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Autore: Nirvana_04    01/08/2017    3 recensioni
SPIN-OFF DE "IL TREDICESIMO RE"
Un racconto rubato al vento, sui Campi Eliòpei.
Bastian ha solo dieci anni quando è costretto a trasferirsi ad Aproeb. La città, sita tra il verde delle colline e il blu del mare, è troppo delicata per chi è cresciuto a Velenia; ma un incontro inaspettato cambierà le sorti del giovane Spettro e quelle delle persone che intrecceranno il proprio cammino al suo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti del Veto'
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Il cielo era verde e puntellato d'azzurro, così come anche la terra. Se esisteva qualcos'altro, Bastian non voleva saperlo. Non più.
Il suolo morbido era un tappeto di umidità e calore che allontanava il gelo del suo cuore. I campi Eliòpei erano tranquilli, così vasti che difficilmente qualcuno lo avrebbe trovato. Si stava crogiolando nell'apatia autocommiserandosi. Non gliene importava.
Sentiva alcuni suoni – voci di bambini che giocherellavano sui pendii più a valle. Il profumo della terra bagnata sprigionava una frivolezza e un senso di pulizia capace di annebbiare gli stimoli degli altri sensi. Esisteva solo quel candido profumo. Bastian avrebbe tanto voluto perdersi in esso; oppure cancellarlo per sempre.
Il fruscio di vesti che si intrufolavano tra gli steli d'erba lo riscosse dal suo isolamento. Tirò su la schiena e si scontrò con l'oscurità degli occhi di Miva.
È cambiata!, fu il suo primo pensiero. No, si corresse accigliandosi, sono io che non sono più lo stesso.
Miva gli sorrise raggiante. Gli gettò le braccia al collo ed entrambi piombarono di nuovo tra il verde e l'azzurro, isolati dal resto del mondo.
«Mi dispiace» riuscì a mormorare. «Non ho saputo mantenere la promessa.»
Miva si scostò leggermente. «Che dici? Sei qui, di nuovo con me.» Lo strinse più forte per nascondere le lacrime di gioia. Sapeva quanto lui odiasse quei segni di debolezza. Invece Bastian avrebbe tanto voluto riuscire a fare come lei: esternare il suo dolore, l'orrore.
«Mia madre… è stata lei a dirti dove trovarmi?»
Ella scosse il capo. «Se volevi giocare a nascondino» ammiccò sfrontata, «dovevi scegliere un posto un po' più fantasioso. Non certo la nostra collina.»
La nostra collina.
Distrattamente Bastian fece vagare lo sguardo tra gli steli, come se ognuno di essi potesse raccontargli un pezzo del suo passato. Già, in effetti era lì, dove l'aveva scorta la prima volta. Era tornato lì, dove lei – e solo lei – avrebbe potuto trovarlo. Perché?
«Perché non mi hai cercato al tuo ritorno? Ho visto i guerrieri trasportare i morti e…» si rabbuiò. «È stato orrendo. Ti sei perso la cerimonia di passaggio» aggiunse poi, sistemandosi al suo fianco.
Bastian scrollò le spalle. Perché non era andato da lei? E perché era salito su quel prato? Lui odiava quegli stupidi fiori! Gli eliotropi sembravano brillare sotto l'effetto della rugiada, mentre lo smeraldino del cielo lasciava il posto a quella tinta dannata. Tutto era sangue, persino l'ossigeno che lo alimentava.
«Mi dispiace» ripeté stupidamente.
Restarono in silenzio per un lungo momento. Miva si trastullava con alcuni fili d'erba, torturandoli e infine strappandoli dal terreno. Non la stava mettendo a suo agio. Quindici Decadi bastano per cambiare ogni cosa. Il mondo era in continuo cambiamento, e non era possibile tornare indietro. Ogni Falda trasformava Serinut, trasformava gli uomini; quell'ultima aveva drasticamente trasformato lui. Chiuse gli occhi e spinse la sua coscienza dentro di lui, a indagare. C'erano danni, cicatrici che stavano sanguinando e che nessuno poteva vedere; c'erano gli orrori e le perdite, quelle che lui aveva inflitto e quelle che i mostri avevano segnato contro di lui. E c'era quella stupida sensazione che, da veleniano, temeva più di qualunque altra cosa. La scacciò il più lontano possibile.
«Allora» lo interrogò Miva titubante. Il tono era secco, ma esprimeva l'urgenza di sapere.
Bastian si voltò dall'altra parte e non rispose, ignorando il suo bisogno di informazioni. Lei non doveva sapere, pensò pressantemente, lei non avrebbe dovuto conoscere la verità.
La sentì sprofondare un po' di più accanto a sé, delusa dalla sua reticenza. Si strinse nelle spalle e abbassò il capo, anche lui mortificato dall'ombra di se stesso che aveva trascinato al suo fianco. Lei meritava di più. Meritava il meglio. Percepì il suo calore indebolirsi mentre ella si alzava e discendeva di qualche passo la collinetta. Si stava allontanando da lui.
Forse era meglio così…
Uno schiocco ai suoi piedi lo fece sussultare. Aprì gli occhi e vide il pezzo di legno che giaceva vicino; poi intercettò lo scatto della ragazza e reagì d'istinto, contro ogni sua volontà. Rotolò afferrando il bastone e si diede la spinta per tirarsi in piedi, mentre con un basso tondo lanciava l'arma di legno contro le gambe della giovane, atterrandola. Il grido di dolore dell'amica lo riportò alla realtà. I suoni – lo starnazzare delle anatre e le risate degli altri bambini che il vento portava seco – pressarono contro le sue orecchie, intontendolo.
Invece di dispiacersi, si arrabbiò. «Non farlo mai più!» Le si gettò addosso, a cavalcioni, e le strinse con rabbia i polsi, segnandoli. «Non toccare più un bastone, non muovere più un passo di guerra. Non attaccarmi e non combattere. Mai più! Hai capito?» Quanto orrore! Ed era lui ad averlo scaraventato addosso a quella piccola creatura.
Gli occhi erano strabuzzati, la saliva copiosa lo costringeva a deglutire spesso e con forza, annaspando in cerca d'aria. Vide la paura riflessa negli occhi di Miva e capì che era lui il suo incubo peggiore. Era lui che le stava facendo male. Si separò da lei rotolando per terra, imbestialito con se stesso. L'aveva sporcata. Non si era ancora cambiato: i suoi abiti erano sporchi di fango e sangue, e quello stesso fango e quello stesso sangue si erano impressi indelebilmente anche sugli abiti di lei.
«Mi dispiace. Non volevo.» Allungò una mano per cercare di togliere via quelle macchie, ma le sue dita erano dello stesso colore. «Mi dispiace. Mi dispiace.»
Provò repulsione verso se stesso e ancora di più verso quelle piccole braccia tremanti che lo strinsero. Sentì il calore del suo petto, sentì il suo fiato sulla nuca. Era orribile.
Le mani che stringono una spada non dovrebbero essere le stesse che stringono una donna.
Si aggrappò a lei come un disperato in alto mare, incapace di restare a galla un secondo di più. Alla fine scoppiò, semplicemente. La strinse con forza e affondò la testa nel suo piccolo seno. Si scoprì a pensare che era ancora una bambina, un'immagine opaca della donna che sarebbe diventata. Forse era lo stesso sprazzo di futuro che aveva visto quel giorno, quello di cui si era perdutamente innamorato: la delicatezza e la forza con cui lei sfidava il vento, qualcosa di inafferrabile a cui, però, ella non soccombeva.
«Bastian…»
«Shh, non parlare. Non ancora.»
Miva lo strinse forte e si lasciò stritolare; fece suo il suo dolore. Bastian poteva quasi vedere il sangue imprimersi a fuoco sui vestiti e la carne di lei; poteva quasi sentire il suo profumo confondersi con quell'odore ferroso e nauseante. Quanto orrore! E lui lo aveva condotto fino a lei. Aveva giurato di proteggerla, eppure bastava il suo ritorno a renderla una vittima di quella guerra.
I sopravvissuti, ma soprattutto coloro che li accoglievano a casa a braccia aperte, erano le vittime della guerra. Non i morti: loro godevano del conforto del Dio. I vivi.
«Sei a casa, Bastian» mormorò.
Le anatre si alzarono in volo. Le voci dei bambini urlarono e si rincorsero; qualcuno doveva essersi arrampicato su un albero, strappando il primo frutto della stagione. Il calore della terra assorbiva il lezzo che si portava addosso e il vento spazzava via gli ultimi echi trascinandoli di nuovo verso l'Agabar. Serinut stava rialzando la testa, si preparava a ricostruire.
Una voce li chiamò. Bastian respirò a pieni polmoni il fiato della ragazzina che rispondeva con un urlo al richiamo. I suoi soliti modi imperativi azzittirono la madre.
Bastian sospirò sorridendo: era tornato a casa.


 
 
N.d.A

Scusatemi tanto! Ho avuto seri problemi con il pc di lavoro e ho perso tutti i dati, compresi quelli che contenevano le mie storie. Un angelo dal cielo ha fatto il miracolo, quindi oggi recupererò. Pubblicherò fra qualche ora anche l'altro capitolo, cosicché torno in pari con i tempi di consegna. Spero che non vi siate dimenticate di me^^
   
 
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