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Autore: elleonora    03/08/2017    2 recensioni
Virginia, da poco laureata in psicologia, decide di trascorrere l'estate in compagnia dei suoi amici di sempre. Una sera in discoteca vede un ragazzo dagli occhi ipnotici che la stregano, ma purtroppo viene trascinato via da un amico. Riuscirà la dolce Virginia a rivedere quegli smeraldi che tanto l'hanno colpita? Ma soprattutto, lui si sarà accorto di lei?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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INASPETTATAMENTE_ cap.18



Dubbi & Zucchero – Capitolo 18

 

 

24 Gennaio.
 
Ore 12:28
 
 
M’s POV.
 
 
«Senti ma, quel rumore veniva dalla tua pancia?» chiede sorpresa Virginia staccandosi dalle mie labbra dopo aver sentito uno strano brontolio.
«Ebbene sì, il mio stomaco ha appena brontolato.» ammetto sorridendo. Ho fame, chiaramente, ma preferisco di gran lunga baciare e coccolare lei.
Virginia alza la manica della sua felpa per controllare l’orario e poi esclama «Ovvio che il tuo stomaco brontoli! Avrà anche fame! E’ quasi mezzogiorno e mezzo!»
Come sarebbe a dire quasi mezzogiorno e mezzo? «Decisamente. Il tempo è volato!» Il tempo vola quando lo trascorri con persone che ti piacciono.
«Devi… Andare via?» chiede lei un po’ titubante e sembra che la luce nei suoi occhi si spenga lievemente.
«Più tardi sì. Devo andare a prendere mia sorella a scuola e non so dove la devo portare...» Matteo ti stai giustificando? E’ la prima volta in vita tua che lo fai. E sì, voglio rimanere qui con lei.
«Oh.» risponde lei sorpresa. Le ho parlato poco di Stella, poco è meglio del nulla che ho fatto di solito con le altre ragazze. «A che ora?» chiede di slancio.
«Alle due e mezza.»
«Beh, dovrai pur mangiare qualcosa, vero?» chiede.
«Sì?» suona come una domanda titubante.
«Rimani qui. Cucino qualcosa e poi vai. Il tuo stomaco mi ringrazierà!»
Immagino non solo il mio stomaco. Ma tutti gli organi interni miei.
«Cucini tu?» chiedo sorpreso. Ma che domande fai, Matteo?
«Certo! Cosa preferisci?» chiede lei.
«Qualsiasi cosa va bene.» Come ad esempio tu, ora, nuda, sul divano.
«Una pasta può andare?»
«Va più che bene.» rispondo abbassando la mia testa su di lei. «Grazie.» Le dico il più dolce possibile. Le do un dolce bacio a fior di labbra e subito dopo torno con la schiena appoggiata al divano. Le sue labbra sono letteralmente magnetiche per me. Potrei non staccarmi più.
«Grazie a te per essere rimasto. Rose ti ha fatto rimanere senza neanche sapere se avessi avuto da fare o meno. Mangi qui e poi vai da tua sorella, va bene?»
Potrei anche non andare da Stella e rimanere qui tutto il pomeriggio. Perché no? Cosa mi impedisce di restare qui con Virginia mezza ammalata? Magari dopo scrivo su WhatsApp a Stella scrivendo che riesco arrivare solo dopo. Perfetta idea, rimango qui con lei. Dovrei anche riuscire a non saltarle addosso. Forse.
«Sorella è un eufemismo, è una sottospecie di tornado!» dico io sorridendo. Più che sorella, la definirei proprio “tornado”.
«Mi alzo da qui così preparo.»
«Alzati piano eh.» dico pateticamente, anche se egoisticamente non voglio che si alzi. Non può rimanere qui? Su di me? Posso sempre cucinare io.
«Certo.» cerca di alzarsi e si mette seduta.
Chissà se sta bene e se il suo mal di testa è passato. Spero proprio di sì.
Si alza in piedi con la dovuta calma e io continuo a fare l’unica cosa per restare in contatto con lei: tenerle la mano.
Non ho intenzione di lasciagliela. Anche se forse… Dovrei. Cucinare potrebbe non essere semplice se lei dovesse avere libera solo una mano. Non voglio distrarla, poi potrebbe scottarsi.
Per quanto riguarda me, posso anche scottarmi senza alcun timore. Anzi, proprio per quanto riguarda lo scottarsi… Io però sono già cotto.
Matteo? Cosa stai dicendo?
Nulla, assolutamente nulla.
Si, certo.
 
«Hai bisogno di una mano?» le chiedo alzandomi dal divano.
La mia, magari?
Mi guarda con aria strana, sorridendo.
«Hai intenzione di tenere in ostaggio la mia tutto il tempo?» chiede divertita.
Merda.
«No no, te la lascio subito.» le rispondo mesto.
Provo a lasciare la mano dalla sua ma lei mi impedisce il movimento, anzi, la stringe forte.
«Cuciniamo insieme. Tu con una mano e io con l’altra.» propone lei avvicinandosi.
«Scherzi?» chiedo divertito.
«No, potremmo provarci.»
Proviamo anche altre cose, magari anche a stare insieme.
Matteo, cosa cavolo ti prende?
Nulla, assolutamente nulla.
«Proviamoci allora.» dico mettendo la mia mano libera sulla sua guancia.
E questo “proviamoci” ha un significato strano, molto particolare, almeno, per me.
Un sorriso le distende il volto.
Porto la mano intrecciata alla sua dietro la sua vita.
La avvolgo.
La stringo a me.
E’ una specie di abbraccio, un intenso e bellissimo abbraccio.
Avvicino il mio volto al suo e le do un piccolo bacio a fior di labbra.
Emozioni.
Strane sensazioni.
Strane cose che succedono alla mia bocca dello stomaco.
«Sei pronto?» mi chiede guardandomi negli occhi.
«Certo. Solo… Una cosa.» le dico con un sussurro.
Prima di sciogliere quello strano abbraccio mi riavvicino a lei.
Il mio volto è pericolosamente vicino al suo collo.
Il suo collo è molto invitante.
Decisamente troppo invitante.
Le deposito un bacio lì, sul collo.
Non riesco neanche a controllarmi.
Dio mio, anche un tredicenne in crisi ormonale si sarebbe controllato di più.
Mi scosto leggermente e vedo che lei sorride.
Non può sorridere in quel modo però.
«Vieni qui.» le sussurro.
«Ma sono qui.» mi risponde sorridendo.
Non posso fare altro che avventarmi sulle sue labbra che sono diventate una sorta di calamita per me. Una calamita allucinante che mi attrae come nessuno mai mi aveva attratto nella mia vita. E’ un qualcosa di allucinante.
E’ come la gravità, impossibile resisterle.
Le mie labbra sono sulle sue.
Le dischiudiamo insieme, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Un qualcosa di normale.
Come se fossimo abituati da sempre.
Ma magari!
Ho deciso, al posto di pranzare continuo a baciarla.
Lingue che danzano insieme.
Lingue che si accarezzano.
Dolci movimenti di lingua circolari che mi smuovono qualcosa dentro.
Che riescono arrivare in punti che non sapevo di avere.
Cosa cavolo mi sta facendo Virginia?
Nuove sensazioni.
Nuove emozioni.
Nuove sorprese.
Lei è una sorpresa continua.
Il mio stomaco fa un’altra volta quello strano rumore e Virginia si stacca sorridendo.
«Ancora?» dice ridendo.
«Ehm, sì, scusa!» rispondo io sorridendole.
«Hai fame, vero?»
Sì, ma fame di te.
Annuisco leggermente e le rispondo «Sì. Ma preferivo stare qui.»
«Poi il tuo stomaco non mi ringrazia più.»
Ma altri organi e me stesso sì. Non ti stanno solo ringraziando, ma chiaramente venerando.
«Giusto.» le rispondo.
«Andiamo in cucina, forza. Mi serve l’altra mano!»
«Andiamo.» le dico seguendola in cucina.
 
 
«Sai, non so quanto sarà semplice cucinare.» dice Virginia più di quindici minuti dopo.
«Perché?» le chiedo continuando ad andare su e giù col naso sul suo collo.
Cosa che sto facendo da un paio di minuti e ogni tanto deposito un bacio sul suo collo, in un modo più dolce possibile.
Siamo arrivati in cucina e abbiamo scoperto che cucinare una mano per ciascuno è parecchio difficile, difficile ma non impossibile. Quindi io ho optato per apparecchiare la tavola e lei ha messo in una pentola l’acqua per la pasta.
E’ rimasta lì, ferma davanti ai fornelli e io non sono riuscito a resisterle.
Mi sono avvicinato, ho preso la sua mano destra che era lungo il suo fianco con la mia mano destra e l’ho stretta.
L’ho stretta cercando di trasmetterle tranquillità e calore.
La mia mano sinistra è finita sul suo fianco sinistro.
Ho avvolto con la mia mano il suo osso iliaco e un brivido caldo mi ha percorso la colonna vertebrale.
Ho eseguito questi movimenti il più tranquillamente possibile, cercando di scorgere un eventuale rifiuto proveniente dal suo corpo o dalla sua voce.
Ho visto i suoi occhi chiudersi quando ho appoggiato la mano al suo fianco e una sensazione di pura soddisfazione ha fatto capolino nel mio petto.
Sono rimasto fermo a inspirare il suo profumo.
Il profumo di Virginia.
Un profumo dolcissimo, sensuale e inebriante.
Il suo profumo.
Non ho resistito e ho avvicinato il mio viso al suo collo.
Ho iniziato ad accarezzarle il collo con la mia punta del naso.
Credo sia stato uno dei movimenti più erotici che io abbia mai fatto.
La mia mente ha iniziato a viaggiare.
Oltre al suo collo mi piacerebbe esplorare altri posti.
Dio mio.
Sarebbe così morbida.
Così dolce.
Così perfetta.
Così sexy.
Matteo, togliti dalla testa quell’immagine.
Virginia non sta bene, e tu non puoi pensare a questo genere di approccio.
Come no?
Sarebbe bellissimo anche solo prenderla qui, sul bancone della cucina.
Smettila, stupido tredicenne eccitato.
«Mh, mi distrai.» sussurra Virginia.
«Ma se non sto facendo niente!» dico il più innocente possibile.
Niente a lei, ma a me lei qualcosa lo fa.
La sua voce è eccessivamente eccitante.
Bancone della cucina.
Dentro di lei.
Matteo smettila, subito.
«Tu stai mentendo.» dice sorridendo.
«Non mi sembra.» e la faccio voltare.
«E’ difficile cucinare.» dice mentre si arresta di fronte a me «Così, soprattutto.» aggiunge mentre io sorrido compiaciuto.
La bacio tranquillamente prima sulla punta del naso e poi a fior di labbra.
E’ bello stare qui con lei.
Sento il rumore dell’acqua che bolle e le sorrido.
«Virginia?» chiedo.
«Sì?»
«Hai già salato l’acqua?»
«No, non ancora.»
«Mi dai il sale? E poi scegli la pasta che vuoi mangiare?»
Si allontana da me e apre un’anta della cucina «Ecco qui il sale.» mi dice allungando un barattolo trasparente pieno di sale grosso.
«Salo io?»
«Oh sì, sei tu l’uomo.»
«Non dovevi cucinare tu?» le chiedo.
«Ho… Cambiato idea?» risponde con un’aria furba.
«Vuoi che cucini io?» le chiedo serio.
«Scherzi vero?»
«No, assolutamente no.»
«Cucino io, stavo solo scherzando.» ammette lei arrossendo un po’.
«Sicura?»
«Mettiti lì seduto e aspetta il pranzo. Anzi, decidi che pasta vuoi e come la vuoi.»
«Sono per caso al ristornate?» chiedo.
«Shhh, Matteo. Dimmi cosa vuoi.»
Davvero?
Te?
Nuda?
Ora?
Sul bancone?
Dio mio, sì.
«Gli spaghetti vanno bene?» chiede lei aprendo il cassettone in basso che mi permette di dare un’occhiata involontaria al suo lato b.
Dio mio.
Matteo recupera un po’ di salivazione e anche la dignità, grazie.
«Spaghetti, sì.»
«Al pesto?» chiede aprendo il frigorifero.
«Aggiudicato.» rispondo io e lei sorride. «Posso fare qualcosa?»
«No no, devo sdebitarmi in qualche modo per averti rovinato la mattinata.»
Non l’hai rovinata, ma migliorata.
Anzi, l’hai resa molto bella.
«Non ti preoccupare, Virginia.» le rispondo.
 
«Ma è buonissima!» le dico dopo aver assaggiato gli spaghetti al pesto nel mio piatto.
«Davvero?» chiede lei.
«Davvero sì. Sei brava!»
«Ma è solo una pasta.» dice lei accigliandosi.
«Mia sorella potrebbe fare esplodere la cucina preparando una semplice pasta!» Virginia si mette a ridere. «Fidati, una volta ci è quasi riuscita! Devo ammettere che sta migliorando, fa degli ottimi biscotti!»
«Siete molto legati, vero?» chiede improvvisamente.
«Credo di sì. Molti non hanno un buon rapporto con i propri fratelli, io con lei ho un buon rapporto. Anche se molte volte vorrei ucciderla.»
«Poverina!»
«Povero me! Me ne combina sempre di tutti i colori! Riesce sempre a corrompermi e a fare quello che lei ha in mente.» Mi corrompe chiaramente con i biscotti, maledetta Stella.
«Avete decisamente un bellissimo rapporto!» esclama lei sorridendo.
«Tu dici?» chiedo avvolgendo gli spaghetti sulla forchetta.
«Dico, dico. Dopotutto, sono una psicologa!»
«Giusto, ogni tanto me lo dimentico. Poi ci sono sempre Marco e Alessandro che me lo ricordano.» ammetto guardandola negli occhi.
«Sono curiosa, sai?» chiede lei dopo un attimo di pausa tra un boccone e l’altro.
«Di cosa, signorina?»
«Di come sarà la cena.»
«Quella con me?»
«Mh, anche.»
«Tutte e due?»
«Esatto.»
«Andranno benissimo tutte e due, vedrai.» Cerco di rassicurarla con la voce più tranquilla del mondo. Io per lo meno, lo spero, cercherò di essere me stesso il più possibile e soprattutto cercherò di essere al mio meglio.
«La cena… Come dire, “nostra”, la consideriamo un altro appuntamento?»
«Beh, direi di sì, se tu non hai intenzione di uscire con altri ragazzi a breve… Sì, mi piacerebbe che tu lo considerassi un altro appuntamento.»
Dal patetico al super patetico, il passo è breve. Soprattutto dopo una frase del genere, a proposito Matteo, come ti è uscita? Da dove? E perché? Patetico all’ennesimo livello. Mi è uscita addirittura una nota acida nella voce ad “altri ragazzi”. Ho deciso, lei non deve uscire con altri.
«Non so.» Non sa cosa? La guardo stranamente. «Marco e Alessandro, valgono?»
Un sospirone di sollievo si apre nel petto. «No, loro non valgono.»
«Allora sì, vada per l’appuntamento! Mi piace avere un altro appuntamento con te.»
«Piace molte anche a me.» la guardo e sorrido.
 
Finiamo di mangiare tranquillamente, tra una chiacchiera e l’altra, la aiuto a sparecchiare e mettere i piatti in lavastoviglie.
Quando chiude lo sportello della lavastoviglie, si avvicina e dice «Ora, devi andare?»
Controllo l’orario sul mio polso e ammetto «Sì, purtroppo devo scappare.»
«Uh, beh, hai perso fin troppo tempo oggi con me! Devi anche preparare l’esame!»
«Lo so, Virginia. Recupero il giubbotto e lo zaino e ti lascio riposare un po’.»
«Dovrei studiare anche io, almeno un po’.» ammette lei.
«Ti lascio riposare e studiare allora.» le dico sorridendo.
Non voglio andarmene via. Ma… Stella mi aspetta e potrebbe uccidermi violentemente se arrivo in ritardo, non so neanche dove la devo portare.
Mi metto il giubbotto e mi avvicino a lei.
Le sposto una ciocca di capelli e le appoggio una mano sulla guancia.
«Grazie Virginia.» le dico avvicinandomi e baciandola sulle labbra.
«Grazie a te, Matteo.» mi dice sorridendo e rispondo al bacio a sua volta.
«Ci sentiamo presto.» le sussurro dandole un altro bacio.
«Certo, buon pomeriggio.» mi sorride, mi ribacia e apre la porta di casa.
«A te Virginia. A presto.» dico oltrepassando la porta.
Esco da quella porta e mi sento quasi svuotato.
Cosa cavolo mi ha fatto quella ragazza?
Non so cosa sia, non so come sia possibile.
Cosa diamine mi ha fatto?
Non so bene perché io stia provando queste strane sensazioni.
Ora sì che mi serve uno psicologo.
Anzi, una psicologa.
Mi serve lei.
Solo lei.
E potrei anche stare bene, per sempre?
Ci potrei sempre provare.
 
Arrivo all’uscita del liceo classico di Stella giusto in tempo.
Sta oltrepassando il cancello proprio ora.
Si guarda intorno, alzo un braccio verso l’alto e mi vede.
Corre verso di me e mi butta le braccia al collo.
«Fratello!» esclama.
«A cosa devo tutto questo entusiasmo?»
«Un evento, un evento più unico che raro!»
«Sputa il rospo, forza.»
«Ho preso nove e mezzo in latino!»
«Brava Stellina, mamma sarà molto contenta.»
«Tu anche devi assolutamente essere contento, felice, urrà! Dovrai potarmi a fare shopping, dall’estetista e a mangiare qualcosa. Non precisamente in questo ordine.»
«Intanto avviamoci. Ti porto a mangiare.»
«Perché mi? Tu non mangi? Stai forse male? Perché?»
«Già mangiato.» spiego alzando leggermente le spalle.
«Perché? Maledetto, me la pagherai.» Mi minaccerà e proverà a non cucinare più biscotti, già lo so.
«Avevo fame, e…»
«Cosa?» insiste.
«E quindi…»
«Oh mio dio. Matteo io lo so.» Sa cosa? «Hai copulato tutta la mattina! Altro che “colazione” con quella poveretta. Lo so, ti conosco. Non avrai resistito. Vero? Non hai resistito e sei stato tu il biscotto e lei la tazza di latte! Giusto per stare in tema colazione.»
«Pensi proprio male su di me, vero?» chiedo ridendo.
«No, ti conosco. So come sei fatto. So come ti comporti. So quello che fai. E ci avrai dato dentro tutta la mattinata, fratello porco!»
«Ti sbagli.» le dico serio.
«Oh no, non mi sbaglio.»
«Si invece.»
«Allora sputalo tu il rospo! Raccontami ogni cosa, dettagli sessuali esclusi, grazie.»
«Non abbiamo fatto niente.»
«E io dovrei crederti?» fa una smorfia.
«Sì, ovvio. Non è che devo sempre scoparmi tutte così, senza distinzione, per il bene dell’umanità.»
«L’hai sempre fatto, Matteo.»
«Lo so anche io.»
«Vedi? Mi dai ragione! Quindi dimmi che è successo!»
«Allora ti racconto che facciamo prima.»
«Bravo, non ti azzardare ad omettere qualcosa.»
«Siamo andati a fare colazione in quel posto carino vicino al cinema.»
«Uh, sì. Fanno un cappuccino da urlo.»
«Appunto. Siamo andati lì, ma prima, ho visto Virginia che non stava molto bene…»
«Oh povera, ecco perché ha accettato di uscire con te, non stava bene!»
«Smettila! Insomma, aveva il mal di testa.»
«Un punto per Virginia, sa anche lei quanto si soffre.»
«Esatto, stava parecchio male, quindi dopo il cappuccio l’ho riportata a casa.»
«Bravo.»
«Ho dovuto insistere, non voleva farsi riaccompagnare ma stava davvero male e alla fine ha ceduto. Ho visto quanto stai male tu, e lei era sofferente quasi quanto te.»
«Prosegui.»
«L’ho portata su in casa e poi si è addormentata, quindi sono rimasto con lei. Poi si è svegliata e abbiamo mangiato.» Racconto promettente, omettendo un paio di cose come la telefonata con Rose e la voglia di farmela lì, sul bancone della cucina.
«Chi sei tu e cosa ne hai fatto di mio fratello?» chiede Stella stupita dopo un attimo di silenzio.
«Non lo so. Mi sembrava giusto fare così.»
«E hai fatto bene! Le ragazze stravedono per il principe azzurro! Ma non hai fatto proprio nulla nulla nulla? Neanche un bacio? Dai, non ci credo.»
«Stella…» dico quasi rimproverandola.
«Oh sì! Almeno la lingua è sempre la stessa, bravo fratello. Ma almeno dimmi questo…»
«Chiedi pure, tanto, ormai!»
«Ti sei chiesto perché ti sei così rincoglionito per una ragazza?»
«Non lo so Stella, davvero non lo so.»
«Io e la mamma lo sappiamo.»
«Mah, sbaglierete sicuramente.»
«Siamo donne, non sbagliamo mai.»
«Vedremo.»
«Sei cotto come una pera, fratello.»
«Non saprei Stellina. Non la conosco ancora bene, non so nulla, non so.»
«Invece tu sai!» risponde lei dandomi una manata sulla spalla.
«Forse.»
 
Forse non rende giustizia.
Nonostante tutte quelle cose che non so, qualcosa so.
Sono dannatamente cotto.
Credo sia quello, per lo meno.
Non mi è mai capitato niente di simile.
Magari è solo un’infatuazione momentanea.
Forse.
O forse sono davvero cotto.
E non va bene, lei non può farmi questo effetto dopo così poco tempo.
 
O forse può.
 
 
***
 
Buona sera e ben ritrovati a tutti. Quanta insulina vi siete iniettati per superare il diabete che vi è venuto leggendo questo capitolo? Tanta vero? Non so cosa mi sia successo oggi ma, dovevo dar sfogo a un po’ di dolcezza repressa e allora ho scritto. Primissimo capitolo solo ed esclusivamente dal punto di vista di Matteo. Poverino! Ha anche lui i suoi istinti e viene gentilmente insultato dalla sua “sorellina”. Ma ha rivelato bene le sue intenzioni con Virginia, chissà cosa accadrà nel prossimo capitolo. Avete idee?
 
Vi ringrazio di essere arrivati con me fino a questo capitolo.
Per aver viaggiato con me, e con Virginia e Matteo.
 
Un abbraccio a tutti.
E grazie, davvero.
A presto.
 
E.
   
 
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