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Autore: _Agrifoglio_    29/07/2017    8 recensioni
Si tratta di un racconto molto breve, in soli quattro capitoli, che rivisiterà, fra il serio ed il faceto, uno dei punti di svolta della trama e che rappresenterà, per André, il momento di non ritorno, la grande scelta della sua vita.
Genere: Introspettivo, Satirico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Luigi XV, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non avrai altro Dio all'infuori di Me

– Dimmi, André, anche tu ti sei preoccupato per me, non è vero? – gli aveva domandato Oscar, ridendo, non appena si era destata – Tu sì che sei stato fortunato, hai scampato la morte nonostante tu abbia messo a repentaglio la vita della Principessa!
– Non prenderti gioco di me, Oscar! – aveva pensato lui, di rimando, ma senza osare aprir bocca – Giuro che, un giorno, se sarà necessario, darò la mia vita per te, come tu sei stata capace di fare per me, ieri. E’ un impegno solenne quello che prendo con te, Oscar. Un giorno, se il destino lo vorrà, sacrificherò la mia vita per te. Te lo giuro, Oscar!
André ripensava a queste frasi ed a quanto si era svolto, durante le ultime ore, nelle loro esistenze, interrogandosi sull’effettiva portata di quell’impegnativo e solenne giuramento che gli era uscito spontaneo dal cuore, ma che non aveva avuto il coraggio di pronunciare ad alta voce.
Non era mai stato così vicino alla morte e l’intuito gli suggeriva che quella non sarebbe stata l’ultima volta.
Ripensava anche al modo in cui Oscar aveva guardato il Conte di Fersen, quando erano tutti e tre inginocchiati davanti al Re, e, più ci rifletteva, meno la cosa gli piaceva.
Seduto sul suo letto, con la testa fra le mani, stava facendo i conti con un principio di cefalea, naturale corollario di una giornata che definire intensa sarebbe stato riduttivo oltre che del calo di tensione seguito al ridestarsi di Oscar.
Sua nonna era stata affaccendata per l’intero giorno, finché non si era assopita accanto alla malata. Il Generale de Jarjayes si era trovato, tutto il tempo, in bilico fra l’orgoglio per la condotta della figlia e l’apprensione per la di lei salute mentre Madame de Jarjayes aveva brillato per la sua assenza.
Ma quello che aveva dato da fare più di tutti, a parte la malata, era stato il Conte di Fersen, alle prese con i postumi della rivelazione della femminilità di Oscar. Il poveretto non se ne voleva capacitare, malgrado fossero passati diversi mesi dal primo incontro in occasione di quel ballo a Parigi e la loro frequentazione alla reggia fosse stata pressoché quotidiana. Poteva affermarsi, oltre ogni ragionevole dubbio, che il Conte di Fersen padre non aveva fatto un grande investimento mandando suo figlio a studiare in giro per l’Europa.
Era cominciato tutto con il rifiuto del giovane gentiluomo di abbandonare la camera di Oscar, quando il Dottor Lassonne aveva iniziato a visitarla.
– Siamo fra uomini, suvvia! Non c’è bisogno che ce ne andiamo, procedete!
Il suo diniego era stato così insistente che persino la vecchia Marie si era spazientita e dire che ce ne voleva di impegno per indurla a perdere le staffe con un nobile!
La prima rivelazione non era stata sufficiente, perché quello non demordeva.
– Ma come, una donna che è stata allevata come un uomo e che, adesso, è un uomo e che tale rimarrà per sempre, ammesso che viva? No, André, mi sto perdendo, ma è donna o uomo?
Ed André, munito di santa pazienza, aveva spiegato e rispiegato al Conte gli effetti dell’eccentricità del Generale e della stessa Oscar, ma la lectio magistralis non doveva essere stata del tutto chiarificatrice, perché lo svedese pareva avere ancora un punto interrogativo al posto del volto.
– Eh sì, non sarà un grande rivale, dopo tutto…. Un grande rivale? Ma cosa sto dicendo?!
André si strinse ancora di più la testa fra le mani, quando vide, buttati in un angolo, i suoi vestiti, ridotti in brandelli, che si era tolto qualche ora prima, per farsi medicare da sua nonna. Rivide anche la nonna intenta a lavargli ed a disinfettargli le molteplici escoriazioni, conseguenza dell’essere stato trascinato, per metri e metri, dal cavallo imbizzarrito.
– Sei un grande mascalzone – gli aveva detto, con voce querula ed irata, la quasi ottuagenaria – hai messo in pericolo le vite della Principessa e di Madamigella Oscar! Devi solo reputarti fortunato di conservare ancora tutti i denti in bocca, di avere un Re ed una Principessa tanto magnanimi e, soprattutto, che io abbia lasciato il mestolo giù in cucina! – e, mentre diceva questo, la povera vecchina tratteneva a stento i singhiozzi.
Si rivide trascinato dal cavallo, dolorante ed inerme, malgrado Oscar lo avesse esortato, più e più volte, a lasciare andare le briglie e, d’un tratto, ebbe la fulminea rivelazione che sarebbe stata la sua immensa testardaggine a condurlo alla rovina.
Una voce, dal profondo dell’anima, d’improvviso, gli urlò:
– Salvati, André, sei ancora in tempo!
– In tempo per cosa? Non capisco!
– Non fingere di non capire! C’è sempre un punto prima del quale ci si può fermare ed invertire la rotta. E’ a forza di rimuginare che un’idea diventa chiodo fisso, che un’inclinazione sfocia nel sentimento e che un’affezione si tramuta in passione. Sei ancora in tempo per tornare indietro!
– Tornare indietro? E dove? Io non ho una casa, una famiglia, un nido cui fare ritorno. Lei è la mia casa, la mia famiglia, il mio mondo. Senza di lei, non c’è vita.
– Non fare lo sciocco, André! Si vive di realtà e non di fantasia.
– E di quale realtà dovrei vivere? Di quella in cui sono morti i miei genitori? Di quella che potrebbe disarcionarmi in qualsiasi momento, come un cavallo imbizzarrito, gettandomi a terra con le ossa rotte? Mille volte meglio un sogno irrealizzabile di cui lei sia la protagonista.
– Il Generale ti è affezionato, André, chiedigli di farti proseguire gli studi, non te lo negherà!
– Bene, dovrei andare alla Sorbona e diventare Avvocato o Medico, come il Dottor Lassonne oppure Architetto o Ingegnere? Anzi, potrei entrare in seminario e divenire un panciuto e rubicondo Parroco di campagna oppure rinchiudermi in un convento, tanto la povertà, l’obbedienza e la castità già le pratico! La verità è che, se anche massimo fosse il mio impegno, qualsiasi posizione dovessi raggiungere non sarebbe mai abbastanza per essere degno di lei e chiedere la sua mano!
– Lei è nobile e ricca e, per quanto strana, troverà sempre soddisfazione in una vita che le piace e protezione in una posizione sociale inattaccabile. Tu, invece, devi difenderti da solo e, se non lo farai, lei ti fagociterà e finirai alla deriva.
– Lei ha bisogno di me, lei non può stare senza di me!
– Sei tu che hai bisogno di lei, come un ubriaco del vino ed un ferito del laudano. Lei non ha bisogno di te e vedrai che, presto o tardi, se la caverà egregiamente da sola.
– Tu menti!
– Vuole vivere come un uomo.
– A me piace per quello che è.
– Ha già iniziato a guardare un altro.
– Lui non la vuole, la farà soffrire e, quando ciò accadrà, io ci sarò.
– Se, per assurdo, riuscissi ad averla, quanto durereste voi due? Diradate le coltri del sogno, accetteresti la sua realtà nuda e cruda? Le sue virtù sovrastano le tue ed i suoi difetti sono insopportabili: è prepotente, altera, dominante, incline alla furia e sentimentalmente egoista. Come marito, ti divorerebbe in un sol boccone.
– Lei è perfetta così com’è ed io sono l’uomo adatto a lei.
– E tu, invece, riusciresti a farla felice? Cosa le daresti in cambio dei castelli, delle terre, del rango, della carriera militare che dovrebbe abbandonare per te? Come faresti a provvedere a lei? Pensi che una creatura così impetuosa, brillante, vulcanica, geniale troverebbe nella tua normalità e nella tua docilità pane per i suoi denti?
– Io trasformerei l’intera sua vita in una festa!
– E come, in concreto?
– Qualcosa mi inventerei e, poi, non sono affari tuoi!
– Sei un giovane intelligente, istruito ed in buona salute ed hai fatto fronte in maniera più che decorosa alla tua condizione di orfano, privo di mezzi di fortuna. Non pensi che, anziché appiattirti su sogni inconsistenti, invece di desiderare troppo che è come non desiderare affatto, dovresti impegnarti in modo fattivo e realistico per mettere a frutto queste tue doti anche per rispetto verso chi è malato, povero, solo o, più semplicemente, afflitto da problemi ben più gravi dei tuoi?
– La vita, l’intelligenza, la salute, l’istruzione sono mie e ne faccio l’uso che ritengo più opportuno. Voglio metterle a servizio della persona migliore della Terra. Che male c’è?
– Oggi, ti è stata donata la tua vita una seconda volta e ti assicuro che ciò non avviene tutti i giorni. Non fare getto di questo dono che potrebbe non ripresentarsi, ma festeggialo, cambiando atteggiamento e mentalità!
– Chi ha detto che il mio atteggiamento e la mia mentalità siano sbagliati? Chi può prevedere, all’inizio di un viaggio, se esso sarà proficuo o fallimentare?
– Ti rovinerai con le tue mani, André! Perderai la salute, la vita, finanche l’anima, dietro ad una chimera o, peggio, ad un’ossessione! Hai già cominciato adesso, prendendo in antipatia la Principessa, con la scusa che è immatura e lontana dalla povera gente. La verità è che tu non sopporti che lei si dedichi a qualunque altro essere umano diverso da te. A tuo giudizio, dovreste esserci soltanto voi due, come quando eravate piccoli!
– Meglio anelare a lei ed impazzire che fare a meno di lei e rinsavire!
– Fai come vuoi, André. Il mio compito è soltanto quello di metterti in guardia e termina qui. Salvarti o perderti spetta alla tua volontà che, purtroppo, da quel che vedo, è influenzata da un animo alquanto esaltato ed autolesionista. Peccato, saresti stato un brav’uomo.
La voce tacque e, nella mente del giovane, tornò il silenzio.
Continuava, nel frattempo, a stringersi la testa fra le mani, tormentando, con le dita, le ciocche dei capelli. Cosa voleva saperne quella voce? Lei e soltanto lei era la salute, la vita, l’anima, il mondo. Lei era …. Si arrestò di colpo, agghiacciato dalla blasfemia che stava per pensare e, d’un tratto, ebbe assolutamente chiaro un concetto: era stato sempre ben lieto di santificare le feste e di onorare la memoria dei suoi genitori; non rubava, non mentiva, non fornicava, neanche gli insetti uccideva, perché gli facevano pena, ma aveva passato l’intera vita, sin dai tempi del suo arrivo a Palazzo Jarjayes, ad infrangere il primo comandamento. L’acquisita consapevolezza di ciò lo fece sentire perso e, allo stesso tempo, inebriato. Convenne che avrebbe perduto la salute, la ragione, la vita, la stessa anima, dietro a questa follia. Comprese con assoluta certezza che la via di non ritorno che aveva appena imbroccato sarebbe stata fonte di sicura dannazione eppure non era in grado di sottrarvisi. La voce della sua coscienza aveva pienamente ragione e, malgrado ciò, egli aveva deciso di oltrepassare ugualmente il punto di non ritorno.
Mentre era così tormentato e confuso, gli tornò in mente l’ultima parte di quel carme latino che avevano studiato da ragazzi:
 
Otium, Catulle, tibi molestum est:
otio exsultas nimiumque gestis:
otium et reges prius et beatas
perdidit urbes.
 
Sì, era decisamente il tempo di finirla di oziare.
Stabilì di mettere da parte il suo mal di testa, le sue esigenze, i suoi desideri, in poche parole, se stesso e di recarsi da lei, nella stanza di lei, perché avrebbe potuto avere bisogno di lui.
Si augurò soltanto che, in questa sua discesa all’inferno, il mestolo di sua nonna sarebbe rimasto, il più a lungo possibile, giù in cucina.
– Sì, devo andare, Oscar potrebbe avere bisogno di me, così come il Conte di Fersen. Dopo tutto, non ha ancora capito bene! Dovrò proseguire con le spiegazioni.
Fuori, albeggiava.
 




Ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno voluto commentare i capitoli precedenti.
Questo quarto ed ultimo capitolo è quello più triste ed introspettivo, avendo come protagonista assoluto André, personaggio votato alla tragedia. L’ironia è relegata in alcuni passaggi e, non me ne vogliano il povero Conte di Fersen ed il mestolo della nonna, ma mi sono serviti per stemperare la tensione e ricondurre la narrazione su binari meno drammatici. Premetto che il Conte di Fersen è un personaggio che io reputo positivo, con un’intelligenza spiccata, sebbene rivolta ad elaborare soltanto quello che gli si presenta davanti e poco incline alle dietrologie. In questo capitolo, però, mi serviva un personaggio da immolare ed egli ne ha fatto le spese.
Con questo capitolo, quindi, “Incidenti e dintorni” termina e vi saluta.
Questa storia, nata per caso, pensata e scritta quasi di getto, è piaciuta oltre ogni più rosea aspettativa. Ancora grazie! 
   
 
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