Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Arny Haddok    07/08/2017    1 recensioni
Dal testo "Signori e Signore. Bambini e Bambine. Benvenuti. Il circo itinerante Hound's Wonders è felice di ospitarvi per questa magica serata natalizia! Questa sera sarete in mia compagnia, e insieme ammireremo meraviglie di altri mondi, creature bizzarre e evoluzioni che nemmeno potete immaginare! Questa sera, signori miei, la destinazione del nostro indimenticabile viaggio è una sola... DESTINAZIONE MERAVIGLIA!"
I personaggi di Sherlock catapultati nell'universo del circo.
[CircusAU] Accenni di [Teen!lock]
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Oddio non ci credo, sono di nuovo qui. Allora, piccola premessa, questo capitolo ha quel 'non so che' di passaggio, anche se sarete voi a dirmelo. Per quanto riguarda il futuro invece, già dal terzo farà finalemente il suo ingresso una personcina molto speciale.
Vi lascio e ci rivediamo in fondo, sempre buona fortuna miei circensi! 

 





On the Wire

 

Capitolo secondo

E tu chi diavolo sei?
 

-Forza! Sistemiamo tutto prima che qualcuno possa credere che siamo ancora in città! Sono stanco di tutti quei ragazzini che chiedono quando ripeteremo lo spettacolo! - gridava l'addetto al caricamento degli animali in direzione del punto dove in molti si occupavano di piegare il grande tendone bianco.

Un ragazzo dalla bassa statura fece appena in tempo ad abbassare il capo per nascondersi meglio dietro ad una cassa, così da non essere trovato e rispedito sulla via di casa. Non aveva la benché minima intenzione di rincasare, e come poteva? Dopo tutto quello a cui aveva assistito la sera precedente mai si sarebbe sognato di imbracciare un fucile e imparare a sparare. A diciannove anni, John Watson ancora credeva nell'avventura, anche se era stato quel circo a fare in modo che tornasse a crederci. Una sensazione che negli anni si era assopita in un angolo del suo cuore, restando in letargo, fino a quella sera. Non era mai riuscito a permettersi un biglietto per un'esibizione, nemmeno quello per una compagnia circense scadente o ormai in bancarotta. Il suo stile di vita ormai gli aveva imposto di non sprecare denaro per il divertimento, ma di investirlo solo in necessità o ottime opportunità. Quella era un'opportunità che non si sarebbe mai lasciato sfuggire, e nemmeno aveva un prezzo!

Quel talentuoso ragazzo che lo aveva fatto camminare sull'immaginazione per tutta la durata della sua performance lo aveva conquistato, doveva andare con loro e scoprire quanto la vita avesse da offrire. Per quella ragione, e per non entrare nelle fila dell'esercito inglese, John stava cercando un modo per scappare da Londra, dalla sua abitazione e da suo padre, e lo aveva trovato proprio di fronte ai suoi occhi: viaggiare con quel circo itinerante e lasciarsi il passato alle spalle.

Fu così che si nascose tra diversi bauli di legno di mogano che presto si sarebbero mossi su un carro trainato da un'automobile.

 

Appena scese la scala a pioli alla fine della sua esibizione, gli sarebbe piaciuto togliersi il costume, ma doveva aspettare la fine dello spettacolo e i saluti finali per poter realizzare quell'impellente desiderio. Quando finalmente tutto si concluse, Sherlock sbottonò con urgenza la giacca nera per sistemarla alla bell'e meglio su un manichino che Molly gli aveva fatto trovare nella tenda. Durante la notte non avrebbe aiutato a sistemare e a caricare, piuttosto avrebbe aspettato pazientemente l'alba per comprare il quotidiano e leggere il resoconto della loro performance a Londra. Doveva sbollire la tensione che portava in corpo, della quale non si aspettava l'arrivo.

Tese ripetutamente le dita delle mani, guardando quel suo gesto ipnotico e i suoi tendini sforzarsi, per poi abbassare la testa e tornare sdraiato sulla branda. In dieci minuti smontava tranquillamente la tenda da solo, ma quella mattina non si aspettava che suo fratello si sarebbe fatto vivo.

-Non sei caduto da quel cavo, peccato, al pubblico sarebbe piaciuto, almeno avrebbe smorzato quell'inutile ansia che tutti provano ogni volta che sali su quella “corda”. - cominciò Mycroft senza alcun tipo di tatto, pronto a replicare ad ogni possibile risposta del fratellino.

-Dopo tutti quegli allenamenti sarebbe stato da idioti cadere, e poi perché mai sarebbe dovuto accadere? Credi abbia paura di qualche persona che mi guarda? Oh Mycroft, se sono sopravvissuto alle tue frecciatine posso sopportare qualsiasi cosa. Sono immortale. - la sua espressione non era divertita o offesa, era seria, nonostante quel sopracciglio sinistro alzato che accompagnava il sussurro delle ultime due parole.

-Dovresti imparare ad essere meno prevedibile, Sherlock. A te piace tanto stupire... immagina, se fossi caduto tutti sarebbero rimasti impressionati e shoccati, con un'espressione di orrore sul volto, tutti quei bambini, spaventati e attaccati alle gonne delle madri. -

-Ti saresti divertito così tanto, ora vattene, e sappi che non accadrà mai. Non mi vedrai mai cadere dal cavo Mycroft. - concluse il più giovane sdraiandosi sul fianco in modo da non dover più vedere la faccia del fratello maggiore.

-Prima o poi imparerai che la meticolosità e l'attenzione non sono mai abbastanza, soprattutto per un mestiere come questo. - e dicendo questo, il direttore dell'Hound's Wonders uscì dalla tenda e si incamminò verso un gruppo di artisti intenti a caricare i bagagli.

Sherlock rimase nuovamente solo, senza nessuno a porgli stupide domande, e pronto a concentrarsi di nuovo sulla sua tensione. Doveva rilassarsi: la sua prima esibizione era andata egregiamente, dietro le quinte tutti si erano complimentati e gli avevano mostrato cordiali e sinceri sorrisi. Lui però aspettava solamente il momento giusto per allontanarsi e calmarsi. L'idea di Andrew che lo aveva lasciato tornò a tormentarlo anche mentre era steso sulla branda a guardare la precaria struttura della tenda. Non avrebbe assunto droghe, non dopo lo spettacolo o prima dell'imminente partenza. Avrebbe fatto preoccupare suo fratello inutilmente, rallentando tutto e tutti, senza una buona ragione. Chiuse lentamente gli occhi e respirò profondamente, senza addormentarsi, ma restando immobile e finalmente calmandosi.

 

___

 

 

Passarono diverse ore dalla partenza, da quando la troupe aveva festeggiato le ottime critiche che il quotidiano riportava sul loro spettacolo: la compagnia aveva trovato fama e fortuna da quando Mycroft era diventato direttore, e nessuno aveva mai smesso di ringraziarlo per questo, per aver risollevato le sorti di tante persone e aver portato un po' di divertimento in ogni città in cui si sostava. Ogni volta era un lavoraccio, contando la fatica che tutti dovevano impiegare per sollevare il tendone e tutto l'accampamento, ma ne valeva sempre la pena. Sempre. Per tutti quei bambini che si fermavano anche dopo lo spettacolo per salutare gli artisti, per tutte quelle famiglie che volevano assicurarsi il biglietto per quando sarebbero tornati in città, e per tutti quei magnifici complimenti che ricevevano, sempre più entusiasti. Tutti dovevano qualcosa a Mycroft Holmes, e lui, con la sua ironia e serietà, teneva in piedi tutta quella realtà. Certo, non era da solo, perché tutti gli artisti facevano la loro parte, da Moriarty, il presentatore a cui piaceva moltissimo divertirsi a stuzzicare gli artisti, passando per Irene Adler, la contorsionista, e arrivando all'ombroso Sherlock, che di rado si intratteneva con i festeggiamenti insieme agli altri.

In tutto quel tempo, il giovane Watson aveva ascoltato le conversazioni di alcuni circensi che si erano accomodati sui sedili posteriori della macchina, e aveva capito diverse cose su come quel “Signor Holmes” avesse salvato il circo. Non era certo comodo, seduto da ore sul pesante legno del carro e rannicchiato tra i pressanti bauli. Il suo fondoschiena gridava vendetta come mai aveva fatto, ma le insistenti buche del terreno proprio non ne volevano sapere di dargli pace. Prima o poi avrebbe avuto la sua occasione per saltare fuori dal cilindro e per farsi conoscere, con solo due possibili scenari ad attenderlo: sarebbe stato cacciato via senza mezzi termini, con questo fantomatico direttore a minacciarlo di morte per qualche strana ragione, oppure sarebbe stato accolto nella compagnia e avrebbe lavorato per loro. La fantasia di John non spaziava moltissimo, e quelle due ipotesi ne erano la triste conferma. Fortunatamente, la macchina si arrestò, dando al suo lato B un momento di pausa. Tra poco sarebbe calata la sera su quello spazio aperto dove avevano deciso di sostare, e lui sarebbe sceso dal carro per sgranchirsi le gambe.

Passata qualche ora, tutti i componenti del Hound's Wonders aveva trovato riparo dalla lieve brezza invernale in qualche tenda montata per l'occasione. In tutte quelle ore di viaggio, il diciannovenne dai capelli chiari non aveva mai rivolto nemmeno un pensiero ai suoi famigliari, che stavano vivendo la tenera atmosfera natalizia in panico, non avendo idea di dove loro figlio potesse essere. Dopo due giorni avrebbe finalmente compiuto vent'anni, avvenimento di cui suo padre aspettava la venuta da tempo, ma non lo avrebbe svegliato trionfante, obbligandolo a presentarsi per ritirare la divisa il 23 Dicembre.

No, lui era da tutt'altra parte. E ora che ci faceva caso, non aveva assolutamente capito in che direzione la compagnia circense aveva lasciato Londra. Non era importante. Si era alzato lentamente in piedi, scrutando ogni angolo gli fosse possibile per capire se sarebbe stato visto. Assicuratosi di essere solo e coperto dall'auto, spostò un piede sull'erba per poi scendere silenziosamente dal carro. Le ginocchia erano rimaste paralizzate per moltissimo tempo e ora lo ripagavano per quell'impulsiva decisone che aveva preso la sera precedente. Cercando di non emettere alcun lamento causato dai dolori, John si era allontanato dalle tende e dalla macchina, per poter finalmente urinare. Ne aveva bisogno più dell'aria in quel momento.

Tra le altre informazioni che aveva ricavato dalla conversazione degli artisti, sapeva che la mattina seguente sarebbero ripartiti, e Watson durante la notte aveva già pianificato di spostare i bauli per stare più comodo durante il resto del viaggio. Non poteva sapere che quella notte, qualcun altro aveva deciso di restare sveglio.

 

Non impiegò molto tempo per individuare due alberi abbastanza robusti nella boscaglia vicino all'accampamento. Dopo aver memorizzato la loro posizione, era tornato verso il carro con gli attrezzi di scena e si era caricato in spalla il cavo d'acciaio. Improvvisamente sentì la necessità di fermarsi.

Un ragazzo più basso di lui e con due occhi sgranati, lo stava guardando attraverso la fioca luce della luna, in una posizione di fermo, quasi fosse stato un animale illuminato senza preavviso da un fascio di luce.

-E tu chi diavolo sei?! - una domanda, semplice e istintiva.

John cominciò a correre verso la boscaglia con particolare urgenza, inseguito da un molto più agile e veloce Sherlock, il quale non impiegò più di due minuti per trovarlo e prenderlo per un braccio, premendo il corpo del fuggitivo contro il tronco di una pianta. La sua stretta era forte e non lasciava vie di fuga. Watson aveva immaginato diverse volte il modo in cui lo avrebbero scoperto, ma mai la sua ingrata immaginazione gli aveva proposto un siparietto simile.

-Invece che fissarmi come un ebete, potresti rispondere! Sei un ladro? Anche se da come sei vestito non si direbbe. No, non puoi essere un ladro. Troppo idiota, ti sei fatto beccare senza difficoltà. - concluse Sherlock, deducendo quel che poteva con quella poca luce filtrata dalle fronde degli alberi che la notte gli offriva.

-I-io... io un ladro?! - cominciò il ragazzo con un anno in più, interrotto però bruscamente dal più alto che non accennava a mollare il suo braccio – Ti ho appena detto che non lo sei, imbecille! Ce l'hai un nome, oppure sei un orfano cresciuto tra le strade di qualche città? È da quando siamo andati via da Londra che ti nascondi tra la nostra roba, non è così? No, nemmeno un orfano, sei troppo spaventato. Chi cresce per strada è abituato a correre e a farsi prendere come in questo momento. - continuò il ragazzo dagli occhi affilati senza distogliere lo sguardo dall'esile figura del più basso.

-Mi chiamo Watson, John Watson, e sì, sono di Londra. - replicò con un briciolo di sicurezza -Ora non è che mi lasceresti il braccio? Da come mi hai appena parlato non ti dovrebbe risultare difficile prendermi ancora nel caso tentassi la fuga... -

Dopo aver ricambiato il suo sguardo ormai non più intimorito, Sherlock mollò la presa, ma senza allontanarsi - Per quel che mi riguarda potrei svegliare tutti, oppure farti pestare dal mangiafuoco, ma al Golem non piace essere svegliato mentre si riposa. Ti sei salvato, per questa notte. Adesso rimarrai con me fino a quando qualcuno non si sveglierà e decideremo cosa farne di te. - definì il funambolo rimettendosi in spalla il cavo arrotolato che precedentemente aveva lasciato cadere per badare a quel John Watson.

Non voleva chiedergli perché avesse deciso di seguirli, non era proprio il momento per intavolare una conversazione. Sherlock assicurò le corde di sicurezza ai due alberi, stringendo i nodi con attenzione perché il cavo non si muovesse. Assicuratosi della sicurezza dell'attrezzo, salì tirandosi su con la forza delle braccia. Aveva scordato l'asta, ma già da qualche tempo evitava si utilizzarla; in più non era sollevato ad un'altezza esagerata, circa due metri e mezzo. Non sentiva il bisogno dello strumento per aiutarlo con l'equilibrio. Senza troppi sforzi si mise in piedi sul cavo e cominciò a camminare, quasi dimenticandosi del ragazzo che, da terra, lo guardava e realizzava una semplice verità.

- ...Ma tu sei il funambolo! -

Il moro perse leggermente la stabilità, rischiando di cadere, e esprimendo il suo disappunto per quell'indesiderato intervento con un'espressione particolarmente comica: occhi sgranati, mento incassato nel collo, naso arricciato e labbra assottigliate. Riacquistò la concentrazione e tornò a rilassarsi, chiudendo gli occhi e respirando profondamente.

- Sai che la tua esibizione è stata la più bella? Davvero fantastico. - continuò Watson da terra con un'espressione convinta sul volto, gli angoli della bocca all'ingiù ad accentuare il commento.

Ancora una volta, Holmes si ritrovò ad occhi aperti e con l'equilibrio compromesso. Ora il giovane funambolo capiva perfettamente perché Andrew era infastidito quando gli parlava durante gli allenamenti sul cavo. Eppure, quel complimento, quell'unico complimento, gli aveva fatto un certo effetto. Non avrebbe replicato, però sarebbe rimasto all'erta, consapevole del fatto che quel ragazzo avrebbe parlato nuovamente mentre eseguiva l'esercizio. Riprese quindi a camminare, questa volta però tenendo gli occhi aperti. Ormai arrivato all'altro capo del cavo, ecco che si voltò, velocemente, con un suono metallico accentuato ad accompagnare quel movimento preciso e composto.

- Grandioso! - lo definì John, solo con quella parola, che durante l'esibizione nemmeno aveva avuto la forza di pronunciare tanto era preso dal momento – Comunque ancora non so il tuo nome. Non ti do del Lei, il presentatore parlava di... diciotto anni? Se è così allora sei anche più giovane di me. - confessò il più basso continuando a guardare il moro assorto nel suo esercizio.

L'artista raggiunse il centro del cavo e si stabilizzò, puntando lo sguardo verso il suo unico spettatore, senza però voltare la testa – Il mio nome è Sherlock Holmes. - non si sbilanciò oltre, sapere che il pubblico aveva qualche anno in più di lui lo aveva scosso leggermente.

-Ti alleni sempre di notte, Sherlock? Mi hanno insegnato che non è salutare perdere ore di sonno prezioso per sforzi fisici, e mi sembra che tu ti stia sforzando. -

-Non chiamarmi per nome, nemmeno mi conosci. Comunque no, solo quando ci spostiamo mi alleno la notte. -

-Oh, ok. -

Odiava avere qualcuno a guardarlo mentre si allenava, soprattutto dopo la morte del suo insegnante. Nessuno doveva essere testimone dei suoi errori, o delle sue rare cadute, di quando infilava le calzature di cuoio e di quando si fasciava con delicatezza i palmi delle mani, rovinati dalle brasature causate dalle corde di sicurezza. Ma quel ragazzo, John Watson, la sua presenza non riusciva a infastidirlo, a scocciarlo. Niente di questo gli era mai capitato, con nessuno della troupe, nonostante conoscesse ognuno dei componenti fin dal primo momento in cui aveva messo piede nell'arena del circo. Le intrusioni cadenzate da parte di Moriarty che gli sorrideva con un'aria quasi sinistra mentre si esercitava, le conversazioni a senso unico che Irene finiva per fare. La presenza di John non somigliava nemmeno lontanamente a tutto questo.

 

Il mattino seguente Sherlock avvisò suo fratello della presenza di John. I due avevano avuto modo di parlare durante la notte, una volta che i piedi del moro avevano toccato terra dopo un'estenuante sequenza di – Incredibile! - oppure – Magnifico... - e ancora – Splendido! - da parte di Watson. Il più giovane aveva capito che il più basso aveva frequentato corsi di infermieristica, superandoli a pieni voti, ma senza mai averli portati a termine a causa di problemi economici, anche se quest'ultima parte l'aveva dedotta il funambolo. Non potendolo abbandonare in aperta campagna, molti della compagnia decisero di lasciare che il giovane venisse con loro, almeno fino alla prossima esibizione. Se questo si sarebbe dimostrato utile, nessuno gli avrebbe negato un posto nel circo Hound's Wonders, e, incredibilmente, anche Mycroft aveva accettato le condizioni di quell'accordo.

Da quel freddo giorno di inverno, da quella notte gelida che aveva accompagnato le chiacchiere dei due ragazzi, John Watson divenne membro della compagnia circense.

 

 

“Noi siamo figli delle stelle

senza storia e senza età, eroi di un sogno

Noi stanotte figli delle stelle

ci incontriamo per poi perderci nel tempo”

 

Alan Sorrenti – Figli delle stelle


 

Spazio (in)utile: lo ammetto, le citazioni o gli estratti a fine/inizio capitolo mi sono mancati moltissimo, dato che li usavo sempre per la long di Haikyuu. Anyway, eccoli qua, i nostri due bambini di 18 e 19 anni che fanno conoscenza. Se devo dirla tutta, nella mia testa la scena del loro incontro è particolarmente divertente, con John ammaliato e Sherlock che rischia di cadere per ben due volte. Non ho davvero nulla da dire questa volta, quindi vi lascio ad alcune info "tecniche" su cosa potrebbe cambiare per quanto riguarda il testo e non solo. Se non ve ne frega nulla, estremamente comprensibile, allora saltatele a piè pari. 
Spero davvero di riuscire ad allungare i capitoli da ora in poi, anche se finisco sempre con le 3000 parole uff. Per quanto riguarda il testo in sé: ho scoperto di avere Word su un portatile, e ho deciso di scrivere lì, perché mi elimina l'interlinea che su Office proprio non riesco a sistemare. Ergo, dal capitolo tre in poi, si potrebbero notare diversi cambiamenti, come l'assenza dello spazio bianco ad ogni 'a capo', non so se mi sono spiegata. So che è orribile, perché è un cambiamento brusco e parecchio evidente, ma davvero, non ce la faccio a vedermi quella striscia bianca ogni volta. Per finire, vi chiedo di cominciare a portare pazienza: l'estate sta finendo, tra un mese tornerò a scuola e in palestra regolarmente, quindi mi tocca scrivere moltissimo in questo periodo (in cui devo comunque studiare) e razionare la storia con una cadenza settimanale. Probabilmente sarà il lunedì, ma questo dipenderà soprattutto dagli allenamenti. Vi scongiuro, se mai non dovessi farmi sentire per un periodo di due/tre settimane, linciatemi, inviatemi degli alligatori molto affamati per posta, perché questa storia, a parer mio, non si merita di morire. 
Ora pubblicità! Pagina Facebook > Arny Haddok EFP   Twitter > @CallmeBoo

Alla prossima!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Arny Haddok