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Autore: Alessia Krum    03/08/2017    1 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23

Mamma, papà e...Max!
 
Il giorno dopo Acqua si recò in biblioteca, perché doveva fare una ricerca per la scuola. Girava per gli scaffali cercando qualcosa che la ispirasse per scrivere il tema sugli attacchi di squali dai denti a sciabola degli ultimi secoli, ma era un argomento talmente assurdo che nessuno dei libri della biblioteca sembrava parlarne. Decise di rimanere in biblioteca per studiare, il silenzio là dentro era tale da riuscire a far concentrare anche il ragazzo più distratto del mondo. E lei aveva proprio bisogno di concentrazione, rimbalzava da un pensiero all'altro talmente velocemente che temeva che la testa le potesse scoppiare da un momento all'altro. Percorse gli ultimi metri di corridoio sovrappensiero e non si accorse che c'era una piega nel tappeto, così inciampò e cadde rovinosamente a terra. Dimenticandosi che sott'acqua la caduta era molto più lenta, cercò di aggrapparsi a uno scaffale con il solo risultato di trascinare con sé un mucchio di libri. Si rialzò sbuffando e cominciò a reinserire i libri in ordine quando notò l'angolino di un quaderno che sporgeva dietro alla fila interminabile di volumi noiosissimi. Incuriosita, afferrò l'angolo del quaderno e lo tirò fuori. Finì di rimettere a posto gli altri libri osservando la sua copertina. Era un quaderno normalissimo, come quelli che usava lei per andare a scuola, con la prima pagina di alghe colorate intrecciate fra loro. Pensò di portarlo al Saggio, nel caso qualcuno lo avesse dimenticato venendo a studiare in biblioteca. Un sacco di gente veniva lì, magari era di qualcuno che conosceva. Aprì la prima pagina e le venne un tuffo al cuore quando lesse il nome che c'era scritto sopra. Non poteva crederci! Azzurra, ecco il nome scritto in fretta e furia al centro della pagina in una grafia disordinata e con le lettere arrotondate, tremendamente simile alla sua. Quel quaderno apparteneva a sua madre! Acqua non stava più nella pelle dalla voglia di aprirlo, ma non poteva farlo lì dove tutti la potevano vedere. Insomma, non era stupida, sua madre non si era accidentalmente dimenticata il quaderno di scuola dietro uno scaffale intero di libri, no, lei lo aveva nascosto, e di sicuro non si trattava di un normale quaderno. Prese un libro a caso e lo nascose dentro, poi si avviò per uscire dalla biblioteca. Purtroppo il Saggio era lì seduto alla scrivania, come al solito, che leggeva un tomo alto quasi più di lui. Acqua gli passò vicino e lui le fece un piccolo cenno con il capo per salutarla. Lei ricambiò nascondendo meglio il quaderno, ma non poté fare a meno di sentirsi sciocca. Il Saggio sapeva tutto, non importava come riuscisse ad indovinare quello che ti passava per la testa, ma comunque lo faceva. Acqua aveva la netta sensazione di sembrare una grande idiota con quel sorriso finto stampato sulla faccia, ma sperava che lui non si accorgesse di nulla. Invece il risultato fu esattamente l'opposto, la ragazza notò un'aria divertita negli occhi dell'anziano signore ed esitò un attimo.
- É tuo di diritto, ragazza mia. - le disse sorridendo con enorme affetto, e lei se ne andò via felice, scomparendo attraverso il pesante portone della biblioteca.
 
***
 
Allora, se sei riuscito ad aprire questo quaderno significa che sei una persona di cui mi fido, o alla quale avrei voluto far leggere queste pagine. Ho messo un incantesimo sulle fibre di alghe della copertina, perciò quelli che non rientrano nelle categorie sopra non possono aprire il quaderno. Ma cominciamo dall'inizio: questo NON é un diario, diciamo che é piuttosto un racconto di quello che é successo negli ultimi giorni, mi fermerò qui. Non penso di avere il tempo di scrivere un diario, avrei troppe cose da dire, già ora sono un po' confusa. Adesso però sto divagando, dovevo partire dall'inizio ma non l'ho fatto. Mi chiamo Azzura, ho diciassette anni e mezzo, e sono in punizione a vita. Ma rifarei mille volte quello che ho fatto per meritarmela. In realtà secondo me questa faccenda é assurda ma
Non riesco a tenere il filo del discorso! Riparto un'altra volta e questa volta voglio raccontare tutto per bene. Il motivo per cui mi sono "meritata" un castigo infinito é che sono scappata. Via. Fuori. Per un giorno intero. Con il mio ragazzo (quanto lo adoro!).
No! Adesso non smettete di leggere pensando che io sia una stupida adolescente frivola e senza cervello, ci ho pensato moltissimo, anche con Aquarius, e siamo arrivati a questa conclusione insieme. Non ne possiamo più! Stiamo insieme da tre anni ormai e non possiamo neanche comportarci come due fidanzati normali. Beh, in realtà non siamo normali, lui é il figlio del re (e ci tengo a precisare che non sto con lui solo perché così diventerò regina, come sostengono tutte le altre ragazze - anzi, non mi piace stare al centro dell'attenzione, suppongo che dovrò abituarmici), ma questa non é una motivazione sufficiente per quello che ci stanno facendo. É soprattutto quella vecchia megera della madre di Aquarius, Dona, che ci mette i bastoni fra le ruote. Secondo lei esistono queste vecchie regole di comportamento per cui i fidanzati reali (cioè noi), non possono esibirsi in certe "effusioni" in pubblico. Ovviamente non siamo così sciocchi da metterci a baciarci davanti a tutti, ma la vecchia sta esagerando, ci esaspera. Non possiamo neanche tenerci per mano nei corridoi deserti del castello, se ci vede parte subito la ramanzina. E lei ha il potere di vedere attraverso i muri, perciò non conta a nulla nascondersi in una stanza per avere un po' di privacy. Scommetto che se ci fosse un'altra ragazza al posto mio non sarebbe così severa. Non le sono mai piaciuta, di questo sono sicura. Io e Aquarius ci siamo conosciuti al ballo di primavera tre anni fa, abbiamo ballato insieme per caso e poi, dopo la festa, abbiamo iniziato ad uscire insieme. Sono sicurissima di non piacere a Dona, già dalla prima volta che mi ha visto, mentre ballavo con suo figlio. Di sicuro lei voleva scegliere la ragazza più giusta per Aquarius secondo i suoi criteri, e lui mi ha raccontato che ci ha provato diverse volte, anche se non gli interessavano le ragazze che gli venivano presentate. Ha detto che quando mi ha visto é stato un colpo di fulmine...questa cosa mi fa impazzire di gioia! Comunque adesso sembra che Dona mi abbia un po' accettata, ma questo non la rende più simpatica con me. Per questo abbiamo deciso di scappare per un giorno. Aquarius é passato stamattina molto presto a prendermi e siamo usciti dalle mura, siamo andati lontanissimi da tutti i posti in cui si potrebbe pensare che ci nascondiamo. Lontano da Arkàn, lontano dal fiume e lontano dalle grotte. Abbiamo trovato un enorme masso ai piedi della montagna Emersa e ci siamo nascosti lì dietro. Purtroppo sono crollata a dormire poco dopo, ero veramente esausta perché ci siamo alzati prestissimo stanotte. Ci siamo addormentati abbracciati e posso giurare di aver sentito che mi accarezzava ogni tanto...
Mi ha risvegliato coprendomi di baci, abbiamo fatto colazione insieme con i dolci che avevo preparato per l'occasione, e abbiamo trascorso la giornata coccolandoci a vicenda. Abbiamo parlato di tutto, abbiamo scherzato, ci siamo riposati e poi abbiamo potuto finalmente comportarci come due veri fidanzati. Ne avevamo bisogno, non siamo quella coppietta di ragazzini stupidi che stanno insieme una settimana e poi si lasciano subito. Noi vogliamo stare insieme per sempre, non importa quello che dicono gli altri. Anzi, Aquarius ha detto che la prima cosa che farà quando sarà re sarà cancellare le regole di comportamento di sua madre. Cerco solo di non pensare che quando lui sarà re, io sarò regina (tutte le volte che mi viene in mente mi si stringe lo stomaco dall'ansia). E questo accadrà nel giro di un anno e mezzo, dato che io e Aquarius ci sposeremo tra un anno. Le nozze sono già fissate ma, se devo essere sincera, non sono sicura di volermi sposare ora...avrò solo diciotto anni! Non che io non ami Aquarius, anzi… Lui é tutta la mia vita, non so come farei senza di lui, ma diciotto anni mi sembra veramente troppo presto. Nel frattempo cerchiamo di sfruttare questi momenti di privacy, anche se adesso penso che faremo veramente fatica, dato che non posso uscire di casa praticamente per il resto dei miei giorni... Quanto sono depressa!  :(
 
***
 
Acqua accarezzò la copertina del quaderno e lo rimise sulla sua scrivania. Una nuova sensazione si era impossessata del suo cuore, ma non sapeva che nome darle. Tristezza? Solitudine? Nostalgia, forse? Probabilmente sì, ma c'era anche qualcosa di più. Si era resa conto solamente in quel momento di quanto le erano mancate in tutta la sua vita le figure dei genitori. Certo, voleva un mucchio di bene a Lyliana e non sapeva come ringraziarla per tutto quello che aveva fatto per lei, ma era una cosa diversa. L'aveva cresciuta come una figlia e non le aveva mai fatto mancare nulla, ma Acqua avrebbe pagato qualsiasi prezzo per avere i genitori ancora lì con lei. Si sdraiò sul letto, e cercò di rilassarsi, era tardissimo perché aveva deciso di leggere il diario della mamma quando tutti erano a letto, ma non sarebbe mai riuscita ad addormentarsi con tutte quelle diverse sensazioni che le vorticavano nel cervello, rimbalzavano nello stomaco e le serravano la gola. Incominciò a vedere tutto dorato, le lacrime le offuscavano la vista. Il peggio era che lei non poteva farci niente, suo padre era morto e sua madre imprigionata nel ghiaccio di Darcon. La ragazza inghiottì il groppo che le si era formato in gola. Ma perché doveva succedere tutto questo?, pensò Acqua. Stavano così bene insieme. Stavamo così bene insieme! Aggiunse una vocina nella sua testa. Chiuse gli occhi, e una piccola, calda lacrima solitaria scese sulla sua guancia. Si addormentò con l'immagine del ritratto dei genitori fissa in mente, quel quadro che era l'unica cosa che le era rimasta di loro e dell'amore che li univa.
 
***
 
Quella notte sognò il giorno in cui Max l'aveva portata sulla Terra, gli ultimi momenti che aveva passato ad Atlantis. Rivide tutto con la stessa chiarezza e nitidezza di quando aveva rivissuto il ricordo qualche mese prima, quando aveva ritrovato le sue origini, ma quella notte ripercorse ogni cosa dal suo punto di vista.
Vide la preoccupazione sul volto della madre quando uno squillo di trombe risuonò per tutto il villaggio, segno di un nuovo attacco. Sentì passi pesanti rimbombare per tutto il corridoio dove Azzurra camminava inquieta con lei in braccio, alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. La sua espressione era ansiosa e, appena scorse il marito arrivare dall'altro capo della stanza, affrettò il passo, fino a correre, veloce quanto glielo permetteva il peso della bambina. Vide i genitori salutarsi con grande inquietudine scambiandosi un bacio veloce. Vide il padre in armatura, con la spada che penzolava sul fianco, avvicinarsi e prenderla in braccio. Le aveva fatto un sacco di coccole e l'aveva coperta di baci, poi si era fermato a guardarla, triste, accarezzandola con un dito sulla guancia. Acqua ricordava il tocco leggero e carico d'amore del padre sulla pelle, ricordava perfettamente il suo volto, giovane e allegro, quel volto bellissimo che le metteva allegria ad ogni sguardo, ma che sapeva essere fiero e autorevole proprio come un re doveva essere. Non avrebbe mai potuto dimenticare i suoi occhi castani... Un puro concentrato di dolcezza, forza e determinatezza, un semplice sguardo l'aveva sempre tranquillizzata. Ma non quel giorno. Sebbene fosse piccolissima, Acquamarina aveva capito che qualcosa non andava, il papà era stranamente taciturno. La sua espressione tradiva un grandissimo dolore, era quasi sull'orlo delle lacrime, ma Acqua sapeva che lui non poteva piangere. Non aveva neanche un'ombra d'oro negli occhi tristissimi, lei era sicura che nessuna lacrima sarebbe mai uscita da quei profondissimi occhi castano chiaro. Neanche se avesse potuto farlo, era un uomo veramente forte. Aquarius percepì un leggero cambio d'umore da parte di Acqua, che a sua volta aveva sentito la tensione nell'aria. Strofinò il nasino contro il suo e contemporaneamente le fece il solletico sotto una pinna. Acqua cominciò a ridere come una matta e i genitori sorrisero per la tenerezza. Il padre la strinse fortissimo a sé e la madre li abbracciò entrambi. Rimasero così per diversi minuti, col respiro rotto, fino a quando Aquarius si separò lentamente dal gruppo.
- Devo andare. - disse, in un sussurro. Accarezzò dolcemente il braccio della moglie, confusa e tormentata. Sembrava spezzata dal dolore.
- Stiamo facendo la cosa giusta. - disse il re con fermezza. - Per il futuro della nostra bambina. - credeva moltissimo in quello che diceva, era sicuro della scelta che avevano fatto. Avevano deciso di sacrificarsi completamente per permettere ad Acqua di vivere un'infanzia sicura. Non importava quanto la scelta fosse difficile e dolorosa per loro.
Accarezzò di nuovo la bambina sulla guancia.
- Addio, piccola mia. -  la baciò sul capo, sospirando.
- Sarò di ritorno fra pochissimo. - disse, rassicurando Azzurra, e poi si voltò e partì a grandi passi. Il corridoio rimase silenzioso.
- La cosa giusta. - ripeté la regina per darsi forza.
Poi il sogno finì, avvolto nelle tenebre. I ricordi di Acqua non erano più così chiari in seguito. La carezza del padre le bruciava ancora come una scottatura sulla pelle, il ricordo vivido come non mai, la tristezza le riempiva il cuore anche nel sonno. Sentì di nuovo le dita morbide che le sfioravano la guancia. Poi un'altra volta, ed un' altra ancora. Questo non è un sogno, pensò Acqua, con la parte vigile del suo cervello, qualcuno mi sta davvero accarezzando.
Aprì gli occhi molto lentamente, e si trovò davanti il viso di Max.
Era lui che la accarezzava, in un punto indefinito tra lo zigomo e la tempia, scendeva leggermente lungo il profilo della mascella e il mento, e risaliva fino a sfiorarle le labbra. Lui la stava accarezzando.
- Mhmpfh... - mugugnò, ancora mezza addormentata.
- Ehi. Ti ho svegliata? - le domandò Max. Era tutto così surreale. Cosa ci faceva Max nella sua camera di prima mattina, accovacciato accanto al suo letto?
- Che stai facendo? - chiese lei, innocente. Doveva riprendersi da quel sogno. Era stato un colpo troppo forte, e per di più si trovava davanti ad un ragazzo con gli occhi castani come quelli di suo padre, che la accarezzava esattamente come faceva suo padre. Voleva lasciar affondare quel sogno nei meandri della sua mente, non voleva più pensarci, almeno per quella mattina.
- Niente. - rispose lui, imbarazzato - Stavo solo... guardando che cos'hai qua. - Acqua capì che si era inventato una scusa all'ultimo secondo, ma gli resse il gioco.
- Qua dove? - domandò di nuovo, rannicchiandosi sotto le coperte. Chissà se avrebbe fatto altri sogni simili in quei giorni. Le piaceva ricordare, ma allo stesso tempo la faceva soffrire. Chissà se i suoi genitori avevano pensato a quell'eventualità. Ma no, non era colpa loro.
- Proprio qua, vicino all'occhio sinistro. C'è una specie di cicatrice. - Max stava giocando, sapeva benissimo che cos'era quella cicatrice. Aveva solo voglia di stuzzicarla, così continuò con la voce da finta tonta.
- Ma davvero non ti ricordi? Beh, vediamo se riesco a rinfrescati un po' la memoria... Circa dodici anni fa giocavo ad arrampicarsi sugli alberi con un certo bambino, e questo bambino mi ha tirato un ramo addosso… -
- Non l’ho fatto apposta, sono scivolato! - protestò Max, interrompendo il discorso di Acqua.
- Lo so, lo so, scherzavo! - Max finse di offendersi e mise il broncio, ma dopo neanche due secondi erano entrambi esplosi in risate.
- Ti ricordi a cosa stavamo giocando? - chiese Acqua, immersa nei ricordi.
- Ai pirati? -
- Già. Giocavamo sempre ai pirati! Mi pare che quel giorno stessimo facendo le vedette, ci arrampicavamo sugli alberi per vedere meglio all’orizzonte… - Acqua si alzò buttando via le coperte, e salì nuotando sul baldacchino del suo letto. Si portò una mano agli occhi per vedere lontano e all’improvviso, puntando un dito verso Max, urlò:
- Nemico a dritta! -
- Ah, è così? Vuoi combattere, eh? - la provocò lui, e iniziò così una mini-battaglia con le spade, che erano in realtà le grucce che Acqua usava per appendere i suoi vestiti nell’armadio. I due si muovevano circospetti in cerchio sul letto di Acqua.
Max fece un affondo che lei riuscì miracolosamente a schivare girando su sé stessa. La ragazza attaccò, e poi ancora e ancora, ma Max riusciva sempre a parare.
- Sei proprio una schiappa! - infierì il ragazzo, ma questo non fece che aumentare la grinta di Acqua. Certo, stavano giocando con delle grucce sul suo letto, ma quella pratica avrebbe potuto essere un valido allenamento per quando si fosse trovata a dover combattere sul serio.
- Mi allenerai? - chiese Acqua tentando l'ennesimo affondo. Max lo parò ancora prima di quanto si sarebbe aspettata. Era formidabile, capiva le sue mosse ancora prima che lei le iniziasse. Forse era lei troppo prevedibile, o forse era lui veramente bravo. Acqua sapeva che aveva una grande esperienza, per ovvie ragioni, ma mai avrebbe pensato che fosse così agile, ed elegante nei movimenti.
- No. - disse lui, fermamente.
- Perché? Se capitassi nel bel mezzo di una battaglia... -
- Il punto è che tu NON capiterai nel bel mezzo della battaglia, non posso rischiare che ti succeda qualcosa. Per cui non ti permetterò di combattere. - Acqua provò a protestare debolmente, ma Max in pochi, fluidi movimenti le fece volare via l'arma improvvisata e la afferrò da dietro, bloccandole le braccia dietro alla schiena e premendole la gruccia contro la gola.
- Vedi? È così che si muore… loro non aspettano un secondo a tagliarti la testa, sappilo. - le sussurrò all'orecchio con voce spettrale e vagamente disgustata. Lanciò lontano la gruccia. Acqua vedeva che non ce la faceva più a sopportare quella carneficina a cui era costretto a partecipare quasi a settimane alterne, capì quanto doveva essere dura. E all'improvviso desiderò di non doversi mai trovare costretta a combattere. Aveva sempre i poteri dalla sua parte, ma non era un grande aiuto se dal lato fisico era così imbranata.
 
***
 
Due bambini erano seduti su una panchina nel parco. Una bambina di cinque anni circa si lamentava a bassa voce, mentre un ragazzino più grande la coccolava tranquillo. Dagli occhi azzurri della bambina uscivano grosse lacrime, i capelli biondi erano arruffati e da un taglietto vicino all'occhio sinistro usciva un po' di sangue.
- Ehi, adesso basta piangere, Acqua. Non ti sei fatta niente. - disse un Max più piccolo, con i capelli lunghi, come ce li aveva da bambino.
- No! - protestò Acqua, sfregandosi la manina sulla minuscola ferita e mostrando a Max il sangue che aveva raccolto.
- Ti fa paura il sangue? - le chiese Max con gentilezza.
- No. -  Acqua sembrò riflettere per un attimo, con gli occhi inondati di lacrime. - E a te? - chiese poi.
- Neanche a me. Ma allora perché piangi? -
- Perché fa male! - piagnucolò la bambina, tirando su col naso.
- Non ci credo! Stai solo facendo un po' di scena. Quel taglietto è piccolissimo, non può farti così male... -
- Ma esce tanto sangue... - si lamentò Acqua.
- Lo so, ma nella testa le ferite sanguinano di più. - disse Max, come se fosse esperto di ferite.
- Perché? - chiese Acqua col broncio.
- Non lo so, ma funziona così. Sul serio, quel taglietto è minuscolo. - Acqua non era ancora convinta e un lacrimone scese rigandole la guancia.
- Vuoi che ti faccia vedere com'è grosso? - chiese Max con pazienza. La bambina annuì, e Max avvicinò l'indice prendendo le misure. - Guarda, è piccolo così. - disse, mostrando una lunghezza come quella della falange del dito.
Acqua si rilassò, ma un paio di lacrime continuarono a solcarle il viso.
- Andiamo dalla mamma? - le chiese Max e lei annuì. Si alzarono dalla panchina e cominciarono a dirigersi verso l'appartamento dei domestici. Max aveva preso per mano la piccola Acqua, che procedeva strofinandosi gli occhi, e si era sistemato il braccialetto di alghe sul polso destro.
 
***
 
Max sospirò e scese dal letto con un piccolo salto, sedendosi per terra e appoggiandosi al letto con la schiena. Acqua lo seguì, silenziosa.
- Non ne posso più! - gemette il ragazzo, con gli occhi chiusi e il viso rivolto verso il soffitto. - È un inferno… - sussurrò poi. Max si passò le mani sul volto. Acqua lo lasciò sfogare, era un normalissimo momento di frustrazione. Forse era successo qualcosa al centro di guarigione dei feriti. Acqua aveva capito che se qualcosa andava storto, Max sprofondava in un abisso di tristezza. Purtroppo lei non era in grado di consolarlo. Era nella stessa situazione.
- Sai, ieri sera pensavo a… - cominciò a dire, ma poi non riuscì a finire la frase.
- Pensavi a… ? -
- Mamma e papà…devo fare qualcosa! Non ce la faccio più a stare con le mani in mano… e non parlo di combattere! - aggiunse poi, vedendo l’espressione contrariata dell’amico. - Cioè, mi piacerebbe, vorrei imparare e tutto quanto, però se tu dici di no, farò la brava. Intendevo un’altra cosa. Appena arrivata qui, la zia mi aveva parlato di una certa spada con i poteri di mio padre. Una cosa del genere, non ricordo bene. Vorrei recuperarla, magari serve a qualcosa. La zia ha detto che avrei potuto impadronirmi dei poteri di papà una volta aver imparato ad usare i miei. E… beh, mi sembra arrivato il momento. - disse Acqua, le sue parole erano piene di determinatezza e serietà. Max sospirò.
- L’Intoccabile, la chiamavano tutti così, la spada di tuo padre. Una spada bellissima, forse la migliore che io abbia mai visto. Versatile, forte, quasi indistruttibile, era stata forgiata apposta per lui. Si adattava così bene alla sua mano, al suo corpo, quando combatteva sembrava che il suo braccio avesse un prolungamento affilato, e non che tenesse un’arma. Era bravissimo, starlo a guardare era impressionante. Cercavo sempre di capire come si muoveva, i suoi gesti, per migliorarmi. Quando ero piccolo era come un idolo per me. - ricordò Max, in adorazione alla bravura di quello che era stato il suo sovrano.
- Guarda che anche tu sei bravissimo. - sottolineò Acqua. Aveva ancora impressa l’abilità con cui l’aveva disarmata, pochi minuti prima. Non aveva neanche capito da dove venivano gli attacchi. Max rise, divertito.
- Sei rimasta impressionata, prima? Me lo ha insegnato lui. Praticamente tutto quello che so me lo ha insegnato lui. Ma, credimi, l’ho sfidato qualche volta per gioco e non duravo più di dieci secondi. Comunque, ritornando alla spada, la chiamavano Intoccabile perché solo tuo padre poteva tenerla in mano, e anche Azzurra, ma gli altri no. Questo perché i Cavalieri non potessero impossessarsi di un'arma così perfetta se fossero riusciti ad eliminarlo. Sinceramente non ho mai provato ad afferrarla, preferisco non rischiare. - Max fece una piccola pausa, poi si schiarì la gola.
- La notte in cui Darcon lo uccise, pochi istanti prima che accadesse, Aquarius ha trasferito i suoi poteri e i suoi ricordi nella spada, in modo che anche una piccola parte di lui potesse sopravvivere. -
- E tu pensi che io possa prenderla in mano? - chiese Acqua titubante, ma speranzosa.
- Certo. Mentre Darcon faceva scena davanti a tutti chiedendosi in quale modo avrebbe potuto ucciderlo, - disse Max, sprezzante, il mento che sporgeva in avanti in un'espressione di disgusto - lui recitava incantesimi uno dietro l'altro, senza fermarsi un secondo. E Darcon non ha sentito nemmeno una parola. Ma io sì, e tra le prime cose che ha detto... -
- Aspetta. Tu eri lì? - chiese Acqua incredula,  facendo velocemente i calcoli. Suo padre era morto sei anni prima, perciò Max doveva avere circa quattordici anni allora.
- Sì. - rispose lui, riluttante. - Ed ero in prima fila, se ti interessa sapere. È stato orribile, ho visto tutto. E ne ho viste un sacco di persone morire, ma quello è stato...Cavolo, è indescrivibile. - Max continuò a parlare, guardando il soffitto. - Darcon gli aveva impedito con un sortilegio di formulare incantesimi, ma quello di cui non si è reso conto è che quel sortilegio era mirato solo a quelli offensivi e difensivi, perciò Aquarius era libero di fare qualsiasi altro incantesimo. Per prima cosa ha reso la spada accessibile anche a te. L'ho sentito, lo ha detto.  Ricordi il terzo metodo di possesso di poteri? Lui ha  fatto la stessa cosa che si fa quando qualcuno insegna i propri poteri a qualcun'altro.  In un certo senso tuo padre ha insegnato i suoi poteri alla sua spada...e legati ai poteri tutti i suoi ricordi. Poi, dopo la fine della battaglia, tua madre ha portato l'Intoccabile nella foresta dove si trova ancora e dove si è creata da sola una barriera protettiva. Tu puoi entrare, ne sono sicuro. -
- Potresti portarmi? -
- Certo che ti porto. Devo solo trovare un giorno in cui sono libero, perché questa foresta è molto lontana, per cui ci vuole un po' a raggiungerla. -
Acqua annuì, finalmente contenta di poter combinare qualcosa. Avrebbe reso onore a suo padre. Dopotutto, se lui aveva voluto lasciare i suoi poteri in un luogo a cui poteva accedere soltanto lei, significava che dovevano andare a lei. Gli occhi le si riempirono di lacrime.
- E la mamma? -
- Lei è viva, ma non sappiamo ancora per quanto. Purtroppo lo decide Darcon, come tutto ormai. Speriamo che rimanga così. -
- Così come? -
- È imprigionata nel ghiaccio, come tutti i suoi ostaggi. O strumenti, chiamali come ti pare. -
- E tu come fai a saperla, questa storia del ghiaccio? -
- Il ghiaccio è il potere principale di Darcon. Tutti gli altri li ha sottratti ai prigionieri. E poi, ho certi informatori...che mi forniscono queste notizie. Sappiamo tutto questo solo grazie alle spedizioni che facciamo ogni tanto. -
Rimasero entrambi in silenzio. Max valutava se fornire o no altre informazioni ad Acqua, e decise poi di restare zitto. Non voleva dirle troppe cose.
Acqua rimuginava con lo sguardo perso nel vuoto. Con la spada del padre in suo possesso, sarebbe stata abbastanza forte per affrontare Darcon da sola e liberare i prigionieri? Di sicuro no, e le sembrava una cosa troppo azzardata da fare. Ma così sua madre sarebbe rimasta per sempre lì.
Acqua si sdraiò sul pavimento, seguita a ruota da Max.
- Mi mancano troppo... - disse, più triste che mai. Le lacrime cominciarono a scendere.
- Anche a me mancano molto, erano come una seconda famiglia. - Max le prese la mano e cominciò a giocherellare con le sue dita, mentre lei singhiozzava senza tregua. All'improvviso Max si girò su un fianco e costrinse Acqua a fare la stessa cosa, così si ritrovarono faccia a faccia. Lui cominciò ad asciugale le lacrime dorate con l'indice, sulle guance, sul mento e sulla punta del naso, poi di nuovo sulle guance. Il che scatenò una nuova esplosione di pianto. Acqua scostò delicatamente le dita di Max dal viso, scuotendo la testa in segno di diniego. Max non capiva perché si comportasse così, cercava solo di essere carino. Intrecciò di nuovo le dita alle sue. Non voleva che Acqua fosse così triste. Certo, anche lui si struggeva nel dolore, a volte, ma vedere lei in quello stato lo faceva stare male. Qualcosa dentro di lui cominciò ad agitarsi e a scalpitare, come un cavallo selvaggio.
Max lentamente avvicinò il volto al suo, sempre mantenendo le mani unite. Quanto era bella Acqua, anche quando piangeva. Gli occhi inondati di oro brillavano come due diamanti al sole. Le lacrime le avevano tracciato piccoli sentieri dorati sulle guance, che rilucevano ad ogni respiro. Il suo viso, il suo profumo, tutto era perfetto in lei. Max si avvicinò ancora un po' e notò l'espressione confusa della ragazza, con le sopracciglia aggrottate, gli occhi socchiusi, le labbra morbide leggermente dischiuse...
 
***
 
Max si avvicinava sempre di più, Acqua non capiva cosa volesse fare. Guardò rapita quei due bellissimi occhi castano chiari, che di riflesso guardavano i suoi, e il respiro cominciò ad accelerare. Il cuore batteva forte, troppo forte, i battiti veloci si ripercuotevano in punti strani. Li sentiva sulle punte delle dita che stringevano senza molta convinzione la mano di Max, sfiorandogli il dorso pieno di graffi e abrasioni. La mano cominciò a tremare. Che cosa le stava succedendo? Per tutta risposta Max strinse ancora più forse la presa sulle sue dita. Lei andò in iperventilazione. Il cuore stava per esplodere dietro le costole. Max ormai era a pochi centimetri dal suo viso. Percorse la distanza che rimaneva e i loro nasi si sfiorarono. Max inclinò leggermente la testa. Acqua chiuse istintivamente gli occhi, il cuore che stava per sfondare la cassa toracica. Sentiva il respiro affannoso del ragazzo sulle sue labbra. Quell'attimo durò in eterno, poi Max si allontanò, mollando la presa delle mani, e si rimise a pancia in su sul pavimento, fissando ostinatamente il soffitto. Deglutì.
Acqua ritornò a sdraiarsi come prima, con gli occhi chiusi, cercando di normalizzare il respiro e i battiti del cuore. Si sentiva le guance in fiamme.
Non le importava il perché di quella strana azione di Max, a spaventarla più di qualsiasi altra cosa era stato il suo allontanamento. Lo aveva avvertito come uno strappo, una lacerazione nel profondo. Le aveva fatto male.
Ma perché si era scostato? Non riusciva proprio a capirlo.  L’unica cosa che capiva in quel momento era che la vicinanza conquistata prima era andata persa. Erano a poco più di un metro di distanza, ma sembrava già uno spazio infinito.
Max aveva rovinato tutto. Perché non poteva più averlo vicino come prima?
Improvvisamente Acqua capì perché era così distrutta, dilaniata dal dolore. Perché tutto ciò che lei voleva (i suoi genitori, Max) si erano in qualche modo allontanati da lei. Sua madre e suo padre non l’avevano fatto apposta, certo, ma Max…non ne era sicura. Però lui era ancora lì, poteva ancora stare in sua compagnia. E lei non poteva permettere che accadesse qualcosa di brutto, come con i suoi genitori. Aprì gli occhi di scatto.
- Max? - lo chiamò con voce esitante. Evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo, gli prese la mano e la strinse forte.
- Dimmi. - rispose lui, preoccupato. Forse aveva paura di sentirsi porre domande a cui probabilmente non sarebbe riuscito a rispondere.
- Mi prometti una cosa? - chiese lei, decisa.
- Dipende. - Acqua sapeva di essere infantile, ma proseguì.
- Mi prometti di non andartene? - Max capì subito cosa intendeva. ‘Andartene’ nel senso di morire o di essere catturato. Il ragazzo sospirò.
- Non so, è difficile promettere una cosa del genere. Però posso prometterti che starò attento. - disse, girandosi verso di lei. Acqua annuì sorridendo. Non avrebbe perso anche lui.



- - - Angolo autrice - - -
Ciao a tutti, volevo dire che sono ancora viva! Con questo capitolo abbastanza lungo cercherò di ricominciare a pubblicare abbastanza spesso, spero che qualcuno sia ancora interessato a questa storia ^^  e scusatemi per l'assenza... d'ora in poi comincia la parte della storia scritta più di recente (anche se recente per adesso è una parola grossa), ad ogni modo quella parte che mi sembra scritta meglio e in cui la trama comincia ad avere qualche svolta. Come sempre, sarò felicissima se vorrete darmi il vostro parere :)
A presto,

Alessia Krum
   
 
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