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Autore: queenjane    07/08/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Catherine.. sei tu?”una vocina timida, sottile “Salve zarevic, certo che sono io” entrando nella nursery, un’infilata di stanze allegre e piene di luce, tappezzate di cretonne a fiori, con mobili di chiaro e lucido legno, piene di giocattoli, per tutti i gusti e dimensioni, dalle bambole fino a una tenda indiana di dimensioni reali. E la tristezza, vedendolo steso su quel divano, lui sempre in movimento, vivace come il mese di marzo, un piccolo leprotto.
“Come siete cresciuto” rilevai.
In quelle settimane il viso si era sfinato, perdendo le rotondità infantili, gli avevano tagliato i lunghi riccioli, era davvero un piccolo principe dai grandi occhi azzurri, incantevole e solenne, fragile
“Tu non sei Catherine”brontolò, abbracciando un orsetto di peluche e premendolo contro di sè“Lei ha i capelli lunghi fino a qui”  Indicando la caviglia.
Aveva una giubba da marinaio, sotto la coperta intuivo l’apparecchio ortopedico, mi trattenni a stento dal toglierlo  
“Ricresceranno, me li hanno tagliati per comodità, che non sono stata tanto bene”
  “Ah..” a quel giro era caduto su un giocattolo in disordine, atterrando malamente sulla sinistra.
“Posso vedere questo orsetto? “ continuava a serrarlo, comunque mosse due dita, segno che potevo avvicinarmi  
“Ho portato un aeroplanino, se alzate la testa potete dirmi se gli può piacere, zarevic..”
“A me o a lui?”riferito al pupazzetto.
“A tutti e due” mi tirò l’orsetto, lo presi al volo e vidi che sorrideva, le braccia aperte
“ Ci hai creduto, vieni qui, Cat, fammi vedere..” mi misi sulla destra, lo circondai con le braccia, ritrovando gli stessi gesti, mi premette il viso contro la clavicola, serrandosi forte contro di me, ridendo di gioia “Non venivi più..ti volevo tanto” mi brontolò, lo baciai, commossa.
“ Tesoro, ho fatto prima che potevo.. davvero, stavo male, ora sto bene. Che storia vuoi?”
“ Peter Pan e il coniglio..”
“ Va bene” gli presi una mano, gli baciai le nocche “E dopo mangi un boccone senza farti pregare..”rimase in silenzio, lo strinsi da capo, era sottile, seta e fumo, un bambino fatato “Due storie, due bocconi .. Tre, tre bocconi.. E via così” contò fino a cinque, la tata ci lasciava fare, ricordai che era quella dell’estate precedente, del sonnellino, sapeva che riuscivo a gestirlo 
“Non mi lasci ..” Omisi di rispondere, gli raccontai che avevo un fratellino, Aleksey osservò che andava bene,che ne sapeva ancora, quando mi vedeva stringerlo si ingelosiva, pronto e rapido .
“Zarevic”
“Cat.. dimmi”
“Lo sai che ti voglio tanto bene?”sorrise, due piccole fossette comparvero sulle guance, continuai a stringerlo.
 
E nelle settimane e nei mesi che seguirono, oltre alla ripresa fisica, si intensificò l’affiatamento con lui e le sue sorelle, anche se io ero entrata a pieno titolo nell’adolescenza, irruente e tumultuosa, che conclusi a 18 anni con un superbo, clamoroso colpo di testa.
E corro troppo avanti.
Comunque, a prescindere da litigi e assenze, incomprensioni, il legame resistette a tutto, duro come la punta di un diamante, ciclico come gli alisei, mutò e tanto, pur cambiando, sempre noi eravamo.  
 "Benvenuta nel paradiso delle sorelle maggiori."  Mi adagiai contro il suo braccio, era seduta su una poltrona fiorita, senza replicare, mi diede un bacio distratto sulla fronte.
“E’ un caos”
“Già. Quando lo dicevo io non ci credevi, eh. Sei gelosa?”
“Un poco, ma penso sia normale, prima ero solo io, ecco che ora abbiamo l’erede. Anzi, parecchio .. sono parecchio gelosa a dirla tutta.”
 “Catherine.“giocherellai con le sue dita, lei non mi giudicava, non mi ammoniva era un conforto.
" E’ un dato di fatto. Ho aspettato così tanto, è arrivato quando non ci pensavo più. In un dato senso, con dodici anni di differenza siamo come due figli unici, i miei bisogni differiscono dai suoi e mia madre sta più dietro a un ragazzino di pochi anni, rispetto a me che sono una ragazza. O quasi.”
“Succede"  Strizzando gli occhi, lei era sempre dal lato dei fratelli maggiori, per esempio, nella storia biblica di Giuseppe e dei suoi fratelli giustificava il più grande Ruben, senza  fallo.  Doveva essere un esempio per il mondo e per le sue sorelle, non doveva cedere né fisicamente né moralmente,  questi gli  insegnamenti di Alessandra, ripresi dalla sua infanzia, doveva essere perfetta che tutto il mondo la giudicava. Certo .. E Alix scappava nella sua mauve room, per la maggior arte del tempo, tollerava giusto la Vyribova.
“Tua madre come sta?" Cambiando argomento.
Un sospiro.”E’ sul divano, ha mal di testa e emicrania, oltre che la febbre, come al solito. Si alza solo quando riceve le visite del siberiano”
“Rasputin”.
“Sì. “Una pausa “Parla di favole e miracoli, prega con fervore, può essere un conforto per Mama, lei crede alla semplicità dei contadini, ma..”
“Non ti convince. Olga.. “
“Non voglio essere sleale.”
Tacqui e la abbracciai.
“Cercherò di proteggerti io.”  Una millanteria per strapparle un sorriso. “Ci conto, Cat, ma non ci spero.” Una foto rubata di quei tempi. Uno scatto non previsto, che non eravamo in posa, le teste voltate. Una minima conversazione, le ciocche sciolte, sussurri perduti, un baluardo nel baluardo.
Io per lei, lei per me.
 
   
 
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