CAPITOLO
48
«Ciao
a tutti. Scusate per il ritardo, ma ho avuto un po’ da fare
dal Supremo. Mi hanno trattenuta più del solito!»
La
ragazza sforzò un sorriso, cercando di mostrarsi il
più
naturale possibile.
Notò
che c’era una sedia libera proprio vicino a David (per
fortuna!), quindi si incamminò verso di lui.
Appena
raggiunse la sedia, i due ragazzi si scambiarono uno
sguardo: lui le sorrise dolcemente, e Rose lesse nei suoi occhi tutta
la
felicità che lui provava nel vederla proprio lì,
accanto a lui. La ragazza
provò un senso di tenerezza di fronte a quel sorriso, e
percepì del calore
proprio al centro del petto.
Tentò
di non farsi troppo prendere da quel sentimento, quindi lo
salutò mostrandogli un sorriso poco convinto e si sedette.
Osservandola
meglio, David si accorse che i suoi occhi erano
diversi dal solito. Cercando di non farsi notare, la guardò
ancora una volta. Era
proprio come aveva pensato: la ragazza aveva gli occhi rossi. Come se
avesse
pianto fino a qualche minuto prima.
«Tutto
bene?» le domandò subito lui sussurrando, mentre
tutti gli
altri cominciarono a mangiare.
«Mah.
Potrei stare meglio, diciamo» rispose lei freddamente.
«Perché?
E’ successo qualcosa al palazzo del Supremo?»
«Sì»
«Che
cosa?» rispose lui, che stava cominciando a preoccuparsi.
«Te
lo spiego dopo. Adesso non è il momento»
«Ma
sei arrabbiata con me?» chiese lui, notando
l’espressione un
po’ infastidita della ragazza.
«Ne
parliamo dopo» disse lei, bevendo un bicchiere
d’acqua.
«Ma
perché mi rispondi così? Che cosa ti ho
fatto?» domandò ancora
una volta lui, cominciando ad agitarsi.
«David,
ti ho detto che ne parliamo dopo!» disse lei alzando
leggermente la voce e sbattendo il bicchiere a tavola.
Tutti
i presenti alzarono improvvisamente la testa dal loro piatto
per guardarli, attirati dal rumore del bicchiere e dal tono delle loro
voci che
si era improvvisamente fatto più alto.
«Scusate!»
disse lei, guardando gli altri un po’ imbarazzata
«mi è
scivolato il bicchiere…»
David,
osservando la reazione della ragazza, la guardò confuso.
Che cosa era accaduto di così tanto grave da farla
arrabbiare in questo modo? Gli
vennero in mente un milione di pensieri: che cosa aveva detto o fatto
lui
stesso, negli ultimi giorni, da provocarle questo tipo di reazione? E,
inoltre,
perché gli sembrava che avesse appena pianto? Ci
pensò un po’ su, ma non trovò
nessuna motivazione valida. Inoltre, che cosa poteva essere accaduto al
palazzo
del Supremo, che riguardasse anche lui? Chissà, magari non
era neanche
arrabbiata con lui, ma con qualcun altro, e si stava semplicemente
sfogando con
lui.
Sperò
vivamente che fosse così, anche perché le cose
tra di loro
andavano a gonfie vele ultimamente, e a lui non pareva di aver fatto
niente di
strano per farla arrabbiare o per farla stare male.
Chissà,
magari in qualche modo era venuta a conoscenza di qualche
fatto accaduto nel futuro, che lui non sapeva ancora? Magari, tramite
l’ausilio
del Supremo?
Moriva
dalla voglia di sapere che cosa era successo, ma, a quanto
pare, doveva aspettare la fine del pranzo per venire a conoscenza del
motivo
del comportamento di Rose.
«Non
ti preoccupare» disse nel frattempo Bulma, guardando Rose
sorridendo
«so che a volte fate difficoltà a controllare la
vostra forza. Sai quanti
bicchieri Vegeta ha spaccato? Ne avrò dovuti ricomprare 100
minimo!»
La
ragazza ridacchiò, mentre Vegeta lanciò
un’occhiataccia a
Bulma, senza però dire nulla.
«Rose»
intervenne Goku «com’è andato
l’allenamento al palazzo del
Supremo?»
«B-bene»
rispose lei sorridendo, sperando e tentando di apparire
il più convincente possibile. «Junior ti fa
allenare tanto, eh?» chiese Goku
«E’ sempre stato così,
d’altronde!»
«Posso
confermare!» esclamò Gohan.
«Quindi
è stato lui che ti ha fatto tardare?»
domandò Chichi «la
prossima volta ci parlo io e gliene dico quattro! Non può
farti ritardare così
tanto quando abbiamo un appuntamento per pranzare tutti
insieme!»
«No,
non preoccuparti nonna!» si affrettò subito a dire
Rose «In
realtà è anche colpa mia se sono arrivata in
ritardo! Vedi, sono un attimo
passata a fare una doccia prima di venire qui»
Chichi,
per fortuna, non disse più nulla, e spostò di
nuovo la sua
attenzione sul piatto di fronte a lei.
«Quindi
voi siete fidanzati?» chiese una voce femminile
dall’altra
parte del tavolo. Rose spostò il suo sguardo su di lei: non
l’aveva notata fino
a quel momento, presa com’era da tutti i suoi pensieri.
Era
la seconda volta che la vedeva, sua madre. Certo, l’aveva
vista altre volte in casa dei suoi nonni, ma solo così, di
sfuggita; d’altronde,
lei stessa aveva passato la maggior parte del tempo alla Capsule
Corporation ad
aiutare Bulma, oltre che al Palazzo del Supremo.
E
Valese, ovviamente, passava molto più tempo a casa dei suoi
nonni piuttosto che da Bulma.
Rimase
un attimo spaesata nel vederla lì: non se
l’aspettava. Era
felice di vederla, ma nello stesso tempo sentì un vuoto
all’altezza del cuore,
che le fece ricordare immediatamente tutta la tristezza e il dolore
che, nell’ultimo
anno, aveva cercato di controllare e di nascondere dentro di
sé.
Ma,
visto che il dolore era tanto, non ci era mai riuscita, così
riaffiorò
all’improvviso, proprio in quel momento.
«Sì»
confermò la ragazza, guardando entrambi i genitori.
«Quindi
anche lui viene dal futuro?» domandò ancora una
volta
Valese, che sembrava sinceramente intenzionata e interessata a
conoscerli.
«Già.
Veniamo entrambi dal futuro» rispose David.
Rose
rimase allibita da quella domanda: non si aspettava
minimamente che sua madre fosse già al corrente di tutto.
Guardò
Goten in cerca di risposte, e lui disse, con un’espressione
colpevole stampata sul volto:
«Rose,
sa già tutto. Le ho spiegato tutto prima»
«Oh»
disse la ragazza, sorpresa dalla notizia «ok»
«Sì,
mi hanno detto tutto» disse Valese, che adesso appariva
felice come una bambina «so che sei la figlia di Goten e che
vieni dal futuro!»
“La
figlia di Goten?” ripeté la ragazza nella sua
mente. Che le avessero
omesso una parte della verità? Decise di chiedere subito al
diretto
interessato.
“Papà.
Lei sa che sono anche sua figlia?” chiese a Goten,
telepaticamente. Se prima le riusciva un po’ più
difficile parlare
telepaticamente, adesso, grazie, all’aiuto di Junior e del
Supremo, ci riusciva
con facilità.
Goten,
appena sentì la voce della ragazza nella sua testa, dallo
spavento fece uno scatto all’indietro che lo fece quasi
cadere dalla sedia. Per
fortuna, riuscì a non cadere aggrappandosi al tavolo, e si
rimise subito composto
mentre gli altri lo guardavano sgomenti, domandandosi che cosa stesse
facendo.
Il ragazzo rimase per qualche secondo immobile aggrottandosi le
sopracciglia, dopodiché
si girò verso la ragazza.
“Io…
mi ero dimenticato che tu sapessi parlare telepaticamente!
Ahah!” le rispose telepaticamente, sorridendole.
“Non
mi guardare, fai finta di niente sennò gli altri si
accorgeranno che stiamo parlando tra di noi!”
“Ehm…
sì, giusto!” –prese una forchetta in
mano e la affondò nel
piatto, fingendo un’aria di noncuranza-
“Comunque… no, non sa che è tua madre.
Non gliel’ho detto. Ho pensato che sarebbe stato meglio prima
chiedere a te e
poi nel caso dirglielo”
“Hai
fatto bene. Grazie, papà!”
Purtroppo
non poteva guardarlo in faccia, così la ragazza si
ritrovò
a sorridere guardando il piatto.
«Goten,
stai bene?» domandò Videl, avendo appena assistito
alla quasi
caduta di Goten.
«Io?»
disse il ragazzo, come se non fosse successo nulla
«sì sì,
tutto bene!»
«Com’è
il futuro?» chiese emozionata Valese, che, intenta a
guardare Rose, non si era accorta di ciò che era appena
accaduto a Goten.
«Beh…
ora come ora sicuramente non è bello. Diciamo che lo era
prima! Ma… se mi fai questa domanda vuol dire che in
realtà non ti hanno
raccontato niente» le rispose Rose.
«Cioè?»
Rose
si ritrovò di nuovo a raccontare brevemente la sua storia.
«…e
quindi, dopo aver eliminato tutti voi, Ludir ha deciso di
tenerci come dei prigionieri…»
«Tutti
noi?» domandò
confusa Valese «Vorrai dire loro»
«Ehm…
sì, scusami, mi sono sbagliata!» si
affrettò a dire Rose,
sperando che la ragazza non si fosse accorta che il suo, in
realtà, non era
stato un errore.
Mentre
raccontava, notò come le espressioni di sua madre
cambiavano man mano che lei descriveva gli avvenimenti: era passata da
un’espressione
preoccupata a una terrorizzata, da quella arrabbiata fino a quella
compassionevole. Era veramente presa dal racconto di Rose, e alla
ragazza era
sembrato che riuscisse veramente a compatirla, a capirla, a provare le
stesse
emozioni che aveva provato lei sulla sua pelle.
Rimase
stupita dalla sua capacità di ascolto, ma soprattutto da
tutto l’interesse che sua madre mostrava nel sentire la sua
storia. In fondo,
per quel che Valese ne sapeva, la ragazzina che aveva di fronte a lei
era un’estranea.
Ok, sapeva che era la figlia del suo ragazzo, ma non sapeva che era
anche sua.
«Ma
è orribile!» fu il commento di Valese dopo aver
ascoltato
tutta la storia «Mi dispiace davvero tanto per tutto
ciò che ti è successo!»
La
guardava con un’espressione sinceramente commossa.
Rose
rimase sorpresa dalla sua reazione così comprensiva, e
cercò
di evitare di commuoversi anche lei.
«Lo
so» disse «ma che ci vuoi fare? Io sono venuta qui
nel passato
apposta per chiedere il loro aiuto. Solo in questo modo la situazione
potrà
risolversi»
«Capisco»
disse Valese. D’un tratto assunse un’espressione
pensierosa e disse:
«Ma…
posso chiederti una cosa?»
«Certo»
rispose Rose, intimorita dalla sua strana richiesta.
«Dove
hai preso quegli orecchini? Perché, vedi, mia madre ce li ha
proprio identici» si avvicinò un po’ a
lei e, allungando il braccio, toccò un
suo orecchino per guardarlo meglio «anzi, sembrano proprio
questi. E c’è anche
il suo nome!»