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Autore: Mary P_Stark    02/08/2017    2 recensioni
1827. Andrew Spencer, erede del titolo degli Harford, parte per il Grand Tour europeo assieme ai suoi migliori amici, Keath e Leonard. Il viaggio ha sì lo scopo di fare nuove scoperte e conoscenze - come effettivamente avverrà - ma serve ad Andrew come via di fuga dal suo annoso, terribile problema. Il suo cuore sanguina per una donna che pensa di non poter avere.
Violet Phillips, al tempo stesso, è alle prese con un problema non dissimile: la Stagione a Londra, mille potenziali cavalieri e nessuno che realmente colpisca il suo cuore... poiché esso è già impegnato, e dall'uomo per lei più inavvicinabile di tutti.
Potrà il Grand Tour aiutare Andrew a chiarirsi le idee, e trovare il coraggio che ora gli manca per dare voce al suo cuore?
E potrà Lucius Bradbury, cugino di Alexander Chadwick, aiutare Violet nella riscoperta di se stessa e di una forza che non crede di avere? - SEGUITO DI "UNA PENNELLATA DI FELICITA'" e "SOTTO IL VELO DELLA NOTTE"
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo regency/Inghilterra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Serie Legacy'
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10.
 
 
 

Arthur Benjamin, erede di Alexander, stava placidamente dormendo tra le braccia dello zio Andrew, mentre Serenity Theresa, la gemella, ciangottava in braccio al padre.

Alexander sembrava essere in trance, ma lo era ormai da un giorno buono, a giudicare da quanto aveva visto Andrew in quelle ultime ventiquattro ore.

Maxwell e Madaleine, fieri e orgogliosi nonni, si stavano complimentando con Elizabeth, seduta su una sedia a dondolo e tutta intenta a scartare regali per i neonati.

Wilford e Clarisse, assieme ai Quattro Cavalieri dell’Apocalisse – come continuava a chiamarli simpaticamente Alexander – sarebbero giunti in serata, e avrebbero portato con loro doni per i bambini e la neomamma.

Rose, infine, curiosa e ammaliata, se ne stava accanto alla madre, sbirciando di tanto in tanto i fratellini, in attesa che venisse il suo turno per coccolarli.

Per i neonati, sarebbe stata organizzata una festa di lì a una settimana, il tempo necessario per far giungere ad Aberdeen le famiglie più strettamente legate ai rami materni e paterni.

Vista la vicinanza con il Natale, poi, con tutta probabilità, molti degli invitati sarebbero rimasti in zona per festeggiare assieme l’arrivo del nuovo anno.

Lizzie non vedeva l’ora di mostrare i suoi bambini ai genitori, ma sapeva anche che il loro arrivo avrebbe coinciso con un problema di non poco conto.

Era stata felice di constatare quanto Andrew e Violet stessero bene assieme – non che avesse avuto dubbi, in merito, ma vedere le cose in prima persona, era meglio.

Il punto era un altro.

I fortissimi legami familiari che intrecciavano le loro due famiglie, avrebbero probabilmente creato degli screzi non indifferenti.

Se per Lizzie, Violet e i suoi fratelli erano stati come un prolungamento della sua stessa famiglia, così non lo era stato per Andrew, o non del tutto, per lo meno.

Lui aveva sviluppato un sentimento fortissimo nei confronti di Lettie, che lei aveva più che corrisposto, nel corso degli anni.

Solo il profondo rispetto nei confronti dei rispettivi genitori, li aveva ammutoliti nel loro percorso di crescita ma, ormai, il Vaso di Pandora era stato scoperchiato.

L’amore era più che evidente nei loro occhi, e neppure un cieco avrebbe potuto non notarlo.

Lizzie temeva proprio questo; che non vi fosse il tempo necessario per spiegare con calma la realtà dei fatti ai genitori di entrambi.

Probabilmente, avrebbero dovuto prendere in separata sede Anthony e suo padre, spiegando loro come stessero le cose, ma Lizzie dubitava sarebbe bastato.

Forse, dopotutto, il vero scoglio sarebbe stato Randolf.

Aveva il forte sospetto che, il solo vedere la sorella tra le braccia di Andrew, lo avrebbe mandato fuori dai gangheri.

“Mamma… posso giocare con mia sorella?” la interpellò a un certo punto Rose, tirandole la manica della vestaglia.

Lizzie le sorrise e, nel darle un buffetto sul naso, disse: “Vai a sistemarti sul lettone, così che il papà possa appoggiarla tra i cuscini, ma sii delicata. E’ appena nata, ed è come un fine oggetto di cristallo.”

“Va bene. Sarò buonissima” assentì con estrema serietà la bimba, correndo verso il letto per poi gettare a terra le pianelle e arrampicarsi sui gradini per raggiungere il materasso.

Madaleine sorrise e andò a darle una mano, mentre Maxwell rimaneva seduto accanto alla neomamma, battendole affettuosamente una mano sul braccio.

Elizabeth gli sorrise, provando per il suocero un incontenibile affetto.

Poteva apparire come un burbero orso, per via della sua stazza e delle sue spalle enormi, ma era buono come il pane, e lei lo adorava.

“Hai fatto davvero un bel lavoro, bimba mia… sono due capolavori. E, con i vostri colori, diventeranno due splendidi ragazzi.”

Alexander li raggiunse dopo aver sistemato Serenity e, dato un bacio sulla fronte alla moglie, asserì: “E’ ancora presto per sapere se manterranno i capelli di quel colore, papà… lo sai. Così come per gli occhi. Potrebbero cambiare altre mille volte, prima di compiere un anno.”

“Rimarranno così. Parola mia!” borbottò l’uomo, lanciando un’occhiata alle due teste bionde dei gemelli.

Se tutto fosse andato come lui sperava, avrebbero preso dal ramo dei Chadwick, divenendo biondi e statuari come lui e Wilford.

A ben pensare, però, se anche Serenity fosse diventata come loro, avrebbero avuto qualche problema a trovarle marito, ma Maxwell si rilassò subito dopo aver concepito quel pensiero.

Sicuramente, la piccolina, al pari di Rose, avrebbe preso dalla mamma. Ne era certissimo.

Sarebbe cresciuta bellissima e minuta, un autentico splendore formato fanciulla.

Più tranquillo, Maxwell si dedicò perciò all’altro suo nipotino e, a quel punto, Andrew decise di uscire per parlare con Violet.

Era tempo di chiarire un po’ di cose.
 
***

Il tempo era stato clemente, in quei giorni e, tra ansie e speranze, Violet e Andrew avevano potuto affrontare con maggiore calma ciò che era accaduto tra di loro.

Quel bacio improvviso aveva sparigliato le carte, ma l’arrivo dei gemelli non aveva concesso a nessuno dei due giovani di approfondire l’argomento.

O pensare a un’eventuale misura preventiva da adottare coi rispettivi genitori.

L’unica cosa certa, per Andrew e Violet, era la ritrosia più che certa delle famiglie ad accettare il loro dolce sentimento.

Phillips e Spencer erano sempre state due famiglie assai unite, e i loro figli erano cresciuti assieme come un’enorme, unica entità priva di separazioni nette.

Certo, era stato bello, e si erano formati tra loro legami assai potenti, ma aveva anche permesso a Violet e Andrew di sviluppare qualcos’altro.

L’amore.

Come farlo capire a entrambi i ceppi familiari, senza far sembrare Andrew il classico defraudatore dell’innocenza di una giovane?

A maggior ragione trattandosi di Violet, che tutti reputavano essere troppo fragile e delicata per quel mondo così ricco di storture e di doppiogiochismi.

L’avrebbero creduta sicuramente incapace di dire di no a Andrew, troppo legata a lui da affetto e amicizia, per ferirlo con un rifiuto.

Dopo aver accompagnato Violet in giardino, dove ormai i cespugli erano stati coperti con teli di juta e tutto appariva brullo e spento, Andrew sospirò e disse: “Sarebbe stato più bello se, attorno a noi, vi fossero stati bei prati fioriti e il profumo della primavera.”

“Va bene anche quest’aria frizzante, e che promette neve” sorrise per contro la ragazza, stringendosi nel suo mantello di lana bordato di pelliccia.

Lui le sorrise, sfiorandole una guancia arrossata dal freddo con il tocco leggero delle nocche di una mano.

“Hai avuto tempo di guardare quello che ti ho portato? Spero di aver scelto le cose giuste… non ero sicuro che…” cominciò col dire Andrew, impappinandosi un po’ nelle parole.

Era mai possibile che, con lei, non riuscisse ad avere mezze misure?

O era dispotico – e le imponeva le sue idee senza farla parlare – oppure era imbranato come un fanciullo alle prime armi.

Violet sorrise subito, a quell’accenno e, assentendo con vigore, esclamò: “Oh, è tutto bellissimo, Andrew! Grazie! Hai avuto un pensiero davvero gentile!”

Poi, ridendo sommessamente, aggiunse: “Forse, qualsiasi altra ragazza troverebbe assurdo eccitarsi per delle carte nautiche o dei progetti di antiche piroghe, e avrebbe preferito pizzi e merletti in dono, ma a me piacciono tantissimo.”

Sorridendo più tranquillo, lui ammise: “Ho riflettuto molto su di te, e sul legame che mi legava a te, in questi mesi…”

Lei assentì, desiderando conoscere il suo pensiero in merito.

“Per tantissimo tempo ho pensato che, a parlare, fosse soltanto l’età. Insomma, tu sei bellissima…” e Violet arrossì per diretta conseguenza. “… e io dovrei essere morto da almeno dieci anni, per non accorgermene, perciò temevo che…”

“… che le tue fossero… pulsioni maschili?” ipotizzò lei, notando subito il suo sgomento. “Di che ti stupisci? Tua sorella è la mia migliore amica, e lei non ha peli sulla lingua, quando parla.”

“Temevo davvero che, col matrimonio, non avrebbe più avuto freni inibitori. E Alexander la vizia tremendamente, concedendole praticamente tutto ciò che vuole… parlantina compresa” sospirò esasperato Andrew, scuotendo il capo.

Violet ridacchiò, a quel commento, e replicò gentile: “Perché? Tu non fai lo stesso?”

Touché” ammiccò lui, arrossendo un poco. “Con te, poi, ho esagerato in modo più che imbarazzante, ritenendoti a torto troppo delicata per poter sopportare il peso di un mondo che, de facto, non è per le donne. Ho sempre preferito essere io a fare tutto al posto tuo, … cosa sbagliatissima, tra l’altro.”

Ciò detto, le sollevò le mani esili, scrutandola con un’espressione tra l’ansioso e l’ammirato.

Sì, Violet era alta, esile come un giunco e dalle fattezze angeliche, nessuno avrebbe potuto negarlo e, proprio per questo, molti – Andrew compreso – si erano ingannati sulla sua reale forza di volontà.

Ma ormai sapeva che tutto ciò era solo un ingannevole pensiero, oltre che ingiusto e non meritato.

Lei gli sorrise, illuminando quel viso privo di imperfezioni e, con tono sommesso, mormorò: “Io ho le mie colpe. Era molto facile appoggiarmi a voi, ogni qualvolta io ne avevo bisogno. Sapevo di trovarvi, e non ho mai esitato a cercarvi, anche quando avrei potuto cavarmela da sola.”

“I difetti dell’amore” ironizzò Andrew, scrollando le spalle.

“Quindi, il tuo viaggio è stato catartico?” gli domandò a quel punto Violet.

Lui assentì, dicendo: “Ho scoperto che mi ingannavo su molte cose, riguardo a te, e che avrei dovuto allentare la presa per permetterti di sbocciare come il fiore tenace che sei, ma che non ho mai voluto ammettere di aver visto. Mi spaventava l’idea che tu non avessi più bisogno di me.”

Violet rise di quel commento, e asserì: “Tu? Spaventato?”

“Ebbene sì. Poco virile da ammettere, ma sì. Inoltre, temevo che non sarei stato in grado di accettare un uomo che non fossi io, al tuo fianco e, pur essendomi imposto un tale ordine di idee, abbiamo visto quanto a poco è valso.”

Rise, e aggiunse contrito: “Povero Lucius! Devo averlo terrorizzato a morte, con quel mio comportamento da troglodita!”

Violet rise con lui, scuotendo il capo. “Oh, no. Non temere. Aveva più o meno capito che il mio cuore era impegnato, solo non sapeva da chi. Ma, quando ti ha visto, e ha visto me, ha compreso subito.”

“Ugualmente, è stato scorretto nei tuoi confronti comportarmi così perché, se anche Lucius fosse stato la tua scelta, io avrei dovuto accettarla, fidarmi del tuo giudizio, non cercare di imporre il mio… come sempre.

Il tono contrito del giovane spinse Violet a carezzargli con dolcezza un braccio.

“No, Andrew. Non pensare mai questo. Io non lo penso, né mai l’ho pensato. Non ho mai ritenuto che il tuo comportamento fosse prevaricante nei miei confronti.”

“Ma ammetterai che ho sempre tentato di evitarti determinate cose, pur se sapevo che, occupandoti di malati e feriti, avevi già sperimentato una buona parte di brutture.”

“Beh, diciamo che tendevi a essere un tantino protettivo, a volte, persino più di mio padre o di Randolf” ironizzò Violet, ammiccando. “Però, lo consideravo solo come un segno del tuo affetto.”

“E quando… quando hai…”

Ancora quello sciocco balbettio! Ma era davvero così insicuro di se stesso, ora che aveva ammesso la verità con lei?!

Violet gli sorrise gentile, forse comprendendo i suoi timori e dubbi e, nell’indicargli una panchina, si accomodò e domandò: “Vuoi sapere quando ho capito di amarti?”

“Esatto. E mi scuso per la mia goffaggine. Oggi mi comporto veramente da sciocco” brontolò Andrew.

Lei, però, sorrise e scosse il capo. “Sei agitato, sì, ma in senso buono. Se ho compreso bene le tue emozioni, sei ansioso di conoscere come stanno le cose tra di noi. E questo è bello.”

“Perché, tu, allora, sei così calma?” protestò amabilmente Andrew, storcendo la bocca.

“Perché, al momento, sono troppo euforica all’idea di averti tutto per me, per essere nervosa. Quando arriveranno i miei genitori, tornerà tutta l’ansia, non temere, e potrai vedermi tremare di paura fin che vuoi” gli sorrise lei, afferrandogli una mano con un certo vigore.

“Tutto… per te?” ironizzò allora lui, ammiccando.

Lei arrossì appena, ma non retrocesse dalle sue parole.

“Ho capito di amarti quando, l’anno addietro, ho partecipato al mio primo ballo, a Londra” gli spiegò lei, sorprendendolo.

“Oh, e come mai proprio in quel momento?” gli chiese lui, curioso.

“Ho continuato tutta la sera a paragonare i vari ballerini a te, pensando: ‘Andrew lo troverebbe odioso’, oppure: ‘Andrew gli avrebbe già dato un pugno’. Tutte cose del genere. Li paragonavo a te, e nessuno reggeva il confronto. Tentavo ogni volta di capire cosa ne avresti pensato tu. Insomma, qualcosa non andava, ti pare?”

“Avresti potuto vederla come una prova del nove da parte di un amico” ironizzò lui.

“Non quando pensi a cose come il tocco delle tue mani, o la sensazione di essere accanto a una persona” aggiunse lei, arrossendo.

“Oh. D’accordo. Questo è più personale” ammise Andrew, prima di rabbuiarsi appena e aggiungere: “Scusa, ma con chi hai sperimentato tali… sfioramenti?”

Violet allora rise e, per Andrew, fu come toccare il cielo con un dito. Come aveva anche soltanto potuto immaginare di poter vivere senza di lei?

No, sarebbe stato come smettere di respirare.

“Come hai potuto notare, Lucius è un tipo fisico, no?”

“Ti ha abbracciata spesso?” domandò Andrew, cercando di non apparire troppo geloso, nel dirlo. Doveva calmarsi, o avrebbe staccato la testa a qualcuno prima di sera.

“Tende a farlo, così come prenderti per mano, darti delle pacche sulle spalle, o cose simili. Si esprime con l’azione e, spesso e volentieri, dimentica l’etichetta, ma lo fa in un modo così sincero e privo di malizia, che non puoi arrabbiarti, o anche solo sentirti offesa” gli spiegò lei, scrollando le spalle. “All’inizio, mi ha un po’ stupita ma, in seguito, non ci ho più fatto caso. E poi, avevo Max.”

“Max? Mio fratello? Che ha mai combinato?” esalò Andrew, facendo tanto d’occhi.

Certo, lui e Violet erano come fratello e sorella e, se mai fosse stato possibile, poteva dire che si comportavano come due gemelli. Erano quasi simbionti, per certe cose.

Più di una volta avevano terminato l’uno le frasi dell’altra, e avevano gusti simili su un sacco di cose.

Erano sempre andati d’amore e d’accordo, ma mai avrebbe pensato che…

Interrompendo sul nascere i pensieri maldestri di Andrew, Violet disse lesta: “Non ho detto che ha tentato un approccio con me. Gli chiesi di accompagnarmi a tutte le feste, perché volevo avere con me qualcuno che mi fosse veramente amico, e lui lo fece. Volente o nolente, siamo stati molto vicini, anche sul piano fisico ma, anche in questo caso, non ho avvertito niente. Solo calore umano, ma nient’altro.”

Sfiorando il braccio di Andrew con il tocco lieve di una mano, lei poi aggiunse roca: “Con te, invece, sentivo qualcosa qui…”

Ciò detto, si sfiorò il petto all’altezza del cuore. “Tutto diventava sfocato attorno a me, quando c’eri tu, e il mio cuore rischiava di impazzire ogni volta che ti avvicinavi.”

“Conosco la sensazione” ammise Andrew, preferendo evitare di dirle dei suoi sogni non proprio casti. Lui non aveva la lingua lunga come sua sorella.

Violet gli sorrise appena, assentendo, e proseguì nel suo racconto.

“Mi sentivo spaesata, confusa, impaurita all’idea di essermi innamorata dell’uomo più sbagliato che potesse esservi. Sapevo che avrei ferito i miei genitori, o Randolf che, di fatto, è tuo cugino di primo grado e quasi un fratello, ma non potevo impedirmi di sentire questo sentimento crescere dentro di me.”

Sospirando, Andrew assentì, dichiarando: “Sono gli stessi motivi che hanno ferocemente chiuso la mia bocca fino all’altro giorno. Temevo le stesse cose che temevi tu, però…”

“… però, sai che non può essere che così, vero?”

“Esatto” annuì lui, reclinando il viso per baciarla. A un passo dalle sue labbra, sussurrò: “Non puoi essere che tu. Solo tu.”

Lei annullò la distanza che li separava, afferrandogli la nuca per attirarlo a sé e, nel toccare quelle labbra tanto desiderate, seppe di aver chiuso definitivamente la porta a qualsiasi altro futuro.

Per lei, ci sarebbe stato solo Andrew. O l’oblio.
 
***

Era stato sconvolgente ricevere la lettera inviata da Lucius Bradbury, da Aberdeen, in cui li avvisava della nascita – avvenuta con successo – dei gemelli di Elizabeth e Alexander.

Green Manor era quasi impazzita di gioia, alla notizia e, nel giro di un paio d’ore, tutti i bagagli per il viaggio erano stati approntati, e i messaggi ai famigliari più stretti spediti.

La carrozza con gli Spencer era stata messa in strada non appena ogni cosa era stata sistemata sui carri e, assieme ai Phillips, erano partiti alla volta di Aberdeen.

Di comune accordo, nessuno aveva desiderato fermarsi, limitandosi a brevi soste per far dissetare i cavalli.

L’ansia di raggiungere la loro destinazione aveva messo loro le ali ai piedi e quando, dopo quasi tre giorni di viaggio, avevano infine scorto le forme familiari della villa, avevano esultato.

Christofer e Kathleen salirono immediatamente al piano superiore per vedere la figlia e i nipotini.

La famiglia di Wendell e quella di Anthony, invece, rimasero per un po’ al piano inferiore, parlando coi domestici e venendo così a conoscenza dell’arrivo di Andrew dal suo viaggio.

“Beh, allora il ragazzo ce l’ha fatta come aveva promesso” sorrise Anthony, avvolgendo le spalle della moglie. “E mia figlia, dov’è adesso?”

“Oh, miss Violet e lord Andrew stanno passeggiando all’esterno. Sono stati giorni un po’ concitati per tutti, e penso volessero un momento di pausa per rilassarsi” lo mise al corrente il maggiordomo, guardandosene bene dall’aggiungere altro.

Non erano certo affari suoi, quel che succedeva tra gli ospiti di quella magione, e non voleva inavvertitamente far scoppiare un putiferio in casa.

Randolf allora disse: “Vado a recuperarli io, così mi farò spiegare da Andrew com’è andato il viaggio. Voi, intanto, andate a felicitarvi con Lizzie e Alex. Vi raggiungeremo subito.”

Ciò detto, si avventurò lungo uno dei corridoi del palazzo, indirizzato dal maggiordomo, mentre il resto degli ospiti si spostava al piano superiore per raggiungere i neogenitori e i bambini.

Di buon passo, Randolf raggiunse infine le ampie porte-finestre che conducevano al giardino sul retro ma, non appena vi mise piede, il mondo si fermò.

O, almeno, a lui parve così. Perché, diversamente, non avrebbe potuto spiegarsi la sensazione di oppressione che avvertì prepotente al petto.

Prepotente come il desiderio di uccidere il giovane che, fino a qualche attimo prima, era stato per lui uno dei suoi amici più fidati.

Una rabbia cieca si impadronì di lui, impedendogli qualsiasi pensiero logico e, in pochi passi, fu da Andrew e Violet, impegnati in un bacio che nulla aveva di amichevole.

Abbrancandolo al bavero della giacca, Randolf tirò indietro Andrew con violenza e, con altrettanta violenza, scaricò un pugno sul suo viso sorpreso, scaraventandolo a terra.

Violet si levò in piedi terrorizzata, urlando al fratellastro di fermarsi, ma tutto fu vano.

Randolf si gettò su Andrew, ancora stordito da quell’attacco proditorio e, tenendolo a terra con le mani puntate sulle sue spalle, gli gridò: “Come ti sei permesso di toccarla?! COME?!”

“Randolf, smettila, ti prego!” gli gridò ancora Violet, afferrandolo a un braccio e tirando indietro con tutta la sua forza.

“Come puoi chiedermelo?! Ti stava baciando!” sbraitò allora Randolf, volgendosi un attimo verso la sorella.

“E io lo volevo!” sbottò allora lei, raggelandolo.

Andrew ne approfittò per liberarsi dalla sua stretta e, nel rimettersi in piedi, si spazzolò gli abiti e ringhiò furioso e ferito: “Ne ho tutto il diritto. Noi ci amiamo.”

Randolf scosse il capo al solo sentire quelle parole e, fissando livido l’amico e cugino, inveì contro di lui con violenza.

“Io mi fidavo di te! Pensavo… speravo che le tue attenzioni verso di lei fossero oneste! E invece volevi solo irretirla!”

“Ma che stai dicendo?!” ringhiò per contro Andrew, irritato dalle parole di Randolf. “Denigri me e tua sorella, pensando questo!”

“Lei è troppo ingenua, per sapere come può essere oscura la mente di un uomo mosso solo dal proprio bisogno” lo accusò furioso Randolf, mentre Violet sbiancava di fronte a quelle parole.

“Lei è tutto fuorché ingenua! E’ una donna con i propri desideri e i propri pensieri!” sbottò per contro Andrew, sbracciandosi con veemenza.

“Non ti permetterò mai più di toccarla… poco ma sicuro” sentenziò Randolf, afferrando la sorella a un braccio per trascinarla via.

“Randolf, smettila!” gli urlò contro Violet, inascoltata.

Simile a un toro alla carica, il giovane barone Barnes non recepì affatto le parole della sorella e, seguiti da un furioso Andrew, risalirono le scale per raggiungere le loro famiglie.

Lì, avrebbe messo sotto gli occhi di tutti il tradimento, e avrebbe potuto porvi rimedio una volta per tutte.

Fu con la furia a fargli da apripista, che quasi divelse le porte delle stanze di Elizabeth, dove si trovavano tutti, e ringhiò furente: “Abbiamo un bel problema, a quanto pare.”

Lizzie e Alex si guardarono vicendevolmente, i gemelli tra le loro braccia e, sentitamente, esalarono: “Oh-oh.”

Anthony e Myriam osservarono i due figli maggiori, letteralmente infuriati e ai limiti della rissa e, dubbioso, il capofamiglia domandò: “Ma che succede, ragazzi?”

In quel mentre entrò Andrew, col volto palesemente tumefatto e gli abiti stazzonati e Randolf, indicandolo con fare inquisitorio, sibilò: “Andrew stava baciando Violet.”

Bastarono quattro semplici parole per azzittire tutte le persone presenti… per un secondo, per lo meno.

L’attimo seguente, infatti, la rabbia di Anthony si levò come un maroso, investendo Andrew che, impassibile, ascoltò i suoi insulti senza colpo ferire.

Christofer e Kathleen apparivano troppo sconvolti per riuscire a parlare, ma pensò Violet a riportare il silenzio, urlando a gran voce: “ADESSO BASTA!”

Si svincolò dalla stretta di Randolf e, raggiunto Andrew, gli avvolse saldamente un braccio col proprio e sibilò: “Ci. Stavamo. Baciando. E il primo che mi viene a dire che lui mi ha circuita, ha usato la nostra amicizia per approfittarsi di me, o altre fesserie simili, finirà nella mia lista nera per sempre! Andrew non è un uomo del genere, e dovreste saperlo!”

Myriam cercò di chiamarla a sé, sollevando una mano per chetarla, ma Violet si irritò ancora di più, aggiungendo: “Non trattatemi come una sciocca o peggio, come una ingenua ragazzina che non sa nulla degli uomini, o di come va il mondo…”

“Ma è quello che sei, se non capisci la nostra giusta rabbia” le ritorse contro Randolf, fissandola incredulo.

“Smettila di darle della sciocca!” gli ringhiò contro Andrew, trattenuto a stento da Violet.

“Sentite, urlare non è mai servito a nulla, ed è chiaro che qui c’è un immenso, macroscopico problema, che va gestito con calma e in separata sede…” cominciò col dire Anthony, tentando in tutti i modi di non fissare malamente i suoi amici di una vita. “… perciò, ora lasciamo in pace la povera Lizzie che, di certo, non ha bisogno di tutta questa confusione, e ce ne andiamo nelle nostre camere per parlare con calma.”

“Non c’è nessun problema e, prima ve ne accorgerete, meglio sarà…” brontolò Violet. “… ma avete ragione. E’ inutile sbraitare qui dentro come ossessi, quando ci sono dei bambini piccoli che non hanno bisogno di simili energie negative.”

Ciò detto, la ragazza si scostò da Andrew e fissò in cagnesco il fratello maggiore, intimandogli di starle alla larga, prima di uscire a passo di carica dalla stanza.

Anthony, Myriam e Randolf fecero lo stesso, seguiti a ruota dai figli più piccoli – basiti e senza parole – e da Savannah, che non sapeva se ridere o piangere.

Quando i Phillips e i Campbell furono usciti, Max – rimasto in un silenzio attonito fino a quel momento – si avvicinò al fratello, lo afferrò a un braccio e lo trascinò fuori, borbottando: “Io e te dobbiamo parlare.”

Andrew non replicò e uscì con il fratello sotto gli occhi turbati dei genitori, oltre a quelli basiti di Lizzie e Alex.

“Mamma… cosa c’è?” domandò Rose, spezzando di fatto quell’atmosfera di tensione fin lì accumulatasi come un veleno.

Christofer fissò la figlia e il genero e, poggiando le mani sui fianchi, dichiarò: “Sì, mammina… cosa c’è che non sappiamo?”

“Un po’ di pietà per una neomamma che ha partorito da pochi giorni dei gemelli?” ironizzò Lizzie, non trovando alcun sostegno da parte dei genitori.

Alexander allungò una mano alla figlia maggiore, sorrise spiacente alla moglie e disse: “Vieni, Rose. Andiamo nella nursery.”

Poi, rivolto a Lizzie, disse: “Dammi pure Arthur. Lo porto io di là.”

“Fifone” sbuffò la moglie, pur lasciandogli il figlio.

Alexander le diede un bacetto sulla guancia e, affiancato dalla figlioletta, uscì dalla stanza, lasciando i suoceri con Lizzie.

Rimasti finalmente soli, Kathleen esalò: “Ebbene? A cosa abbiamo assistito in questi ultimi due minuti di follia?”

“Beh, ecco… è una faccenda un po’ lunga da spiegare, ma si riduce a poche parole. Andrew ama Violet, e viceversa” dichiarò senza mezzi termini Elizabeth.

Christofer sospirò afflitto, letteralmente crollando su una delle poltrone e Kathleen, non meno affranta del marito, si lasciò andare a sedere sul letto della figlia, mormorando: “Dio del cielo… ma ne sei sicura?”

“Come due più due fa quattro, mamma. Il guaio è un altro, e mi è parso evidente; qualcuno crede che lui l’abbia solo turlupinata perché ‘Violet è troppo ingenua per saperne di uomini’” ciangottò Elizabeth, mimando le virgolette e fissando il vuoto con aria scontrosa.

“Maledizione, Lizzie, sii gentile. E’ una faccenda maledettamente seria, questa” brontolò il padre, passandosi una mano tra i capelli.

“Certo che lo è, se nessuno è in grado di vedere l’ovvio. Nessuno si è mai chiesto perché Andrew fosse così di malumore, negli ultimi due anni? O perché Violet fosse mogia come una persona a cui è morto il gatto, e si sia rifiutata per due Stagioni di trovare un marito?” protestò Lizzie, accigliandosi.

“Sono cresciuti insieme… non può essere che stiano confondendo l’affetto con qualcosa di più profondo?” replicò Kathleen, fissando dubbiosa la figlia.

“Mi pare che abbiano le idee chiare, invece. Avete mai visto Violet inveire come ha fatto prima? Non parlo di Andrew, perché lui l’ha sempre difesa… ma Lettie? Se ne avesse avuto la forza, avrebbe preso a pugni Randolf. E forse lo farà comunque, se lui continuerà a insultare Andrew… o lei” sottolineò Lizzie, sedendosi a sua volta sul letto.

“E Andrew… lui ha…” tentennò Christofer, non sapendo quanto chiedere.

“Padre, ti fidi così poco di tuo figlio?” sorrise appena Elizabeth. “So che ora stai pensando a ciò che facesti tu, ma le condizioni sono ben diverse, credimi. Tu agisti spinto dall’odio verso tuo padre e i tuoi fratelli, avvelenato da anni di soprusi, ma Andrew non ha queste motivazioni, a spingerlo. Lui è amato da tutti noi, e proprio per questo si è arrovellato tanto, chiedendosi seriamente se sentisse davvero ciò che provava per Violet.”

Lizzie si rialzò, raggiunse il padre e, dopo essersi accucciata accanto a lui, poggiò il capo sulla sua gamba come era solita fare da piccola e aggiunse: “Si sono solo baciati, padre. Non sono andati oltre, credimi. E, prima di arrivarci, entrambi hanno avuto il proprio percorso catartico. Non sono degli sprovveduti, davvero, e non temete che Violet possa essere spinta dal desiderio di accondiscendere ai sentimenti di Andrew. Lo amava già da prima di sentirlo dalla bocca di mio fratello.”

“Ne ha parlato con te?” domandò Kathleen, vedendola annuire.

“Per tutto il periodo in qui è rimasta qui, avendo anche modo di confrontarsi con Lucius, un uomo che io ritengo un santo fatto e finito, per come l’ha trattata, Lettie non ha avuto pensieri che per Andrew. Certo, stava bene con Lucius, e lui le ha dato la sicurezza di credere nelle proprie capacità, ma non è scattata la scintilla in nessuno dei due.”

“Dici che avrebbe potuto essere un buon partito, per lei?” le domandò ancora Kathleen, sorridendo appena.

“Lucius? Madre, Lucius si è dichiarato entusiasta dei suoi lavori, le ha mostrato i suoi progetti e si è fatto consigliare su come migliorarli e, tra le altre cose, le ha promesso che la prima nave che avrebbe costruito nel suo cantiere, sarebbe stata fatta sui disegni di Lettie, e avrebbe preso il suo nome” sorrise divertita Lizzie. “Le ha servito su un piatto d’argento il suo più grande desiderio ma, nonostante questo, lei non ha ceduto. Il suo cuore era di Andrew già da tempo.”

“E sei sicura che Lucius non ne abbia sofferto?”

“Stando a quello che ho saputo da entrambi, no. Anzi, lui è felice che Violet abbia scoperto che il suo uomo la ama… oddio, forse, se avesse visto questa scena, sarebbe stato meno felice” asserì a quel punto Lizzie, grattandosi una guancia con fare pensoso.

“Direi che non è stata una cosa molto edificante da vedere… e io non ho neppure avuto la possibilità di parlare con Andrew, visto che Max me l’ha requisito subito. Mi sento un po’ defraudato del mio ruolo di padre” cercò di ironizzare Christofer, carezzando la chioma della figlia.

“Accontentati di fare il terzo grado a me” gli sorrise Lizzie, battendogli una mano sul braccio. “E poi, immagino che Max voglia portare a termine il suo ruolo di amico per la pelle di Violet. Deve essere spiacevole, per lui, doverlo fare col proprio fratello, ma alla fine capirà, ne sono certa.”

“Spero solo che tutto si risolva… non voglio vedere scontento nessuno. C’è già stato troppo dolore in passato, perché io voglia ritrovarmelo anche in quest’epoca” brontolò Christofer.

“Non succederà” dichiarò Lizzie, pur non sentendosi del tutto tranquilla.

Lei poteva anche pensarla così, ma Anthony e la sua famiglia?







Note: eccomi di ritorno con il capitolo che tutte stavate aspettando con trepidazione! Il segreto è stato svelato, e nel modo peggiore possibile, oserei dire. L'ira di Randolf è scaturita manifesta (si capirà più tardi perché proprio lui è esploso tanto) e ora vige il caos più totale. Violet, però, non si è fatta mettere piedi in testa dalla famiglia e ha difeso a spada tratta il suo amore per Andrew. Scopriremo quanto nel prossimo capitolo! Per ora, grazie per avermi aspettata, e alla prossima!

 
  
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