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Autore: cristal_93    30/07/2017    2 recensioni
[Alcuni di questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di di Cassandra Clare. La storia è ambientata tra il terzo e il quarto libro di The Mortal Instruments. *Spoiler * da Cronache di Magnus Bane e Le Origini. La protagonista e, più avanti, anche altri personaggi, appartengono a me in qualità di Original Characters; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro]
A Brooklyn, dimora di una delle più grandi concentrazioni di Nascosti del mondo, presto farà la sua comparsa una ragazza proveniente dal lontano Oriente. Il suo nome è Yumi, ed è una strega, figlia di un demone e di un umana, ma è diversa da tutti i suoi simili, e nasconde un grande segreto. Ha viaggiato in lungo e in largo per molto tempo prima di raggiungere la Grande Mela, dove vive l'unica persona in grado di aiutarla. Ma la meta, pur essendo così vicina, in realtà è ancora molto lontana. E Yumi si ritroverà a combattere una dura battaglia, sia contro sè stessa, in cui dovrà scegliere se rivelare il proprio segreto o andare contro i propri principi morali e contro il proprio passato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Catarina Loss, Magnus Bane, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Sul tetto di un capannone diroccato e fatiscente, Alec guardava New York dall’alto, pensando alla città come ad un cuore pulsante e alle strade e alle macchine che ci scorrevano sopra come vene entro cui scorreva il sangue che veniva pompato dal muscolo ininterrottamente senza mai fermarsi, una città che viveva più di qualunque altro essere vivente conoscesse. Sicuramente era più viva di quanto non si sentisse lui in quel momento: il gelo che lo aveva posseduto nel Santuario si era congelato in un pesante blocco di ghiaccio che aveva circondato il suo cuore, che sentiva battere a malapena e che credeva non gli stesse più pompando il sangue nelle vene e tenere vivo il suo corpo, che ora come ora percepiva come un vestito pesante e fastidioso di cui avrebbe tanto voluto disfarsi ma non ci riusciva perché non poteva. Il telefono vibrò nuovamente, lui lo prese e premette il tasto rosso sbattendo il telefono in faccia alla madre, che da più di un’ora non faceva altro che chiamarlo, quando lei era proprio l’ultima persona con cui avrebbe voluto avere a che fare in quel momento. Ogni volta aveva sperato che fosse Magnus e ogni volta era stato puntualmente deluso, e non ce la faceva più.

Spense il telefono senza pensarci troppo, anche se sapeva essere inutile, avrebbero sempre potuto ricorrere ai messaggi di fuoco se mai avessero voluto contattarlo. Alec li avrebbe guardati e deliberatamente ignorati a meno che non fosse un’emergenza, anche se avrebbe preferito che esistesse una runa per bloccare anche quel canale di comunicazione e renderlo irreperibile al resto del mondo. Forse avrebbe potuto chiedere a Clary di crearla, e anche se la ragazza non sembrava avere ancora il completo controllo del proprio potere, era una persona tenace, se questo non si fosse manifestato avrebbe fatto di tutto per attivarlo, non si sarebbe arresa facilmente. Ridacchiò tra sé per l’assurdità della cosa: erano trascorse poche settimane da quando lei era entrata a far parte del loro mondo, eppure sembravano già passati degli anni, erano successe un sacco di cose in così poco tempo, e altrettante erano cambiate.

Lui soprattutto era cambiato: aveva trovato qualcuno da amare davvero, non da usare come scusa per non amare nessun’altro, era uscito allo scoperto, aveva smesso di nascondersi e mostrato al mondo il vero sé stesso, ora riusciva a pensare a Jace senza avvertire alcun senso di colpa o di frustrazione e aveva iniziato a vivere sul serio e conoscere davvero il mondo. E in Clary, passato l’odio iniziale, stava scoprendo un’ amica, oltre che una persona dotata di molte qualità e una valida alleata. Era sicuro che, col tempo, sarebbero diventati davvero buoni amici, anche se trovava ancora incredibile pensare in questi termini di qualcuno che, inizialmente, aveva odiato perché aveva portato solo disgrazie alla sua famiglia, in primis mettendo in crisi il suo rapporto con Jace. Le cose poi si erano risolte per il meglio, e ora che avevano finalmente attraversato la tempesta, malgrado le perdite e le sofferenze che avevano subito, ognuno di loro ne era uscito con molto in più di quando questa aveva cominciato a imperversare.

Lui aveva sempre odiato gli imprevisti e i cambiamenti, ma ora aveva capito che alle volte erano necessari nella vita e che non bisogna necessariamente temerli e contrastarli ma accettarli e conviverci. Sì… questo però non significava che fosse diventato meno restio a vederli accadere, specie quando questi toccavano le persone che amava, sconvolgevano l’equilibrio della sua vita o gli facevano aprire gli occhi su cose che non aveva considerato tanto da ridursi a comportarsi inevitabilmente come non esistessero quando invece erano state sotto i suoi occhi per tutto il tempo ma lui non le aveva viste perché era cieco o perché semplicemente… non aveva desiderato vedere. Quello accaduto nel Santuario tra sua madre e quella strega era tra questi, e lo aveva sconvolto nel profondo, non tanto per quello che la Nascosta aveva fatto a Maryse quanto per quello che aveva detto, ragion per la quale Alec non sapeva più cosa fare e pensare.

Non ce l’aveva con Yumi, proprio per niente: era stato istintivo, per lui, mettersi davanti alla madre per proteggerla, ma non aveva provato nessuna ostilità nei confronti di Yumi e non riusciva ad avvertirne nemmeno adesso. L’unica cosa che si generava nel suo cuore al pensiero della strega non era odio per aver ferito sua madre o gelosia per via di Magnus, ma solo ammirazione. A voler essere del tutto sincero, però, oltre a quella nel suo animo subentrava anche il dubbio: perché Yumi si era comportata così? Cos’aveva di diverso dagli altri Nascosti, perché solo lei aveva reagito alle ingiurie del Circolo? Aveva detto di non credere all’Alleanza e di non accettare gli Accordi, ma perché? E perché non accettava di aiutare gli Shadowhunters? Certo, a loro aveva prestato soccorso, ma dai suoi discorsi era stato facile intuire che non fosse abituale, per lei… e non riusciva a spiegarselo. Il giovane cacciatore non era all’oscuro del fatto che non tutti i Nascosti erano propensi ad aiutare i Cacciatori, persino Magnus brontolava ancora al riguardo, ma alla fine bene o male cedevano sempre. Perché invece lei era così testarda da professarsi per niente disposta a farlo?

Forse però il problema non era lei quanto Alec stesso: pur se fidanzato con uno stregone, era da poco che aveva iniziato a scendere a patti con l’idea che i Nascosti non fossero un’unica e indistinta massa compatta  ma che invece ciascuno di loro avesse il proprio carattere, il proprio modo di comportarsi e rapportarsi con gli altri. Appartenere ad una determinata razza non significava trovare le stesse caratteristiche in ciascun esponente e dichiarare gli uni uguali agli altri a prescindere. Avrebbe dovuto intuirlo, lui che si era sempre sentito diverso dagli altri Shadowhunters, ma l’empatia non era esattamente il suo forte, e anni passati a obbedire ciecamente agli ordini e a non mettere in discussione le decisioni lo avevano reso insensibile e indifferente verso chiunque non fosse i suoi fratelli.

Era anche per questo che non riusciva a provare rancore verso Yumi: si era ritrovato a darle ragione in molte cose che aveva detto, soprattutto quando aveva denigrato gli Shadowhinters, e Alec si era sentito indirettamente chiamato in causa, si era vergognato e per cui ora si ritrovava su quel tetto malridotto, lontano da tutto e da tutti, a guardare la città che non dormiva mai scorrere sotto di lui come un video su cui era stato impostato l’avanzamento veloce. Non ricordava nemmeno come ci fosse arrivato, semplicemente era uscito dall’Istituto, si era coperto con glamour e si era messo a correre senza guardarsi indietro, fermandosi solo quando aveva sentito i polmoni andare a fuoco e le gambe implorare pietà. Allora aveva agganciato quel rudere , ci si era arrampicato sopra e là si era appostato, aspettando che l’incendio nel suo petto si acuisse, cosa che però non era successa ai suoi pensieri, che fintanto che aveva corso erano stati alla larga, ma quando si era fermato avevano di nuovo bussato prepotentemente alla porta del suo cervello minacciando di scardinarla a forza se non trovava un modo per mandarli via.

Non sapeva nemmeno in che parte di New York fosse finito, ma non gli interessava, gli bastava solo che il mondo si dimenticasse di lui almeno per un po' e lo lasciasse in pace. Stare in pace… era una parola. Tra la madre che continuava a telefonargli e il pensiero fisso di Magnus e Yumi era pressoché impossibile considerarsi davvero solo e capace di poter ragionare indisturbato, soprattutto su quest’ultima. Aveva ragione lei a parlar male degli Shadowhunters, e nemmeno Alec poteva affermarsi esonerato da questi difetti, anzi. Per questo ora lo stava stupendo così tanto accorgersi che il mondo non andava davvero come lui aveva sempre creduto, che i Nascosti non erano tutti uguali e che non era scritto da nessuna parte che tutti fossero così permissivi verso i Nephilim a prescindere.

Quella ragazza l’aveva ampiamente dimostrato, eccome se lo aveva fatto; Alec non ricordava di essersi mai sentito schiacciare così tanto dal peso di un discorso e di essersi sentito così vile e meschino come l’aveva fatto sentire quella strega. Aveva sempre avuto la verità sotto il naso, ma non ci aveva mai davvero prestato attenzione, e questo l’aveva sconvolto, ma non era solo questo: quando aveva guardato Magnus e gli aveva chiesto chi fosse Yumi e lui gli aveva risposto in quel modo sofferente, Alec aveva capito che gli aveva mentito, che non gli aveva detto tutta la verità. Ci sarebbe stato molto di più da dire, da chiarire e discutere, ma Alec si era sentito così sopraffatto dalle emozioni da essersi spaventato, così era fuggito come un codardo. Ora però che era da solo e poteva ragionare a mente fredda, stava iniziando a capire che non era scappato da Magnus solo perché era confuso: era perché si sentiva in colpa.

E non solo verso lo stregone, ma anche verso la sua gente: aveva sempre parlato male di loro, si era tenuto alla larga in ogni modo possibile e immaginabile perché gli era sempre stato insegnato che i Nascosti anche se simili persone, non andavano considerate tali perché non avevano le stesse reazioni o gli stessi sentimenti; appena entrato in contatto con uno di loro, ecco che invece piano piano si stava rendendo conto che coloro che aveva ritenuto solo esistenze da tenere lontane perché pericolose erano molto più di quando non sembrassero, forse anche migliori di molti Shadowhunters di sua conoscenza, se non della stragrande maggioranza dei Cacciatori.  Ovviamente sapeva benissimo che non tutti i Nascosti erano come Magnus, ma se già con lo stregone aveva iniziato a pensare che non fossero così terribili come sembrava, era Yumi un esempio lampante della sua teoria.

Alec sentiva a pelle che l’affetto che aveva decantato per i Nascosti era sincero, e non poteva che ammirarla per questo, pur ritenendo davvero assurdo che quelle parole fossero state pronunciate per bocca di una Nascosta e non di una Shadowhunter. Lei incarnava tutto quello che un qualunque figlio di Raziel degno di questo nome doveva essere: forte, sicura di sé e delle proprie capacità, perfettamente consapevole di chi era e di ciò che voleva, coraggiosa e soprattutto che aveva davvero a cuore aiutare le persone. Fosse stata una Nascosta di mutazione forse sarebbe parso meno strano, e invece, ironia del destino, era Nascosta per nascita, e ciò rasentava il non plus ultra dell’assurdo. Oltre che ammirarla, però, Alec la invidiava : se ce l’avesse avuto lui, un briciolo di quel coraggio, sarebbe uscito allo scoperto molto tempo fa, avrebbe risparmiato un sacco di inutili problemi a tutti, e sarebbe stato davvero in grado di proteggere chi amava…

Anche se non fosse stata una Nascosta, comunque, non era molto comune avere così a cuore la sorte di qualcuno come aveva visto fare a lei, anzi, non conosceva proprio nessuno così tanto dedito alla protezione della propria famiglia, persino lui si sentiva come se non avesse mai fatto niente di concreto in vita propria, se pensava a Yumi. Mai aveva sentito di Nascosti con tali propensioni verso i propri simili, così come mai aveva sentito che in fondo non fossero esattamente i mostri che apparivano, niente di quello che gli era stato insegnato corrispondeva a quello che stava scoprendo poco a poco, anche se, a pensarci bene…

Gli tornò in mente un giorno in cui, con Isabelle, avevano avuto lezione con Hodge, quand’erano ancora bambini e c’erano molte cose del Mondo Invisibile che non conoscevano e capivano, soprattutto riguardo i Nascosti. Hodge aveva appena finito di parlargli delle caratteristiche di ogni razza, com’era possibile diventare come loro e quanto fossero pericolosi. Nella sua ingenuità infantile, Alec aveva chiesto se era vero che fossero gli esseri disgustosi che decantava la madre o se invece anche loro provavano il desiderio di proteggere i loro cari. Hodge si era fatto pensieroso al riguardo e aveva risposto in modo evasivo dicendo che erano casi più unici che rari e che comunque dipendeva dall’istinto di sopravvivenza del Nascosto in questione, che però talvolta non si faceva scrupoli a uccidere chi gli era vicino pur di salvaguardare la propria sicurezza; non c’era davvero un desiderio nobile come quello di proteggere chi amavano, aveva detto lui, i Nascosti non ragionavano così.

Alec allora era piccolo, ed era rimasto scioccato al pensiero che potessero davvero esistere qualcuno disposto a uccidere i propri cari pur di salvarsi, cosa che aveva contribuito a farglieli odiare, a considerarli pericolosi e a diffidare completamente di loro. Non aveva fatto domande e si era fatto bastare quelle parole per niente esaustive, poi però aveva visto Hodge toccarsi soprappensiero il fianco destro, lì dove Alec sapeva esserci, perché l’aveva visto durante gli allenamenti, quattro cicatrici rosse, molto lunghe e profonde. Isabelle una volta gli aveva chiesto come se le fosse procurate, e Hodge si era limitato a rispondere che aveva fatto arrabbiare una Nascosta e poco c’era mancato che questa avesse preso anche la sua vita. Isabelle gli aveva chiesto come mai non fossero guarite con l’iratze, ma di nuovo l’uomo aveva sviato la sua domanda senza darle una vera risposta. Ciononostante, Isabelle ne era rimasta affascinata, ma Alec invece si era accorto che Hodge non era sembrato molto convinto di quello che diceva.

A ripensarci adesso a distanza di anni, e conoscendo meglio il modo di fare e le direttive del Clave, Alec credeva che forse l’aveva detto perché era quello che si aspettavano di sentir dire da lui e che mai lui avrebbe dovuto parlar bene di un Nascosto, cosa a cui avrebbero dovuto attenersi anche lui, Isabelle e Jace e che mai avrebbero anche solo dovuto concepire l’idea di simpatizzare con i Nascosti( Jace e Isabelle però non si erano mai fatti scrupoli al riguardo e avevano fior di avventure da una notte con mezza popolazione Nascosta newyorkiana sulla fedina penale, anche se Jace era quello che li disprezzava alla luce del giorno ) solo perché loro erano Shadowhunters, e chiunque non era loro era un nemico, una minaccia che doveva essere tenuta a distanza salvo casi di estrema necessità ma ignorato completamente quando non era necessario, come un utensile appeso alla parete a prendere polvere e spolverato solo quando la situazione necessitava il suo utilizzo.

Ora che Alec conosceva bene il mondo, aveva iniziato a mettere in discussione i modi di fare del Clave e ciò che gli era stato insegnato e sapeva la verità su Hodge e sui suoi genitori, iniziava a essere fermamente convinto che il tutor non avesse parlato di una Nascosta qualsiasi ma proprio di Yumi, che lei fosse il raro caso che aveva menzionato e che lui non era stato convinto di quello che diceva perché in realtà non aveva considerato la ragazza come un mostro senza cuore che agiva guidato dal puro istinto animale ma piuttosto come ad una persona generosa che gli aveva risparmiato la vita non per fortuna ma per scelta voluta. Dopo quello successo al Santuario, poi, Alec era sempre più convinto di questo, così com’era convinto che Yumi avesse reagito per difesa e non per ferire intenzionalmente e che, in realtà, quando aveva cercato di avvicinarsi a Maryse, l’aveva fatto per soccorrerla, non per arrecarle altro danno.

Le sue erano solo supposizioni, non conosceva davvero Yumi, però avrebbe voluto, così come avrebbe voluto parlarle, capire con le proprie forze chi fosse, se la benefattrice dei Nascosti o il mostro spietato che sua madre odiava; avrebbe voluto sapere anche in che misura aveva fatto parte della vita di Magnus, che cosa pensava di lui, riempirla di domande sui propri genitori, chiederle perché si sacrificasse per i Nascosti, capire perché era più restia di chiunque altro a prestare servizio agli Shadowhunters e come facesse a non avere paura di dirlo chiaramente senza preoccuparsi delle conseguenze e dei guai che avrebbe potuto avere col Clave, invece di attenersi alla legge e agli Accordi… Si bloccò e si passò nervosamente una mano tra i capelli: per l’Angelo, ma che accidenti gli prendeva? Non si era sentito così smanioso di avere a che fare con qualcuno da… da Magnus, il primo e l’unico ad aver mai generato in lui simili desideri.

Per Yumi provava interesse, era vero, ma non era lo stesso tipo che avvertiva nei confronti di Magnus: con lo stregone era qualcosa di fisico e intimo insieme, con Yumi era… ammirazione, simile a quella che aveva sempre provato nei confronti di Jace, se non più intensa, ma niente che si avvicinasse anche solo lontanamente a ciò che provava per Magnus, quelli erano sentimenti che solo lo stregone suscitava nel suo cuore. Non riusciva a spiegarselo a parole, ma c’era qualcosa, in quella ragazza, nel suo modo di parlare, di comportarsi, di vedere il mondo, che lo attirava. O forse ad attirarlo era semplicemente il fatto che lei avesse avuto a che fare con Robert e Maryse e che li conoscesse molto più di lui, sì, doveva senz’altro essere quello.

Però c’era un’altra cosa che continuava a renderlo confuso: la sua era ammirazione mista a curiosità, ma quella di Magnus cos’era? Solidarietà verso un suo simile? A giudicare dal modo protettivo con cui l’aveva trattata e le aveva impedito di scatenare un putiferio, Alec era certo che ci fosse qualcosa di più, qualcosa che però Magnus non aveva voluto rivelargli e che ora lo stava rodendo dentro come un tarlo situato nella profondità del suo animo. Perché si era comportato così, per proteggere lui o lei? Moriva dalla voglia di sapere, ma al tempo stesso sentiva di non avere il coraggio di affrontare Magnus, non ancora, non nel suo stato attuale. Sempre ammesso e non concesso che Magnus avesse ancora voglia di avere a che fare con lui.

Non poteva biasimarlo, proprio no, però avrebbe potuto degnarsi di fargli sapere che era vivo. Non riusciva però a smettere di sentirsi in colpa nei suoi confronti, perché era quello il vero motivo di tanta angoscia: l’aver realizzato di essere solo un grandissimo egoista. Finora avevano parlato solo di Alec, dei problemi di Alec, del dolore di Alec… ma al giovane non era mai passato per la mente che anche Magnus avesse una vita, che anche lui potesse avere dei problemi e di conseguenza bisogno di aiuto, che anche lui aveva dei sentimenti e che, soprattutto, anche lui aveva perso qualcuno nella guerra a Idris e sicuramente ne stesse soffrendo molto.

Sapeva che lo stregone ucciso da Sebastian, Ragnor Fell, era un vecchio amico di Magnus, ma era stato troppo concentrato  sul dolore che lui e la sua famiglia avevano provato per la morte di Max che si era dimenticato che loro non erano gli unici a soffrire. Magnus però non ne aveva mai fatto parola, e per notti intere aveva asciugato le lacrime di Alec e lo aveva abbracciato nel letto per calmarlo e aiutarlo a combattere i suoi incubi; lo stregone aveva fatto e continuava a fare davvero molto per lui… ma lui cos’aveva mai fatto di concreto per Magnus, a parte ferirlo e sfruttarlo facendogli anche rischiare la vita per salvare quella di qualcuno che non gli piaceva per niente, come se fosse stato un qualunque Nascosto sconosciuto invece che la persona di cui Alec era innamorato e per cui provava un sentimento così forte che talvolta ne era spaventato?

Sospirò: anche se diceva a sé stesso di essere cambiato, in realtà era ancora prigioniero del suo vecchio Io, salvo qualche piccola eccezione, ma in sostanza non era poi così diverso dall’Alec di prima, quello che avrebbe pensato prima alla famiglia, a non infangare il loro nome e a svolgere bene il suo lavoro più che a qualunque altra cosa, senza accorgersi delle conseguenze che il suo comportamento poteva avere sugli altri. E stava ancora più male a pensarci adesso sia perché anche se Magnus ora faceva parte della sua famiglia ancora non riusciva davvero a sentirlo tale e tendeva spesso a comportarsi come se non fosse così, sia perché si stava comportando esattamente come aveva fatto Clary quando era entrata nelle loro vite e che era stato il motivo di tanto astio nei confronti della ragazzina. Si sa, però, che alle volte tendiamo a odiare gli altri perché vediamo in loro ciò che odiamo di noi stessi… anche se non sempre arriviamo ad accorgercene.

Alec però era davvero stanco di non accorgersi di niente, lui che faceva di tutto per cercare di avere sempre ogni cosa sotto controllo in realtà non sapeva niente di niente, non aveva il controllo su niente, e quello che cercava di trattenere gli scivolava tra le dita come sabbia senza che avesse la capacità di riuscire a bloccarla. Aveva creduto che tutto ora fosse risolto, invece le cose si stavano incasinando di nuovo, sia con la sua famiglia che con Magnus, e anche con il suo essere Shadowhunter. Non trovava strano che lo stregone lo stesse evitando, anche se aveva paura del motivo e di ciò che avrebbe potuto dirgli quando si sarebbero ritrovati faccia a faccia: gli avrebbe rimproverato il suo egoismo, la sua ingratitudine? Gli avrebbe spiegato chiaro e tondo che anche se lui era eterno, la sua pazienza non lo era, e che non aveva alcuna intenzione di passare la vita a correre dietro a qualcuno che non sapeva nemmeno dove stava di casa e che si ricordava della sua esistenza solo quand’era necessario?

Alec si si sentiva soffocare di fronte a quell’eventualità, anche perché non avrebbe saputo cosa dire in propria difesa. Avrebbe potuto provare a rigirare la frittata e rinfacciare a Magnus il suo rifiuto a volergli raccontare di Yumi e accusarlo anche di non fidarsi di lui, rinfacciandogli che per lui si era esposto davvero tanto, e non era questo il modo in cui pensava sarebbe stato ripagato. Non sarebbero serviti a niente, però, né l’uno né l’altro, se non a complicare ulteriormente la situazione e a rovinarla, per questo per ora preferiva restargli lontano e rifletterci su con calma. Tutto quello che voleva era solo riuscire a capire cosa fosse meglio fare al momento, solo che… non sapeva cosa.

Riaccese il telefono: altre cinque chiamate perse di sua madre, nessuna da Magnus e nemmeno da Jace e Isabelle, ma di loro due non si preoccupava, con ogni probabilità erano in compagnia di Clary e Simon, quindi non c’era di che angosciarsi, anche se Alec era ancora piuttosto diffidente verso i due, soprattutto di Simon. Alec non aveva mai visto la sorella stare dietro a qualcuno così tanto, salvo forse il Seliee Meliorn, ma conosceva bene Isabelle, sapeva che non avrebbe mai davvero permesso a qualcuno di avere quell’ascendente su di lei. E poi… a Isabelle non interessava davvero Simon: aveva l’attinenza a frequentare chiunque non andasse a genio ai genitori, quindi Nascosti e affini; essere un vampiro era il solo motivo per cui sua sorella provava interesse per lui, ma non era che di passaggio, appena Isabelle avesse smesso di trovarlo interessante lo avrebbe lasciato in cerca di qualcun altro prima che le cose potessero diventare davvero serie tra di loro, cosa che Alec guardava con preoccupazione.

Non tanto perché Simon fosse un cattivo ragazzo o perché non riteneva Izzy in grado di badare a sé stessa, ma era perché sapeva quanto sua sorella fosse volubile ed emotivamente vulnerabile, anche se lei mascherava la sua debolezza dietro una corazza eretta intorno al suo cuore e non permetteva nessuno di avvicinarsi. Se da un lato Alec non avrebbe perdonato nessuno per aver osato ferire Isabelle, dall’altro però un po' gli dispiaceva che anche Simon ricevesse lo stesso trattamento: era ingenuo, faceva un sacco di discorsi strani di cui non riusciva ad afferrare nemmeno la metà e non sapeva combattere, ma era un bravo ragazzo, gentile, leale e onesto. Fintanto che durava, Alec sperava solo che la trattasse bene, anche se, guardando l’indole genuina del vampiro, non c’era di che preoccuparsi.

Neanche con Jace ce n’era, Clary era più che in grado di tenerlo in riga ( al massimo sarebbe stato lui ad aver bisogno di aiuto ). Invidiò di nuovo il fratello, come sempre, del resto: anche se aveva dovuto sopportare grandi difficoltà e problemi all’inizio della sua storia con Clary perché aveva pensato fosse sua sorella, ora riusciva vivere tranquillamente la loro relazione senza più preoccupazioni. Anche Alec aveva avuto i suoi problemi, ma credeva di averli risolti, e invece ne stavano spuntando di nuovi giorno dopo giorno, quando l’unica cosa che avrebbe voluto era cancellarli, seguire l’esempio dei fratelli e passare la giornata da Magnus abbracciato a lui sul divano a chiacchierare o ad ammirarlo per ore senza stancarsi mai, invece che sprecare il suo tempo stando sul tetto di un magazzino in rovina a fissare il vuoto senza fare niente.

Si chiese se i problemi con Magnus sarebbero mai finiti, prima o poi, o se invece sarebbero perdurati e diventati una presenza costante nel loro rapporto, un fastidio di cui non avrebbe mai potuto liberarsi. Tutto questo era assolutamente nuovo per lui, non sapeva ancora come gestirlo, e alle volte ne era spaventato. Aveva bisogno che Magnus lo aiutasse e lo guidasse, non che lo ignorasse facendo finta che non esistesse e lo lasciasse bollire nel suo brodo a reggere un peso che lo schiacciava sempre di più. Sarebbe mai stato in grado di imparare a reggerlo e ad avere fiducia in Magnus senza farsi troppe domande rispettando i suoi tempi o sarebbe crollato sotto la mole delle cose non dette e delle questioni irrisolte che lo stregone ancora celava nel suo animo? Non gli sembrava giusto che Magnus avesse dei segreti verso di lui, lui che gli aveva donato tutto e non gli nascondeva mai niente. Sarebbe mai arrivato a conoscerli o avrebbe imparato a farsi bastare quelle poche cose che stavano in superficie?

Il telefono vibrò di nuovo, ma nemmeno stavolta era Magnus. Alec premette di nuovo rosso e sospirò: anche con la madre non aveva idea di cosa fare, anche lei aveva segreti inconfessabili di cui Alec aveva ricevuto una parvenza solo recentemente ma che erano solo un assaggio di ciò che davvero Maryse nascondeva e non voleva riportare alla luce. Da un lato il giovane si sentiva mortificato a non essere stato capace di intervenire prima e impedire che quella strega riducesse Maryse in quello stato pietoso, ma dall’altra ce l’aveva con la madre sia per le cose orribili che aveva detto davanti a Magnus sia per tutto quello di lei che aveva sentito

. Era furibondo che fosse anche colpa sua se lui e Magnus erano di nuovo sul piede di guerra, ma a renderlo ancor più furioso era il fatto che, come al solito, aveva dovuto sentirsi dire verità sulla propria famiglia da una perfetta sconosciuta invece che dai suoi genitori, e che Maryse, come Magnus, non si fidasse abbastanza di lui da raccontargliela. Se non poteva fidarsi di loro di chi altri avrebbe potuto fidarsi, di una sconosciuta di cui sapeva giusto due cose in croce? Dei fratelli ovviamente si fidava, ma per il momento non se la sentiva di disturbarli e chiedere loro aiuto, non aveva senso turbare la loro serenità per delle sciocchezze che erano solo un suo problema. Tolti loro,però, non restava più nessuno a cui chiedere aiuto, nessuno che potesse sollevarlo dai suoi dubbi o con cui poter parlare liberamente senza timore di essere giudicato o che si fidasse di lui tanto da rispondere a qualunque sua domanda senza esitare. 

Significava però forse che non avrebbe potuto contare su nessuno? Era solo, dunque? Si massaggiò le tempie e sospirò pesantemente, buttandosi di schiena sul tetto del magazzino a guardare le nuvole nel cielo: altro che runa per interrompere le comunicazioni, gli ci sarebbe voluto sì ma un tasto per spegnere il cervello e lasciarlo raffreddare senza che le preoccupazioni e i pensieri che lo affollavano glielo mandassero in tilt. Il suo pensiero tornò alla madre: anche se arrabbiato con lei, era anche piuttosto preoccupato su cos’avrebbe fatto Maryse. Avrebbe riferito a suo padre dell’accaduto così che magari lui sarebbe venuto a New York insieme al Console e all’intera guardia di Idris per arrestare una Nascosta colpevole solo di non essere docile e obbediente come ci si aspettava che fossero i Nascosti e che aveva reagito per legittima difesa? E suo padre magari avrebbe pure intimato a lui e ai fratelli di tagliare qualunque ponte coi Nascosti e fare il loro dovere di Shadowhunters, ovvero proteggere il mondo e far rispettare le Leggi, anche se questo avesse significato rischiare di rompere gli Accordi e scatenare una nuova guerra? Neanche per sogno.

Al di là dei non esattamente buoni rapporti con suo padre, Alec non avrebbe lasciato Magnus solo perché un pregiudizio aveva di nuovo offuscato a mente del Clave, e non avrebbe permesso che Yumi venisse incolpata , lei che non aveva fato niente se non essere sé stessa e dire la verità. Per esperienza personale, però, Alec sapeva che alle volte era proprio questo il problema con gli Shadowhunters: uno non poteva essere “sé stesso”, doveva diventare quello che il Clave si aspettava, né più ne meno, non si potevano prendere iniziative personali e andare fuori dagli schemi, era il più grande reato che si potesse mai commettere. Alec un tempo non avrebbe messo in discussione questo pensiero, ma adesso che aveva saltato la barricata, non se ne sarebbe stato a guardare mentre la paura del diverso andava di nuovo a nuocere a coloro che amava e a innocenti che non avevano colpa alcuna salvo di essere trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato da persone che avevano disperato bisogno di un qualunque capro espiatorio pur di avere qualcosa di concreto su cui prendersela, non importa se colpevole o meno.

Rendendosi conto di aver quasi ripreso il discorso di Yumi, Alec fece una smorfia e scosse la testa: credeva alle sue parole, ma lui non avrebbe più permesso di farsi condizionare dagli altri o fargli prendere decisioni al posto suo. Avrebbe ragionato con la sua testa avrebbe guardato da sé come stavano le cose e capito con le proprie forze cosa fosse meglio fare. E stavolta avrebbe cercato di prestare più attenzione ai pensieri di chi lo circondava… Sbuffò: troppe cose in una volta sola, era passato dal non pensare niente a pensare a troppo, e ora si ritrovava più confuso e frastornato di prima, di nuovo al punto di partenza senza aver deciso niente di concreto.

Guardò di nuovo il traffico sotto di sé e decise: spense il telefono e si lasciò scivolare giù dalla grondaia, atterrando sul marciapiede: a stare fermo si sentiva schiacciare dal peso dei propri pensieri, il modo migliore per schiarirsi le idee era fare quattro passi e anche più. Sperava solo di riuscire a trovare una soluzione prima che sua madre mandasse davvero l’intera Idris sulle sue tracce e prima che succedesse qualcosa di irreparabile a qualcuno senza che lui avesse potuto fare nulla per impedirlo perché non era stato abbastanza attento da accorgersene. Sperò solo che, in tutto quel tempo, anche qualcun’altro riuscisse a prendere una decisione e si premurasse di farglielo sapere prima che le cose precipitassero nuovamente.
 
*Angolo autrice

Ed eccoci approdati anche nella mente del giovane Lightwood. Come ho detto nel capitolo precedente, ci stiamo avvicinando al momento angst, ma ci vorrà ancora qualche capitolo, e non sarà così violenti. Spero comunque di riuscire a fare un buon lavoro, se c’è una cosa che odio è vederli litigare, ma purtroppo è inevitabile . E come dice la nostra Cassandra “ le cose brutte in una storia devono succedere perché questa possa andare avanti”. Grande donna, è stato un vero piacere incontrarla e parlarle di persona :-). Mata ne, a presto!

 
   
 
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