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Autore: Dilo_Dile2000    31/07/2017    1 recensioni
Cosa spinge una giovane a fuggire dalla propria famiglia e da coloro che ama? Perché vuole spingersi fino a Gondor quando potrebbe salpare per Aman ed evitare il più grande conflitto della Terra di Mezzo? Questa è la storia di Melyanna, del suo passato, dei suoi dolori e di ciò che l'ha trasformata da ragazza a guerriera. Per questa storia seguirò principalmente il libro, tranne in alcune parti che sarà indispensabile trarre qualcosa dal film.
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DAL XXII CAPITOLO:
"-Se la guerra terminerà in favore del bene, allora vi rincontrerete sulle bianche spiagge del Reame Beato. Ma se la missione fallisse e tu dovessi trovare la morte...- Un brivido mi corre lungo la schiena -Qualsiasi siano i sentimenti che prova per te, forse solo al di là del mare potrebbe trovare requie alle sue pene.-"
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MANCANZA

"I feel like my life is blashing by
And all i can do is watch and cry
I miss the air, i miss my friends
I miss my mother; I miss it when 
Life was a party to be throw
But that was a million years ago"
-Adele, Million years ago

 

L'accampamento di Dunclivo è illuminato soltanto da pochi focolari appena visibili nel buio. I nostri cuori sono ancora più cupi mentre cavalchiamo, nessuno parla, persino i cavalli sembrano avvertire il pericolo; Aragorn però procede in testa alla compagnia e, nonostante le spalle abbassate tradiscano la sua profonda preoccupazione, cavalca deciso verso l'ignoto, dandoci la forza di seguirlo.

All'entrata dell'accampamento, rischiarata solo da un fioco lume, spicca l'esile figura di Éowyn, immobile e severa nelle sue vesti bianche che quasi brillano nella notte. Ci accoglie con benevolenza e premura, per nulla intimorita dalla presenza dei Dunedain, più alti persino dei possenti guerrieri di Rohan e dall'aspetto così nobile che quasi incute paura; la sua voce però trema leggermente quando parla, come se soppesasse ogni parola prima di esprimersi.

-Sire Aragorn, non aspettavamo il vostro ritorno con simili compagni. Purtroppo possiamo offrirvi soltanto qualcosa da mangiare e dei giacigli preparati in fretta.- Dice osservando gli uomini che, scesi da cavallo, rimangono silenziosi e pazienti alle spalle del loro capo, ed Elladan ed Elrohir, con le loro vesti argentee e i volti luminosi nonostante l'oscurità; non si sorprende della presenza di Legolas, in piedi d fianco ad Aragorn e Gimli, né di Aglar, che, se non fosse per i capelli rossi che sfuggono da sotto il cappuccio, sparirebbe in mezzo agli alti uomini del Nord. Non si accorge invece di me, avvolta nel vecchio mantello, praticamente invisibile tra i guerrieri.

-Il vostro aiuto è più prezioso di quanto immaginiate, mia signora. Un pasto e un focolare saranno più che necessari.-

-Domani vi saranno preparate sistemazioni più comode.- Aggiunge la dama mentre ci incamminiamo all'interno dell'accampamento.

-Non ce ne sarà bisogno, signora: il nostro cammino non si fermerà qui a Dunclivo.- Il volto di Éowyn si adombra, ma ella non fa domande e ci guida in silenzio verso il padiglione dove sono stati arrangianti dei tavoli e acceso un focolare.

Il passo dei Dunedain è lieve sull'erba: avanzano in silenzio, i loro lunghi mantelli neri ne avvolgono completamente i corpi possenti ed eleganti, scivolano sul terreno producendo lievi fruscii. Procedono così, confondendosi nella notte, simili a fantasmi di antichi re del passato, e gli uomini intorno a noi, intimoriti, si nascondono nelle proprie tende.

-Prego, sistematevi qui. Vi porto qualcosa di caldo da mangiare.- Aragorn la ringrazia ancora accennando in un inchino e gli uomini lo imitano. Si allontana velocemente ed io decido di seguirla, senza che gli altri se ne accorgano; si ferma vicino ad un gruppo di donne, forse le cuoche, e chiede loro di far scaldare lo stufato avanzato per il sire e i suoi uomini e di prepararne altro se necessario.

Si volta per tornare sui suoi passi ma, vedendomi, trasalisce e si ferma: in un primo momento non riconosce gli abiti larghi e i vecchi armamenti che lei stessa mi ha fornito, tanto sono intrisi di sangue, fango e polvere, ma poi sembra accorgersi della treccia che esce scompostamente dal cappuccio e il suo sguardo si illumina.

-Melyanna...- Sussurra avvicinandosi a me. Scopro il mio volto e lei fa per abbracciarmi, ma io la fermo in tempo.

-Sono tutta sporca, non voglio che ti si rovinino le vesti.- Le spiego aprendo il mantello e mostrandole i miei vestiti. -Il sangue è difficile da lavare.-

-Oh Melyanna.- Sussurra ancora con gli occhi bassi, prendendomi le mani. -Non ti avevo vista ed ho temuto il peggio.-

-Ho solo qualche ferita, non preoccuparti.- Poso una mano su suo viso e lei annuisce, accennando un sorriso.

-Ti preparo qualcosa per lavarti, se vuoi.- Aggiunge dopo qualche secondo di silenzio, esaminando le miei mani annerite e i pantaloni insanguinati.

-Te ne sarei eternamente grata.- Éowyn allora sorride e mi fa cenno di seguirla. Entriamo nella sua tenda, per nulla diversa dalle altre, e mi dice di sedermi sulla sua branda; poi apre una piccola cassa ai piedi del giaciglio ed estrae un fagotto annodato con cura.

-Ho portato con me tutte le tue cose, non volevo lasciarle incustodite.- Mi porge l'involto e, aprendolo, trovo i miei vestiti puliti e piegati, insieme agli stivali, il pugnale e il sacchetto con le medicazioni. -Le altre armi sono insieme al tuo cavallo.-

-Io...- Sussurro, passando le mani sul manico della lama.

-Laggiù c'è dell'acqua e un po' di sapone.- Continua, indicandomi una tinozza all'angolo della tenda. -Non è molto ma è tutto ciò che posso offrirti.-

-Eowyn, non so come ringraziarti.- Alzo lo sguardo sul suo volto segnato e pallido, colmo di emozioni, e sulle sue labbra tornate ad abbassarsi. Conosco la tristezza che adombra il suo sguardo, la paura e la determinazione in fondo ai suoi occhi: quanto dolore ha dovuto sopportare, chiusa nel gelo del palazzo? Quante volte è rimasta in silenzio, senza poter reagire, nel buio della sua stanza?

-È il minimo che possa fare.- Risponde prima di lasciare la tenda.

Rimango qualche secondo ferma sulla branda, osservandomi intorno, un po' imbarazzata per dovermi lavare con le cose di un'altra persona, ma poi il desiderio di sentirmi di nuovo pulita prende il sopravvento e comincio a spogliarmi, gettando i vestiti a terra. Ora riesco a vedere tutti i danni della guerra sul mio corpo: ovunque i lividi sono ancora visibili anche se svaniscono velocemente; uno più grande e scuro si allarga all'altezza delle costole, forse sono incrinate. Una ferita al braccio destro m'impedisce di muovere bene le dita e quella alla coscia sinistra, più profonda, lancia acute fitte di dolore ogni volta che vi sposto il peso sopra. Non si chi mi si sia preso cura di me dopo che sono svenuta ma, a giudicare dai punti quasi de tutto saltati e dallo stato delle ferite, è stato un lavoro fatto di fretta; nei giorni seguenti, poi, sono stata così impegnata che non ho pensato neanche a medicarmi. Ora le bende sono sporche di sangue e plasma, fa male persino doverle staccare dalla pelle.

Quando riesco a togliermi tutto di dosso comincio finalmente a lavarmi: con difficoltà, riesco a eliminare ogni traccia di sangue, fango e polvere e la pelle torna al suo normale colorito, seppur leggermente arrossata. Disinfetto le ferite con il sale, elimino il filo dellecuciture e applico nuovi punti, poi le avvolgo in bende pulite, massaggio i lividi con la pomata che settimane fa avevo preparato per Aglar e indosso i miei vestiti.

È così strano potersi dedicare certe attenzioni in momenti difficili come questi: sono lontana da casa da più di due mesi ormai, ogni giorno devo lottare per sopravvivere e il futuro mi è ignoto, ma quando posso riposarmi e la mente è libera da ogni preoccupazione, tornano i ricordi, la nostalgia delle persone amate, e ripenso a Elrond, ad Arwen, che è rimasta sola, alla famiglia di Aglar, ai suoi fratelli, a sua madre, che mi ha sempre trattata come una figlia, e mi sento tremendamente egoista. Io, che credevo di non aver niente da perdere, ho abbandonato tutto ciò che avevo di più prezioso e sottratto la gioia ai miei amici. Mi sono allontanata da tutti, perfino da chi avrei voluto ritrovare. D'istinto porto una mano al collo, dove prima tenevo il ciondolo di Legolas, ma non sento più niente.

Esco dalla tenda e raggiungo gli uomini che, seduti ai tavoli, si ristorano mangiando stufato e bevendo birra: Éowyn, seduta vicino ad Aragorn e Gimli, ascolta con attenzione i racconti della battaglia al Fosso di Helm, mentre altri Dunedain parlano dei loro viaggi attraverso le Terre Selvagge, ma i suoi occhi rimangono fissi sul loro capitano; Aglar parla con altri Uomini mentre continua a bere birra senza neanche assaggiare lo stufato. Ha il viso rosso e gli occhi lucidi, le sue mani tremano leggermente: non ha mai stato bravo a reggere l'alcol. Lontane dalla luce del focolare che arde vicino a noi s'intravedono le figure di Legolas e dei figli di Elrond che conversano tra loro: parlano così piano che a stento riesco a percepire le loro voci leggere e fruscianti.

Mi siedo ad uno dei tavoli più vuoti, dove gli uomini mangiano in silenzio e, tanto sono immersi nei loro pensieri, neanche si accorgono di me. Rimango sola per qualche minuto, quando all'improvviso Cador si siede di fronte a me e mi porge una scodella fumante.

-Nessuno di noi ha molta fame, ma chissà quando potremmo mangiare di nuovo.- Mi dice con un mezzo sorriso. Guardo lo stufato, indecisa, ma poi ricordo ciò che Legolas mi diceva sempre prima degli addestramenti, allora comincio a mangiare a piccole cucchiaiate.

-Grazie Cador.- Sussurro alzando gli occhi su di lui; sposta lo sguardo sui suoi compagni, poi di nuovo su di me, con nervosismo e imbarazzo.

-Devi dirmi qualcosa?- Domando, vedendolo in difficoltà. Si guarda intorno, lancia un'occhiata agli uomini seduti vicino a noi e, quando si accorge che si curano della nostra conversazione, si sporge lievemente verso di me.

-Araleth.- Sussurra con gli occhi spalancati e le sopracciglia alzate. D'istinto, lo cerco tra gli uomini: è seduto insieme al fratello e ad un guerriero più anziano: anche loro mangiano in silenzio, ma i loro gesti incerti e lenti, i loro occhi carichi di parole, perfino quelli foschi di Foran, tradiscono paure e indecisioni. Se Cador vuole parlarmi di lui, è evidente che ormai tutti si sono accorti dei suoi sguardi silenziosi e fissi su di me.

-Perché vuoi parlarmi di lui?- Riprendo con voce altrettanto bassa.

-Ho visto come ti guarda e mi preoccupo per lui. Non so fino a dove si spingano i suoi sentimenti ma... Questo non è un bene, è pericoloso.-

-Me ne sono accorta anch'io...- Rispondo abbassando lo sguardo: Cador potrebbe leggere nei miei occhi i ricordi di quel bacio freddo e inaspettato.

-Non so se è successo qualcosa tra di voi, non voglio saperlo, ma ti prego, non dargli alcuna speranza, nessun minimo segnale di interesse, niente che possa fargli pensare a qualcosa di più di quello che può esserci.-

-Non preoccuparti- Alzo gli occhi sul suo viso. -Non avrei mai fatto niente di simile.-

-Lo so.- Sembra concludere, e sposta lo sguardo altrove, lontano dal focolare; poi guarda di nuovo verso Araleth e riprende a parlare. -Scusa se ti ho detto queste cose, ma voglio bene ad Araleth e non voglio che soffra ancora.- I suoi occhi celano altre parole ma non c'è bisogno che glielo chieda perché riprenda a parlare.

-Quell'uomo che vedi, vicino a loro, Forhar, è il padre di Foran.- La sua voce è bassa e cadenzata, come a voler soppesare ciò che dice. -Ma non è il padre di Araleth.- La sua rivelazione, in realtà, non mi stupisce più di tanto: sebbene i loro tratti somatici siano simili, affini a quelli di tutti i Dunedain, tutto del più giovane, persino l'espressione, differisce dagli altri due.

-I suoi genitori furono uccisi dagli Orchi durante un'incursione quando era molto piccolo, Forhar e sua moglie decisero di prenderlo con loro. Lui e Foran però non hanno mai avuto un buon rapporto, specialmente dopo la morte della madre...- Cador tace, lasciando in sospeso le ultime parole della frase.

-Anche io voglio bene ad Araleth, anche se non lo conosco bene: mi ha ascoltato quando più ne avevo bisogno e gli sono infinitamente grata, ma non potrò mai ricambiare i suoi sentimenti.-

-Lo so.- Annuisce con sguardo comprensivo, come se già avesse capito, mi stringe la mano e si alza, sedendosi con i suoi compagni intorno al falò.

Sei un buon amico, Cador”

*

L'infermeria sembra che sia stata invasa da tutti gli Elfi di Bosco Atro: in molti sono venuti a salutarmi, non pensavo che così tante persone tenessero a me. Ci sono tutti: i miei compagni di addestramento, più o meno guariti dalle ferite della battaglia, i miei istruttori, Seregon per primo, i miei vecchi insegnanti, i guaritori, i compagni di studio, persone di corte e del popolo, Galion, i cuochi. Seduto sul suo solito letto, Aglar sorride timidamente guardando Lingwe che, vicina a lui, tiene in braccio Emlin, il suo fratello più piccolo; intorno a lui c'è il resto della famiglia, Tarcil e Gwileth, i suoi genitori, e i fratelli Lhain e Lagor. Ci sono tutti, tutti tranne Legolas: a lui non sono mai piaciuti i saluti e so che soffre molto ogni volta; così abbiamo parlato da soli di tante cose che non ci siamo detti in tutti questi anni, siamo stati a lungo in silenzio, un silenzio carico di pensieri, guardandoci negli occhi, stringendoci l'uno all'altra, e poi ho lasciato che si addormentasse sul mio petto, come un bambino, e me ne sono andata in silenzio.

Ora tutti mi guardano, alcuni sorridono mestamente, altri si asciugano gli occhi alle maniche dei vestiti, altri ancora non si vergognano di mostrare apertamente le lacrime.

-Amici- Esordisco, commossa dalla loro profonda dimostrazione di affetto. -Questo non è un addio, noi ci rivedremo, ma ora devo tornare a casa.- È difficile non chiamare casa Bosco Atro: qui ho imparato a combattere, a orientarmi tra gli alberi contorti e foschi della foresta, ho conosciuto persone speciali, ho gioito, sofferto e scoperto nuove emozioni, ma, nonostante tutto, non mi sono mai abituata all'aria malsana del bosco, alla vita nascosta e sotterranea, alle continue incursioni di nemici, alla morte che quotidianamente ci veniva sbattuta in faccia. Bosco Atro è una parte di me, ma io non appartengo a questo luogo.

-Non vi dimenticherò, non dimenticherò nessuno di voi.- Nessuno parla, ma basta guardare i loro sguardi per poter leggervi i pensieri. Mi volto verso Aglar e a stento riesco a trattenere le lacrime: avrebbe voluto accompagnarmi a Imladris ma non si è ancora rimesso del tutto e i guaritori, anche io, glielo hanno impedito; nonostante in lui sia visibile la sofferenza della malattia, i suoi occhi continuano a sorridere e a brillare di speranza.

Lo ringrazio con un cenno del capo, lo ringrazio per tutto, e lui fa altrettanto, sorridendomi.

Mi volto, guardando per l'ultima volta tutte quelle persone, parte della mia vita, ed esco dall'infermeria. Mornon mi aspetta fuori dalla porta, pronto per il viaggio, quasi impaziente; appena mi vede, afferra i miei bagagli e ci dirigiamo verso i cancelli. Mi ero ripromessa che non avrei osservato ogni dettaglio inciso nel legno, che non avrei percorso con gli occhi gli intrighi dei rami, che non mi sarei riempita del forte odore del bosco, muschio, terra e pioggia, dolci foglie verdi e funghi, ma il mio sguardo vaga implacabile per imprimere nella memoria anche le gocce di rugiada sulle tele dei ragni.

-Melyanna- Mornon posa una mano sulla mia spalla e con la sua insolita dolcezza mi riporta alla realtà. -I cavalli sono pronti, è ora di andare.- Annuisco e lo seguo. Accarezzo Ilyalisse, come a volerle dire che finalmente torniamo a casa, e afferro con forza le briglie per salirle in groppa, quando sento una voce alle mie spalle.

-Melyanna!- Legolas corre giù dalle scale, scompigliato, con la camicia mezza sbottonata e senza scarpe. -Melyanna!- Continua, come un disperato. Arriva d fronte e a me posa le sue mani tremanti sul mio viso, guardandomi con grandi occhi persi.

-Legolas...- Sussurro asciugandogli le guance rigate di lacrime. -Così complichi tutto.- La mia voce vacilla e il cuore accelera i battiti, i nostri visi sono così vicini...

Chiude gli occhi e preme le labbra sulla mia fronte, trattenendo il respiro, con le sue dita tra i miei capelli. Rimango immobile in un turbine confuso di emozioni, incapace anche di lasciarmi andare, poi lui mi afferra per i fianchi e mi posa sul cavallo, spronandolo a correre più veloce che può.

L'ultima cosa che riesco a vedere prima che gli alberi si chiudano dietro di noi, sono i suoi occhi, il dolce tormento dei suoi occhi.


 

***



 

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Sono tornata dopo l'assenza più lunga da efp che abbia mai fatto. Quest'anno la scuola mi ha assorbito completamente e purtroppo, soprattutto negli ultimi mesi, ho scritto pochissimo. Ovviamente la colpa è mia, che ho deciso di pubblicare una storia prima che fosse copletata o almeno a buon punto. La storia è ben lontana da essere definita persino nella mia mente, sono combattuta su molte cose e spesso è l'emozione de momento a dettare legge e quindi, per un motivo o per un atro, tutto procede molto lentamente. Mi spiace enormemente di non poter essere puntuale come mi ero riproposta agli inizi, ma ho sempre cercato di dare il meglio in ogni parola che scrivevo. Spero che il capitolo non sia noioso (questa è una mia paura costante), anche se sono spuntati pesonaggi nuovi, come la famiglia di Aglar, che acquisterà sempre più importanza nella storia, e persoanggi già menzionati, come Lingwe, Seregon e Mornon (chi se lo ricorda?). Gli ultimi capitoli non sono andati molto bene, anzi ho perso anche alcuni lettori, ma vogio ringraziare _Kassandra_ che ha inserito la mia storia tra i preferiti. Ringrazio anche tutti coloro che continuano a leggere la mia storia, nonostante tutte le mie mancanze, veramente un grazie dal cuore.

Diletta









 

   
 
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