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Autore: Ayr    07/08/2017    4 recensioni
Mi hanno accusato di tradimento, ma sono solo una vittima innocente degli eventi, incastrata da qualcuno più furbo e spietato di me, che non ha avuto rimorsi nel coinvolgermi in tutto questo e nel far ricadere la colpa sul mio capo, su cui, ora, pende la lapidaria sentenza: verrò destituito dal mio incarico e cacciato da quella che fino a quel momento era stata la mia casa.
Verrò umiliato, un’ultima volta, la più terribile: mi verrà strappato tutto ciò che fino ad ora ho posseduto ed il mio unico compagno di una vita verrà distrutto. Una parte di me morirà inevitabilmente con lui, quando il Sigillo verrà spezzato e rimarrò spezzato anche io.
Non voglio essere ricordato in questo modo, non se ho anche la più remota possibilità di raccontare come siano veramente andate le cose, e di dimostrare la mia innocenza.
Narrerò la mia storia e lascerò che siano i posteri a giudicarla, nella speranza che qualcuno riesca a vedere come io sia stato solo una vittima ingenua di un enorme inganno ben architettato.
[La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul forum di EFP: ‘The Dragon’s Riders Contest!’]
[Steampunk fantasy (o almeno ci provo)]
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XI



A mia madre


«Un drago da cui estrarre il cuore ora ce l’hai, senza bisogno di prendere i cuccioli» gli fece notare Krugar.
«Non è così semplice» sospirò Adam davanti all’inettitudine e alla superficialità dell’altro, «Il cuore deve essere estratto ancora funzionante. Non mi serve a nulla un cuore fermo, perché non pompa e non produce energia.»
«Quindi ti servono draghi vivi» concluse l’orco, «Fantastico!»

Perché mi sono imbarcato in questa faccenda? Si maledisse tra sé.
L’impresa stava risultando più rischiosa del previsto. Non che si aspettasse di vedere i draghi salire a branchi sulla propria nave, ma stava iniziando a dubitare che sarebbe riuscito ad uscirne vivo.
In quel momento un suono agghiacciante attraversò l’aria, gelando il sangue nelle vene all’orco: aveva già sentito quel verso sordo e gutturale, simile ad un tuono che romba in lontananza, era il suono che emettevano gli Ardrir poco prima di attaccare.
«Capitano» balbettò uno dei suoi sottoposti, tremando come una foglia, «Ne stanno arrivando altri.»
All’orizzonte si profilarono tre ombre filamentose, che assunsero lentamente i contorni di tre Ardrir: erano più piccoli di quello che avevano appena abbattuto, e più giovani, il rosso delle loro estremità era brillante e lucido e non cupo come il vermiglio che chiazzava le ali del loro predecessore, segno che avevano iniziato da poco a produrre a accumulare veleno.
«Sono i fratelli maggiori» osservò Adam.
«Sarà molto più semplice abbatterli» commentò Krugar, facendo roteare la spada con aria baldanzosa.
L’aver ucciso l’Ardrir l’aveva insuperbito: se era riuscito ad eliminare un drago di quelle dimensioni, sconfiggere quei draghetti, che erano grandi la metà e poco esperti, sarebbe stato semplice e veloce come svuotare un boccale di rum.
«Preparatevi all’impatto!» ordinò, nello stesso istante il primo dei draghi si slanciò contro lo scafo, trovando il duro osso ad accoglierlo.
«Ma sono tutti così ritardati?» si domandò, scorgendo la bestia retrocedere confusa e stordita, «È già il secondo che ci prova» 
«Non penso siano abbastanza intelligenti da distinguere una nave di legno da una fatta di ossa di balena» fece notare Adam.
«Tanto meglio!» replicò Krugar assumendo la posizione di guardia, «Più sono stupidi, più cadono facilmente.»
Gestire tre Ardrir contemporaneamente si rivelò essere più complicato: dovevano difendersi su più fronti dal momento che attaccavano da punti diversi, cercando di far ribaltare o precipitare la nave, fustigandone i fianchi con le code serpentine e tentando di tranciare chiunque provasse ad avvicinarsi.
«I cannoni!» urlò qualcuno, «Provate ad allontanarli con i cannoni!»
I boati delle detonazioni iniziarono a riempire l’aria, mentre volute di fumo grigio, oscurarono il cielo. I colpi, però, sembravano avere effetto e gli Ardrir sferravano attacchi in maniera meno accanita, impegnati a schivare le palle di cannone.
«Facciamo vedere loro che non basta una lucertola troppo cresciuta per abbatterci!» urlò Krugar iniziando a ridere sguaiatamente, dondolando dalla sartia a cui era appeso, sporto verso i draghi.
Gli assalti degli Ardrir si erano affievoliti, volavano nervosamente attorno al vascello, cercando un punto vulnerabile in cui sferrare l’attacco, ma i fischi delle esplosioni gli facevano ritrarre spaventati: quelle strane uova nere e dure avevano già provocato danni più o meno gravi, la coda di uno dei draghi aveva perso una delle pinne e un’altra palla aveva lacerato il fianco di un altro Ardrir, ma senza ferirlo gravemente.
Improvvisamente, uno scossone sconvolse l’imbarcazione e un tonfo terribile si propagò nell’aria e nelle assi, che tremarono come in preda alle convulsioni. Una massa azzurra e snella era piombata tra gli uomini urlanti.
Il primo Ardrir che aveva attaccato, più piccolo e agile, si era insinuato tra il sartiame ed era precipitato direttamente sul ponte.
«Merda» fu il lapidario commento di Adam. Il corpo del drago si contorceva convulsamente. I movimenti della creatura erano limitati dallo spazio ristretto, ma proprio per questo risultavano più devastanti: ad ogni suo spostamento mieteva vittime. I pirati iniziarono a fuggire, gridando come dei forsennati, cercando di sottrarsi alle ali letali dell’animale, e calpestandosi l’un l’altro nel tentativo.
«Smettetela di comportarvi da checche» sbraitava Krugar, cercando di ristabilire un minimo di ordine.
Gli altri due draghi non avevano smesso di attaccare, e l’equilibrio dell’Andromeda, gravata da quel peso supplementare, era seriamente compromesso. Il drago flagellava il ponte con la coda, cercando di abbattere gli alberi, ma questi, fortunatamente, erano stati rinforzati da un’armatura di acciaio per resistere alle correnti più violente e alle tempeste. Nonostante questo, se non si fossero sbarazzati di quel drago impazzito si sarebbero sfracellati: l’Andromeda stava perdendo quota, scossa e sfiancata dai colpi dei draghi, e Ariel riusciva a fatica a mantenerla stabile. Si aveva come l’impressione di essere su una giostra, e gli uomini venivano scaraventati da una parte all’altra dell’imbarcazione come marionette a cui fossero stati tagliati i fili. I pirati erano abituati a quegli sballottamenti, avevano affrontato tempeste e mareggiate, e riuscivano a contrastare gli strappi bruschi e improvvisi, ma Adam veniva scagliato con forza da una parte all’altra, simile ad una bambola di pezza, e il suo volto abbronzato era virato ad un inconsueto pallore per stabilizzarsi su una sfumatura verdognola. Aggrappato al parapetto, cercava di trattenere nello stomaco ciò che risaliva ostinatamente.
«Mozzategli la coda» comandò Krugar, slanciandosi contro il drago.
Questi si avvide del suo arrivo e gli sbarrò la strada con le ali membranose. Adam, si trovò improvvisamente davanti agli occhi quella muraglia membranosa color acquamarina, e solo per un miracolo era riuscito a schivarla all’ultimo. L’ala era una struttura portentosa, sostenuta da uno scheletro sottile che si intuiva in trasparenza, le cui appendici andavano oltre la membrana, decorando l’ala con spuntoni d’osso letali, incastrati tra le assi del ponte. L’orco non si era fatto cogliere di sorpresa e, aggrappatosi ad una sartia per evitarla, ruotava sopra il drago, facendolo imbestialire. Il mostro muoveva freneticamente la coda, nella speranza di abbattere quel moscerino verde che gli ronzava attorno. La nave si inclinò paurosamente e Adam si ritrovò l'osso della balausra conficatto nello stomaco già provato.
Il tuono di una detonazione e il fischio di una palla, che lacerava l’aria, sovrastarono la cacofonia sonora che aveva perturbato il silenzio quasi sacrale delle Kal Schelas . La coda del mostro, che si contorceva convulsamente nell’aria, venne squarciata nel bel mezzo del suo movimento, in un’esplosione di sangue verde e squame. Adam rotolò su un fianco per sottrarsi al mozzicone, che cadde con un tonfo a poca distanza da lui in una pioggia di sangue vischioso. Il rimasuglio sobbalzò e strisciò per qualche metro, spargendo un rigagnolo verde tutto attorno, per poi rimanere immobile, immersa in un viscido lago.
Il Dragoron vomitò.
L’Ardrir emise un verso straziante e infuriato si torse, spandendo le sue ali letali tutto attorno, con l’intenzione di vendicare la sua perdita. 
«Questi mostri sono immortali!» esalò uno dei pirati.
«Bisogna colpirli in mezzo agli occhi, nel cervello, o al cuore» riferì un altro.
Con una capriola, Krugar atterrò sopra la testa dell’animale, con grande disappunto di quest’ultimo.
L’attenzione del drago era stata distolta dalla nave, concentrandosi solo sulla formica verde che danzava sulla sua testa, aggrappata a uno dei corni, per mantenere l’equilibrio. L’Ardrir iniziò a dibattersi per tentare di scrollarsi di dosso l’ospite indesiderato, ma Krugar resistette. In equilibrio precario sulla fronte dell’animale, la percorse fino a giungere a poca distanza dagli occhi gialli e squamosi, lacerati da un sottile squarcio verticale che costituiva la pupilla.
Allargò le gambe per stabilizzarsi e sotto lo sguardo strabiliato di Adam sollevò la spada e infilzò l’Ardrir.
Il mostro emise un verso acuto e straziante di dolore e disperazione, ma l’orco non si fece impietosire e affondò ancora di più la lama nella pelle sensibile e vulnerabile. La bestia aveva smesso di dibattersi, completamente assoggettata al dolore indicibile che si irradiava dalla sua fronte. Con uno scatto, Krugar rigirò la lama e la estrasse, assieme ad uno spruzzo di sangue verde e cervella.
Il drago smise di divincolarsi e giacque immobile.
Gli altri due draghi, addolorati per la perdita del fratello, intensificarono le cariche, incuranti dei proiettili.
«Abbiamo finito le munizioni» fu il grido angosciato di uno dei pirati.
L’Andromeda era ormai in balia della furia degli Ardrir. Privi di munizioni, avevano rinunciato a lanciarsi contro di loro con le armi sguainate: i movimenti improvvisi dei draghi e della nave modificavano la traiettoria, facendo andare a vuoto i colpi.
«Mi spiace molto, Duca» Krugar si avvicinò ad Adam. Quest'ultimo era ancora piegato su se stesso, sebbene avesse smesso di vomitare, ma solo perché non era rimasto più nulla da rimettere.
«Temo che l’ultima immagine che avrò di te sarà quella di un damerino vestito da idiota che vomita sul ponte della mia nave. Non molto lusinghiera, in effetti…Mi spiace solo che sia finita così.»
In quel momento il cielo venne rischiarato da una vampata e un forte odore di zolfo si diffuse nell’aria.
I colpi alla nave erano diminuiti e solo un Ardrir ancora si accaniva contro di essa.
«Che sta succedendo?» era la domanda che rimbalzava di bocca in bocca. Krugar non si interessò alla questione: ciò che contava in quel momento per lui era che potesse finalmente affrontare l’Ardrir ed eliminarlo, approfittando del vantaggio temporaneo.
«Aprite le bocche di fuoco!» fu l’ordine repentino.
Gli uomini richiamati all’ordine scemarono sotto coperta e azionarono gli argani con cui il fianco dell’Andromeda si squarciò, rivelando una fila di pozzi neri come la pece e dall’aria minacciosa.
All’apparenza potevano sembrare cannoni qualsiasi, ma quei gioielli di ingegneria sputavano un fuoco che non poteva essere estinto con l’acqua, e anzi si nutriva della stessa.
La formula di quel prodigio era costata cara a Krugar, ma si erano rivelati soldi molto ben spesi: il fuoco inestinguibile mandava in confusione persino i suoi nemici più ostinati e coraggiosi.
«Io attirerò il drago all’altezza delle bocche. Pronti a fare fuoco!» 
L'abbraccio delle fiamme avrebbe avviluppato quel mostro.
Non si serviva spesso delle bocche di fuoco, dal momento che i materiali per produrlo erano difficili da reperire, ma quella era un’emergenza e grazie all’agevolazione provvisoria, sarebbero riusciti ad ustionare lo scocciatore, quel tanto che bastava perché battesse in ritirata.
Krugar si gettò contro il drago e svolazzò attorno alla sua testa: aveva recuperato una pistola e scaricava i colpi contro la testa dell’animale, per infastidirlo e attirare la sua attenzione.
L’Ardrir si avventò contro di lui e l’orco proiettò il suo corpo verso il fianco. Le bocche erano spalancate, mostrando i loro neri abissi rigurgitanti fuoco e fiamme.
«ORA!» sbraitò il capitano, nel momento stesso in cui il corpo serpentino del mostro si inerpicava lungo il fianco, per raggiungere quel fastidioso moscerino e schiacciarlo.
Le bocche si accesero e una fiammata colossale partì dal fianco della nave e colpì la pelle sensibile dell’addome e del torace del drago. Un forte odore di carne bruciata si diffuse nell’aria assieme ad un gemito acuto e straziante.
L’Ardrir si innalzò verso l’alto, la parte anteriore che fumava e sfrigolava, il capo ritorto all’indietro, la bocca schiumante e la sofferenza impressa in ogni membra. Il mostro rimase sospeso per un momento, stagliandosi contro il cielo terso, per poi precipitare.
«Dove è finito l’altro?» domandò Krugar. Aveva i vestiti anneriti e i capelli bruciacchiati, ma per il resto era illeso.
«Un drago!» esclamò qualcuno, «Un drago di rame sta attaccando l’Ardrir!»
Il pirata si fiondò sulla poppa, dove sembrava essersi spostato il combattimento: l’unico superstite si stava accanendo contro un drago di sembianze simili, anch’esso filiforme e sinuoso. Ma le squame di quest’ultimo risplendevano di una luce metallica e il suo corpo era percorso da tubicini in cui era convogliato un liquido giallognolo, sulla fronte scintillava una runa che spandeva una luce viola ogni qualvolta il drago si apprestava ad attaccare.
Una nuova fiammata venne eruttata dalla gola del drago in direzione degli Ardrir ed una delle ali accessorie venne bruciata, facendo emettere all’offeso un latrato lacerante di dolore.
«Chi è?» domandò uno dei suoi sottoposti, osservando l’apparente maestria e facilità con cui riusciva a sottrarsi ai tentativi dell’Ardrir di abbatterlo.
L’orco aveva riconosciuto il drago e non voleva credere ai propri occhi: aveva ucciso quel bastardo, l’aveva visto cadere in mare, venire inghiottito dalle onde e l’acqua tingersi di rosso!
Con un ultimo colpo il drago di rame costrinse alla ritirata anche l’ultimo sopravvissuto che si dileguò in un lampo azzurro.
L’animale meccanico si avvicinava inesorabilmente, puntando l’Andromeda, i contorni del suo cavaliere si fecero man mano più nitidi e terribili: da un’indistinta macchietta scura prese forma una figura slanciata, circondata da lunghi capelli rossi, come il sole al tramonto. La gamba sinistra era abbandonata mollemente contro il fianco del drago e all’altezza della caviglia, un rigonfiamento segnava la presenza di una fasciatura.
Un rigonfiamento si intravedeva anche all’altezza del braccio destro, rilassato contro il dorso del drago.
«Arandil» esalò Krugar, incredulo.
«Ma non era morto?»

   
 
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