabel. “Perché non li mandi a letto?” implorò, imbronciata.
Ai Serpeverde del primo anno fu presto consigliato di ritirarsi nelle loro camere.


Note:
Devo ammettere che non mi è mai stato chiaro in cosa consistesse Aritmanzia: da qualche parte ho letto che si tratta di una tecnica matematico-numerica per prevedere il futuro, altrove che ha a che vedere con l'invenzione degli incantesimi. Poco cambia, per i personaggi, sia che si tratti di prevedere quando sarà il momento più favorevole per concludere un affare, o che serva loro per imparare a stipulare contratti magici vincolanti...quindi, passatemi questo momento di ignoranza, per favore!
   
 
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